lunedì 26 agosto 2013

La Chiesa ortodossa e la democrazia


                                    di padre Radovan Bigovic                                                                             

Padre Radovan Bigovic, nato nel 1956 a Niksic (Montenegro) è il vice-decano della Facoltà Teologica Ortodossa di Belgrado. È docente di tre corsi alla Facoltà: Introduzione alla teologia, Elementi di base della teologia cattolico-romana, Elementi di base della teologia protestante. Tiene inoltre i corsi post-universitari di Teologia ecumenica. Il testo che segue è un capitolo del suo libroThe Orthodox Church in the 21st Century (La Chiesa ortodossa nel XXI secolo), pubblicato a Belgrado nel 2011 a cura della fondazione Konrad Adenauer.

LA CHIESA ORTODOSSA E LA DEMOCRAZIA
La democrazia è divenuta un “mito”, una sorta di religione, nonché un ideale universale per l’umanità intera. Il rifiuto o la critica della democrazia è quasi divenuto un crimine e un’eresia. L’ordine politico democratico è la cornice odierna in cui la Chiesa attualizza la sua missione. Questo mondo sta penetrando la Chiesa stessa. Oggi, l’Ortodossia è criticata come la maggior responsabile dell’impedimento e del rallentamento dei processi “democratici” nelle società “di transizione”, inclusa la nostra. Queste sono solo alcune delle ragioni per le quali questa materia non dovrebbe essere ignorata.
La democrazia è un fenomeno complesso i cui teorici indicano l’esistenza di almeno un centinaio di definizioni. Vi sono molte teorie storico-filosofiche, differenti tipi di democrazia (rivoluzionaria, socialista, diretta, rappresentativa, liberale). Oggi, accanto alla definizione politica, ve n’è anche una ideologica, assiologica (“valori democratici”), morale e culturologica (“cultura democratica”).
Per quanto riguarda il significato politico, la democrazia liberale non è una mitologica “volontà del popolo” o una forma politica in cui “tutti comandano”. È una collezione di attività e di “regole del gioco”, una forma politica in cui il popolo (i cittadini con il diritto di voto) eleggono e controllano chi comanda, e in cui lo scarico dell’autorità è associato a una procedura legale statale. È un ordine politico che consiste in competenze e libertà che si sostengono e si controllano a vicenda. Il suo scopo è proteggere i diritti umani, la libertà e la dignità, per permettere l’attività comune di tutti, con l’aspirazione a creare un “bene comune”. Le democrazie moderne presumono: 1. Una costituzione che  limita l’autorità e protegge molti diritti civili; 2. Un diritto universale al voto senza distinzione di razza, sesso, condizioni economiche, lingua, professione, cultura, affiliazione religiosa (principio di non discriminazione); 3. Diritti umani che nessuno può mettere in questione; 4. Una distinzione tra lo stato e la società; 5. L’esistenza di una “società civile”; 6. Libertà di parola e di informazione; 7. Libertà di riunione, uguaglianza di fronte alla legge e il diritto a procedimenti giudiziari in accordo con la legge; 8. Potere giudiziario indipendente, ed educazione di tutti ai propri diritti e doveri civili; 9. Principi di “divisione di autorità” e mutuo controllo tra differenti rami dell’autorità; 10. Separazione cooperativa tra la Chiesa e lo stato.
La Chiesa oggi si trova all’interno del “villaggio globale democratico”, in cui diverse nazioni, ciascuna con le sue particolarità, sono all’opera nello sviluppo di un ordine planetario politico, economico e tecnologico-informativo. Talora è possibile avere l’impressione che la Chiesa sia ancora sentimentalmente legata ai “bei vecchi tempi”, alle nozioni pre-moderne di stato e società, alla cosiddetta “Ortodossia popolare”. È per questa ragione che sta diventando un fattore sempre meno attivo della storia, e un osservatore sempre più passivo di vari processi, che sembrano scivolarle accanto. È più ripiegata su se stessa, e più occupata dei propri affari che del mondo attorno a lei, dato che questo mondo è post-cristiano, ovvero il mondo del pluralismo democratico postmoderno.
Nella letteratura teologica contemporanea di tutte le Chiese cristiane, nelle dichiarazioni delle persone più influenti, così come nei comunicati pubblici ufficiali, è possibile leggere o udire che la moderna democrazia è radicata nel cristianesimo, e che i “valori democratici” non sono essenzialmente altro che valori cristiani alienati e secolarizzati. Questo potrebbe portarci a concludere che l’ordine democratico e quello ecclesiale siano quasi identici. Tuttavia, tali punti di vista sono assolutamente sbagliati, o, quanto meno, solo parzialmente corretti. La democrazia è basata su fondamenti ideologici che sono differenti e perfino contrari al cristianesimo. Ciò non significa che non vi siano tra di loro somiglianze, almeno alla superficie, né che alla Chiesa manchi il proprio “potenziale democratico”. Nelle società postmoderne c’è un permanente stato di tensione tra la Chiesa e la democrazia. Vi è tra loro una “distinzione irreconciliabile”, che è spesso trasformata in uno stato di mutua opposizione e di animosità simile ai moderni tentativi di mettere la fede contro la mente, lo spirito contro la materia, la terra contro il cielo, Dio contro l’uomo. Per di più, questa è la causa di molti stati schizofrenici, patologie sociali e visioni riduzioniste della vita.
La Chiesa Ortodossa non si può identificare con alcun ordine politico, inclusa la democrazia. Nel corso della storia, essa è esistita in monarchie e repubbliche, in anarchie, in società fasciste, comuniste, conservatrici, socialdemocratiche e islamiche, come pure in varie forme di dispotismo. In modo più o meno intenso, ha sempre adattato le proprie istituzioni a un dato periodo e a un dato ordine politico, ma non ha mai mancato di sottolineare la propria particolarità e distinzione in tali contesti. Essere nel mondo e non essere del mondo è un’antinomia che è si sempre manifestata nella vita della Chiesa. Questa è la ragione per cui la sua vita in ogni epoca è così drammatica, piena di ascese e di cadute, e di tensioni tra il “vecchio” e il “nuovo”, tra il retaggio dell’Antico e del Nuovo Testamento, tra l’amore e la legge, l’istituzionale e il carismatico. Qui si dovrebbe sottolineare che la Chiesa non ha mai fondato la sua vita su alcun singolo principio. Elementi di monarchia, aristocrazia e democrazia si possono a mala pena riconoscere nella sua struttura, particolarmente quella istituzionale. Tuttavia, è importante sottolineare che le istituzioni ecclesiali, in contrasto con quelle dello stato e con altre istituzioni laiche, non hanno alcuna ragion d’essere in se stesse e per se stesse ma sempre in relazione a qualcosa di esterno a loro. Devono essere agili, flessibili, “iconiche”, e in uno stato permanente di apparizione e sparizione. Ogni Liturgia (che rappresenta l’identità della Chiesa) “libera” l’uomo da tutte le pastoie dell’istituzionalismo e del costituzionalismo - della schiavitù alla legge. Le istituzioni sono utili all’uomo come fonte illusoria di sicurezza, mentre la Chiesa gli fornisce la libertà, che ne fa l’icona di Dio.
Per quanto riguarda l’Europa occidentale, le relazioni iniziali tra la Chiesa e la democrazia sono state sotto il segno della mutua repulsione e del rigetto. Nel corso della seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX secolo sono sorti quei movimenti e partiti politici (cristiano-democratici) che si sforzavano di riconciliare la fede cristiana e i suoi principi etici e sociali con le istituzioni delle nazioni e delle società contemporanee. Erano movimenti più o meno caratterizzati dal conservatorismo. Il loro amore per il passato terminava nella maggior parte dei casi in un legame idolatra con il passato. La regola non scritta richiedeva sia l’obbedienza al passato che la schiavitù verso di esso. Questo è il motivo per cui non hanno esercitato alcuna influenza sostanziale sullo sviluppo delle società del tempo. In pratica, la Chiesa ortodossa ha avuto il suo incontro con la democrazia nel corso della seconda metà del XX secolo e alla sua fine, e solo fino a un certo punto nel periodo tra le due guerre mondiali.
Oggi, tutte le Chiese ortodosse autocefale, così come le altre chiese cristiane, sostengono ufficialmente la “democratizzazione dello stato e della società” (cosa che non esclude la resistenza e l’opposizione a questa nozione) opponendosi a ogni forma di totalitarismo e all’uso della violenza come mezzi per risolvere dispute e conflitti. Il ruolo della Chiesa in relazione alla sparizione del comunismo in Europa orientale non è affatto minore o insignificante. Partiti politici e movimenti “di opposizione”, così come intellettuali critici, o sono sorti all’interno della Chiesa, o ne hanno ricevuto un aiuto sostanziale. Tuttavia, anche se si sforza di promuovere una  “democratizzazione della società”, tuttavia la Chiesa rimane fermamente risoluta nel resistere a ogni pretesa (interna o esterna) di “democratizzazione della Chiesa”, sottolineando che la Chiesa non è una comunità “democratica”, ma bensì “gerarchica”. Interessi principalmente egoisti motivano le pretese esterne alla “democratizzazione della Chiesa” mosse da molti centri di potere politico ed economico. Queste pretese sono un’espressione di un desiderio che anche la Chiesa sia inclusa e gestita secondo di “codici” dell’ideologia del progresso consumistico e democratico. Le pretese interne di “democratizzazione”, che vengono da dentro la Chiesa, sono la conseguenza di un disordine secolare riguardo al rapporto tra il sacerdozio (gerarchia) e i fedeli (il laos). Spesso a Chiesa è identificata unicamente con il sacerdozio, e i fedeli perciò diventano esclusivamente “clienti”, “consumatori di beni religiosi”, e un gregge “obbediente”. Queste pretese interne riflettono essenzialmente un desiderio di includere i fedeli come partecipanti attivi nell’elezione di preti e vescovi, nell’amministrazione della Chiesa e nell’intera sua vita. Essenzialmente, questo vuol dire che alla Chiesa è richiesto di emulare l’ordine democratico secolare. Il conflitto tra i principi “clerocratico” e democratico nella Chiesa costituisce per essa una minaccia, che può condurre a conseguenze imprevedibilmente tragiche.
Gli ordini ecclesiale e democratico (e le rispettive autorità) sono due ordini completamente differenti mutualmente irriducibili e inapplicabili l’uno all’altro. È un totale nonsenso applicare il modello dell’autorità democratica alla Chiesa e viceversa. Tutti gli sforzi in questo senso hanno avuto quasi sempre risultati tragici. La Chiesa è una comunione divino-umana e non una comunità di esseri umani. Entro questo concetto, Dio non è solo il creatore del mondo e dell’uomo, ma l’alter-ego dell’uomo e un soggetto attivo dei processi storici. È la vita di tutti gli esseri umani e di tutto ciò che esiste. La Chiesa è fondata sulla legge divina. Essenzialmente, è amministrata da Dio, e non dai fedeli o dal clero. La sua vita non dipende da una “maggioranza di voti” (anche se alcune decisioni nella Chiesa si prendono talvolta per voto di maggioranza). Se la fede dovesse mai dipendere da una “maggioranza di voti”, ciò la porterebbe ala morte. La democrazia, tuttavia, è fondata su una distinta metafisica e visione dell’uomo antropocentrica, sulla “legge della ragione” (Habermas). Per quanto riguarda la Chiesa, la fonte e il fondamento di ogni autorità è Dio stesso; la democrazia trova la sua fonte e il suo fondamento nella mitologizzata, mistificata e sacralizzata “volontà del popolo”. La Chiesa rimane fedele al cosiddetto principio di “autorità dall’alto”, che si espande dall’alto al basso; la democrazia, al contrario, dipende dal principio di “autorità dal basso”, che si espande dal basso in alto. Ecco perché l’organizzazione ecclesiale, sia essa “monocentrica” (romana) o “policentrica” (cristiana orientale) ha, fino a un certo punto, una struttura piramidale che ircorda irresistibilmente (dall’esterno) quella di una monarchia semi-assoluta. Ciò non è cancellato neppure dalle strutture “sinodali”, o da varie “tavole” e “comitati”, il cui ruolo positivo non è più messo in dubbio da alcuno. Anche se la Chiesa dovesse permettere ai fedeli di eleggere preti e vescovi (o donasse loro qualche tipo di diritto di consenso) l’elezione stessa non renderebbe i candidati preti o vescovi; questo si effettua esclusivamente attraverso l’“imposizione delle mani” (cheirotonia), che da sola legittima e legalizza ogni autorità e carisma nella Chiesa.
La natura stessa dell’autorità politica democratica è essenzialmente diversa quando è paragonata all’autorità ecclesiale, ovvero l’autorità della Chiesa, che è l’“autorità” o il “potere d’amore” e del servizio volontario agli altri. L’autorità mondana è giurisdizionale e si manifesta soprattutto con il potere di dominare sugli altri (in accordo con la legge). Attraverso la storia, ci sono stati tentativi da entrambe le parti di identificare questi due tipi di potere l’uno con l’altro, o di far sì che uno cancellasse l’altro. La relazione tra questi due tipi di autorità non è oppure, ma e. Così si dovrebbe interpretare il principio di autonomia di Chiesa e stato. È necessario fare una distinzione tra i due, ma è un totale, tragico nonsenso contrapporre l’una all’altro. Nella storia, hanno bisogno di coesistere con un certo grado di interdipendenza laddove tale interdipendenza è necessaria
L’ordine (autorità) ecclesiale è associato soprattutto con il principio di “unità dell’autorità” (autorità ecclesiale). Per la verità, la maggior parte delle costituzioni ecclesiastiche contemporanee riconosco no anche il principio della divisione delle autorità, anche se non è di alcuna essenziale influenza in pratica. Questo principio di “divisione delle autorità” (legislativa, esecutiva e giudiziaria) è un’indispensabile caratteristica di ogni società democratica. Senza un “equilibrio di poteri” stabilito tra chi detiene l’autorità, l’ordine democratico (soprattutto quello liberale) sarebbe impossibile.
La Chiesa ortodossa vede se stessa in primo luogo come “organismo carismatico”, ovvero, come una comunione di amore, che, in sé, include vari ministeri (organi), e mai come un’istituzione esclusivamente legale, a prescindere dal fatto che anche leggi e istituzioni esistono all’interno della Chiesa. La Chiesa usa le leggi (canoni) così come la scienza medica, per esempio, usa le procedure chirurgiche (solo quando non si può applicare alcun’altra soluzione per salvare una vita o risolvere un particolare problema medico). Entro la Chiesa, c’è una coesistenza del principio diakribeia (rispetto della legge) e del principio di oikonomia (perdono e amore). La Chiesa talvolta si attacca alla “lettera della legge” e altre volte non lo fa (“ogni caso andrebbe visto nella propria luce”, patriarca German). La demcrazia presuppone la regola della legge. L’uomo contemporaneo non  può vedere la sua vita al di fuori delle istituzioni e della legge. Siamo di fronte a una tendenza distinta che vorrebbe istituzionalizzare e regolare per legge tutti gli aspetti della vita umana. Questo sta rapidamente diventando un ideale universale. Sembra che più legge produca più potere. Quanta più forza e potere c’è da una parte, tanta più paura c’è dall’altra. Fino a un certo punto, ciò sostiene quelle nozioni che vedono le società moderne caratterizzate da particolari dialettiche di potere e paura, rivolta e sottomissione.
Le spinte e le insistenze verso “il bisogno di democratizzare la Chiesa”, a prescindere dalla loro provenienza, sono superflue, dannose e inappropriate. Tuttavia, questo non significa che la Chiesa del presente non richieda una “cristianizzazione” (un “ottenimento di ortodossia”) di (da parte di) tutte le istituzioni ecclesiali verso le quali i fedeli hanno sviluppato un senso di resistenza causato dalla loro atrofia (istituzionale) e dalla loro tendenza a paralizzare la vita della Chiesa. Tale “cristianizzazione” delle istituzioni dovrebbe essere vista in primo luogo come la loro conformazione alla natura della Chiesa e non dello stato. Le istituzioni dovrebbero essere rese “iconiche” e, cosa quanto mai essenziale, la Chiesa dovrebbe vedere come imperativo lo stabilirsi di un permanente stato di interdipendenza tra i suoi ministeri, così come un equilibrio nella relazione tra l’uno e i molti. Si dovrebbe fare di tutto perché il laos diventi davvero il fattore costitutivo della Chiesa. La Chiesa è “gerarchica” e questo non dovrebbe essere messo in questione, ma sarebbe un grande e tragico errore interpretare questo aspetto come una questione di subordinazione, come molti, sfortunatamente, fanno. Tali interpretazioni e le pratiche che ne derivano trasformano la Chiesa in un collettivo totalitario e/o in un accampamento militare, mentre, allo stesso tempo, trasformano le relazioni personali tra i suoi membri da piene di grazia e basate sull’amore in relazioni tra superiori e subordinati o tra schiavi e padroni, che riportano la Chiesa al profondo della preistoria. La Chiesa dovrebbe essere sempre in prima linea come campione di libertà e di dignità umana. I suoi membri devono avere libertà al proprio interno, e non essere mai posti in una posizione da aspirare a ottenere libertà dalla Chiesa; dovrebbero partecipare all’autorità della Chiesa, e non sforzarsi di ottenere autorità sulla Chiesa. Questo è un no alla riforma e alla democratizzazione della Chiesa, ma un  alla riforma all’interno della Chiesa, e a una metamorfosi di tutte le sue istituzioni. Questo si può ottenere con l’aiuto sia della teologia che delle scienze mondane di sociologia, diritto e politica.
Ci si aspetta che i cristiani servano Dio e la Chiesa, e non che si servano di Dio e della Chiesa per ottenere i loro fini e scopi personali. Anche se la Chiesa ortodossa non è “democratica” ha nella sua stessa natura una “capacità democratica” e un duplice ruolo sociale. Dapprima, deve essere aperta al mondo, e sforzarsi di portare salvezza al mondo e al tempo. Non ha ragione di negare il suo sostegno a tutti gli individui, partiti politici, movimenti e soggetti sociali che sostengono uno stato non tirannico fondato sulla giustizia e sul predominio della legge; uno stato che promuove i diritti umani e le libertà, sostiene lo sviluppo culturale, scientifico, tecnologico e informativo; uno stato che previene ogni forma di discriminazione e di violenza; uno stato che cerca di ridurre il disavanzo tra i ricchi e i poveri, e che favorisce il massimo livello di demilitarizzazione mondiale; uno stato che promuove il dialogo e la cooperazione tra tutte le nazioni del mondo, e si cura della protezione dell’ambiente naturale, poiché i “diritti della natura” sono divenuti una precondizione per tutti i diritti umani. Allo stesso tempo, la Chiesa ha un dovere di “demistificare” la democrazia, di negarle ogni forma di usurpazione di valore e significato assoluto, che dovrebbe esserle riconosciuto solo in forma condizionata e relativa. Dovrebbe sottolineare la patologia delle società liberal-democratiche in modo che possano trasformarsi e progredire continuamente.
L’ordine democratico non è ideale. Tuttavia, rende ancora possibile alla Chiesa di compiere la sua missione nel mondo senza pressione esterna, mentre la scoraggia dalle tendenze “esclusiviste” e le nega il diritto di esercitare autorità statale, proteggendola in tal modo dalle perniciose tentazioni del potere politico e dal desiderio di dominio mondiale.




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