martedì 22 ottobre 2013

Vita di san Giovanni, arcivescovo di Shangai e San Francisco

Infanzia
L’arcivescovo Giovanni nacque il 4 giugno 1896, nel villaggio di Adamovka, provincia di Kharkov, nel sud della Russia. Era un membro della famiglia di piccola nobiltà russa dei Maximovitch, cui era anche appartenuto san Giovanni di Tobolsk. Al battesimo ricevette il nome di Michele e così l’arcangelo Michele divenne il suo protettore celeste. Era un bimbo malaticcio e mangiava poco.
Ricevette l’istruzione secondaria presso la Scuola Militare di Poltava, che frequentò dal 1907 al 1914. Successivamente si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Imperiale di Kharkov, laureandosi nel 1918, prima che fosse confiscata dai Sovietici.
La città dove vladika Giovanni passò i suoi anni di formazione era davvero una città della Santa Russia e il giovane Michele, sensibile alle manifestazioni di santità, trovò in essa il modello della sua vita futura: c’erano due icone miracolose della Madre di Dio, la Oseryanskaya e la Eletskaya, che venivano portate due volte l’anno in processione dai monasteri dov’erano conservate alla cattedrale della Dormizione. Nel monastero della Protezione, in una grotta affrescata sotto l’altare, riposano i resti del santo arcivescovo Melety Leontovitch, che, dopo la sua morte, nel 1841, diedero un aiuto miracoloso ad alcuni che servivano una panikida per lui, sulla sua bara. Già durante la sua vita l’arcivescovo era venerato per il suo severo ascetismo, specialmente per l’impresa ascetica di astenersi dal sonno: era conosciuto per passare intere notti in piedi immobile, a braccia sollevate, immerso in profonda preghiera. Oltre a ciò, predisse con esattezza il giorno e l’ora della propria morte. Si sa che il giovane Maximovitch aveva una venerazione per questo santo gerarca.
Oggi l’arcivescovo Giovanni potrebbe essere considerato simile al sant’uomo di Kharkov per almeno tre aspetti: si sa che non dormì mai in un letto per quarant’anni; conobbe in anticipo la propria morte; e prima della sua glorificazione, nel 1994, le sue reliquie riposarono in una speciale cappella tombale dove quasi ogni giorno venivano cantate panikide e sulla sua bara veniva letto il salterio da coloro che domandavano il suo aiuto. Questo fu un caso unico di trapianto, com’era in effetti, di una parte della Santa Russia nell’America contemporanea.
Mentre studiava all’Università di Kharkov, Vladika passava più tempo a leggere le vite dei santi che a seguire i corsi; nonostante questo era uno studente eccellente. Evidentemente la sua emulazione dei santi era palese già a quell’età, se il vescovo Antonio di Kharkov, una delle grandi figure della Chiesa di quel tempo (più tardi Metropolita Antonio Hrapovitsky, primo Gerarca e fondatore della Chiesa Russa all’Estero) mise un impegno speciale nel cercare di entrare in confidenza con lui e in seguito tenne il giovane vicino a sé e ne guidò la formazione spirituale.

Belgrado
Nel 1921, durante la guerra civile russa, Vladika, insieme con i suoi genitori, i suoi fratelli e la sorella, venne sfollato a Belgrado e cominciò a frequentare l’Università della capitale jugoslava; per vivere lavorava vendendo giornali. Uno dei suoi compagni, che faceva lo stesso, riferì che durante una pausa pranzo doveva correre da un Caffè all’altro e solo con grandi difficoltà riusciva a vendere i giornali, mentre Misha stava semplicemente sul marciapiede e nel giro di pochi minuti i Serbi avevano acquistato tutti i suoi giornali. Alla fine dell’Università, mentre uno dei suoi fratelli si laureò in materie tecniche e divenne ingegnere e l’altro in giurisprudenza ed entrò nella polizia jugoslava, Vladika, nel 1925, prese la laurea in teologia.
Nel 1924 era stato ordinato lettore nella chiesa russa di Belgrado dal Metropolita Antonio, che continuava ad esercitare su di lui una grande influenza; e Vladika, a sua volta, mostrava massimo rispetto e devozione per il suo superiore. Nel 1926 il Metropolita Antonio lo tonsurò monaco e lo ordinò ierodiacono al monastero di Milkov, dandogli il nome di Giovanni, come il suo lontano parente, San Giovanni (Maximovitch) di Tobolsk. Il 21 novembre dello stesso anno, Vladika venne ordinato ieromonaco; la sua ordinazione avvenne così in fretta che non riuscì ad informarne i genitori. L’arcivescovo Gabriele di Cheliabinsk gli disse: «Non preoccuparti, li inviteremo alla tua consacrazione».
La città di Bitol si trova nella diocesi di Ochrida. In quel tempo il vescovo titolare era Nicola Velimirovich, noto predicatore, poeta, scrittore ed ispiratore del movimento religioso popolare. Egli apprezzava ed amava il giovane ieromonaco Giovanni quanto il Metropolita Antonio ed esercitò anch’egli una benevola influenza su di lui. Più di una volta lo si sentì dire «Se vuoi vedere un santo vivente, va’ a Bitol da padre Giovanni». Perché, in effetti, stava diventando chiaro che questi era un uomo del tutto straordinario: furono i suoi studenti al seminario che per primi scoprirono quello che era forse il suo più grande sforzo ascetico. Essi in un primo tempo notarono che egli stava alzato a lungo dopo che ognuno era andato a letto; girava per i dormitori, di notte, sollevava le coperte cadute e copriva gli ignari dormienti, facendo su di loro il segno della Croce. In seguito si scoprì che non dormiva quasi per niente, e mai in un letto, permettendosi soltanto un’ora o due per notte di scomodo riposo da seduto o piegato sul pavimento, in preghiera davanti alle icone. Anni dopo ammise lui stesso che da quando aveva preso i voti monastici non aveva mai dormito in un letto. Una simile pratica ascetica è molto rara, sebbene non sconosciuta alla tradizione ortodossa.
A questo proposito, la badessa Teodora, superiore del monastero di Lesna, in Francia, raccontò che una volta, mentre Vladika stava visitando il convento, gli fece male una gamba e venne chiamato un dottore, che consigliò riposo a letto. Vladika lo ringraziò per la sollecitudine, ma rifiutò di distendersi e nulla poteva persuaderlo. «Allora», raccontò la badessa « - io stessa non so perché fossi così audace – gli dissi schiettamente: “Vladika, come badessa di questo convento, per il potere conferitomi da Dio, le ordino di sdraiarsi”. Vladika mi guardò con sorpresa, venne e si sdraiò. La mattina dopo, tuttavia, era in chiesa per il mattutino e quella fu la fine della cura».


L’arcivescovo Averky del monastero della Santa Trinità di Jordanville, all’epoca giovane ieromonaco nella Russia carpatica, testimoniò della profonda impressione che lo ieromonaco Giovanni faceva agli studenti del seminario. Quando essi tornavano a casa per le vacanze, parlavano del loro straordinario maestro che pregava costantemente, serviva la Divina Liturgia o almeno riceveva la Santa Comunione ogni giorno, digiunava strettamente, non dormiva mai coricato e con vero amore paterno li ispirava con gli alti ideali del Cristianesimo e della Santa Russia.
Nel 1934 si decise di elevare lo ieromonaco Giovanni al rango di vescovo. Per quanto riguarda Vladika, nulla era così lontano dai suoi pensieri. Una donna che lo conosceva, riferì di averlo incontrato in quel periodo su un tram di Belgrado; egli le disse di essere in città per errore, essendo stato mandato al posto di un altro ieromonaco Giovanni che doveva essere consacrato vescovo! Quand’ella lo vide il giorno seguente la informò del fatto che la situazione era in realtà peggiore di quanto avesse pensato: era lui che volevano consacrare vescovo! Quando ebbe protestato che questo era fuori discussione, perché aveva difetti nel parlare e non riusciva ad enunciare chiaramente le frasi, gli venne risposto soltanto che anche il profeta Mosé aveva la stessa difficoltà.
La consacrazione ebbe luogo il 28 maggio 1934. Vladika fu l’ultimo di molti vescovi ad essere consacrato dal Metropolita Antonio e la straordinaria stima che il venerabile gerarca aveva per il nuovo vescovo risulta evidente da una lettera che inviò all’arcivescovo Dimitry nel lontano Oriente. Declinando l’invito fattogli, di ritirarsi in Cina, scriveva: «Caro amico! Sono molto vecchio e incapace a viaggiare, ormai… Ma al mio posto, come mia anima, mio cuore, ti manderò il vescovo Giovanni. Questo piccolo, fragile uomo, che sembra quasi un bambino, è attualmente un miracolo di fermezza e rigore ascetico nel nostro tempo di totale indebolimento spirituale». Vladika venne dunque assegnato alla diocesi di Shangai, in Cina.

Shangai (II)
Vladika amava visitare gli ammalati e lo faceva ogni giorno, ascoltando le confessioni e portando i Santi Doni. Se la condizione di un paziente diventava critica, Vladika sarebbe andato da lui a qualsiasi ora del giorno o della notte per pregare a fianco del suo letto. Ecco un indubbio miracolo tra i molti che fecero le sue preghiere; fu registrato e inserito negli archivi del County Hospital di Shangai: L.D. Sadkovskaya era molto amante della corsa a cavallo. Una volta venne disarcionata, batté la testa su una roccia e perse conoscenza. Venne portata all’ospedale priva di conoscenza. Un conciliabolo di dottori fu d’accordo nel ritenere che la sua situazione fosse senza speranza e che non c’erano probabilità di sopravvivenza fino al mattino. Il battito era quasi cessato; il cranio era fratturato in più parti, al punto che piccoli frammenti premevano sul cervello. In simili condizioni sarebbe morta sul tavolo operatorio. E anche se il suo cuore avesse sopportato l’operazione e questa fosse andata a buon fine, sarebbe comunque rimasta sorda, muta e cieca.
Sua sorella, dopo aver sentito questo, corse disperata dal vescovo Giovanni e lo pregò di salvarla. Vladika acconsentì. Venne all’ospedale e chiese a tutti di lasciare la stanza, rimanendo in preghiera per due ore circa. Poi chiamò il primario e gli chiese di riesaminarla. Con sua grande sorpresa il battito era regolare! Il medico fu d’accordo nell’eseguire immediatamente l’operazione, ma soltanto alla presenza del vescovo Giovanni. L’intervento riuscì e i dottori furono stupiti quando, subito dopo, la paziente riacquistò conoscenza e chiese da bere. Presto venne dimessa dall’ospedale e visse per molti anni una vita normale.
Vladika visitava anche le prigioni e celebrava la Divina Liturgia per i condannati su un primitivo piccolo tavolo. Ma l’impegno più gravoso per un pastore è visitare gli infermi di mente e gli indemoniati – e Vladika acutamente li distingueva. Fuori Shangai c’era un manicomio e solo Vladika aveva la forza spirituale di visitare queste persone terribilmente malate. Egli dava loro i Santi Doni ed essi, sorprendentemente, li ricevevano pacificamente e lo ascoltavano. Aspettavano sempre la sua visita e lo incontravano con gioia.
Vladika possedeva anche un grande coraggio. Durante l’occupazione giapponese le autorità occupanti tentarono in ogni modo di piegare la colonia russa al proprio volere. Pressioni vennero esercitate sui capi del Comitato degli Emigrati Russi. Due presidenti di questo Comitato si sforzarono di conservare la loro indipendenza e come conseguenza vennero entrambi assassinati. Confusione e terrore afferrarono la colonia russa e in quel momento, Vladika Giovanni, nonostante fosse stato messo in guardia da parte dei Russi che stavano collaborando con i Giapponesi, si dichiarò temporaneamente capo della colonia.
Durante l’occupazione giapponese era estremamente pericoloso camminare per le strade di notte e molte persone cercavano di essere a casa con il buio. Vladika invece, senza prestare attenzione al pericolo, continuò a visitare ammalati e bisognosi ad ogni ora della notte e non venne mai toccato.
A Shangai un’insegnante di dizione, Anna Petrovna Lushinkova, gli insegnò il modo corretto di respirazione e di pronuncia delle parole, con questo aiutandolo ad ottenere una migliore dizione. Alla fine di ciascuna lezione Vladika le pagava 20 dollari. Nel 1945, durante la guerra, ella venne gravemente ferita e le capitò di trovarsi in un ospedale in Francia. In una notte terribile di tempesta, sentendo che avrebbe potuto morire, Anna Petrovna cominciò a domandare alle infermiere di chiamare Vladika Giovanni, che era in Francia, in modo che potesse darle la Santa Comunione. Le infermiere rifiutarono, poiché l’ospedale aveva le porte serrate durante la notte, a causa delle condizioni di guerra. Anna Petrovna era fuori di sé e continuava a chiamare Vladika. Improvvisamente, intorno alle undici di sera, Vladika apparve nel reparto. Incapace di credere ai suoi occhi Anna Petrovna gli chiese se fosse un sogno o se davvero egli fosse venuto fin da lei. Vladika sorrise, pregò e le amministrò i Santi Doni. Dopo di ciò ella si calmò e cadde addormentata. La mattina dopo si sentì guarita. Nessuno credette che Vladika l’avesse visitata, poiché le porte dell’ospedale erano saldamente serrate. Tuttavia, la sua vicina di stanza comprovò il fatto, affermando di avere anche lei visto Vladika. La più grande sorpresa fu che sotto il cuscino di Anna Petrovna venne trovata una banconota da 20 dollari. In questo modo Vladika lasciò un’evidenza materiale della sua visita.
Un ex chierichetto di Vladika a Shangai ed oggi arciprete, Geoge Larin, riferisce: «Malgrado la severità di Vladika, i giovani chierichetti lo amavano moltissimo. Per me Vladika fu sempre un ideale che desideravo emulare in ogni modo. Così, durante la Quaresima, smisi di dormire nel letto e giacevo sul pavimento, smisi di mangiare il pasto usuale della mia famiglia, ma consumavo pane e acqua in solitudine… I miei genitori si preoccuparono e mi portarono da Vladika. Ascoltandoli fino in fondo, egli chiese alla guardia di andare al negozio e portare una salsiccia. Alle mie grida in lacrime che non volevo rompere il digiuno di Quaresima, il saggio prelato mi ammonì di mangiare la salsiccia e di ricordarmi sempre che l’obbedienza ai genitori era più importante delle realizzazioni personali. «Come devo fare allora, Vladika?», chiesi, desiderando incarichi cui applicarmi in modo speciale. «Va’ in chiesa come hai sempre fatto e a casa fa’ ciò che mamma e papà ti richiedono». Mi ricordo quanto fossi addolorato che Vladika non mi avesse assegnato alcun compito speciale.
Con l’arrivo dei Comunisti, i Russi in Cina furono costretti ancora una volta ad emigrare, la maggior parte di essi attraverso le Filippine. Nel 1949, circa 5000 rifugiati provenienti dalla terraferma cinese vivevano in un campo dell’Organizzazione Internazionale per i Rifugiati sull’isola di Tubabao. Essa si trovava sulla strada dei tifoni stagionali che soffiavano in quella parte di Pacifico. Nei 27 mesi di occupazione del campo, tuttavia, venne minacciata solo una volta da un tifone, il quale cambiò direzione e la evitò.
Quando il timore dei tifoni venne manifestato da un russo ai Filippini, essi replicarono che non c’era motivo di aver timore, perché «il vostro sant’uomo benedice il vostro campo dalle quattro direzioni, ogni notte». Essi riferirono questa frase a Vladika Giovanni, perché nessun tifone colpì l’sola mentre lui era là. Quando il campo era stato quasi interamente evacuato e le persone reinsediate altrove (per lo più negli USA o in Australia), venne colpito da un terribile tifone che lo distrusse interamente.
Parigi
Vladika stesso andò a Washington D.C. per condurre la propria gente in America. Le legislazione venne modificata e praticamente l’intero campo venne a New York, ancora una volta grazie a lui. Terminato l’esodo del suo gregge dalla Cina, nel 1951 all’arcivescovo Giovanni venne affidato un nuovo compito per il suo zelo pastorale: venne infatti inviato dal Sinodo dei Vescovi all’Arcidiocesi dell’Europa Occidentale, con sede prima a Parigi e poi a Bruxelles. Divenne pertanto uno dei gerarchi di rilievo della Chiesa Russa all’Estero, la cui partecipazione veniva frequentemente richiesta alle sessioni del Sinodo a New York.
In Europa occidentale Vladika prese ad interessarsi profondamente non solo della diaspora russa, per la quale si impegnava instancabilmente in opere simili a quelle grazie alle quali era stato noto a Shangai, ma anche degli abitanti locali. Ricevette sotto la sua giurisdizione le locali chiese ortodosse francesi e olandesi, proteggendole ed incoraggiando il loro sviluppo ortodosso. Celebrava la divina liturgia in francese ed olandese, così come prima aveva fatto in greco e cinese e come più tardi farà in inglese.
L’interesse e la devozione di Vladika per i Santi della Chiesa, che già prima sembrava conoscere in modo illimitato, si estese ora ai Santi dell’Europa occidentale che risalissero a prima dello scisma della chiesa latina, molti dei quali, venerati solo localmente, non erano inclusi in alcun calendario ortodosso. Egli raccolse le loro vite ed immagini e più tardi ne sottomise un’ampia lista al Sinodo.
Di questo periodo della presenza di Vladika in Europa occidentale la signora E.G. Chertkova ricorda: «In più occasioni visitai Vladika quando viveva nel palazzo del Corpo dei Cadetti, vicino a Parigi. Aveva una piccola cella all’ultimo piano. In essa c’erano un tavolo, una poltrona, varie sedie e, in un angolo, icone e un leggio con dei libri. Non c’erano letti, dal momento che Vladika non si stendeva a dormire, ma pregava appoggiandosi ad un alto bastone con una traversa sulla cima. A volte pregava inginocchiato; più spesso, quando si prostrava, cadeva addormentato in quella posizione sul pavimento per un poco. Ecco come stancava il suo corpo! Alle volte, durante le nostre conversazioni, mi sembrava che sonnecchiasse. Ma quando mi fermavo, egli mi diceva immediatamente: “Continuate, vi ascolto”.
Poiché da tempo la nostra chiesa non aveva un prete stabile, una volta venne un prete da un’altra parrocchia per celebrare i Vespri. L’intera funzione durò solo quarantacinque minuti (di solito dura due ore e mezzo)! Eravamo orripilati! Così tante parti dei Vespri vennero saltate, che decidemmo di riferirlo a Vladika. Speravamo che avrebbe indotto il prete a seguire l’ordine stabilito delle funzioni. Ma egli ci rispose cordialmente: “Com’è difficile accontentare le persone! Io celebro troppo a lungo e lui troppo poco!” Con una simile gentilezza e docilità ci insegnava a non giudicare».
La reputazione di santità di Vladika si diffuse anche fra i non ortodossi. In una delle chiese cattoliche di Parigi un prete si sforzò di ispirare i suoi giovani con queste parole: «Voi domandate prove, dite che oggi non ci sono più né miracoli, né santi. Perché devo darvi delle prove teoriche, se oggi cammina per le strade di Parigi un santo – San Giovanni dai Piedi Nudi?». Molte persone testimoniarono dei miracoli operati dall’arcivescovo Giovanni in Europa occidentale.
V.D. racconta: «Molti erano consapevoli che non era necessario dire a Vladika di visitare qualcuno. Il Signore stesso gli ispirava dove e da chi andare. Vladika Giovanni era conosciuto in molti degli ospedali francesi e vi era ammesso in qualunque momento. Egli, senza sbagliarsi, si dirigeva sempre dove c’era bisogno. Una volta mio fratello venne portato in ospedale per una ferita alla testa. Le radiografie rivelarono un’ampia frattura cranica. I suoi occhi gonfiarono e divennero sanguigni; era in condizioni critiche. Vladika, che non conosceva mio fratello, in qualche modo lo trovò nell’ospedale, pregò su di lui e gli impartì la Santa Comunione. Quando gli vennero rifatte le radiografie, non c’era più alcuna frattura ed egli recuperò molto in fretta. Il dottore era sbigottito!»















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