mercoledì 21 agosto 2013

Traslazione delle reliquie di san Nicola il Taumaturgo da Mira a Bari nel 1087 9 (22) maggio 2a parte



7. Le pergamene dell’Archivio di S. Nicola
Una delle differenze più evidenti fra le comuni traslazioni medioevali e la traslazione di S. Nicola è l’eccezionale ricchezza documentaria del genere di atti pubblici e privati correlati all’avvenimento della traslazione. In altre parole, al di là del suo significato religioso e storico, la traslazione si riflette nella vita quotidiana dei baresi della fine dell’XI secolo dando la netta impressione che ciò che la città aveva potuto ottenere in precedenza grazie al suo ruolo di capitale bizantina, ora lo otteneva agevolmente per il suo ruolo di patria di S. Nicola. Molti documenti tedeschi successivi alla distruzione della città nel 1156 si riferivano ad essa non più come a Bari, ma come al “porto di S. Nicola”.
Tra i documenti pubblici strettamente dipendenti dalla traslazione è opportuno menzionarne almeno quattro, vale a dire
1. Diploma di Ruggero Borsa (giugno 1087) col quale il duca di Puglia, preso atto della traslazione, concede la corte del catepano all’arcivescovo Ursone affinché sia edificata la Basilica in onore del Santo[39].
3. Bolla di Urbano II (5 ottobre 1089), con la quale al termine della reposizione delle reliquie di S. Nicola, concede il pallio all’arcivescovo Elia, iniziando con queste parole: Poiché ai nostri tempi, fratello carissimo, l’Onnipotente Iddio si è degnato di visitare con il corpo del suo beato confessore Nicola la chiesa barese, detta anche canosina… [40]
2. Bolla di Elia, arcivescovo di Bari (novembre 1089), che sottolinea come tutto il popolo (cunctus populus) lo ha incaricato della custodia delle reliquie e della costruzione della Basilica[41]..
Bolla di Pasquale II (18 novembre 1105) con la quale il papa, accogliendo la richiesta di Ruggero Borsa e Boemondo, concede che il clero della Basilica sia dipendente direttamente dalla Santa Sede, e sia quindi esente dalla giurisdizione arcivescovile[42].
Molti documenti sono donazioni a favore dell’abate Elia che già dal luglio 1087 s’era messo a costruire la nuova chiesa e che dal febbraio 1089 appare come arcivescovo della città. Altri atti sono delle compravendite fatte dallo stesso arcivescovo Elia al fine di rendere la Basilica centro di una cittadella compatta.
Fra gli atti privati uno dei documenti più importanti è la pergamena di Leone Pilillo[43], composta un mese dopo la morte dell’arcivescovo Elia per ricordare al successore Eustazio i privilegi concessi da Elia a quei marinari et nautici qui tulimus corpus sancti Nicolai de civitate Mirea et adduximus illud in hac civitate Bari. Tali privilegi erano i seguenti:
  1. Sepoltura lungo la parete esterna della chiesa (extra ecclesiam iuxta parietem).
  2. Sedia (Sedile) in chiesa per sé e per la moglie.
  3. Se diventa chierico, gli si garantisce un beneficio (trasmissibile agli eredi).
  4. Può lasciare l’abito civile ed entrare fra i chierici di S. Nicola.
  5. In caso di impoverimento la chiesa lo sostenterà.
  6. Percentuale sulle entrate delle offerte per la festa della traslazione (9 maggio).
Un interessante problema giuridico presentava il caso di Rigello, un defensus della chiesa di S. Basilio, una delle chiese che furono abbattute per ampliare la Basilica di S. Nicola. Essendo morto senza figli, dell’eredità si appropriarono le sorelle Laita e Grima,. L’avvocato della Basilica le citò davanti al giudice, affermando che essendo S. Basilio nell’area dell’attuale Basilica e Rigello un defensus, la suddetta eredità spettava al clero di S. Nicola. Nell’ottobre del 1099 il giudice emise la sentenza a favore di S. Nicola[44].
Molto importante è anche la pergamena contenente i nomi dei marinai della traslazione[45]. Il documento risale al 1175 circa[46]. Ad ogni nome della prima colonna (marinai della traslazione) corrisponde uno o più nomi nella seconda con la specificazione della situazione attuale dei privilegi, a meno che qualcuno al tempo dell’abate Eustazio (1105-1123) non avesse già rinunciato a tutto a favore della chiesa (pro eo Ecclesiae). Ad esempio, in corrispondenza di Mele de presbytero Basilio si ha: pro eo Stephanus Camelus et Iohannes Camelus. Ad clericos mediam partem. Ciò sta a significare che il marinaio Mele aveva donato o lasciato in testamento I suoi diritti per metà a Stefano e Giovanni Camelo, per metà ai chierici della Basilica.
Altro documento notevole, anche perché conferma una specie di “societas” creatasi fra i traslatori, è la celebre raccolta delle Consuetudini Baresi composta verso il 1205 dal giudice Andrea da Bari. Nel passo relativo afferma: A primis initiis, ex quo custos et patronus noster confessor Nicolaus terram nostram dignatus est inhabitare, primitiva concessione et continuo inveterato usu quidam ex nostris quaedam exenia et quasdam habuerunt in eadem ecclesia splendidissimas sortiones, quas vendere consuevimus, et in aliis dotis et alio quolibet alienationis iure transferre[47].
Da queste pergamene e da molte altre si è potuto anche dedurre l’appartenenza sociale dei marinai della traslazione[48]. Secondo il Babudri dovrebbero classificarsi come segue:
Nauclerii (comandanti o padroni delle navi): 4
Nobiles homines (aristocratici bizantini o longobardi) 13
Presbyteri et clerici (sacerdoti e chierici): 9
Mercatores (mercanti): 9
Naute o marinerii (marinai e ciurma): 26.
Sono ovviamente numeri approssimativi, non potendo meglio qualificare la presenza dei non baresi. Almeno un quarto dei partecipanti non sembra essere stato d’origine barese. Probabilmente, quindi, l’elenco di cui sopra (62 nomi) potrebbe comprendere solo i partecipanti con diritti civili. I servi e gli schiavi, che avrebbero potuto rinfoltire la ciurma, forse non compaiono.
8. Lo Slovo russo (1095 circa).
Importante sotto molti aspetti è anche il racconto russo della Traslazione di S. Nicola che ci è pervenuto in molte redazioni, ove però le differenze sono soprattutto linguistiche. Esso ha attratto l’attenzione anche degli studiosi occidentali, come Francesco Nitti di Vito[49] e Giuseppe Praga[50]. Nel pubblicare il testo del codice Rumjancev nel 1980 avevo notizia di 18 manoscritti russi che contenevano la storia della traslazione. Attualmente la prof.sa Marina Krutova ne ha elencati molti altri. E non ho avuto ancora la possibilità di leggere il testo della Černova sugli aspetti linguistici dello Slovo.
I codici più antichi sinora conosciuti risalgono al XIV secolo e sono stati editi da Iljà Šljàpkin[51]. Altri due codici furono pubblicati da Makarij Bulgàkov[52].I successivi presentano notevoli varianti linguistiche ma non tali da cambiare il filo della narrazione. Il dato principale è che, nonostante le successive rielaborazioni, il nucleo originario è coevo agli eventi baresi perché viene esplicitamente detto: nel nostro tempo, nei giorni ed anni nostri. A questo dato indiscutibile va però affiancato uno che lascia perplessi: la datazione dell’avvenimento al 1087 (Prolog[53] e Gustinskaja Letopis’), al 1088 (Novgorodskaja Tret’ja Letopis’; Tverskaja Letopis’, 6596 dalla creazione del mondo, ma dice anche 1096 dalla nascita di Cristo !)[54], al 1089 (Nikonovskaja Letopis’ e Stepennaja Kniga), al 1095 (Minei di Makarij, e M. Bulgakov 1), al 1096 (Trojckij, Rumjancev, M. Bulgakov 2, nonché Egorov 191 edito dalla Krutova, p. 52). In generale dunque mentre le cronache sono più attente, non così le rielaborazioni dello Slovo che rendono il 6596 della creazionecon il 1096, ignorando che ad essere precisi il 6596 non corrisponde al 1096, bensì al 1088, errore minimo molto diffuso anche in occidente.
Che tale sia la corretta spiegazione si deduce anche dal fatto che, per l’inquadratura cronologica lo slovo menziona l’imperatore bizantino Alessio Comneno (1081-1118), il patriarca Nicola III Grammatico (1084-1111), Vsevolod Jaroslavič di Kiev (1078-1093) e Vladimir (Monomaco) a Černigov (1078-1094). Laddove, mentre il 1087 e 1088 rientra agevolmente negli anni in carica di questi quattro personaggi, il 1096 è perentoriamente escluso dagli anni in carica dei due principi russi.
Gli elementi costanti sono dunque:
1. Inquadratura cronologica (Alessio imperatore, Nicola patriarca, Vsevolod di Kiev e
Vladimir di Cernigov).
2. Saccheggi e desolazione ad opera dei Saraceni.
3. Sogno del santo sacerdote barese. Spedizione commerciale ad Antiochia.
4. Gara con i veneziani
5. Dialogo coi monaci e pacifico prelievo delle reliquie. Due monaci li accompagnano
6. Partenza da Mira 11 aprile (da Niceforo, Giovanni ha 20). A Bari il 9 maggio.
7. Reliquie reposte in S. Giovanni Battista. Lunedì 47 guariti (da Niceforo).
8. I Baresi gli costruiscono una chiesa meravigliosa. Invito al papa Germano.
9. Il papa due anni dopo repone le reliquie nell’urna. Un osso della mano è esposto.
10 festeggiamenti e doni ai poveri. Preghiera finale.
Come esempio di libera rielaborazione (nel senso di aggiunte di incisi esplicativi abbastanza personali, si può portare il cod. Egorov 191 edito dalla Krutova. L’autore si prende la libertà di fare delle integrazioni, come ad esempio facendo il nome di Vsevolod Jaroslavič, aggiunge che era nipote di Vladimir, colui che battezzò la Terra russa. Parlando di Vladimir a Černigov, aggiunge che si chiamava anche Monomaco. Quando parla delsantissimo papa di Roma aggiunge e patriarca, limitandosi in seguito a chiamarlo patriarca Germano.
A parte comunque le varianti e le integrazioni che si pensano utili al lettore, il nucleo del racconto rimane invariato. La caratteristica generale, rispetto alle fonti latine, è il considerare la cosa più come un disegno della divina provvidenza che come opera di uomini intraprendenti. Di conseguenza, anche il tono generale è estremamente ecumenico. Nello Slovo si respira una grande aria di armonia ecclesiale, dalla quale non emerge alcun cenno di alcun tipo di critica verso la cristianità latina. Si parla di un sacerdote di Bari devoto e pio, di sacerdoti baresi che partecipano all’impresa, del santissimo papa Germano, e beata è la città di Bari per un tanto tesoro. Persino i monaci di Mira, lungi dallo scontro di cui parlano le fonti latine, accondiscendono alla richiesta dei baresi e due di essi li accompagnano fino a Bari. Né poteva essere altrimenti, sia perché si trattava del grande santo Nicola, sia perché fino agli inizi del XIII secolo solo il clero greco in Russia fomentava la polemica antilatina, a meno che non si vogliano continuare a credere autentiche le lettere di S. Teodosio contro i latini. Di conseguenza, oltre al pregio storico letterario, lo Slovo russo sulla traslazione ha un grande impatto ecumenico.
Indegne di uno storico imparziale sono perciò le osservazioni dello storico russo Evgenij Golubinskij che, trascurando il fatto che tale armonia ecclesiale attraversa il testo dall’inizio alla fine e violando il contesto cronologico, spiega questa aria di pace col fatto che il sacerdote pio e devoto sarebbe stato un greco-ortodosso[55]. Da tale tesi fantasiosa nasce l’impressione, poi passata in alcuni libri di pellegrinaggio, che Bari a quel tempo fosse ortodossa. Ciò contrasta con tutta la documentazione storica. I Normanni erano abbastanza liberali, ma avevano una politica esattamente all’opposto, una politica antigreca e latinizzatrice, senza dire che anche sotto il dominio bizantino Bari aveva una popolazione prevalentemente latina.[56]
9. La Translatio veneziana e la Translatio genovese
Come si è visto, tutte e quattro le fonti, sia le latine che la russa, parlano della gara con i Veneziani che pure volevano il corpo di S. Nicola. In realtà, l’attenzione rivolta dalle fonti a questo particolare, al di là del fatto in sé, potrebbe essere stata attratta anche dalla successiva pretesa veneziana alle reliquie del Santo. Cosa che vale ovviamente solo per le redazioni franca e russa nelle rielaborazioni successive al 1099, quando i Veneziani effettivamente raggiunsero Mira e prelevarono un gran numero di reliquie dalla chiesa di S. Nicola. In tale discorso non rientrano le fonti baresi, scritte come si è detto nel 1087/1088.
La Translatio veneziana fu descritta da Giordano de Curti[57], Andrea Dandolo[58], Pietro Callotius, Pietro de Natalibus[59], Marin Sanudo[60]. Da costoro ne elaborò una narrazione più articolata Fortunato Ulmus[61], che cercò anche di armonizzarla con la Translatio barese. Da un antico codice del monastero di S. Niccolò del Lido a Venezia trascrisse la storia anche Cornelio Flaminio[62] pubblicandola nel 1749. A quanto mi risulta il testo più antico pervenutoci è quello di fra Giordano de Curti, scrittore veneziano, il quale dopo aver sintetizzato la Translatio barese partendo dal testo di Sigeberto Gemblacense[63], afferma di aver trovato in unantiquissimo libro la versione veneziana dei fatti. Ecco i dati principali di esso:
  1. Nel 1097, mentre è papa Urbano II, imperatore Alessio Comneno, in S. Marco a Venezia è eletto vescovo Enrico ed ammiraglio Giovanni Vitale, figlio del doge Michele.
  2. La flotta raggiunge Rodi, dove svernando entra in contrasto con la flotta pisana.
  3. La flotta sbarca a Mira. Nella basilica trovano quattro monaci, che mostrano ciò che i baresi hanno lasciato (solo manna).
  4. Un monaco però mostra sotto l’altare di S. Giovanni un’altra arca con i corpi di due predecessori di S. Nicola: S. Teodoro martire e S. Nicola zio. Alle navi.
  5. Alcuni ritardatari sentono un profumo. Sotto l’icona lasciata dai baresi scoprono una massam vitream.Vicino alle reliquie una palma da Gerusalemme.
  6. Ad osservare accorrono Ungheresi, Teutonici, Danesi, Inglesi, Baresi e Pisani.
  7. La notizia giunge a Venezia: dove porle? In S. Marco, S. Niccolò del Lido, altrove?
  8. Dopo la conquista di Acri, la nave con le reliquie torna a Venezia. Sono portate a S. Nicolò del Lido, custodite da armati.
  9. Inventio: tertio Kalendas Junii (= 30 maggio); translatio in Venetias: VIII idus Decembris (= 6 dicembre): tertio anno ab incepto itinere (1097, quindi 1099).
Già il Falconius nel suo commento si mostrò severissimo verso numerosi particolari di questa storia. Ma, se si fa attenzione, tutte le critiche sono correlate alla confusione fra Nicola di Patara, vescovo di Mira, e Nicola di Farroa, archimandrita di Sion e vescovo di Pinara. Una confusione che ancora oggi tarda a dileguarsi. Il punto cruciale resta il dialogo coi monaci che dicono che i baresi hanno preso una parte delle reliquie, mentre all’apertura dell’urna c’è solo la manna. Per cui, o lo scrittore vorrebbe alludere alla possibilità che i Veneziani abbiano preso tutto il corpo, mentre i baresi ne avrebbero preso uno sbagliato, oppure bisognerebbe supporre che i Baresi abbiano preso Nicola di Mira e i veneziani Nicola di Pinara, come sembrano supporre sia il Krasovskij[64] che lo Šljapkin[65]. Uno degli scrittori veneziani, Andrea Dandolo, propende per la prima soluzione, affermando tra l’altro: Hanc translationem Graecorum codices comprobare videntur, negantes Barenses cives beatum corpus abstulisse[66]. Ma si tratta solo di una battuta propagandistica, poiché, come si sa, non esistono manoscritti greci medioevali che negano la traslazione a Bari. L’unico testo greco al riguardo è una redazione di Niceforo che conferma la traslazione a Bari. Per avere qualche dubbio da parte greca bisogna attendere l’epoca moderna e contemporanea.
Si potrebbe tuttavia anche supporre che effettivamente i veneziani abbiano preso le poche reliquie che i baresi avevano lasciato (la precedente impresa barese è ricordata da tutte le fonti latine, anche veneziane), ma che poi desiderosi di maggior gloria abbiano inventato la storia della tomba vuota e dell’urna autentica[67]. In assoluto, comunque, la storia veneziana (urna vuota, altra urna piena) potrebbe essere vera. Infatti, nella ricognizione di alcuni anni fa è stata trovata un’immagine a forma di medaglia bronzea, su cui era scritto “Nicola peccatore”. Ora, se si legge la Vita Nicolai Sionitae si scopre che questa espressione era usuale in bocca all’archimandrita di Sion. Per cui, la veneziana Historia Translationis potrebbe essere la testimonianza che il Nicola di Sion non sia stato sepolto, come si crede, a circa una trentina di chilometri tra le montagne ad est di Mira, ma, morto nelle vicinanze, sia stato poi sepolto nella stessa chiesa del grande taumaturgo. In tal caso avrebbero ragione il Krasovskij e lo Šljapkin che Venezia ha Nicola di Sion e Bari Nicola di Mira. Così nella storia veneziana rimarrebbe un solo errore: il considerare Teodoro e Nicola zio predecessori di S. Nicola nella sede mirese.
Anche i Genovesi nello stesso periodo tentarono l’impresa. Le fonti tuttavia sono alquanto più recenti delle veneziane. Fu il notaio Nicola de Porta a raccogliere una leggenda del XV secolo. Secondo la suddetta narrazione[68], trovandosi il re Baldovino in difficoltà a causa dei Saraceni, chiese aiuto al papa Urbano II, che invitò a partire quei veri legiptimi filii sancte matris Ecclesie che erano i Genovesi. Questi, con sei navi e ventisei galee apportarono un valido aiuto a Baldovino sbaragliando i Saraceni. Sulla via del ritorno, giunti a Mira entrarono nella Chiesa di S. Nicola per involarne le reliquie. Ma i monaci risposero loro che lo avevano già preso i baresi: dicimus vobis et juramus per sanctam religionem et poenitentiam nostram quod jam diu est quod Barenses corpus beati Nicolai ad propriam nationem suam portaverunt. I Genovesi continuarono le ricerche e trovarono l’arca vuota.
  1. Conclusioni
L’interpretazione socio-politica della vicenda, che seguendo il Nitti di Vito è stata concepita nell’ambito dello scisma vibertiano-gregoriano (a favore della gregorianità), o seguendo il Pertusi, nell’ambito dello scontro episcopale fra Bari e Canosa, va riveduta. La prima perché fantasiosa e per nulla documentata, la seconda perché protagonista dell’impresa non fu la chiesa, ma il popolo. Il tentativo di attribuire all’abate Elia l’iniziativa dell’impresa sembra infondato, a meno che non si voglia prendere il sogno del sacerdote barese devoto dello Slovo russo, come una fonte concreta e non agiografica. Una interpretazione storico ideologica si può dare. Ma una volta tanto non vede in scena i grandi e il loro scontro di interessi, ma il popolo di una città privata del suo ruolo di capitale e ferita nell’orgoglio, ma ancora piena di energie imprenditoriali. Che poi, a cose compiute, l’evento sia stato utilizzato per il suddetto fine di scalzare definitivamente il primo posto di Canosa come sede episcopale, la cosa è più che ragionevole.
Appendice:
prospetto provvisorio
dei codici manoscritti sulla Traslazione
Bibliotheca Parisiensis
Paris. Lat. 803, ff. 249v ss. (sec. XIV) Comp. Franco.
Paris. Lat. 5284, ff. 149-156 (Johannes)
Paris. Lat. 1864, ff. 135v-142v (Johannes)
Paris. Lat. 5278, ff. 462r-468r (sec. XIII) Comp
Paris. Lat. 5287, ff. 160v-181v (sec. XIII) Comp
Paris. Lat. 5290, ff. 54-65v (sec. XII) Gv
Paris. Lat. 5303, ff. 16-17v (sec. XIV), Johannes
Paris. Lat. 5345, ff. 71-77 (sec. XII) Gv
Paris. Lat. 5365, ff. 218-223 (sec. XII), Johannes
Paris. Lat. 5368, ff. 33-41v (sec. XIV), Johannes
Paris. Lat. 9736, ff. 23v-34v (sec. XII) Johannes
Paris. Lat. 11756, ff. 217-222 (sec. XIV)
Paris. Lat. 12600, ff. ?
Paris. Lat. 12607, ff. 180v-190v (sec. XII) Niceforo Vat.
Paris. Lat. 13768, ff. 5-18 (sec. XII) a Nevelone monacho Corbeiensi (Nic. Vat.?)
Paris. Lat. 13772, ff. 54-61 (sec. XIII) Nic. Vat.
Paris. Lat. 14651, ff. 99-107 (sec. XV) Gv
Paris. Lat. 15135, ff. 13-21 (sec. XIII-XIV); 21v-24 officium translationis Gv
Paris. Lat. 16329, ff. 75-86 (sec. XII) Gv
Paris. Lat. 18303, ff. 84v-89v (sec. XII). Nic. Vat.
Paris. Lat. 2288, ff. 168-169 (a. 1425).
Bibliotheca Vaticana
Vat. Lat. 6074, ff. 5v-10v.
Vat. Reg. 477, ff. 29-38v (sec. XII-XIII) Gv
Vat. Reg. 498, ff. 80v-90v. Gv
Vat. Reg. 529, ff. 124v (sec. XIII)
Bibliotheca Vallicelliana
Vall. Lat. XXIV (sec. XIII)
Bibliotheca Duacensis (Douai)
838, ff. 152v-158v (BHL 6183, 6184-86). Cfr. An. Boll., t. XX., p. 392.
842, ff. 48-63v (BHL 6183-6186) Relatio Nichofori Barrensis. Cfr. AB XX, p. 398
855, ff. 162v-194v (BHL 6183-6186) Relatio Nichofori Barrensis, Ivi, p. 410.
865, ff. 1-19v (BHL 6183-186). Cfr. An. Boll., t. XX, p. 417
Bibliotheca Publ. Rotomagensis
Cod. Lat. U 109, ff. 74v-81 (Translatio a Iohanne, BHL 6190)
Cod. Lat. Y 41, ff. 292-305 (BHL 6180)
Bibliotheca Carnotensis
Cod. 473, tomo I (alias 511 5/B), ff. 171v-173v (Translatio a Iohanne)
Bibliotheca Bollandiana
5, ff. 217v-226 (BHL 6183, 6184, 6168
209, ff. 109-113v (BHL 6190-92)
Bibliotheca Bruxellensis
380/382, ff. 37-41 (sec. XV; Falconius, 131-139)
1960/62, ff. 67-80 (Compilatore franco)
3391/99, ff. 119v-123v (Nic. Vat.)
7461, ff. 192-214
7487/91, ff. 185v-195v (sec. XIII, Vita et Translatio)
8059, ff. 84-90 (sec. XV), Comp. breve
9120, ff. 153-153v (Translatio), Comp. breve
9289, ff. 148-151 (sec. XII),
9291, ff. 30v-35v. (a. 1480), Comp. breve
14924, ff. 106v-107v (sec. XIV), Comp. breve
Phillips 324/327, ff. 140-144v (sec. XII)
Bibliotheca Hagensis
J. 6 (Trai, a/M, 351), f. 92 (red. Breve)
Bibliotheca Brugensis
Cod. sign. 402, ff. 163v-189v (Compilatore franco)
Bibliotheca Gandavensis
289 (già St G. 662), pp. 219-261
499 (W 205, St G. 154), ff. 159-194
Bibliotheca Namurcensis
53, (Niceforo Beneventano). Cfr. An. Boll. I (1882), p. 507-508.
Bibliotheca Monacensis
CLM 22251, ff. 107-113v (sec. XII)
CLM 17143, ff. 104v ss. (sec. XII).
CLM 13098, ff. 201-202 (sec. XII)
CLM 2536, ff. 122v-129 (sec. XII)
British Library
Additional ms. 38112, f. 101b
Harley ms 3097, f. 122
Magno Legendario Austriaco (An. Boll. T. XVII)
Legendario Austriaco
Legendario Bavarico
Codex Emmerammensis (già Monacensis lat. 14419, sec. XII), ff. 36v-42.
Translatio Venetias
Cod. Vat. Barberinus 2312, ff. 1-19v (sec. XVI-XVII)



[1] Mi sono occupato di parecchie translationes ed inventiones medioevali, come quelle di S. Nicola di Bari[1], S. Nicola Pellegrino[1], S. Canio di Acerenza, S. Elpidio e S. Castrense[1], S. Sabino di Canosa[1], S. Cataldo di Taranto[1], S. Leucio di Brindisi e Trani. Cfr. G. Cioffari, La Chiesa di Trani nell’XI secolo e S. Nicola Pellegrino, Conferenza inedita (Trani 23 marzo 1999).
[2] Cfr. Sumption, Monaci, santuari, pellegrini. La religione nel Medioevo, Editori Riuniti, Roma 1993, p. 39. A conferma vedi anche tutta la vicenda dell’arcivescovo Roffredo e il suo incontro con S. Anselmo d’Aosta al concilio di Bari del 1098. Testo in Eadmer, Vita S. Anselmi, in Acta Sanctorum dei Bollandisti.
[3] Cfr. Eginardo, Translatio Marcellini et Petri, I, 2-5. In Sumption, Monaci, p. 39-40.
[4] Cfr. Agostino Pertusi, Venezia e Bisanzio nel secolo XI, in La Venezia del Mille, Firenze 1965, pp. 119-123, 146-147.
[5] Studien zur Orientpolitik des Reformpapsttums und zur Entstehung des ersten Kreuzzuges, in Historische Vierteljahresschrift, 22 (1934), pp. 167 ss.
[6] G. Praga, La traslazione di S. Nicola e i primordi delle guerre normanne in Adriatico, in Archivio storico per la Dalmazia, 6 (1931), p. 340.
[7] La Ripresa gregoriana di Bari (1087-1105) e i suoi riflessi nel mondo contemporaneo politico e religioso, Trani 1942.
[8] Agostino Pertusi, Ai confini fra religione e politica. La contesa per le reliquie di S. Nicola tra Bari, Venezia e Genova, in Quaderni Medioevali, 5 (giugno 1978), pp. 6-56; cfr. p. 31.
[9] Cfr. Jonathan Sumption, Monaci, p. 40.
[10] De gloria Martyrum, 33, in PL LXXI, col. 734.
[11] Cfr. Niceta di Paflagonia, Oratio X, PG CV, col. 213-217. Anche Heremperto attribuisce l’iniziativa al principe Sicardo.
[12] Cessi, Documenti, I, p. 98, in Antonio Niero, S. Marco, nella Bibliotheca Sanctorum, col. 725.
[13] Niero, S. Marco, col. 725.
[14] Francesco Spadafora, S. Matteo, in Bibliotheca Sanctorum, col. 124.
[15] Nel primo di questi documenti (gennaio 1094) il catepano Guigelmus cede un affidato alla chiesa di S. Nicola e al suo rettore l’arcivescovo Elia (CDB V, doc. 18, p. 35). L’atto è scritto per manum Nikifori nostri protonotarii. Un altro atto dello stesso catepano è autenticato per suum honorabile sigillum scriptum per manum Nikifori sue barine curie protonotarii (CDB V, doc. 20, p. 38). L’atto del 1108, recante la stessa intitolazione, è una donazione del nuovo catepano, Goffredo Gallipolino (CDB V, doc. 52, p. 94).
[16] Fra le pergamene di S. Nicola il personaggio che meglio corrisponde al Curcorio lucidissimus arbiter è il Gregorio alla cui presenza si stende un atto di vendita del 1078. Esso avviene coram presentia domini Cricori, imperialis protospatharii et manglabiti atque critis Italias, il quale si firma Κρικοριος προτοσπαθαριος επι τουμαγγλαβιου ο γενονος κριτις Ιταλιας υπεγραψα οικεια χειριCfr. CDB V, doc. 3.
[17] Translatio Sancti Nicolai in Varum. Codice della Biblioteca capitolare di Benevento, scoperto da Stefano Borgia ed edito da Niccolò Putignani, Istoria della vita, de’ miracoli e della traslazione del gran taumaturgo Niccolò, arcivescovo di Mira, patrono e protettore della Città e della provincia di Bari, Napoli 1771, pp. 549-568. Secondo il Praga questo codice sarebbe del 1151-1190, essendovi indicata la sublatio e la translatio secondo il computo bolognese, in uso a Bari in quell’arco di tempo. Il Pertusi, La contesa, p. 20 accetta queste conclusioni. Io sarei più cauto, vista l’eccessiva libertà del Praga nel fare affermazioni di questo tipo. In particolare sono perplesso sull’uso a Bari di una datazione diversa da quella bizantina fino a tutto il XV secolo. Oltre al codice scoperto dal Borgia a Benevento, si segnalano questi altri codici della stessa redazione: Namurc. Lat. 53, Paris. Lat. 12600 (indicato come secolo XI) e il Bruxell. Lat. 9289, ff. 148-151 (sec. XII).
[18] Cfr. Cod. Vat. Lat. 6074 del XII secolo. Edito dal Falconius, Acta primigenia, pp. 131-139; N. Putignani, Istoria della vita, pp. 551-565 (in calce alla recensione beneventana); Nitti di Vito, La traslazione delle reliquie di S. Nicola, in Japigia 8 (1937), pp. 295-411vedi pp. 336-356. La redazione vaticana ci è giunta, oltre che nel cod. Vat. Lat. 6074, anche nei codici Paris. Lat. 12607, 13768, 13772, 18303 (sec. XII-XIII), Vat. Reg Lat. 529 (sec. XII), Bruxell. Lat. 380-82, ff. 37-41 (sec. XV) e Bruxell. Lat. 3391-99 ff. 119v-123v (dell’anno 1480). Sempre vaticana dovrebbero essere la Relatio Nichofori Barrensis del cod. Duacensis 842, ff. 48-63v (cfr. BHL 6183-6186), Duacensis 855, ff. 162v-194v, e Duacensis 865, ff. 1-19v, nonché Rothomagensis Y 41, ff. 292-305.
[19] Λογος εις την Ανακομιδην. Edita come Translatio Barim Graece da G. Anrich, Hagios Nikolaos, I, pp. 435-449, II, pp. 170-173. Il Pertusi (La contesa, p. 22) ipotizza questa come la traduzione in greco della redazione originale.
[20] Cod. Vat. Reg. Lat. 477. Edito in L. Surius, De probatis sanctorum historiis, III, Coloniae Agrippinae 1579, pp. 172-181 (ed. 1618, vol. V, pp. 116-121; e del 1880, vol. XII, pp. 185-196); N. Putignani, Vindiciae Vitae et gestorum S. Thaumaturgi Nicolai Archiepiscopi Myrensis, Diatriba II, Neapoli MDCCVII, pp. 217-251. Non accorgendosi che questa del Putignani era più accurata di quella del Surio (Cfr. Bibliotheca hagiographica Latina, II, Bruxelles 1900-1901, p. 897), Francesco Nitti di Vito la ripubblicò dall’edizione del Surio 1618. Cfr. F. Nitti di Vito, La traslazione delle reliquie, pp. 357-366. Severissimo il giudizio del Pertusi sull’edizione del Nitti che oltre che di cattiva lettura lo accusa di aver addirittura confuso il codice di Niceforo con quello di Giovanni. Oltre al Vat. Reg. Lat. 477, vanno segnalati questi altri codici: Paris. Lat. 5290, 5345, 5365, 9736, 16329 (del secolo XII), 5284 (del sec. XIII), 15135 (sec. XIII-XV), 1864 e 5368 (sec. XIV), 14651 (sec. XV), Vat. Reg. Lat. 498 (sec. XII), Bruxell. Lat. Apud D. Phillips 324 e 327, ff. 140-144v (sec. XII), Vallicel. Lat XXIV (sec. XIII). Di Giovanni dovrebbe essere anche il cod. Rothomagensis U 109, ff. 74v-81, il Carnotensis 473, tomus I (alias 511 5/b), ff. 171v-173.
[21] Orderico Vitale, Historia ecclesiastica, pars III, lib. VII, in PL 188, pp. 535-539.
[22] Cod. Gandav. Lat. 289, già St. G. 662; edita dai Bollandisti. Cfr. Appendix ad catalogum codicum hagiograficorum Bibliothecae Academiae et Civitatis Gandavensis, in Analecta Bollandiana, 4 (1885), pp. 169-192. Altri codici sono Paris. Lat. 5278 e 5287 (sec. XIII), Paris. Lat. 803 (sec. XIV), Bruxell. Lat. 7461 (Translatio, ff. 192-214) e 7487-91 (Translatio, ff. 185v-195v), copie tardive. Questa stessa narrazione ciè giunta anche in una redazione breve: Bruxell. Lat. 1960-62, ff. 1-83v (sec. XIII), 8059, ff. 79v-90 (sec. XV), 9120 ff. 145-153v (sec. ?), 9291, ff. 30v-35v (dell’anno 1480), 14924-34, ff. 106v-107v (sec. XIV).
[23] Pertusi, La contesa, p. 21.
[24] C. W. Jones, Saint Nicholas of MyraBari and Manhattan. Biography of a Legend, The University of Chicago Press, Chicago London 1978, p. 175.
[25] Gesta peregrinantium Francorum cum armis Hierusalem pergentium sive Historia Hierosolymitana, PL 155, lib. I, cc. 2 e 3, p. 832.
[26] Gesta Dei per Francos, spive Historia Hierosolymitana, PL 155, col. 677-678.
[27] De Sancto Anselmo. Alia vita ex Historia novorum, lib. II, cap. 3, in Acta Sanctorum Aprilis t. II, Venetiis 1738, p. 916.
[28] De sancto Anselmo Archiepiscopo Cantuariensi Vita, in Acta Sanctorum Aprilis, t. II, Venetiis 1738, p. 880, 888.
[29] De gestis pontificum anglorum libri quinque, lib. I, PL 179, col. 1492.
[30] Historia ecclesiastica, pars III, cap. X, in PL 150, col. 539-541.
[31] Cfr. Walter de Gray Birch, The legendary life of St Nicholas, in The Journal of the British Archaeological Association, XLIV (1888), pp. 222-234 (testo a p. 232-233). In italiano, vedi Pasquale Corsi, La traslazionePp. 85-86.
[32] Cfr. Ad esempio la bolla di Pasquale II a favore di Risone (aprile 1112). CDB V, doc. 58, pp. 103-104 (Sollempnitatibus sanctorum Nykolai et Savini et in Translatione beati Nykolai).
[33] Analecta Hymnica Medii Aevi, herausgegeben von Clemens Blume und Guido M. Dreves, Leipzig 1899
[34] Breviarium Ord. Praedicatorum, Karlsruhe, St. Petr. 32 del secolo XV. Cfr. Analecta Hymnica, XXXIII (Pia Dictamina), cit., p. 164.
[35] Breviarium Sedunense, codice Valeriano del sec. XV. Cfr. Analecta Hymnica, vol. IV, inno 406, p. 228.
[36] Antiphonarium S. Nicolai Friburgensis, del sec. XV. Anche nel Psalterium Sedunense del sec. XV, nel Breviarium Sedunense del sec. XV e nel Breviarium Lausannense imp. Gebennis 1509 E. Cfr. Analecta Hymnica, vol. IV, p. 229.
[37] Graduale Aquicinctense. Cod. di Douai 124 del secolo XV. Cfr. Analecta Hymnica, vol. III, p. 278.
[38] Cfr. Karl Young, The Drama in the Medieval Church, I-II, University Press, Oxford 1933 (specialmente vol. I); Otto Albrecht, Four Latin Plays of St Nicholas from the 12th Century Fleury Play Book, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1935; Joel Fredell, The Three Clerks and St. Nicholas in Medieval England,“Studies in Philology” (Spring 1955), The University of North Carolina Press, Chapel Hill, pp. 181-202.
[39] Cfr. F. Nitti di Vito, Le questioni giurisdizionali tra la Basilica di S. Nicola e il Duomo di Bari, 1087-1929, parte I, Bari 1933, pp. 76-84; L. R. Ménager,Recueil des Actes des Ducs Normands d’Italie (1046-1127), Bari 1981, pp. 215-219. Il Nitti lo considera un falso, il Ménager lo ritiene autentico.
[40] CDB I, doc. 33, p. 62.
[41] CDB I, doc. 34, pp. 64-65.
[42] CDB V, doc. 44, pp. 79-80.
[43] CDB V, doc. 42 (giugno 1105).
[44] CDB V, doc. 32, pp. 55-57.
[45] CDB V, doc. 164, pp. 279-281.
[46] Il documento non contiene alcun riferifento cronologico o notarile. E’ un elenco puro e semplice di nomi con a sinistra una croce completa o parziale ed a destra una specificazione relativa ai propri diritti. La datazione l’ho dedotta da alcuni titoli dei personaggi confrontati con quelli dello stesso personaggio in altre pergamene. In particolare il giudice Petracca Buffo e il notaio Nicola Peregrinus. Cfr. G. Cioffari, Storia della Basilica di S. Nicola, I, Bari 1984, p. 166.
[47] Testo in Petroni, Della storia di Bari, vol. II. Citato da Nitti, La ripresa gregoriana, cit., p. 475.
[48] F. Babudri, Sinossi critica dei traslatori nicolaiani di Bari, in Japigia 3 (1950), pp. 3-94.
[49] Cfr. La Ripresa gregoriana di Bari (1087-1105) e I suoi riflessi nel mondo contemporaneo politico e religioso, Trani 1942; Id., La leggenda della traslazione di S. Nicola da Mira a Bari, in Japigia, n.s. a. VIII (Bari 1937), pp. 94-106.
[50] Cfr. La traslazione di S. Niccolò e i primordi delle guerre normanne in Adriatico, cap. V (La leggenda di Kiev), in Archivio storico per la Dalmazia, a. XII (Roma 1937), vol. XXII, fasc. 132, pp. 114-136.
[51] Russkoe Poučenie XI veka o perenesenii moščej Nikolaja Čudotvorca i ego otnošenie k zapadnym istočnikam, S.-Peterburg 1881.
[52] Istorija Russkoj Cerkvi, Makarija mitropolita Moskovskago, tom II, izd. III, Sanktpeterburg 1889, pp. 327-331.
[53] Il Prolog ha indizione decima (1087), mentre il 1096 è quarta indizione. Nel Prolog a stampa fu “corretto” in 1096. Cfr. I. Šljapkin, Russkoe Poučenie, cit., p. 11.
[54] Polnoe sobranie Russkich Letopisej, tom 15yj, Sanktpeterburg 1863, p. 177.
[55] Cfr. E. Golubinskij, Istorija Russkoj Cerkvi, t. I, period I, vtoraja polovina toma, M. 1904, p. 399.
[56] Su oltre 50 pergamene del periodo greco-bizantino (939-1071) l’Archivio di S. Nicola conserva solo tre pergamene greche.
[57] Chronicon rerum ab Orbe condito ad annum 1320, Cod. Vaticano latino 1960. La parte relativa alla traslazione fu edita dal Falconius, Acta Primigenia, pp. 140-143.
[58] A. Dandolo, Chronica per extensum descripta, aa. 46-1280 d.C. , a cura di E. Pastorello, Bologna 1938. Anche L. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, 1728, t. XII, pp. 256-258.
[59] Petrus de Natalibus, Catalogus Sanctorum et gestorum eorum ex diversis voluminibus collectus, Lugduni 1508.
[60] Sanudo Marin, Le vite dei dogi, a cura di G. Monticolo, Città di Castello 1900-1901. Anche Muratori, RIS, XXII, p. IV.
[61] Olmo Fortunato, Historia translationis corporis Sancti Nicolai, terris marique miraculis magni episcopi e Myra Liciae Venetias factae anno MC, Venezia 1626.
[62] Ecclesiae Venetae antiquis monumentis nunc etiam primum editis illustratae, ac in decades distributae, authore Flaminio Cornelio, Senatore veneto, Decas duodecima, Venetiis MDCCXXXXIX.
[63] Sigeberti Gemblacensis Chronicon (381-1111), in Monumenta Germaniae Historica, VI, pp. 365-366.
[64] Krasovskij, Ustanovlenie v Russkoj Cerkvi prazdnika 9 maja v pamjat’ perenesenija moščej svjatitelja Nikolaja iz Mirlikijskich v Bar, TKDA, 1874, pp. 521-585.
[65] Russkoe poučenie, loc. cit., p. 15.
[66] In Muratori, R.I.S., XII, p. 258.
[67] Alquanto critico è il giudizio del Pertusi, La contesa, p. 54, che definisce la Historia de translatione veneziana un interessante ma non credibile episodio della “guerra delle reliquie” della fine del secolo XI. A questo giudizio è spinto proprio dall’eccessiva cura di ricerca di motivi di credibilità e di discredito della storia barese.
[68] Cfr. G. Banchero, Il Duomo di Genova, che riproduce una leggenda raccolta dal notaio Nicola de Porta verso il 1415. Cfr. Giovanni Antonucci, Per la storia giuridica della Basilica di S. Nicola di Bari, in Japigia 1934, p. 244. Anche Nitti, La ripresa, p. 138.


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