di padre Radovan Bigovic
Padre Radovan Bigovic, nato nel 1956 a Niksic
(Montenegro) è il vice-decano della Facoltà Teologica Ortodossa di Belgrado. È
docente di tre corsi alla Facoltà: Introduzione alla teologia, Elementi di base
della teologia cattolico-romana, Elementi di base della teologia protestante.
Tiene inoltre i corsi post-universitari di Teologia ecumenica. Il testo che
segue è un capitolo del suo libroThe Orthodox Church in the 21st
Century (La Chiesa ortodossa nel XXI secolo), pubblicato a
Belgrado nel 2011 a cura della fondazione Konrad Adenauer.
LA CHIESA ORTODOSSA E LA DEMOCRAZIA
La democrazia è divenuta un “mito”, una sorta di
religione, nonché un ideale universale per l’umanità intera. Il rifiuto o la
critica della democrazia è quasi divenuto un crimine e un’eresia. L’ordine
politico democratico è la cornice odierna in cui la Chiesa attualizza la sua
missione. Questo mondo sta penetrando la Chiesa stessa. Oggi, l’Ortodossia è
criticata come la maggior responsabile dell’impedimento e del rallentamento dei
processi “democratici” nelle società “di transizione”, inclusa la nostra.
Queste sono solo alcune delle ragioni per le quali questa materia non dovrebbe
essere ignorata.
La democrazia è un fenomeno complesso i cui teorici
indicano l’esistenza di almeno un centinaio di definizioni. Vi sono molte
teorie storico-filosofiche, differenti tipi di democrazia (rivoluzionaria,
socialista, diretta, rappresentativa, liberale). Oggi, accanto alla definizione
politica, ve n’è anche una ideologica, assiologica (“valori democratici”),
morale e culturologica (“cultura democratica”).
Per quanto riguarda il significato politico, la
democrazia liberale non è una mitologica “volontà del popolo” o una forma
politica in cui “tutti comandano”. È una collezione di attività e di “regole
del gioco”, una forma politica in cui il popolo (i cittadini con il diritto di
voto) eleggono e controllano chi comanda, e in cui lo scarico dell’autorità è
associato a una procedura legale statale. È un ordine politico che consiste in
competenze e libertà che si sostengono e si controllano a vicenda. Il suo scopo
è proteggere i diritti umani, la libertà e la dignità, per permettere
l’attività comune di tutti, con l’aspirazione a creare un “bene comune”. Le
democrazie moderne presumono: 1. Una costituzione che limita l’autorità e
protegge molti diritti civili; 2. Un diritto universale al voto senza
distinzione di razza, sesso, condizioni economiche, lingua, professione,
cultura, affiliazione religiosa (principio di non discriminazione); 3. Diritti
umani che nessuno può mettere in questione; 4. Una distinzione tra lo stato e
la società; 5. L’esistenza di una “società civile”; 6. Libertà di parola e di
informazione; 7. Libertà di riunione, uguaglianza di fronte alla legge e il
diritto a procedimenti giudiziari in accordo con la legge; 8. Potere
giudiziario indipendente, ed educazione di tutti ai propri diritti e doveri
civili; 9. Principi di “divisione di autorità” e mutuo controllo tra differenti
rami dell’autorità; 10. Separazione cooperativa tra la Chiesa e lo stato.
La Chiesa oggi si trova all’interno del “villaggio
globale democratico”, in cui diverse nazioni, ciascuna con le sue
particolarità, sono all’opera nello sviluppo di un ordine planetario politico,
economico e tecnologico-informativo. Talora è possibile avere l’impressione che
la Chiesa sia ancora sentimentalmente legata ai “bei vecchi tempi”, alle
nozioni pre-moderne di stato e società, alla cosiddetta “Ortodossia popolare”.
È per questa ragione che sta diventando un fattore sempre meno attivo della
storia, e un osservatore sempre più passivo di vari processi, che sembrano
scivolarle accanto. È più ripiegata su se stessa, e più occupata dei propri
affari che del mondo attorno a lei, dato che questo mondo è post-cristiano,
ovvero il mondo del pluralismo democratico postmoderno.
Nella letteratura teologica contemporanea di tutte le
Chiese cristiane, nelle dichiarazioni delle persone più influenti, così come
nei comunicati pubblici ufficiali, è possibile leggere o udire che la moderna
democrazia è radicata nel cristianesimo, e che i “valori democratici” non sono
essenzialmente altro che valori cristiani alienati e secolarizzati. Questo
potrebbe portarci a concludere che l’ordine democratico e quello ecclesiale
siano quasi identici. Tuttavia, tali punti di vista sono assolutamente
sbagliati, o, quanto meno, solo parzialmente corretti. La democrazia è basata
su fondamenti ideologici che sono differenti e perfino contrari al
cristianesimo. Ciò non significa che non vi siano tra di loro somiglianze,
almeno alla superficie, né che alla Chiesa manchi il proprio “potenziale
democratico”. Nelle società postmoderne c’è un permanente stato di tensione tra
la Chiesa e la democrazia. Vi è tra loro una “distinzione irreconciliabile”,
che è spesso trasformata in uno stato di mutua opposizione e di animosità
simile ai moderni tentativi di mettere la fede contro la mente, lo spirito
contro la materia, la terra contro il cielo, Dio contro l’uomo. Per di più,
questa è la causa di molti stati schizofrenici, patologie sociali e visioni
riduzioniste della vita.
La Chiesa Ortodossa non si può identificare con alcun
ordine politico, inclusa la democrazia. Nel corso della storia, essa è esistita
in monarchie e repubbliche, in anarchie, in società fasciste, comuniste,
conservatrici, socialdemocratiche e islamiche, come pure in varie forme di
dispotismo. In modo più o meno intenso, ha sempre adattato le proprie
istituzioni a un dato periodo e a un dato ordine politico, ma non ha mai
mancato di sottolineare la propria particolarità e distinzione in tali
contesti. Essere nel mondo e non essere del mondo è un’antinomia che è si
sempre manifestata nella vita della Chiesa. Questa è la ragione per cui la sua
vita in ogni epoca è così drammatica, piena di ascese e di cadute, e di
tensioni tra il “vecchio” e il “nuovo”, tra il retaggio dell’Antico e del Nuovo
Testamento, tra l’amore e la legge, l’istituzionale e il carismatico. Qui si
dovrebbe sottolineare che la Chiesa non ha mai fondato la sua vita su alcun
singolo principio. Elementi di monarchia, aristocrazia e democrazia si possono
a mala pena riconoscere nella sua struttura, particolarmente quella
istituzionale. Tuttavia, è importante sottolineare che le istituzioni
ecclesiali, in contrasto con quelle dello stato e con altre istituzioni laiche,
non hanno alcuna ragion d’essere in se stesse e per se stesse ma sempre in
relazione a qualcosa di esterno a loro. Devono essere agili, flessibili,
“iconiche”, e in uno stato permanente di apparizione e sparizione. Ogni
Liturgia (che rappresenta l’identità della Chiesa) “libera” l’uomo da tutte le pastoie
dell’istituzionalismo e del costituzionalismo - della schiavitù alla legge. Le
istituzioni sono utili all’uomo come fonte illusoria di sicurezza, mentre la
Chiesa gli fornisce la libertà, che ne fa l’icona di Dio.
Per quanto riguarda l’Europa occidentale, le relazioni
iniziali tra la Chiesa e la democrazia sono state sotto il segno della mutua
repulsione e del rigetto. Nel corso della seconda metà del XIX secolo e la
prima metà del XX secolo sono sorti quei movimenti e partiti politici
(cristiano-democratici) che si sforzavano di riconciliare la fede cristiana e i
suoi principi etici e sociali con le istituzioni delle nazioni e delle società
contemporanee. Erano movimenti più o meno caratterizzati dal conservatorismo.
Il loro amore per il passato terminava nella maggior parte dei casi in un
legame idolatra con il passato. La regola non scritta richiedeva sia
l’obbedienza al passato che la schiavitù verso di esso. Questo è il motivo per
cui non hanno esercitato alcuna influenza sostanziale sullo sviluppo delle
società del tempo. In pratica, la Chiesa ortodossa ha avuto il suo incontro con
la democrazia nel corso della seconda metà del XX secolo e alla sua fine, e
solo fino a un certo punto nel periodo tra le due guerre mondiali.
Oggi, tutte le Chiese ortodosse autocefale, così come
le altre chiese cristiane, sostengono ufficialmente la “democratizzazione dello
stato e della società” (cosa che non esclude la resistenza e l’opposizione a
questa nozione) opponendosi a ogni forma di totalitarismo e all’uso della
violenza come mezzi per risolvere dispute e conflitti. Il ruolo della Chiesa in
relazione alla sparizione del comunismo in Europa orientale non è affatto
minore o insignificante. Partiti politici e movimenti “di opposizione”, così
come intellettuali critici, o sono sorti all’interno della Chiesa, o ne hanno
ricevuto un aiuto sostanziale. Tuttavia, anche se si sforza di promuovere una
“democratizzazione della società”, tuttavia la Chiesa rimane fermamente
risoluta nel resistere a ogni pretesa (interna o esterna) di “democratizzazione
della Chiesa”, sottolineando che la Chiesa non è una comunità “democratica”, ma
bensì “gerarchica”. Interessi principalmente egoisti motivano le pretese
esterne alla “democratizzazione della Chiesa” mosse da molti centri di potere
politico ed economico. Queste pretese sono un’espressione di un desiderio che
anche la Chiesa sia inclusa e gestita secondo di “codici” dell’ideologia del
progresso consumistico e democratico. Le pretese interne di
“democratizzazione”, che vengono da dentro la Chiesa, sono la conseguenza di un
disordine secolare riguardo al rapporto tra il sacerdozio (gerarchia) e i
fedeli (il laos). Spesso a Chiesa è identificata unicamente con il
sacerdozio, e i fedeli perciò diventano esclusivamente “clienti”, “consumatori
di beni religiosi”, e un gregge “obbediente”. Queste pretese interne riflettono
essenzialmente un desiderio di includere i fedeli come partecipanti attivi
nell’elezione di preti e vescovi, nell’amministrazione della Chiesa e
nell’intera sua vita. Essenzialmente, questo vuol dire che alla Chiesa è
richiesto di emulare l’ordine democratico secolare. Il conflitto tra i principi
“clerocratico” e democratico nella Chiesa costituisce per essa una minaccia,
che può condurre a conseguenze imprevedibilmente tragiche.
Gli ordini ecclesiale e democratico (e le rispettive
autorità) sono due ordini completamente differenti mutualmente irriducibili e
inapplicabili l’uno all’altro. È un totale nonsenso applicare il modello
dell’autorità democratica alla Chiesa e viceversa. Tutti gli sforzi in questo
senso hanno avuto quasi sempre risultati tragici. La Chiesa è una comunione
divino-umana e non una comunità di esseri umani. Entro questo concetto, Dio non
è solo il creatore del mondo e dell’uomo, ma l’alter-ego dell’uomo e un
soggetto attivo dei processi storici. È la vita di tutti gli esseri umani e di
tutto ciò che esiste. La Chiesa è fondata sulla legge divina. Essenzialmente, è
amministrata da Dio, e non dai fedeli o dal clero. La sua vita non dipende da
una “maggioranza di voti” (anche se alcune decisioni nella Chiesa si prendono
talvolta per voto di maggioranza). Se la fede dovesse mai dipendere da una
“maggioranza di voti”, ciò la porterebbe ala morte. La democrazia, tuttavia, è
fondata su una distinta metafisica e visione dell’uomo antropocentrica, sulla
“legge della ragione” (Habermas). Per quanto riguarda la Chiesa, la fonte e il
fondamento di ogni autorità è Dio stesso; la democrazia trova la sua fonte e il
suo fondamento nella mitologizzata, mistificata e sacralizzata “volontà del
popolo”. La Chiesa rimane fedele al cosiddetto principio di “autorità
dall’alto”, che si espande dall’alto al basso; la democrazia, al contrario,
dipende dal principio di “autorità dal basso”, che si espande dal basso in
alto. Ecco perché l’organizzazione ecclesiale, sia essa “monocentrica” (romana)
o “policentrica” (cristiana orientale) ha, fino a un certo punto, una struttura
piramidale che ircorda irresistibilmente (dall’esterno) quella di una monarchia
semi-assoluta. Ciò non è cancellato neppure dalle strutture “sinodali”, o da
varie “tavole” e “comitati”, il cui ruolo positivo non è più messo in dubbio da
alcuno. Anche se la Chiesa dovesse permettere ai fedeli di eleggere preti e
vescovi (o donasse loro qualche tipo di diritto di consenso) l’elezione stessa
non renderebbe i candidati preti o vescovi; questo si effettua esclusivamente
attraverso l’“imposizione delle mani” (cheirotonia), che da sola
legittima e legalizza ogni autorità e carisma nella Chiesa.
La natura stessa dell’autorità politica democratica è
essenzialmente diversa quando è paragonata all’autorità ecclesiale, ovvero
l’autorità della Chiesa, che è l’“autorità” o il “potere d’amore” e del
servizio volontario agli altri. L’autorità mondana è giurisdizionale e si manifesta
soprattutto con il potere di dominare sugli altri (in accordo con la legge).
Attraverso la storia, ci sono stati tentativi da entrambe le parti di
identificare questi due tipi di potere l’uno con l’altro, o di far sì che uno
cancellasse l’altro. La relazione tra questi due tipi di autorità non è oppure,
ma e. Così si dovrebbe interpretare il principio di autonomia di
Chiesa e stato. È necessario fare una distinzione tra i due, ma è un totale,
tragico nonsenso contrapporre l’una all’altro. Nella storia, hanno bisogno di
coesistere con un certo grado di interdipendenza laddove tale interdipendenza è
necessaria
L’ordine (autorità) ecclesiale è associato soprattutto
con il principio di “unità dell’autorità” (autorità ecclesiale). Per la verità,
la maggior parte delle costituzioni ecclesiastiche contemporanee riconosco no
anche il principio della divisione delle autorità, anche se non è di alcuna
essenziale influenza in pratica. Questo principio di “divisione delle autorità”
(legislativa, esecutiva e giudiziaria) è un’indispensabile caratteristica di
ogni società democratica. Senza un “equilibrio di poteri” stabilito tra chi
detiene l’autorità, l’ordine democratico (soprattutto quello liberale) sarebbe
impossibile.
La Chiesa ortodossa vede se stessa in primo luogo come
“organismo carismatico”, ovvero, come una comunione di amore, che, in sé,
include vari ministeri (organi), e mai come un’istituzione esclusivamente
legale, a prescindere dal fatto che anche leggi e istituzioni esistono
all’interno della Chiesa. La Chiesa usa le leggi (canoni) così come la scienza
medica, per esempio, usa le procedure chirurgiche (solo quando non si può
applicare alcun’altra soluzione per salvare una vita o risolvere un particolare
problema medico). Entro la Chiesa, c’è una coesistenza del principio diakribeia (rispetto
della legge) e del principio di oikonomia (perdono e amore).
La Chiesa talvolta si attacca alla “lettera della legge” e altre volte non lo
fa (“ogni caso andrebbe visto nella propria luce”, patriarca German). La demcrazia
presuppone la regola della legge. L’uomo contemporaneo non può vedere la
sua vita al di fuori delle istituzioni e della legge. Siamo di fronte a una
tendenza distinta che vorrebbe istituzionalizzare e regolare per legge tutti
gli aspetti della vita umana. Questo sta rapidamente diventando un ideale
universale. Sembra che più legge produca più potere. Quanta più forza e potere
c’è da una parte, tanta più paura c’è dall’altra. Fino a un certo punto, ciò
sostiene quelle nozioni che vedono le società moderne caratterizzate da
particolari dialettiche di potere e paura, rivolta e sottomissione.
Le spinte e le insistenze verso “il bisogno di
democratizzare la Chiesa”, a prescindere dalla loro provenienza, sono
superflue, dannose e inappropriate. Tuttavia, questo non significa che la
Chiesa del presente non richieda una “cristianizzazione” (un “ottenimento di
ortodossia”) di (da parte di) tutte le istituzioni ecclesiali verso le quali i
fedeli hanno sviluppato un senso di resistenza causato dalla loro atrofia
(istituzionale) e dalla loro tendenza a paralizzare la vita della Chiesa. Tale
“cristianizzazione” delle istituzioni dovrebbe essere vista in primo luogo come
la loro conformazione alla natura della Chiesa e non dello stato. Le
istituzioni dovrebbero essere rese “iconiche” e, cosa quanto mai essenziale, la
Chiesa dovrebbe vedere come imperativo lo stabilirsi di un permanente stato di
interdipendenza tra i suoi ministeri, così come un equilibrio nella relazione
tra l’uno e i molti. Si dovrebbe fare di tutto
perché il laos diventi davvero il fattore costitutivo della
Chiesa. La Chiesa è “gerarchica” e questo non dovrebbe essere messo in
questione, ma sarebbe un grande e tragico errore interpretare questo aspetto
come una questione di subordinazione, come molti, sfortunatamente, fanno. Tali
interpretazioni e le pratiche che ne derivano trasformano la Chiesa in un
collettivo totalitario e/o in un accampamento militare, mentre, allo stesso
tempo, trasformano le relazioni personali tra i suoi membri da piene di grazia
e basate sull’amore in relazioni tra superiori e subordinati o tra schiavi e
padroni, che riportano la Chiesa al profondo della preistoria. La Chiesa
dovrebbe essere sempre in prima linea come campione di libertà e di dignità
umana. I suoi membri devono avere libertà al proprio interno, e non essere mai
posti in una posizione da aspirare a ottenere libertà dalla Chiesa; dovrebbero
partecipare all’autorità della Chiesa, e non sforzarsi di ottenere autorità
sulla Chiesa. Questo è un no alla riforma e alla
democratizzazione della Chiesa, ma un sì alla riforma
all’interno della Chiesa, e a una metamorfosi di tutte le sue istituzioni.
Questo si può ottenere con l’aiuto sia della teologia che delle scienze mondane
di sociologia, diritto e politica.
Ci si aspetta che i cristiani servano Dio e la Chiesa,
e non che si servano di Dio e della Chiesa per ottenere i loro fini e scopi
personali. Anche se la Chiesa ortodossa non è “democratica” ha nella sua stessa
natura una “capacità democratica” e un duplice ruolo sociale. Dapprima, deve
essere aperta al mondo, e sforzarsi di portare salvezza al mondo e al tempo.
Non ha ragione di negare il suo sostegno a tutti gli individui, partiti
politici, movimenti e soggetti sociali che sostengono uno stato non tirannico
fondato sulla giustizia e sul predominio della legge; uno stato che promuove i
diritti umani e le libertà, sostiene lo sviluppo culturale, scientifico,
tecnologico e informativo; uno stato che previene ogni forma di discriminazione
e di violenza; uno stato che cerca di ridurre il disavanzo tra i ricchi e i
poveri, e che favorisce il massimo livello di demilitarizzazione mondiale; uno
stato che promuove il dialogo e la cooperazione tra tutte le nazioni del mondo,
e si cura della protezione dell’ambiente naturale, poiché i “diritti della
natura” sono divenuti una precondizione per tutti i diritti umani. Allo stesso
tempo, la Chiesa ha un dovere di “demistificare” la democrazia, di negarle ogni
forma di usurpazione di valore e significato assoluto, che dovrebbe esserle
riconosciuto solo in forma condizionata e relativa. Dovrebbe sottolineare la
patologia delle società liberal-democratiche in modo che possano trasformarsi e
progredire continuamente.
L’ordine democratico non è ideale. Tuttavia, rende
ancora possibile alla Chiesa di compiere la sua missione nel mondo senza
pressione esterna, mentre la scoraggia dalle tendenze “esclusiviste” e le nega
il diritto di esercitare autorità statale, proteggendola in tal modo dalle
perniciose tentazioni del potere politico e dal desiderio di dominio mondiale.
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