martedì 13 agosto 2013

Dalle Omelie sui salmi di Asterio vescovo di Amasea

Oggi la Chiesa, l’erede, è esultante. Il suo Sposo, il Cristo Gesù, che soffrì, è risuscitato. Lei aveva pianto l’uomo dei dolori, ora festeggia il vivente. L’erede è nella gioia, il popolo della vecchia alleanza è coperto di confusione per averlo messo a morte; ha così perduto l’eredità. Lo Sposo è risorto e il giudeo, l’avversario della sposa, è stato sgominato. Perché? Aveva cercato di cancellare la risurrezione affermando: “I discepoli hanno sottratto il Signore” (Mt 28, 13). Ma se questi l’avessero prelevato dal sepolcro, come avrebbero potuto nel suo nome guarire il paralitico? Un morto non rialza uno storpio. Un morto non restituisce l’uso delle gambe, un morto non insegna a camminare. Uno non dà agli altri quello che lui stesso non possiede. Lo Sposo è risorto e, come gli avvocati in tribunale, i santi profeti ed apostoli si accostano a lui per raccogliere nella Chiesa l’eredità promessa.

Rallegrati, o Chiesa, sposa di Cristo! La risurrezione dello Sposo ti ha rialzata dal suolo dove i passanti ti calpestavano. Gli altari dei demòni non disperdono più i tuoi figli, ma i templi di Cristo accolgono i neobattezzati. La tirannia degli idoli ormai è cessata, trionfano gli altari di Cristo. Non siamo più convocati dai flauti per adorare la statua d’oro, ma i salmi ci insegnano a lodare Iddio. I piedi della cortigiana non danzano più sulla morte di Giovanni, i talloni della Chiesa pestano la morte.

La fede non è più rinnegata, si piega ogni ginocchio. Tacciono le grida da tragedia, sbocciano come corolle cantici nuovi. Non esalano più fumo le vittime grasse, ma sale l’incenso della preghiera. Sgozzare stupide bestie ha perso ogni senso da quando fu immolato l’agnello che toglie i peccati del mondo.

O meraviglia! L’inferno ha divorato Gesù Cristo, il nostro maestro, ma non è riuscito a inghiottirlo. Il leone ha sbranato l’agnello e il vomito l’ha torturato: la morte assorbì la vita, ma assalita dalla nausea, rigettò il suo festino. Il gigante non poté portare Cristo morto. Un gigante tremò davanti ad un cadavere. Sferrò battaglia ad un vivo, ma un morto lo vinse e lo atterrò. Se il diavolo fosse stato sconfitto da un vivente, avrebbe potuto dire: Non potei vincere Dio; ma lottò contro un vivo e dovette soccombere di fronte ad un morto; ogni scusa vien meno.

Un chicco solo fu seminato e l’universo è stato nutrito. Come uomo fu ucciso: come Dio è tornato in vita e dà la vita alla terra. Come un coccio fu fatto in pezzi, e come un gioiello agghinda la Chiesa. Come agnello fu sgozzato e come pastore disperse la mandria dei demoni, col bastone della croce. Come cero sul candeliere, in croce si spense, ma come sole s’è destato dal sepolcro.

Abbiamo visto compiersi due prodigi: il giorno si oscurò, quando fu crocifisso Cristo, e quando egli risorse la notte brillò come il giorno. Perché il giorno si ottenebrò? Perché sta scritto. “Si avvolgeva di tenebre come di velo” (Ps 17,12). Perché la notte ebbe lo splendore del giorno? Perché il profeta diceva: “Nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno” (Ps 138,12). O notte, più luminosa del giorno! O notte più risplendente del sole. O notte, più candida della neve, più lucente delle nostre torce, più dolce del paradiso. O notte che non conosce tenebre, tu scacci ogni torpore e ci fai vegliare insieme con gli angeli. O notte, spavento dei demoni, notte di Pasqua, attesa durante un anno intero! Notte nuziale della Chiesa, che fai nascere i nuovi battezzati e spogli il demonio addormentato. Notte in cui l’erede introduce gli eredi nell’eredità! Fino alla fine dei tempi per colei che ha conseguito di ereditare.



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