Le agapi (ἀγάπαι - nel Nuovo Testamento al
plurale, Giuda 1:12 - da ἀγάπη = amore) erano monse fraterne, a scopo
benefico (sociale), che accompagnavano la liturgia primitiva senza che
avessero esse stesse alcun ruolo sacramentale. Fino alla metà del II
secolo, erano organizzate prima della Liturgia, poi per motivi
disciplinari e ascetici e sono state trasferite dopo la celebrazione
eucaristica e verso la fine del IV secolo sono scomparse.
La loro storia sembra avere radici nella tradizione ebraica (come menzionano il Talmud, il Tipico della comunità di Qumran, Filone d'Alessandria, ecc) e sono state prese in consegna dai Santi Apostoli, come detto nella Scrittura (Atti 6, I Corinzi 11; Giuda 1, II Pietro 2), poi nella Didachè e in alcuni Padri apostolici: Ignazio il Teoforo, Ippolito di Roma e altri scrittori del III secolo. [1] Inoltre, la Scrittura mostra il pesante fardello che gravava sulle spalle degli Apostoli nell'organizzare questi pasti, e per questo la Chiesa ha istituito il rango dei diaconi - soprattutto per questo tipo di servizio.
Sappiamo che già nel primo secolo, le agapi erano diventate motivo di litigi e innovazioni, contrarie allo spirito cristiano in generale, ma soprattutto alle condizioni spirituali necessarie per la comunione ai santi Misteri. Pertanto, dalla metà del secolo II, le agapi si organizzavano dopo la Liturgia e per soli scopi di beneficenza. Nello stesso tempo si generalizzava l'idea della comunione fatta a digiuno, anche se la regola è stata ufficialmente fissata solo nel 393, al Sinodo di Ippona (e ripetutamente a Cartagine nel 419) - il che non esclude l'esistenza di eccezioni alla regola del digiuno, anche a quel tempo.
All'inizio del IV secolo i santi Padri avevano opinioni diverse sull'utilità delle agapi. La maggior parte era di parere negativo. Come prova, il Canone 28 del Concilio di Laodicea (364) le vieta. Sembra che esse siano continuate, dato che al tempo del Concilio in Trullo (691) - il Canone 74 è costretto a ripetere (più categoricamente) il divieto di Laodicea.
In Occidente le agapi sono continuate fino all'ottavo secolo, ma sono scomparse da sole, senza essere espressamente vietate.
Da quanto ritengono gli specialisti, la scomparsa definitiva delle agapi ha due motivi principali:
1. L'impossibilità di organizzare agapi nei giorni di domenica e di festa immediatamente dopo la Liturgia e accanto alla chiesa (soprattutto perché le chiese aumentavano e il numero dei chierici era più basso in ognuna di esse).
2. L'organizzazione di un sistema di supporto sociale più organizzato ed efficiente, senza che questo fosse legato strettamente alla liturgia e ai giorni festivi.
Dobbiamo menzionare che, soprattutto nel XX secolo, vi è stata (e vi è tuttora) in alcuni luoghi la tendenza a ripristinare l'abitudine delle agapi, ma più come una continuazione della comunione (κοινωνία) eucaristica, e non con scopo filantropico - perché così si vedeva il senso della vecchia agape, quindi con un significato profondamente spirituale e perfino mistico. Si deve tuttavia rilevare che, secondo la Chiesa, la comunione spirituale non può essere realizzata per mezzo di simili mense, ma solo per mezzo della comunione eucaristica dallo stesso calice. [2]
La visione distorta di cui parliamo nasce dall'idea che le vecchie agapi fossero più di una manifestazione di beneficenza. Questo è anche perché agape terminava con il "bacio della pace". Ma la verità è che il "bacio della pace" aveva luogo tra l'agape e l'Eucaristia, e alla fine è divenuto un elemento dell'Eucaristia (ovvero all'inizio della sua parte principale) e non dell'agape - cosa che che mostra il significato primario di questi baci fraterni.
Dobbiamo dunque riaffermare che le agapi non hanno mai avuto un ruolo sacramentale, ma puramente sociale e filantropico, legato alle necessità e alle possibilità delle prime comunità cristiane. [3]
Note
[1] Cfr. М. СКАБАЛАНОВИЧ, Толковый Типикон, Mosca, 1995, pp 49-54, 76-85. Un intero libro, di grande importanza, sull'agape è stato scritto da: П. СОКОЛОВ, Агапы или Вечери Любви в древнехристианском мире, Сергиев Посад, 1906, disponibile su http://www.krotov.info.
[2] Se fosse così, allora tutti i pasti dopo le riunioni e le preghiere ecumenicche avrebbero il senso di ripristinare la comunione liturgica e spirituale.
[3] Questo sottocapitolo è una sintesi dello studio di Padre Mikhail Zheltov, Агапа / / ПЭ, Vol. 1, pp 214-218.
La loro storia sembra avere radici nella tradizione ebraica (come menzionano il Talmud, il Tipico della comunità di Qumran, Filone d'Alessandria, ecc) e sono state prese in consegna dai Santi Apostoli, come detto nella Scrittura (Atti 6, I Corinzi 11; Giuda 1, II Pietro 2), poi nella Didachè e in alcuni Padri apostolici: Ignazio il Teoforo, Ippolito di Roma e altri scrittori del III secolo. [1] Inoltre, la Scrittura mostra il pesante fardello che gravava sulle spalle degli Apostoli nell'organizzare questi pasti, e per questo la Chiesa ha istituito il rango dei diaconi - soprattutto per questo tipo di servizio.
Sappiamo che già nel primo secolo, le agapi erano diventate motivo di litigi e innovazioni, contrarie allo spirito cristiano in generale, ma soprattutto alle condizioni spirituali necessarie per la comunione ai santi Misteri. Pertanto, dalla metà del secolo II, le agapi si organizzavano dopo la Liturgia e per soli scopi di beneficenza. Nello stesso tempo si generalizzava l'idea della comunione fatta a digiuno, anche se la regola è stata ufficialmente fissata solo nel 393, al Sinodo di Ippona (e ripetutamente a Cartagine nel 419) - il che non esclude l'esistenza di eccezioni alla regola del digiuno, anche a quel tempo.
All'inizio del IV secolo i santi Padri avevano opinioni diverse sull'utilità delle agapi. La maggior parte era di parere negativo. Come prova, il Canone 28 del Concilio di Laodicea (364) le vieta. Sembra che esse siano continuate, dato che al tempo del Concilio in Trullo (691) - il Canone 74 è costretto a ripetere (più categoricamente) il divieto di Laodicea.
In Occidente le agapi sono continuate fino all'ottavo secolo, ma sono scomparse da sole, senza essere espressamente vietate.
Da quanto ritengono gli specialisti, la scomparsa definitiva delle agapi ha due motivi principali:
1. L'impossibilità di organizzare agapi nei giorni di domenica e di festa immediatamente dopo la Liturgia e accanto alla chiesa (soprattutto perché le chiese aumentavano e il numero dei chierici era più basso in ognuna di esse).
2. L'organizzazione di un sistema di supporto sociale più organizzato ed efficiente, senza che questo fosse legato strettamente alla liturgia e ai giorni festivi.
Dobbiamo menzionare che, soprattutto nel XX secolo, vi è stata (e vi è tuttora) in alcuni luoghi la tendenza a ripristinare l'abitudine delle agapi, ma più come una continuazione della comunione (κοινωνία) eucaristica, e non con scopo filantropico - perché così si vedeva il senso della vecchia agape, quindi con un significato profondamente spirituale e perfino mistico. Si deve tuttavia rilevare che, secondo la Chiesa, la comunione spirituale non può essere realizzata per mezzo di simili mense, ma solo per mezzo della comunione eucaristica dallo stesso calice. [2]
La visione distorta di cui parliamo nasce dall'idea che le vecchie agapi fossero più di una manifestazione di beneficenza. Questo è anche perché agape terminava con il "bacio della pace". Ma la verità è che il "bacio della pace" aveva luogo tra l'agape e l'Eucaristia, e alla fine è divenuto un elemento dell'Eucaristia (ovvero all'inizio della sua parte principale) e non dell'agape - cosa che che mostra il significato primario di questi baci fraterni.
Dobbiamo dunque riaffermare che le agapi non hanno mai avuto un ruolo sacramentale, ma puramente sociale e filantropico, legato alle necessità e alle possibilità delle prime comunità cristiane. [3]
Note
[1] Cfr. М. СКАБАЛАНОВИЧ, Толковый Типикон, Mosca, 1995, pp 49-54, 76-85. Un intero libro, di grande importanza, sull'agape è stato scritto da: П. СОКОЛОВ, Агапы или Вечери Любви в древнехристианском мире, Сергиев Посад, 1906, disponibile su http://www.krotov.info.
[2] Se fosse così, allora tutti i pasti dopo le riunioni e le preghiere ecumenicche avrebbero il senso di ripristinare la comunione liturgica e spirituale.
[3] Questo sottocapitolo è una sintesi dello studio di Padre Mikhail Zheltov, Агапа / / ПЭ, Vol. 1, pp 214-218.
Ieromonaco Petru (Pruteanu), „Liturghia Ortodoxă. Istorie şi actualitate”,
Casa editrice Sophia, Bucarest 2013, pp. 25-27.
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