Dal Martirologio serbo (15/28 Giugno)
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri,
come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i
propri amici. (Gv 15, 12-13)
Tropario - Tono VIII
Per la vostra fede in Dio e nella sua giustizia * avete sofferto
la passione nella carne; * eppure avete
salvato le vostre anime, * come i vostri avi cantano nel cielo che
esulta, * accogliendovi alle porte del Paradiso con canti: * "entrate nel Paradiso, figli
dell'immortalità! * Perciò noi sulla terra, vostra
posterità, esclamiamo all'unisono: * santi neomartiri, intercedete
per noi.
Non esiste maggiore testimonianza del totale amore di Dio in
Cristo per il potere del Santo Spirito, che l'amore puro e incondizionato che un cristiano ha per il suo
prossimo e per tutta la creazione di Dio. L'amore di Dio attraverso un fratello si esprime più
pienamente nel servizio umile e sincero agli altri, e specialmente nell'arte di sacrificarsi per il prossimo.
Deporre la propria vita per l'aiuto e la promozione di un'altra persona è la vetta di ciò che significa
seguire Gesù Cristo, essere un figlio della luce e un amico degli uomini. La testimonianza cristiana di
deporre la propria vita - martirio, dalla parola greca "martyria" che letteralmente
significa "testimonianza" - è ciò che il nostro Salvatore ha compiuto per la vita del mondo (Gv 6, 51), poiché Gesù
Cristo non era un mero mortale, e la sua morte sulla Croce è stata più grande di qualsiasi altra
morte sacrificale nella storia del mondo. Gesù era il Dio-uomo, veramente Dio in forma umana, e perciò
il suo sacrificio sulla Croce esibì e dimostrò l'amore sovrabbondante di Dio stesso per la
propria creazione. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque
crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.” (Gv 3, 16) Nello stesso modo, come ogni cristiano
ortodosso crede, sono gli emulatori di questo sacrificio di Gesù - i gloriosi martiri - che sono stati
sempre considerati i protettori della Fede, poiché in tutti i secoli hanno custodito la nostra Fede integra e
pura da ogni contaminazione del diavolo. E ogni Chiesa ortodossa locale che ha nella sua storia
resoconti di martirio può giustamente essere considerata benedetta da Dio e anche giustificata ai suoi
occhi.
Riguardo a questa prova e testimonianza della Fede sacrificale di
Cristo il Signore, la Chiesa Ortodossa Serba rimane agli occhi del Signore e dell'intero mondo
cristiano la più preziosa e bella!
Fin da quando il cristianesimo fu introdotto nei Balcani tra i
serbi, la persecuzione e la resistenza al potere di Cristo hanno sempre alzato le loro orride teste. È
sufficiente uno sguardo alle vite dei Santi serbi per rendersene conto. I nemici dei pii ortodossi serbi li
hanno perseguitati senza sosta in tutti i secoli. Hanno attaccato i loro patriarchi, vescovi, preti, monaci
e pii fedeli, massacrandoli, impiccandoli e impalandoli, e allo stesso tempo saccheggiando e
devastando molte chiese, scuole e monasteri ortodossi serbi. Alla fine del sedicesimo secolo, i
turchi impiccarono il patriarca dei serbi Jovan (Kantul), poiché questi sosteneva un movimento di
liberazione nazionale; il Vescovo Teodoro di Vrshac fu scorticato vivo nel 1595 per la stessa ragione. Durante
i giorni oscuri di Sinan Pasha, i turchi bruciarono le sante reliquie di San Sava I sulla collina di
Vrachar, un orrendo crimine religioso e politico commesso contro l'intero popolo ortodosso
serbo. Nella seconda metà del diciassettesimo secolo il Patriarca Gabriele fu strangolato a
morte dai turchi per avere stabilito legami con la Chiesa ortodossa di Russia. All'inizio del
diciottesimo secolo la Chiesa Ortodossa Serba della Dalmazia, che a quel tempo era sotto il dominio della
Repubblica di Venezia, soffrì amare persecuzioni per la propria fede ortodossa, che sosteneva il loro
desiderio di diritti nazionali. Due figure di spicco - l'Abate Isaia del monastero di Dragovic e Padre
Peter Jagodic-Kuridza del villaggio di Biovice (Dalmazia) - furono imprigionati e torturati per oltre
quarant'anni. Nessuno dei due, tuttavia, volle abbandonare la Fede ortodossa né la fedeltà
nazionale al Regno ortodosso di Serbia.
Tribolazioni simili ebbero luogo durante l'eroico sforzo di
liberazione nazionale dei serbi all'inizio del diciannovesimo secolo. Centinaia di nobili membri del clero
ortodosso furono impalati nei campi di Kalemegdan a Belgrado, o furono uccisi direttamente nei campi di
prigionia. Attraverso tutte queste prove il costante grido che univa e confortava i serbi era il
grido di raccolta del Kosovo, "Per la Croce preziosa e la libertà dorata," un richiamo cristiano
basato sulla lotta trionfante di Gesù Cristo sulla Croce. Per i serbi, in questo periodo, morire per Cristo e
per la Fede ortodossa era un onore, un santo privilegio che ai loro occhi sarebbe stato ricompensato
con la vita eterna e beata. Come credono tutti i pii cristiani ortodossi, infatti, la Croce fu il
primo passo della vittoria finale del Signore sul diavolo e sul suo potere; e la Risurrezione del
Signore, il culmine della sua vittoria, concede la vera libertà a tutti quanti perseverano. Per questo i
cristiani serbi furono felici di "deporre le proprie vite" per Cristo a favore delle
proprie famiglie, degli amici e della nazione.
Durante il primo quarto del ventesimo secolo, soprattutto durante
gli anni 1913, 1914 e 1915, ripresero i terribili assalti del maligno contro la Chiesa serba.
Questi anni sono stati annoverati come i primi anni del martirio della Chiesa serba nei tempi moderni.
Assediata dai tedeschi, dagli ungheresi, dai bulgari e dagli albanesi, la Chiesa serba ha
sofferto amaramente in questo periodo.
Per esempio, il Metropolita Vincenzo di Skopje (Macedonia) fu
bruciato vivo nella gola di Surdulica assieme a 157 preti serbi. In seguito, negli anni trenta, i serbi
soffrirono tremendamente sotto l'infame concordato, che cercava di limitare i loro diritti
religiosi e civili. (2)
Ma di tutte le persecuzioni della nazione ortodossa serba, nessuna
fu più straziante e terribile di quelle che iniziarono nel 1941. I serbi e la Chiesa serba furono
forzati a subire alcune delle peggiori atrocità che il mondo abbia mai conosciuto. Si è detto che questi
cristiani furono torturati ancor peggio degli ebrei da parte degli egiziani, come è narrato nel
Libro dell'Esodo; peggio delle barbare annichilazioni dell'antica Cartagine e dello sterminio dei
cristiani in Nubia e nel Nord Africa, e anche peggio delle vittime dell'Olocausto nella Germania nazista durante
la seconda guerra mondiale. In totale, oltre 800.000 serbi furono macellati e uccisi dal regime
di Ante Pavelic nello "Stato libero di Croazia" nel corso della seconda guerra mondiale. Inoltre,
molte migliaia di serbi furono forzati a convertirsi al cattolicesimo romano sotto minaccia di morte (a
molti fu semplicemente chiesto di farsi il segno della Croce, e se lo facevano nel modo ortodosso,
da destra a sinistra, venivano torturati all'istante). Inoltre, vi furono oltre 300.000 civili
uccisi da tedeschi, bulgari, ungheresi e albanesi: molti di loro furono mandati in campi di concentramento
a morire di fame. Alla fine, il bilancio dei martiri serbi fu di oltre un milione e mezzo, o più
di un terzo dell'intero popolo serbo, nell'arco di trent'anni (1914-1944, dalla prima alla seconda
guerra mondiale).
Dobbiamo fornire gli orribili dettagli di queste atrocità? I
ventri di donne gravide furono squarciati; furono arrostiti uomini su graticole da animali (vi furono casi in
cui alcuni furono forzati a mangiare le membra arrostite dei propri familiari). Furono compiuti maligni
esperimenti medici. Vi furono persone impalate, segate in due, occhi cavati dalle orbite. I
cuori di vittime innocenti furono strappati e mangiati dai loro avversari. Morti lente e agonizzanti
potevano durare per settimane intere. Ogni tipo di tortura che il diavolo poteva instillare nei
confronti di altri esseri umani si manifestò in pieno in quegli anni di tribolazione.
Durante queste persecuzioni i capi della Chiesa Ortodossa Serba
furono i primi a soffrire e a offrire la vita per il loro popolo. Il Vescovo Platone di Banja Luka
(Bosnia) fu ucciso in un modo incredibilmente bestiale: fu portato dagli Ustascia (3) assieme a
un prete arrestato in precedenza, Padre Dusan Jovanovic, al villaggio di Vrbanja, dove le loro barbe
furono rase con un coltello smussato, i loro occhi cavati, i loro nasi e orecchie tagliati, e
un fuoco fu acceso sul loro petto. I loro corpi, assieme a quelli di diversi altri martiri del clero, furono
gettati nel fiume Vrbanja.
L'Arcivescovo Pietro (Zimonic) di Sarajevo (Bosnia) fu avvisato
dagli Ustascia del pericolo in cui si trovava, ma replicò: "Sono il pastore del popolo, ed è mio
dovere stare con la mia gente nella buona e nella cattiva sorte". Fu arrestato e imprigionato dagli
Ustascia il 12 maggio 1941, ma prima fu in grado di trasmettere un messaggio ai suoi preti: "Restate
nelle vostre parrocchie, e tutto quanto accade al popolo, sia pure il vostro destino". Fu torturato e
umiliato in ogni modo concepibile, e quindi gettato in un pozzo a morire assieme a 55 preti ortodossi.
L'Arcivescovo Dositeo di Zagabria (Croazia) fu arrestato il 2
maggio 1941, imprigionato, picchiato e brutalmente tormentato in una prigione della polizia degli
Ustascia, con religiosi cattolici romani che prendevano parte a tale oltraggio. Il risultato di queste torture
fu visto da Arnold Robert, il console belga, che disse: "Per Dio, questa gente ha commesso azioni
da selvaggi!" Anche il capo della polizia
degli Ustascia commentò: "Il Metropolita fu torturato così
atrocemente che fu a malapena possibile metterlo sul treno per Belgrado". Egli morì a Belgrado il 14
gennaio 1945.
Il Vescovo Sava (Trlaic) di Plaski (Lika) fu imprigionato il 13
giugno 1941 e torturato al di là della sopportazione in una stalla assieme a diversi preti. Durante le
sevizie veniva suonata una registrazione di "Quanti in Cristo siete stati battezzati, di
Cristo vi siete rivestiti". Al vescovo confessore, con mani e piedi in catene, fu permesso di prendere
congedo dalla madre di 83 anni. Alla metà di agosto dello stesso anno egli fu condotto al monte Velebit
e gettato in un burrone assieme a numerosi altri serbi.
Anche il Vescovo Irenei di Dalmazia fu imprigionato e in seguito
trasferito in Italia in un campo di concentramento presso Trieste. San Nicola (Velimirovic) ebbe a
soffrire nel peggior campo di concentramento della Gestapo, Dachau.
Il caso del Patriarca Gabriele (in carica dal 1937 al 1950) va
menzionato. Egli era disprezzato dai nemici della Chiesa serba non solo per il suo rango di guida, ma
per le sue proteste contro questo trattamento disumano del suo popolo e gregge. Dopo che Belgrado fu
bombardata nell'aprile 1941, il Patriarca Gabriele fuggì al Monastero di Ostrog in Montenegro,
dove fu raggiunto dal Re Pietro Karageorgevic di Yugoslavia. Quanto il governo reale decise di
lasciare la Yugoslavia assieme al re, al Patriarca Gabriele fu chiesto di fuggire, ma egli si rifiutò di
andarsene, preferendo condividere le sofferenze del suo gregge spirituale. Il 9 maggio 1941 i nazisti
arrestarono Gabriele e i preti assieme a lui a Ostrog, accusando il Patriarca di furto di proprietà
governative appena rivendicate. (Essere arrestato non era cosa nuova per il pio Gabriele, che era stato
arrestato nel 1915 al Monastero di Pec dagli austro-ungarici.
Da Ostrog il sessantatreenne patriarca, per decreto dei nazisti,
fu obbligato a viaggiare a piedi fino a Belgrado, circa a un mese di viaggio da Ostrog. Con orrore di
tutti, gli furono tolti senza rispetto gli abiti monastici, e fu costretto a fare l'intero viaggio in
biancheria intima. Questo piano umiliante dei nazisti fallì, poiché dovunque passava il patriarca, i cristiani
serbi piangevano e si inginocchiavano pregando Iddio onnipotente di alleviargli le sofferenze. La
testimonianza di fede cristiana del Patriarca Gabriele fu un'enorme fonte di forza e di conforto per i
pii cristiani serbi di quel tempo.
Come mite agnello di Dio, emulava il nostro Signore e Salvatore
Gesù Cristo, che fu deriso e umiliato, e si avvalse solo di coraggio divino, verità e mitezza per
perseverare e trionfare alla fine. Il Patriarca Gabriele fu quindi imprigionato nel campo di concentramento di
Dachau in Germania (assieme a San Nicola), e rientrò poi sul trono patriarcale dopo la guerra. Fu
uno dei più grandi confessori della Fede ortodossa che il popolo serbo abbia mai avuto.
Molti membri del clero e monaci furono trucidati proprio al di
fuori delle mura delle loro chiese e monasteri, nelle più grandi città quali Krushevac, Kragujevac,
Mostar e Novi Sad.
Qui non vi sono che pochi tra i ben noti esempi di tormenti ai
quali è stata sottoposta la Serbia: Glina - Oltre 120.000 persone furono massacrate dagli Ustascia, in
gruppi fino a seicento per ogni sera, uccisi nelle chiese ortodosse locali. I pochi che
sopravvissero fuggirono nell'area di Petrova Gora.
Vrgin Most - Il 3 agosto 1941 3.000 serbi furono massacrati per
essersi rifiutati di convertirsi al Cattolicesimo romano.
Vojnic - Il 29 luglio 1941 il capo della polizia degli Ustascia a
Zagabria, Bozidar Gervoski, arrivò con un certo numero di poliziotti. Dopo avere rastrellato circa 3.000
cristiani serbi da Krjak, Krstinje, Siroka Reka, Slunj, Rakovica e da altri villaggi, e dopo averli
irrisi e torturati, li portarono al mulino del villaggio di Pavkovic, dove li macellarono come bestiame.
Kordun, Slunj, Ogulin, Vrbovsko - La lunga lista di sacrifici
cruenti ebbe inizio con il prete martire P. Branko Dobrosavljevic di Veljun. A Padre Branko fu ordinato di
leggere il canone di preghiera della dipartita dell'anima sul corpo del figlio, ancora vivo. Il figlio
fu quindi ucciso in sua presenza, ed egli stesso torturato e ucciso. Seguirono per diverse settimane
esecuzioni di massa di serbi innocenti, inclusi donne e bambini.
Churug, Novi Sad - Alla festa ortodossa della Natività di Cristo
del 1942 circa 1.200 serbi, con i loro parroci, furono crudelmente assassinati a Churug. Alla fine dello
stesso mese altri 1.300 serbi, clero incluso, subirono la stessa fine a Novi Sad.
Sadilovac - Il 31 Luglio 1942 la Chiesa della Natività della
Deipara fu bruciata fino alle fondamenta, assieme a 463 persone, di età che andava da bambini appena nati ad
anziani uomini e donne.
Monastero di Zhitomislic - il 26 giugno 1941 gli Ustascia croati
torturarono e assassinarono tutta la fraternità del monastero, gettando i loro corpi in un pozzo. Un
frate cattolico romano rimosse con un trattore tutti gli oggetti di valore della chiesa, che fu in
seguito demolita, e gli altri edifici del monastero bruciati.
Jasenovac - Questo fu uno dei più orribili siti di persecuzione
contro i serbi ortodossi. Gli Ustascia, inclusi quelli croati e i musulmani dall'Erzegovina, vi
assassinavano brutalmente i serbi con fucili, pistole, asce e martelli. Per risparmiare le munizioni, molti
serbi venivano portati alla fabbrica di mattoni a Jasenovac e spinti nelle fornaci ardenti. Posti in fila,
l'ultima persona veniva spinta con forza sufficiente a gettare nei forni i propri compagni di
martirio. Altri venivano macellati lungo il fiume Sava e gettati nell'acqua. Il sanguinario capo degli
Ustascia Ljubo Milosh si vantò di avere ucciso oltre tremila serbi, ogni volta facendo scherzi e gridando:
"Quant'è dolce il sangue serbo!" Un serbo ortodosso, Joca Divjak, fu dato a Milosh come regalo di
Natale. Il cuore del martire Joca fu strappato dal suo torace mentre agli altri serbi fu imposto di
guardare e ridere. Chiunque distoglieva la testa da questa scena abominevole veniva ucciso sul colpo. In
tutto, oltre cinquantamila pii cristiani ortodossi furono martirizzati in questo campo
dall'agosto del 1941 al febbraio del 1942, un periodo di sette mesi.
Ci sono molte altre liste di atti selvaggi che potrebbero essere
raccontati: il resoconto è davvero sconvolgente! Questi fatti rivelano che la Chiesa Ortodossa Serba è
davvero una Chiesa martire (4).
La sua storia recente dimostra un coraggio e una dedizione alla
Croce e alla Risurrezione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, che concede alla Chiesa serba un
posto retto e onorevole non solo nella storia cristiana ma, cosa più importante, agli occhi dello
stesso onnipotente Iddio. In così tanti - letteralmente un milione e mezzo di vittime innocenti - hanno
mantenuto il principio di "deporre le proprie vite" per la causa di Cristo e della sua Santa
Chiesa. Il loro sacrificio gli uni per gli altri è un'eterna testimonianza e un ricordo, che dovrebbe e deve ispirare
tutti i cristiani ortodossi fino alla seconda venuta del nostro Signore Gesù Cristo.
Contacio - Tono VIII
Sia lodato Iddio nei prati e nei campi, * sulle verdi vette dei
monti e nelle valli sottostanti, * nei fiumi
impetuosi e nelle caverne oscure, * poiché ogni luogo è stato asperso
del sangue santo e innocente di molti martiri serbi: * degni ministri, soldati coraggiosi,
ragazzi e bambini e caste vergini; * Dio sia lodato e tutti mantengano il silenzio, * poiché il Signore di
tutti regna sul mondo.
Il contacio e il tropario riportato in cima sono stati composti da
San Nicola (Velimirovic)
NOTE
(1) Dal secondo volume del Patericon Serbo, di Padre Daniel Rogic,
in corso di pubblicazione.
(2) Il concordato era un
tentativo del governo eccessivamente conciliatorio di firmare un accordo
con il Vaticano che avrebbe dato alla Chiesa romana una posizione
privilegiata in Yugoslavia. Fu alla
fine vanificato nel 1937, in gran parte grazie all'eroica
testimonianza del Patriarca Barnaba, che
morì nel momento culminante della controversia, e nell'opinione di
molti fu avvelenato.
(3) Forze armate croate,
formate dai nazisti di Hitler per punire i serbi per avergli resistito. Per la
maggior parte di fede cattolica romana, ma anche musulmani,
commisero atrocità tanto orribili
contro i serbi ortodossi che perfino i nazisti ne rimasero
disgustati.
(4) Nel 1998 il Sinodo dei
Vescovi della Chiesa Ortodossa Serba ha glorificato diversi dei nuovi
martiri qui menzionati.
tratto da: www.ortodossiatorino.net
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