Ieromonaco Nettario (Radovanović)
pravmir.com, 14 giugno 2013
Il nome dell’archimandrita Justin (Popović, +1979), dottore in teologia, è tenuto in grande stima nelle Chiese ortodosse locali.
L’archimandrita Justin nacque il 7 aprile 1894, in occasione della festa dell'Annunciazione della santissima Madre di Dio, nella città antica serba di Vranje, nella pia famiglia di un sacerdote, che aveva dato alla Chiesa serba sette generazioni di sacerdoti. Al battesimo gli fu dato il nome di Blagoje, in onore della festa dell'Annunciazione.
Dal 1905 al 1914 Blagoje Popović studiò presso il seminario di san Sava di Serbia a Belgrado. Durante i suoi anni di studio, il giovane Blagoje era particolarmente interessato a questioni di letteratura e di filosofia contemporanea. Prestò la massima attenzione alle opere di Dostoevskij, di cui egli scrisse più tardi due studi: La filosofia e la religione di F. M. Dostoevskij e Dostoevskij sull'Europa e lo slavismo.
Le opere dei santi Padri ebbero un'influenza decisiva sulla formazione del carattere spirituale dell’archimandrita Justin. I santi Padri furono, e rimasero fino alla fine della sua vita, i suoi maestri e istruttori insostituibili. Fu interamente guidato dai loro insegnamenti. L’archimandrita Justin amava particolarmente san Giovanni Crisostomo, che pregava incessantemente con sincerità infantile: "Sento una particolare, misericordiosa vicinanza di san Giovanni Crisostomo a me, peccatore", scrisse, "La mia anima ascende a lui nella preghiera: illuminami con le tue preghiere... concedimi di lottare con la tua lotta ... "
Nel 1916, Blagoje Popović ricevette la tonsura monastica con il nome di Justin, in onore dello ieromartire Giustino il filosofo (+166, celebrato il 1 ° giugno). In effetti, come lui, l'archimandrita Justin era un vero filosofo che interiorizzava la verità del cristianesimo. Pose l'umiltà di spirito alla base della sua teologia, seguendo l'esempio di san Giovanni Crisostomo, noto per queste notevoli parole: "Il fondamento della nostra filosofia cristiana è l'umiltà di spirito, perché senza di essa la verità è cieca." Ecco perché padre Justin, nella sua contemplazione di Dio, non parla di Cristo come una persona ordinaria (o un "personaggio storico"), ma piuttosto come il Dio-Uomo, il Salvatore del mondo. Padre Justin riteneva che l'unica autentica teologizzazione di Cristo nello Spirito Santo sia la contemplazione di Dio, in cui la mente e il cuore (i pensieri e i sentimenti) sono uniti nella preghiera, passando alla contemplazione e alla visione divina. Diceva spesso: "ogni pensiero che mi viene senza essere convertito in preghiera è opprimente".
Poco dopo la sua tonsura, con la benedizione del metropolita serbo Dimitrije (divenuto in seguito patriarca di Serbia), padre Justin andò a Pietroburgo, dove si iscrisse all'accademia teologica. Durante il suo tempo degli studi all'accademia, p. Justin conobbe bene la Russia ortodossa e l'amò profondamente. Qui acquisì una vasta conoscenza teologica e crebbe spiritualmente, venendo a conoscenza dei luoghi santi russi e delle opere dei santi. Da questo momento, e per tutta la sua vita, padre Justin amò profondamente san Sergio di Radonezh e altri santi russi; acquisì una particolare vicinanza spirituale stretta e orante a san Serafino di Sarov. Anche allora, padre Justin comprendeva che l'anima del popolo, il suo spirito, è nascosto nelle grandi gesta dei santi, poiché la vera Ortodossia è l'acquisizione dello Spirito Santo.
Nel giugno 1916, padre Justin andò in Inghilterra, dove si iscrisse all'Università di Oxford. Studiò lì fino al 1919, quando tornò in patria. Nello stesso anno si recò ad Atene, dove lavorò fino al 1921 alla sua tesi di dottorato, "Il problema della personalità e della conoscenza secondo san Macario d'Egitto", che difese con successo nel 1926 ad Atene. (Parte della tesi fu successivamente pubblicata sulla rivista Teologia, giustizia e vita. Atene, 1962, pp 153-175). Nel corso di questi anni, le lotte di preghiera di padre Justin si rafforzarono, come dimostrano le sue meditazioni spirituali: «Per quanti anni uno deve aggiungere il lievito fragrante del Cielo nella pasta della propria essenza? Quanti anni deve passare a ricreare se stesso attraverso le virtù evangeliche? Dalla grotta del mio corpo io vedo te, Signore, e continuo a guardare, ma non riesco a vedere. Ma lo so, lo sento, e so che tu sei l'unico architetto, o Signore, che può costruire la casa eterna della mia anima. I costruttori sono la preghiera, le lacrime, il digiuno, l'amore, l'umiltà, la mansuetudine, la pazienza, la speranza, la compassione..."
A partire dal 1921, padre Justin insegnò Nuovo Testamento, teologia dogmatica e patrologia presso il seminario di Sremska Karlovci. Fu ordinato ieromonaco nel 1922, e da allora divenne un padre spirituale per molti del suo gregge.
Nel 1930, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa serba nominò padre Justin assistente del vescovo Josif di Bitola. Il compito congiunto di Vladyka Josif e del suo assistente fu l'organizzazione delle parrocchie ortodosse in Cecoslovacchia, in particolare nella regione di Prešov nella Rus' carpatica, dove gli uniati cominciavano a ritornare in seno all'Ortodossia.
Fr. Justin dedicò una grande energia a questo compito veramente difficile, ma gradito a Dio. I cristiani slovacchi stessi cercavano aiuto. Per questo motivo, il vescovo Josif chiese al Santo Sinodo di consacrare padre Justin come vescovo della diocesi appena restaurata di Mukachevo in Transcarpazia. Ma padre Justin rifiutò di accettare la dignità episcopale. La sua lettera a Vladyka Josif lo testimonia: "Chiedo a vostra grazia di perdonami per questo. Scrivo con la convinzione irresistibile della mia coscienza... Ho rifiutato prima e mi rifiuto di nuovo di accettare il rango di vescovo. Il mio rifiuto non è il risultato di uno stato d'animo che passa... Ho osservato a lungo e duramente me stesso, sulla base del Vangelo. Ho giudicato me stesso secondo il Vangelo e sono arrivato invariabilmente a questa conclusione: non posso accettare il rango di vescovo in qualsiasi circostanza. Perché mi conosco molto bene: mi è molto difficile mantenere la mia anima entro i confini della bontà di Cristo, per non parlare delle anime di centinaia di migliaia di altre persone, e rispondere per loro davanti a Dio".
Nel 1932, padre Justin tornò dalla Cecoslovacchia e iniziò a lavorare al primo volume della suaDogmatica, che fu pubblicato lo stesso anno. Poi divenne professore al Seminario Teologico a Sremska Karlovci. Due anni dopo, il Santo Sinodo lo nominò docente alla Facoltà Teologica dell'Università di Belgrado.
Nel 1935, padre Justin pubblicò il secondo volume della sua Dogmatica, in cui espone la dottrina ortodossa sul Dio-uomo e la sua opera (cristologia e soteriologia).
Negli stessi anni, insieme ad altri esponenti di spicco della cultura spirituale serba, padre Justin partecipò alla fondazione della Società filosofica serba.
Nel 1948, padre Justin fu nominato padre spirituale del convento di Ćelije. Rimase lì fino alla fine della sua vita, dedicando il suo tempo alla preghiera, alla contemplazione divina, al lavoro teologico accademico, e alle traduzioni.
Molto è stato scritto in varie riviste ortodosse circa il contributo di padre Justin alla teologia ortodossa contemporanea. Un numero speciale della rivista ecclesiastica greca Paradosis(Tradizione) del 1979 è stato dedicato a lui.
L'autore di un articolo dedicato alla sua vita e opera, pubblicato dopo il riposo di padre Justin, scrisse: "Non sarebbe esagerato caratterizzarlo come uno dei più importanti Padri contemporanei della teologia ortodossa."
L'eredità di padre Justin come autore è voluminosa: tre volumi di Dogmatica, dodici volumi di Vite dei santi, varie opere teologiche, e numerose epistole e lettere. Le opere di padre Justin, piene di profondità teologica e di elevata poesia, incarnano la sua esperienza spirituale interiore.
Per penetrare lo spirito della teologia dell'archimandrita Justin, le due opere più importanti sono la sua Dogmatica e Le vite dei santi.
Nell'introduzione al primo volume della sua Dogmatica, padre Justin scrive: "Mosso dalla non-esistenza verso l'esistenza totale, l'uomo - vestito delle forme meravigliose di materia e spirito - viaggia attraverso i misteri meravigliosi di Dio. Quanto più si allontana dal non-essere e quanto più si avvicina all'essere totale, tanto più ha fame di immortalità e di assenza di peccato e tanto più ha sete di ciò che è inaccessibile ed eterno. Ma c'è una tirannica attrazione verso la non-esistenza, mentre il peccato e la morte derubano avidamente l'anima. Tutta la saggezza della vita è contenuta nel superamento del non-essere dentro di noi e intorno a noi e nell'immersione completa nell'essere totale. Lo Spirito Santo insegna questa saggezza, perché Egli è la sapienza e la conoscenza - sapienza e conoscenza colma di grazia sulla natura dell'essere. Il centro di questa sapienza è la conoscenza del divino e dell'umano, dell'invisibile e del visibile. La contemplazione divina dello Spirito Santo è al tempo stesso un potere moralmente creativo, attraverso la quale il processo dell'uomo che imita Dio sul cammino della perfezione ascetica, colma di grazia moltiplica nell'uomo la conoscenza divina di Dio e del mondo. Essere vivificati dallo Spirito Santo è l'unica arte che può scolpire un essere umano variegato e complesso in una persona a somiglianza di Dio, a immagine di Cristo.
"La conoscenza di Dio nello Spirito Santo è, in questo modo, quella verità su Dio, il mondo e l'uomo che la Chiesa ortodossa definisce come dogmi di fede. Pertanto la dogmatica è una scienza delle verità eterne di Dio che si rivelano alla gente perché questa le possa mettere in pratica nella propria vita, raggiungendo così la meta eterna della nostra esistenza, del nostro viaggio martirico dal non essere all'essere totale..."
Le incarnazioni viventi di queste verità divinamente rivelate, ritiene padre Justin, sono i santi, che sono i portatori di queste verità, nonché i loro predicatori e confessori.
Lo studioso di dogmatica ortodossa dovrebbe rivolgersi in tutte le sue opere ai santi, imparare da loro ed essere in comunione di preghiera con loro, nel digiuno e nella veglia spirituale. Così, il lavoro dello studioso di dogmatica ortodossa è la lotta ascetica della sobrietà della mente.
Nell'introduzione alla sua Esatta esposizione della fede ortodossa, San Giovanni Damasceno ha consolidato una volta per tutte il principio guida per la creazione di un sistema dogmatico: "Non voglio dire nulla da me stesso, ma spiegherò brevemente ciò che i saggi di Dio hanno detto». Citando queste parole del grande santo, p. Justin testimonia: "Io, nel mio nulla e nella mia miseria, difficilmente posso osare dire di essermi attenuto di fatto al suo principio. Se qualcosa nel mio lavoro è buono, evangelico e ortodossa, allora tutto ciò appartiene ai Santi Padri, e tutto ciò che vi si oppone è mio e solo mio".
Padre Justin dice che attraverso l'incarnazione del Figlio di Dio le verità divine sono divenute più accessibili all'uomo. Questo vuol dire che Cristo è necessariamente ripetuto in ogni cristiano, perché ogni cristiano è una parte organica della Chiesa di Cristo, che è il suo corpo divino-umano.
Padre Justin vedeva il percorso per l'immortalità nell'unità organica dell'uomo con la Persona del Dio-uomo Cristo, con il suo Corpo, con la Chiesa. "Io so e sento", scriveva, "che solo in lui e con lui io sono un sé eterno, un sé eterno divino. Ma senza di questo non ho bisogno di me stesso".
L'obiettivo del ministero della Chiesa è che tutti i credenti si uniscano organicamente e personalmente con la persona di Cristo, in modo che la loro percezione di sé diventi percezione di Cristo e la loro autocoscienza diventi coscienza di Cristo, in modo che tutta la loro vita sia la vita di Cristo, e in modo che vivano più essi, ma Cristo in loro (cfr Gal 2, 20).
Trovare se stessi significa trovare il Dio-uomo in se stessi, ma Cristo rimane solo nella sua Chiesa, che è la sua incarnazione vivente. Si tratta di una eternità divina-umana, incarnata entro i confini del tempo e dello spazio. È nel mondo, ma non del mondo (cfr Gv 18,36). Pertanto, nella Chiesa la Persona del Dio-uomo Cristo è l'unica guida che conduce l'uomo dalla mortalità all'immortalità e dalla temporalità all'eternità.
Dio si è fatto uomo, pur rimanendo Dio, perché come Dio poteva dare alla natura umana il potere divino che avrebbe portato l'uomo alla più intima unità divino-umana con Dio. La sua potenza divina opera incessantemente nel suo corpo divino-umano, la Chiesa, che unisce le persone a Dio attraverso una vita santa e piena di grazia. La Chiesa infatti non può essere altro che un meraviglioso e miracoloso organismo divino-umano, in cui - attraverso l'interazione della grazia di Dio e la libertà dell'uomo - si forma l'immortalità e si divinizza tutto ciò che è umano, tranne il peccato. Nell'organismo divino-umano della Chiesa ogni credente è come una cellula vivente che diventa parte integrante di tale organismo e vive grazie al suo potere divino-umano.
Chiamando la Chiesa corpo di Cristo, il santo apostolo Paolo stabilisce un legame tra la sua essenza e il mistero dell'Incarnazione di Dio, mostrando che il fondamento vivo e immutabile della Chiesa risiede nel fatto che il Verbo si è fatto carne (Gv 1:14). Questa è la verità fondamentale della Chiesa. La Chiesa è soprattutto un organismo divino-umano, e solo successivamente una comunità umana.
La natura della Chiesa è divino-umana, da cui segue la sua attività divino-umana nel mondo: tutto ciò che è divino si incarna nell'uomo e nell'umanità. Pertanto, la missione della Chiesa, la sua stessa natura, è quella di realizzare valori spirituali, divino-umani nel mondo umano.
Come padre Justin ha sottolineato, confessando il Dio-Uomo, la Chiesa confessa anche l'uomo nella sua autentica unità creata da Dio. Perché senza il Dio-Uomo, non ci può essere il vero uomo.
L'ontologia della persona umana è la sua immagine divina. A immagine di Dio, all'uomo è dato tutto il potere divino necessario per raggiungere la perfezione eterna: "Il mio infinito mi attira a te, o Dio infinito!"
Il valore dell'uomo, testimonia padre Justin, è determinato dal suo mondo interiore. Nelle sue profondità insondabili, il mondo interiore è in contatto con la Realtà assoluta, di cui l'uomo è portatore. Mantenendo una tale connessione, cioè, assorbendo in se stessi l'eternità del regno spirituale, i cristiani in virtù della loro continua crescita spirituale diventano infiniti, anche se non senza inizio. In effetti, chi può esplorare le profondità metafisiche dell'uomo? Chi fra gli uomini conosce le cose dell'uomo, se non lo spirito dell'uomo che è in lui? (1 Corinzi 2:11). Colui che osserva seriamente le realtà materiali e spirituali dell'universo non può non sentire la presenza di un mistero infinito in tutti i fenomeni. Lo spirito umano si sforza costantemente di comprendere il misterioso. Il movimento costante dello spirito umano in quella direzione è un secondo componente soprannaturale della persona. Tenendo in mente questo componente naturale, p. Justin risolve la questione fondamentale dell'antropologia in questo modo: "Possiamo concludere che l'uomo è uomo, proprio perché è il portatore di un dono soprannaturale individuale che si manifesta nella perfezione, nella creatività, e nell'attività mentale". L'intero spirito umano anela all'eternità: attraverso la coscienza e attraverso i sensi, attraverso la volontà e per tutta la vita - il che significa che anela all'immortalità. Così, padre Justin crede che l'aspirazione umana verso l'infinito, verso l'immortalità appartenga all'essenza stessa dello spirito umano.
Creato a immagine di Dio, l'uomo è pieno di struggimento spirituale, dal momento che l'immagine divina è la componente principale dell'essenza dell'uomo. Questo anelito dell'anima dall'immagine divina verso il suo archetipo è naturale.
Dando all'uomo il comandamento: Siate perfetti, come il Padre vostro celeste è perfetto (Matteo 5,48), il Signore Gesù Cristo indica la possibilità piena di grazia di realizzare l'immagine divina nella natura umana, dal momento che non avrebbe comandato l'impossibile.
L'immagine di Dio nella natura dell'uomo, osserva padre Justin, ha un significato ontologico e uno teleologico: ontologico, perché l'essenza dell'essere umano si trova in esso, e teleologico, perché indica la meta della vita, l'unità con Dio.
Ma inclinando la sua libera volontà verso il peccato, l'uomo - piuttosto che diventare un comunicante della vita divina in virtù dell'immagine divina nella sua anima - ha preso le distanze dal Divino. Si è ritirato in se stesso e ha cominciato a vivere senza la guida soprannaturale inerente alla sua natura. Questo è stato il suo primo atto di opposizione alla composizione divinamente-immaginata della propria essenza. Da quel momento, l'uomo si è reso senza dio forzando Dio fuori da sé e in una trascendenza sovra-mondana e sovra-umana. Si è trovato di fronte a un abisso spalancato che lo separava da Dio. L'essenza umana ha subito una catastrofe che ha sconvolto la natura creata da Dio dell'uomo e ha spostato il suo centro. Di conseguenza, l'uomo ha perso la capacità di comprendere se stesso e il mondo che lo circonda.
L'amore dell'uomo per il peccato ha dato al diavolo potere su di lui, creando il pericolo di formazione di un "diavolo-uomo". È stato a questo punto che il Dio-Uomo è venuto nel mondo per salvare l'uomo dal peccato, dal male, dal diavolo, e dalla morte eterna.
Con la sua morte sulla Croce, il nostro Signore Gesù Cristo ha dato all'uomo l'opportunità di tornare all'immagine divina, di passare dal peccato alla luce e alla verità, e dalla morte alla vita.
Quando il Dio-Uomo Gesù Cristo ha elevato se stesso sulla Croce, ha elevato simultaneamente l'uomo al primo livello del Cielo, dove ha riconciliato i due mondi, il celeste e il terreno, che unisce il cielo e la terra. Alla cima di questa scala è lui stesso: il Re della gloria, la via, la verità e la vita. Ecco, o uomo, quante opportunità ti sono state date per crescere verso l'alto! Dal fondo dell'abisso all'altezza del cielo, e superiore a qualsiasi cielo!
La capacità di pensare è di natura divina e di origine celeste. È stata data all'uomo al fine di unirlo al cielo, a Dio, e all'eternità.
Ma l'orgoglio, quel potente strumento del nemico della salvezza, ha fatto sì che il pensiero umano si separasse da Dio e che l'uomo immaginasse se stesso infallibile.
La vera natura spirituale dell'uomo consiste esclusivamente nella vittoria sulla morte, nella trasfigurazione finale di anima e corpo, e nella liberazione dal peccato e dal male - fonti di morte. La certezza dell'immortalità passa attraverso la conoscenza di Dio, che non tollera il peccato che genera la morte.
A partire dal 1972, l'archimandrita Justin ha iniziato la pubblicazione della sua opera di dodici volumi chiamata Le vite dei santi, che aveva compilato molto tempo prima. La pubblicazione di questo lavoro molto significativo è stata completata entro la fine del 1978. Poco dopo la pubblicazione de Le vite dei santi, l'agiologia è stata introdotta come corso permanente nei programmi di seminari teologici.
Se la Dogmatica di padre Justin è stato il frutto della sua ricerca prevalentemente ecclesiastico-accademica, la vita dei santi rivela l'esperienza spirituale di un uomo pieno di Cristo fino nel suo profondo. Le vite dei santi ci mostrano il cammino misterioso di Cristo che tutti gli asceti hanno seguito. L'autore de Le vite dei santi, essendo un asceta egli stesso, capisce le lacrime degli asceti; essendo un martire per la fede, comprende il dolore dei martiri; essendo un monaco, capisce l'esperienza monastica del raggiungere il Divino, ed essendo un moderno teologo ortodosso, capisce la teologia dei Padri e dottori della Chiesa.
Padre Justin iniziò la sua traduzione in serbo, con un lavoro sistematico, delle vite dei santi della Chiesa ortodossa dopo la seconda guerra mondiale. Padre Justin commenta le sue ragioni per scrivere quel libro "semplice" - in confronto alle sue opere dogmatiche: "Le vite dei santi sono, di fatto, dogmatica incarnata, perché in essi tutte le verità dogmatiche eterne e sante prendono vita in tutta la loro forza e vivifica e sostanziale".
Le vite dei santi confermano nel modo più visibile che i dogmi non sono solo verità ontologiche in sé e per sé, ma che ogni dogma è una fonte di vita eterna e santa spiritualità, secondo le parole del Salvatore: le parole che dico a voi, sono spirito e vita (Giovanni 6:63). Ogni parola del Signore dà all'uomo una forza salvifica, santificante, che lo riempie di gioia, animandolo e trasformandolo. Le vite dei santi contengono la totalità dell'etica ortodossa in tutta la loro magnificenza e potere irresistibile. Le vite dei santi sono "l'unica pedagogia dell'Ortodossia" e "una sorta di enciclopedia ortodossa". Padre Justin vede le vite dei santi come una continuazione degli Atti degli Apostoli, che raccontano e confermano la diffusione del cristianesimo. Le vite dei santi sono anche il Vangelo, la vita, la verità, l'amore, la fede, l'eternità, e la potenza del Signore - perché Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre (Ebrei 13:8).
In ogni epoca, il Signore concede la stessa grazia e compie le stesse opere divine in tutti coloro che credono in lui. Come osserva padre Justin, i santi "sono le persone in cui la santa vita divino-umana di Cristo continua di generazione in generazione, fino alla fine dei secoli". Essi costituiscono tutti il corpo di Cristo, la Chiesa - e sono inseparabilmente uniti con Cristo e gli uni agli altri. Il fiume della vita divina immortale comincia con Cristo il Dio-Uomo, per mezzo del quale i cristiani giungono alla vita eterna. Le vite dei santi sono di grande importanza, perché "non possiamo raggiungere" la vita santa ed eterna "singolarmente, ma possiamo farlo con tutti i santi, con il loro aiuto e sotto la loro guida, attraverso i santi Misteri e attraverso le opere buone nella Chiesa". È stato questo significato dei santi - e, di conseguenza, l'importanza della loro vita per la nostra salvezza nella Chiesa - che ha spinto padre Justin a scrivere in serbo il primo Sinassario ortodossocompleto, vale a dire, una raccolta di vite di santi.
Fonti importanti per padre Justin furono il Synaxarion di san Nicodemo l'Agiorita, le Vite dei santi(Menologion) di San Dmitrij di Rostov, manoscritti greci originali di varie edizioni critiche, ilSynaxarion della Chiesa di Costantinopoli, e molte altre opere patristiche e teologiche.
Padre Justin conclude la sua collezione di vite con una panoramica storica dei tentativi di scrivere la vita dei santi nella prima cristianità, a partire dagli Atti degli Apostoli, in cui l'evangelista Luca descrive per la prima volta "le fatiche e le sofferenze dei primi discepoli del nostro Salvatore e dei suoi successori". Dopo questa panoramica, padre Justin analizza i racconti che parlano dei santi asceti pubblicati con i nomi di Paterikon, Gerontikon e Limonarion, così come raccolte di vite di santi di epoca bizantina e post-bizantina, e così via, fino alle moderne edizioni critiche di antichi manoscritti agiografici. Queste ultime pubblicazioni sono caratterizzate dallo spirito di critica razionalista che, secondo le parole di padre Justin, contrappone "la posizione dei loro autori a quella delle vite dei santi".
In conformità con la tradizione ortodossa, padre Justin ripartisce il ricco materiale agiografico dell'anno liturgico secondo l'indizione. Ogni volume (per il mese di settembre, ottobre, ecc.) contiene le vite dei santi commemorati in un dato mese. A ogni vita di un santo commemorato nello stesso giorno è dato un capitolo speciale. Inoltre, ove lo spazio lo consente, è inclusa una fotografia di una chiesa ortodossa o di un monastero che prende il nome dal santo. L'edizione completa di dodici volumi contiene immagini di più di duecento chiese ortodosse che illustrano vividamente i tratti caratteristici dell'architettura ecclesiastica dei popoli ortodossi dall'Alaska alla Corea e Giappone, e dall'Africa all'India. La vita di ogni santo è normalmente accompagnata da fotografie di icone antiche e moderne del santo. Alla fine di ogni volume c'è un indice alfabetico dei nomi dei santi le cui vite sono incluse nel suddetto volume.
Padre Justin sperava di pubblicare un volume tredicesimo e ultimo dedicato al ciclo pasquale, cioè, al Triodio quaresimale e al Pentecostario.
In contemporanea con la pubblicazione de Le vite dei santi, le vite dei più venerati santi serbi sono state pubblicate in diverse edizioni. La pubblicazione de Le vite dei santi ha suscitato grande interesse all'interno della comunità ecclesiastica serba, specialmente tra i docenti di storia della Chiesa serba nelle scuole teologiche. Questi libri sono attualmente usati come libri di testo per gli studenti di queste scuole. Abbondanti informazioni sulla storia della chiesa, l'agiografia, la patristica, la dogmatica - così come materiali canonici, pastorali, liturgici e omiletici - sono raccolte nelle 8.300 pagine de Le vite dei santi. L'archimandrita Justin è riuscito a fare del sinassario non solo un testo narrativo e un lavoro accademico, ma anche un lavoro che esprime profonda autorità teologica. L'edizione divenne ben presto una rarità bibliografica.
Il valore dell'opera agiologica di padre Justin non ha prezzo per la Chiesa serba. Le vite dei santi serbi contengono la storia della Chiesa serba e dello stato serbo. La santa dinastia Nemanjić - iniziata con il santo progenitore Simeone, fondatore del monastero di Hilandar sul monte Athos, e suo figlio san Sava, primo arcivescovo di Serbia, e terminata con il suo discendente finale, il santo Martire Uroš - unisce la corona e la Croce, unendo la storia ecclesiastica e la storia dello stato dei serbi. Di enorme aiuto nella formazione teologica sono le vite di altri santi, non serbi, così come le numerose citazioni tratte dalle opere di teologia di Padri, insegnanti, e santi asceti della Chiesa pubblicati in questo primo Sinassario serbo completo.
Le Vite sono di grande importanza per tutta l'Ortodossia. Per la provvidenza di Dio, padre Justin ha studiato in Inghilterra, dove è entrato in contatto con il mondo non ortodosso e il suo modo di pensare, così come in Russia, dove ha colto la profondità della spiritualità ortodossa russa, e ad Atene, dove - come lui stesso ha detto - si è innamorato della tradizione patristica. Ad Atene ha incontrato eccezionali teologi greci del suo tempo, i professori Balan e Diovuniotis, e ha studiato con Ioannis Karmiris, il famoso professore di dogmatica e futuro accademico. Qui ha avuto la possibilità di studiare i manoscritti bizantini che in seguito sono divenuti parte del suo Sinassario. Questa conoscenza di molti popoli e tradizioni ortodosse ha consentito a padre Justin di creare un'opera che può essere veramente considerata di proprietà comune di tutti i popoli ortodossi a causa della sua portata e importanza.
Con il passare del tempo, quest'opera di padre Justin avrà un ruolo sempre più importante nel presentare l'Ortodossia e suoi valori spirituali ai non ortodossi e ai non cristiani. Questo lavoro ecclesiastico-accademico originale è un sinassario ortodosso modello. D'ora in poi sarà impossibile compilare un sinassario senza la conoscenza del lavoro dell'archimandrita Justin.
Tra le opere pubblicate dell'archimandrita Justin, oltre a quelle già citate, notiamo le seguenti:l'epistemologia di sant'Isacco il Siro, L'uomo e il Dio-Uomo: studi di teologia ortodossa,Fondamenti di Teologia, La teologia di san Sava come filosofia di vita, Vita di san Sava e san Simeone, La Chiesa ortodossa e l'ecumenismo, e Sul prossimo grande e santo Concilio della Chiesa ortodossa.
Le opere teologiche di padre Justin, secondo le parole dell'accademico Ioannis Karmiris, rappresentano il vertice dell'auto-espressione spirituale della Chiesa serba (prefazione all'edizione greca del libro L'uomo e il Dio-Uomo. Atene, I ed. 1969; II ed. 1974, p.7).
L'archimandrita Justin ha lasciato anche alcune opere inedite: Attraverso la vita con l'apostolo Paolo (un commento in più volumi alle epistole dell'apostolo Paolo), Commento alle epistole cattoliche del Santo Apostolo Giovanni il Teologo, Commento ai Vangeli secondo Matteo e Giovanni, il volume XIII de Le vite dei santi (sul Triodio quaresimale e sul Pentecostario); acatisti a molti santi, e numerosi altri testi teologici e liturgici. L'archimandrita Justin, umile sacerdote e teologo di primo piano, appartiene non solo alla Chiesa serba, ma al tutto il mondo ortodosso.
Come il metropolita Ireneo di Creta ha detto di lui: "È stato un dono di grazia dato dal Signore alla santa Chiesa ortodossa".
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