giovedì 15 agosto 2013

TRASLAZIONE DELL’IMMAGINE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO NON-FATTA-DA-MANO-D’UOMO DA EDESSA A COSTANTINOPOLI

(terza festa del Salvatore in Agosto)
Commemorazione il 16 di Agosto

O Cristo Dio, non resti confuso chiunque spera in te

Genova, chiesa di S. Bartolomeo degli Armeni, l’icona detta in genovese “u mandillu”
donata nel XIV secolo al Doge Leonardo Montaldo dall’Imperatore Giovanni V Paleologo

La traslazione da Edessa a Costantinopoli dell’icona achiropita (non-fatta-da-mano- d’uomo) del Signore nostro Gesù Cristo avvenne nell’anno 944. Eusebio, nella sua Storia della Chiesa (I, 13), racconta che durante la predicazione del Salvatore, in Siria governava Abgar di Edessa, che era stato colpito in tutto il corpo dalla lebbra. Il racconto dei grandi prodigi operati dal Signore si era diffuso in tutta la Siria (Matteo 4, 24) e raggiunse anche Abgar. Pur non avendo visto il Salvatore, Abgar credette in Lui come il Figlio di Dio. Scrisse una lettera chiedendogli di venire a guarirlo. Inviò in Palestina con questa lettera il proprio ritrattista Anania, e gli commissionò di dipingere un ritratto del divino Maestro.
Anania giunse a Gerusalemme e vide il Signore in mezzo alla gente. Non fu in grado di avvicinarsi a lui a causa della grande folla di persone che ascoltavano la predicazione del Salvatore. Poi salì su un’altura e tentò di dipingere il ritratto del Signore Gesù Cristo, da lontano, ma questo sforzo non ebbe successo. Il Salvatore lo vide, lo chiamò per nome e gli diede una breve lettera per Abgar, in cui elogiava la fede di questo sovrano. Promise inoltre di inviare un suo discepolo per guarirlo dalla sua lebbra e guidarlo verso la salvezza.
Poi il Signore chiese che gli fossero portati acqua ed un telo. Si lavò la faccia, la asciugò con il telo, e il suo volto divino restò impresso su di esso. Anania portò il telo e la lettera del Salvatore a Edessa. Con riverenza, Abgar si premette l’oggetto sacro sul viso e ricevette una parziale guarigione. Solo una piccola traccia del terribile male rimase fino all’arrivo del discepolo promesso dal Signore. Era san Taddeo, Apostolo dei Settanta (21 agosto), che predicò l’Evangelo e battezzò Abgar e tutto il popolo di Edessa. Abgar mise il telo Santo in una cornice d’oro ornata di perle, e lo collocò in una nicchia sopra le porte della città. Sull’entrata sopra l’icona scrisse le parole: “O Cristo Dio, non resti confuso chiunque spera in te”.

Cronografo di Giovanni Skylitzes, cod. Vitr. 26-2, folio 131a, Biblioteca Nazionale di Madrid

Per tanti anni gli abitanti mantennero la pia consuetudine di inchinarsi davanti all’icona achiropita, quando uscivano dalla porta della città. Ma uno dei pronipoti di Abgar, che in seguito governò Edessa, caduto nell’idolatria, decise di abbattere l’icona dalle mura della città. In una visione il Signore ordinò al vescovo di Edessa di nascondere la sua icona. Il vescovo, giunto di notte con il suo clero, accese prima una lampada e murò l’immagine con una tavola e con mattoni.

Passarono molti anni, e la gente se ne dimenticò. Ma nell’anno 545, quando l’imperatore persiano Chozroes assediò Edessa e la posizione della città sembrava senza speranza, la Santissima Theotokos apparve al vescovo Eulabius e gli ordinò di rimuovere l’icona dalla nicchia murata, così la città sarebbe stata salvata dal nemico. Dopo aver aperto la nicchia, il vescovo trovò l’icona achiropita: di fronte ad essa ardeva la lampada, e al momento della chiusura della tavola nella nicchia, fu riprodotta una copia dell’icona. Dopo che una processione dei cristiani con l’icona achiropita fece il giro delle mura della città, l’esercito persiano si ritirò.


Nell’anno 630 gli arabi presero Edessa, tuttavia non ostacolarono la venerazione del Santo Telo, la cui fama si era diffusa in tutto l’Oriente. Nell’anno 944, l’imperatore Costantino Porphyrogenitos (912-959) volle trasferire l’icona a Costantinopoli, e pagò un riscatto per essa all’emiro della città. Con grande riverenza, l’icona achiropita del Salvatore e la lettera che aveva scritto ad Abgar furono portati a Costantinopoli dal clero.
Il 16 agosto, l’icona del Salvatore venne collocata nella chiesa Tharossa della Santissima Theotokos. Ci sono tradizioni diverse riguardo a ciò che accadde in seguito all’icona achiropita. Secondo una di queste, i crociati scapparono con essa durante il loro dominio a Costantinopoli (1204-1261), ma la nave su cui era stato caricato il sacro oggetto, affondò nelle acque del Mar di Marmora. Secondo un’altra tradizione, l’icona achiropita fu trasportata verso il 1362 a Genova, dove è ancora conservata in un monastero in onore dell’apostolo Bartolomeo.
Durante il periodo dell’eresia iconoclasta, coloro che difendevano la venerazione delle icone, e che per le sacre icone versavano il proprio sangue, cantavano il tropario dell’icona achiropita. A prova della validità della venerazione delle Icone, papa Gregorio II (715-731) inviò una lettera all’imperatore bizantino, in cui sottolineava la guarigione del re Abgar e il soggiorno dell’icona achiropita in Edessa come un fatto comunemente noto. L’icona achiropita fu anche messa sugli stendardi dell’esercito russo, a difesa dai nemici. Nella Chiesa Ortodossa Russa è pia consuetudine per un credente, prima di entrare nel tempio, leggere il tropario dell’icona achiropita del Salvatore, insieme ad altre preghiere.

Il mandylion di Roma conservato nella Cappella di Matilda in Vaticano, probabilmente copia dell’icona di Genova

La Festa della Traslazione dell’Icona achiropita, è celebrata nel primo giorno di post-festa della Dormizione, ed è chiamata la terza sull’Icona del Salvatore, il “Salvatore su Telo”. La particolare importanza di questa festa nella Chiesa Ortodossa Russa è espressa anche nell’iconografia, l’icona achiropita è infatti una delle più diffuse.

Tropario  Tono 2
Veneriamo la tua immagine purissima, o Buono, e chiediamo perdono dei nostri peccati, o Cristo Dio. Volontariamente, hai voluto salire la croce nella carne per liberare le tue creature dalla schiavitù del nemico. Per questo in rendimento di grazie Ti gridiamo ad alta voce: “Hai riempito tutto di gioia, o nostro Salvatore, venendo a salvare il mondo”.
Kontakion – Tono 2
Parola incircoscritta del Padre poiché vediamo l’immagine vittoriosa della tua vera incarnazione, non fatta da mani, ma divinamente lavorata nella tua dispensazione ineffabile e divina verso di noi, la onoriamo con venerazione!

Altro Kontakion – Tono 2
Abbiamo ricevuto da Edessa, come apportatrice di ogni dono, l’effigie divinamente splendente della tua figura sfolgorante di bagliori vivificanti. Tu infatti che hai formato la tua immagine, l’hai ricondotta al suo modello, o solo ricco di misericordia.


Tradotto per © Tradizione Cristiana da E. M. agosto 2011
Testo originale in: http://www.oca.org/FSlives.asp






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