Inizialmente era nostra intenzione postare questa tesi redatta nel 1993 dall'allora studente della pontificia facoltà teologica Teresianum di Roma a spezzoni e così abbiamo fatto per quattro volte, successivamente abbiamo ritenuto opportuno offrire l'intera tesi così come venne presentata per il conseguimento della licenza in teologia da Giuseppe Galliano che ne è l'autore e che ci ha autorizzati a rendere pubblico il suo lavoro.
Ma chi è oggi Giuseppe Galliano?
PADRE GIUSEPPE GALLIANO
Giuseppe Galliano è nato a Palermo il 28 aprile 1959.
Ha conseguito il diploma di Ragioniere presso l’Istituto
Tecnico “F. Ferrara” della sua città, compiendo, subito dopo,
una breve esperienza lavorativa.
In seguito alla partecipazione ad un ritiro carismatico a Pergusa, predicato da P. Matteo La Grua e da Don Serafino Falvo, ha deciso, non solo di intraprendere il cammino nello Spirito, ma di consacrarsi totalmente al Signore. Nel 1983 si è trasferito a Roma, entrando a far parte della Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù. Ha pronunciato i voti il 1° ottobre 1987, giorno si S. Teresa di Lixieaus e, dopo aver conseguito il Baccalaureato in Filosofia e Teologia presso l’Università Pontificia Urbaniana (Propaganda Fide) e la Licenza in Teologia Spirituale presso il Teresianum di Roma, discutendo una tesi sulla preghiera del Cuore, è stato ordinato Presbitero il 23 novembre 1991, nella solennità di Cristo Re.
Il 27 ottobre 1993 ha dato inizio alla sua missione nella parrocchia dei SS. Pietro e Paolo in Oleggio (No), dove ora è vice parroco. Abbina questo ministero a quelli della predicazione e dell’animazione di gruppi carismatici. È assistente spirituale della Fraternità Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, che accoglie fratelli e sorelle appartenenti a gruppi presenti in Piemonte e in Lombardia e, ogni mese, celebra, a Oleggio (Parrocchia SS. Pietro e Paolo) e a Novara (Parrocchia di S. Antonio), due Eucarestie di Evangelizzazione con intercessione per i sofferenti che richiamano molte persone alla ricerca di un Dio vivo e vero capace di comunicare loro Amore, Speranza e Guarigione.
In seguito alla partecipazione ad un ritiro carismatico a Pergusa, predicato da P. Matteo La Grua e da Don Serafino Falvo, ha deciso, non solo di intraprendere il cammino nello Spirito, ma di consacrarsi totalmente al Signore. Nel 1983 si è trasferito a Roma, entrando a far parte della Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù. Ha pronunciato i voti il 1° ottobre 1987, giorno si S. Teresa di Lixieaus e, dopo aver conseguito il Baccalaureato in Filosofia e Teologia presso l’Università Pontificia Urbaniana (Propaganda Fide) e la Licenza in Teologia Spirituale presso il Teresianum di Roma, discutendo una tesi sulla preghiera del Cuore, è stato ordinato Presbitero il 23 novembre 1991, nella solennità di Cristo Re.
Il 27 ottobre 1993 ha dato inizio alla sua missione nella parrocchia dei SS. Pietro e Paolo in Oleggio (No), dove ora è vice parroco. Abbina questo ministero a quelli della predicazione e dell’animazione di gruppi carismatici. È assistente spirituale della Fraternità Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, che accoglie fratelli e sorelle appartenenti a gruppi presenti in Piemonte e in Lombardia e, ogni mese, celebra, a Oleggio (Parrocchia SS. Pietro e Paolo) e a Novara (Parrocchia di S. Antonio), due Eucarestie di Evangelizzazione con intercessione per i sofferenti che richiamano molte persone alla ricerca di un Dio vivo e vero capace di comunicare loro Amore, Speranza e Guarigione.
Signore,
al tuo NOME dà gloria
per la tua fedeltà,
per la tua grazia.
al tuo NOME dà gloria
per la tua fedeltà,
per la tua grazia.
(Sl 115, 1)
INDICE
INTRODUZIONE......................................................................................................4
Cap. I NELLA LINEA DELLE INTEGRAZIONI ............................................... 9
I. 1.
Nell’Induismo ...................................................................................................12
I. 2.
Nell’Islam..........................................................................................................13
I. 3.
Nel Buddismo ...................................................................................................14
I. 4.
Nella mentalità
semitica....................................................................................15
I. 5.
Nel Cristianesimo..............................................................................................17
Cap.II LA PREGHIERA DI GESŬ NELLA TRADIZIONE............................21
II. 1. I Padri del deserto: nascita
dell’esicasmo.......................................................22
II. 2. Gli autori sinaiti: Giovanni Climaco ed
Esichio ............................................28
II. 3. Simeone il Nuovo teologo e gli autori
dell’XI/XIII secolo............................29
II. 4. L’esicasmo attonita e la controversia
palamitica............................................32
II. 5. Dal XV secolo alla pubblicazione della
Filocalia...........................................36
Cap. III TERMINOLOGIA, FORMULE E SIGNIFICATO.............................38
III. 1. Cuore e preghiera...........................................................................................39
III. 2.
Formule..........................................................................................................43
III. 3. Significato teologico della formula
classica..................................................46
Cap. IV IL METODO............................................................................................55
IV. 1. I metodi dei vari
maestri...............................................................................56
2
IV. 2. Un esercizio di
preghiera...............................................................................64
IV. 3. L’Ave
Maria..................................................................................................71
Cap. V CONTESTO TEOLOGICO – SACRAMENTALE...............................74
V. 1.
Vita
sacramentale...........................................................................................75
V. 2.
Il Battesimo ...................................................................................................76
V. 3.
L’Eucaristia...................................................................................................78
V. 4.
Preghiera e parola..........................................................................................
80
Cap. VI I FRUTTI DELLA PREGHIERA
DEL CUORE..............................
.83
VI. 1. In
genere...................................................................................................... 84
VI. 2. Luce/Calore................................................................................................. 85
VI. 3.
Pace/Salute.................................................................................................. 87
VI. 4. Amore/Gioia................................................................................................
90
CONCLUSIONE ..................................................................................................92
BIBLIOGRAFIA..................................................................................................97
3
INTRODUZIONE
Venite tutti quanti, monaci e laici
insieme,
voi che siete zelanti perché avete
trovato
il Regno di Dio che è dentro di
voi e il tesoro
nascosto nel campo del cuore, che è
il dolce
Cristo Gesù!
Venite, affinché una volta liberato
il vostroi
intelletto dalla prigionia nelle cose
di
quaggiù e dal suo vagare, e
purificato il cuore
delle passioni mediante l’incessante,
tremenda
invocazione del Signore nostro Gesù
Cristo,
siate unificati in voi stessi e,
mediante
questa unificazione interiore, a Dio,
secondo l’invocazione che il Signore
ha fatto al Padre dicendo: Affinché
siano uno,
come noi siamo uno (Gv 17, 22).
(Nicodemo
Aghiorita)
4
Nel corso di questi ultimi anni sono
stato attratto da una forma di preghiera molto diffusa nell’Oriente cristiano,
conosciuta anche in Occidente per merito di maestri spirituali che, attraverso
numerosi testi, la presentano, la spiegano e tentano di insegnarla: la
cosiddetta “Preghiera di Gesù” o “Preghiera del cuore”.
L’ho scoperta grazie ad un incontro
con un sacerdote che mi ha “iniziato” alla pratica. Questa piccola ricerca
nasce dal desiderio di approfondire la tematica allo scopo di viverla meglio,
con più consapevolezza, cosciente del fatto di quanto questa sia importante per
il servizio del Signore e per l’interiorizzazione della sua Parola.
La Preghiera di Gesù è nata
dall’esigenza di arrivare ad uno stato di preghiera continua, sollecitati
dall’invito del Cristo “di pregare senza stancarsi” (Lc 18, 1) nella parabola
della vedova importuna, che ebbe ragione del giudice iniquo grazie
all’insistenza dei suoi appelli, ripreso poi da S. Paolo nelle sue lettere:
“pregate incessantemente” (1Ts 5, 17), “pregate incessantemente con ogni sorta
di preghiere e suppliche nello spirito” (Ef 6, 18), “perseverate nella
preghiera e vegliate in essa”
(Col 4, 2), “ siate perseveranti nella preghiera” (Rm 12, 12).
(Col 4, 2), “ siate perseveranti nella preghiera” (Rm 12, 12).
La Preghiera del cuore è uno dei molti modi per giungervi, ma in
concreto ha acquisito una tale influenza e popolarità nella Chiesa ortodossa
che ha finito per essere identificata con la preghiera interiore in quanto
tale.
5
Diversi la raccomandano come “via
rapida” verso la preghiera incessante, come il modo migliore e più conveniente
per concentrare l’attenzione e fissare la mente nel cuore.
Il nuovo Catechismo della Chiesa
cattolica ne sottolinea l’importanza e la necessità citando Evagrio Pontico e
San Giovanni Crisostomo: “Non ci è stato comandato di lavorare, di vegliare e
di digiunare continuamente, mentre la preghiera incessante è una legge per
noi... Pregare è sempre possibile: il tempo del cristiano è quello di Cristo
risorto, che è con noi tutti i giorni (Mt 28, 20) quali che siano
le tempeste. Il nostro tempo è nelle mani di Dio: è possibile anche al mercato
o durante una passeggiata solitaria fare una frequente e fervorosa preghiera. Ĕ possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comprate, sia
mentre vendete o anche mentre cucinate. Pregare è una necessità vitale”1.
Infatti la preghiera di Gesù può
essere recitata in qualunque momento e in qualsiasi posto. Può essere detta
sull’autobus o mentre si lavora in giardino, quando si soffre d’insonnia, nei
momenti di difficoltà o di tensione, quando altre forme di preghiera non sono
possibili... da questo punto di vista è una preghiera particolarmente adatta
alle tensioni del mondo moderno. Ĕ
raccomandata ai religiosi e nello stesso tempo ai laici, qualunque sia la loro
attività nel mondo, perché è una preghiera adatta ad ogni età della vita
spirituale, dal livello più elementare a quello più elevato.
_____________
1CATECHISMO
della CHIESA CATTOLICA, Lib. Ed. Vat. , Roma 1992, p. 663-664
6
Probabilmente a causa di un rinnovato
interesse per quello che giunge dall’Oriente e per l’esoterismo che si
diffonde, ci si accosta sempre più numerosi alla Preghiera del cuore, spinti
anche dal “desiderio di apprendere nuove forme e modi di concentrazione e di
preghiera”2. Sono molti a subire il fascino dei tesori delle grandi
religioni senza conoscere quello che è racchiuso nella tradizione cristiana,
non sapendo che “la Chiesa ha un immenso patrimonio spirituale da offrire
all’umanità in Cristo che si proclama la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Ĕ il cammino cristiano dell’incontro con Dio, alla preghiera,
all’ascesi, alla scoperta del senso della vita”3.
Il presente lavoro si articola in sei
punti. Parte da una breve comparazione tra le varie religioni asiatiche
principali, dato che la Preghiera di Gesù si snoda sulla linea delle
integrazioni.
Procede con un breve excursus storico
per verificare come è stata vissuta la Preghiera nella tradizione della Chiesa,
dove affonda le sue radici, il cammino fatto nel corso dei secoli.
In seguito vengono presi in
considerazione i vari termini con i quali è conosciuta questa forma di
preghiera, spiegandone il significato, esaminando anche le varie formule e in
particolare quella tradizionale dal punto di vista biblico.
__________
2
GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris missio,
n° 38.
3
Ivi.
7
Si danno poi le norme elementari e i
principi base che regolano il comportamento dell’orante e alcuni metodi
comunemente accettati.
Per non cadere nella stessa
disillusione del pellegrino russo che tutti invitavano a pregare, parlandogli
dell’importanza e dei frutti della preghiera “Ma nessuno spiegava come vivere
di preghiera... sul modo di arrivarci, neppure un accenno”4, è stato
inserito un esercizio di preghiera esemplificativo.
Si arriva così al cuore... della
Preghiera del cuore, approfondendo il fondamento e la prospettiva teologica e
sacramentale dell’invocazione del nome: Battesimo, Eucaristia, Parola di Dio.
Al termine si fissa l’attenzione su
alcuni segni che appaiono nella vita del contemplativo e sui frutti che ne
conseguono: Luce, Calore,Pace, Salute, Amore, Gioia...Vita in Cristo.
______________
4RACCONTI
DI UN PELLEGRINO RUSSO, Rusconi, Milano 1973, p. 26.
8
CAPITOLO I
NELLA LINEA DELLE INTEGRAZIONI
I. 1. Nell’Induismo
I. 2. Nell’Islam
I. 3. Nel Buddismo
I. 4. Nella mentalità
semitica
I. 5. Nel
Cristianesimo
Ogni infelicità degli uomini
deriva
da una sola cosa:
non saper stare in silenzio
in una camera.
non saper stare in silenzio
in una camera.
(B. Pascal)
La
nostra difficile epoca
ha
uno speciale bisogno
della
preghiera.
(Giovanni Paolo II)
9
“Credo che aprirci alle grandi
tradizioni asiatiche, sia per noi un’occasione meravigliosa per capire meglio
la potenzialità delle nostre tradizioni, perché da un punto di vista naturale,
quelle asiatiche sono andate molto più in profondità delle nostre. Il poter
combinare le tecniche naturali, le grazie e le altre cose che si sono manifestate
in Asia con la libertà cristiana del Vangelo, dovrebbe come minimo condurci
tutti a quella libertà piena e trascendente che è al di là delle mere
differenze culturali, degli elementi esteriori, del semplice questo o quello”1.
Le tradizioni orientali ci presentano
esperienze mistiche analoghe a quelle vissute in ambito cristiano. L’occidente
cristiano ritiene dono di Dio ciò che l’uomo orientale consegue in virtù del
proprio impegno contemplativo.
Alla base esiste una diversa
concezione e una diversa esperienza di Dio. Per il cristiano, Dio è il
rivelatore trascendente; per i seguaci delle grandi religione asiatiche è
l’ineffabile immanente. Il cristiano ha a che fare con un Dio che lo trascende
e gli si rivela; l’orientale con una Presenza che pervade il proprio essere
nella sua più profonda sorgente e che sfugge ad ogni comprensione.
La mistica cristiana quindi accentua
il ruolo di Dio nei processi spirituali, fino a considerarlo preponderante o
esclusivo. D’altra parte la passività umana di fronte all’azione divina è, in
ottica superiore, eccezionale attività, lavoro appunto. L’uomo raggiunge la sua
piena statura, solo, se fluisce in lui la vita divina, a immagine del
______________
______________
1 T.
MERTON, Diario Asiatico, Garzanti,
Milano 1975, p. 308
10
quale è stato creato; solo se, come
un terreno fertile, assicura al germe divino della parola il suo pieno
sviluppo.
L’enfatizzazione del ruolo di Dio
nell’esperienza mistica non è però dovuta unicamente alla particolare
esperienza che di lui ha il cristiano, ma anche al fatto di aver poco
approfondito, rispetto alle grandi tradizioni orientali, le impensabili e
insondabili attitudini contemplative dell’uomo.
Con semplicità Teofane il recluso
ricorda che “Non otterrai nulla soltanto con i tuoi sforzi, ma Dio non ti darà
nulla se non lavorerai con tutte le tue forze”2; questa legge non
conosce eccezioni.
Swami Siddhesvarananda, che ha
attentamente studiato il rapporto tra mistica cristiana e mistica asiatica, con
particolare riferimento a San Giovanni della Croce, osserva a proposito della
grazia “Talvolta si sente dire che gli Indù considerano lo stato di unione con
Dio come un semplice effetto della volontà ottenuto quasi automaticamente in
virtù di quella specie di ginnastica chiamata Yoga.
Ciò è un grave errore. Il metodo yoga
è solo un mezzo purificatore... Ĕ
indubbio che nessun meccanismo mentale, per quanto perfezionato, può
raggiungere Dio. Come potrebbe l’illimitato, l’aldilà dei sensi, il senza
misura, entrare nel quadro limitato dei nostri apparati di apprendimento?Nessuno
di questi strumenti psichici può in se stesso essere apportatore del messaggio
divino. Come voi, noi diciamo che solo la grazia di Dio ci permette di
conoscerlo.
________________________
2 CARITONE DI VALAMO, L’arte della preghiera, Gribaudi, Torino
1980, p. 36
11
Le facoltà mentali non intervengono;
è proprio quando esse sono in stato di riposo che la verità viene loro
rivelata”3.
L’invocazione del nome di Gesù,
fulcro di questa preghiera, è una forma caratteristica di interpretazione fra
il contenuto teologico, espresso dalle parole e il metodo di interiorizzazione
simile a tante altre prassi dell’oriente non cristiano, che si riassume in una
parola: mantra.
Il mantra è una breve formula o
espressione verbale la cui continua ripetizione, pervasa di raccoglimento o
devozione, ha la capacità di condurre all’unione continua con Dio, non si
tratta di un trucco magico o di una scorciatoia ma di un vero e lungo
tirocinio, a volte di tutta una scuola di spiritualità, come nel caso
dell’esicasmo, basata sulle diverse tappe e i diversi effetti che la continua
ripetizione del mantra va operando nella persona.
Il mantra può essere paragonato al
granellino di senape della parabola (Mt 13, 31-32): ha la forza di germogliare
e ramificarsi sino a dare albergo agli uccelli dell’aria, ma nel suo stato
primitivo è il più piccolo dei semi, cioè una semplice espressione verbale, a
volte una sola parola.
I.1. Nell’Induismo
Nell’Induismo il mantra fondamentale (mulamantra), che ne precede
ogni altro, inizia i testi religiosi, apre e chiude le sacre recitazioni,
quello è il suono primordiale, la
_____________
3S. SIDDHESVARANANDA, Pensiero indiano e mistica carmelitana, Vidya, Roma 1977, p. 22
12
sorgente stessa delle parole, è “AUM”
che si pronuncia “OM”. Ĕ la combinazione di tre suoni: il
primo, A, simboliza la creazione, U la preservazione e il terzo M la distruzione. Dallo spirito
originale silenzioso uscì all’inizio il suono che ha condotto l’universo alla
sua manifestazione. Questo suono non è altro che un flutto che si eleva dallo
Spirito di Dio, calmo, silenzioso e onnipotente. Modulando costantemente la
sacra sillaba OM, secondo le
Upanishad e il Vedanta, si ritorna a questo spirito silenzioso da cui
proviene l’universale manifestazione. La
ripetizione suscita nella persona vibrazioni che danno accesso agli strati
sottili, e, quando queste cessano, l’esistenza individuale si immerge nel
Brahman supremo, aspetto statico del divino.
I. 2. Nell’Islam
Nell’Islam l’invocazione del nome di Dio, come orazione giaculatoria
ripetuta all’infinito, è per eccellenza la pratica del “sufi”4.
Trova il suo fondamento su un
precetto del Corano:
“Salmeggia la parte che ti è stata
rivelata della scrittura: la preghiera preserva dalla turpitudine e dalle cose
riprovevoli e il ricordarsi del Dio, il dhikr, è certo ciò che vi è di più
grande. Il Dio in effetti sa bene ciò che fate”. (Corano XXIX, 45)5.
____________________
4Il sufi è colui che
aderisce al movimento mistico del sufismo, sviluppatosi all’interno
dell’Islamismo. Venivano chiamati così per l’abitudine che avevano di vestirsi
con un saio di lana (suf) di cammello.
13
Ĕ questo ricordarsi di Dio, dhikr, che acuisce il senso del
reale, la coscienza della sola realtà che esista, fuori del quale tutto è
illusorio ed effimero, semplice manifestazione dell’Essere unico. L’invocazione
“La ilaha illa allah”, “Di Dio non c’è
che Dio” è il pungolo che risveglia la coscienza dell’Essere unico.
La preghiera viene fatta con l’aiuto
di un “rosario” di novantanove grani, corrispondenti ai novantanove nomi o
attributi del Dio unico. I nomi ripetuti di proposito con una cadenza variabile
provoca a poco a poco una perdita della sensibilità, la tensione nervosa si
trasforma in attenzione spirituale, l’anima si concentra non più sulla parola
sonora, ma nel senso della parola stessa, che qui ha la funzione di freccia, di
veicolo che trasporta colui che prega fino al cuore dell’oggetto evocato, nel
quale si perde come una goccia d’acqua
nell’oceano. Scopo del drikr è quello di rinunziare al mondo per condurre una
vita ascetica, liberandosi dai lacci terreni, svuotando il cuore dalle
preoccupazioni terrene e accostandosi all’Altissimo Iddio mediante una perfetta
applicazione spirituale.
I. 3. Nel Buddismo
Per quanto riguarda il Buddismo
in quasi tutte le scuole si è diffusa l’idea della terra pura e la sua pratica
principale, il “Nembutsu” (il pensiero del Budda o l’invocazione
________________
________________
5 IL
CORANO, Mondatori, Milano 1979, Vol. II, p. 558
14
del suo nome). Questa è stata dichiarata
la più facile e anche la migliore tra le varie pratiche buddiste. La formula da
ripetere è “Namu Amida Butsu” che si pronuncia “Namo Amida’n Bu” abbreviato in
“Nam’Am Da Bu”, la sua traduzione è “Pongo la mia gioia e fiducia in Budda
infinito”. L’idea portante del buddismo della terra pura deriva da questa
constatazione: per quanto penosi siano gli sforzi dell’uomo e per quanto buone
siano le azioni compiute con le loro forze, tutto ciò non basta per condurlo
alla perfetta illuminazione in questa vita.
Attraverso la recitazione del nome di
Budda si raggiunge da soli la buddità, ossia uno stato libero dal samsara, dal
ciclo infinito delle reincarnazioni. “Giungerà il momento in cui comprenderete
che recitando così “Namu Amida Butsu” non c’è né Budda, né Io, né alcun
ragionamento che gli si possa anteporre. Quali che siano le condizioni in cui
vi trovate, buone o cattive, la terra di Purezza è sempre per voi, perché lì non avete niente
da cercare, niente da evitare. Ogni essere vivente, montagne, fiumi, erbe,
alberi, vento che soffia, flutti del mare, tutti esprimono nel cuore il
Nembutsu”6.
I. 4. Nella mentalità semitica
Nella mentalità semitica il
nome designa, in modo generale, la natura segreta di un essere, non in virtù di
una definizione di cui sarebbe il simbolo, ma in quanto il nome
_____________
6 J. ERACLE, La Doctrine bouddique de la Terre Pure,
Dervy livres, Paris 1973, p. 69-70
15
contiene una specie di Presenza attiva. Là dov’è il nome, là è la
Persona, con la sua “dynamis” pronta a manifestarsi. Conoscere qualcuno per
nome, significa conoscerlo fin nell’intimo e avere in mano il suo potenziale
dinamismo. Così, conoscere il Nome divino, significa detenere un eccezionale
potere, perché si possiede il mezzo per farsi ascoltare dalla divinità e per
captarne la benevolenza. In questo contesto si deve situare Mosè che chiede a
Dio qual è il suo Nome. “Mosè disse a Dio: Ecco io arrivo dagli Israeliti e
dico loro: il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si
chiama? E io cosa risponderò loro? Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”.
Poi disse “Dirai agli Israeliti:YHWH (il Signore) il Dio dei vostri padri, il
Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo
è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di
generazione in generazione”. (Es 3, 13-15).
YHWH è innanzi tutto il nome proprio
di una persona, di un essere che dice di se stesso “IO SONO”, una persona che,
con i suoi stessi atti, dirà ciò che il suo nome significa a chiunque crederà
in lei prima di ogni altra cosa e camminerà sulla strada che essa gli apre e
verso il paese che gli destina. Al nome di YHWH vengono in tal modo attribuiti
tutti i grandi eventi della storia di Israele, così come della natura. A lui vengono
riferite tutte le azioni di cui lo si riconosce autore trascendente: le
liberazioni del suo popolo, le scorrerie dei grandi conquistatori, la creazione
e l’ordine del Cosmo. In una parola, il nome di YHWH propone e condensa tutta
la
16
fede di Israele: permette di
coglierla, la sostiene, la esprime. Nel nome di YHWH è racchiusa la conoscenza
del Dio unico. Ĕ il memoriale del Dio vivente. A
questo fa eco il profeta Gioele che con una breve esortazione fonda la pratica
dell’invocazione e sottolinea il potere salvifico del nome divino: “Chiunque
invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Gl 3, 5). Inizialmente la
pronuncia del nome era accompagnata da un insieme di riti e di prescrizioni e
un assoluto timore reverenziale lo proteggeva da un uso profanatore. Non era
permesso pronunciarlo nel tempio di Gerusalemme se non in rare occasioni, come
la festa del Yom Kippur ( giorno dell’espiazione). Con il tempo venne
sostituito con il vocabolo Adonai, Signore, e sarà una perdita gravissima per
Israele che non sa più invocare Dio con il Nome consegnatogli al Sinai.
Tuttavia, nella tradizione rabbinica, continua la venerazione e il culto del
nome e la perdita della conoscenza del nome chiaramente pronunciato, sarà letta
come rispetto del nome ineffabile ormai impronunciabile.
I. 5. Nel Cristianesimo
Nel Cristianesimo la persona
di Gesù realizza con evidenza e in modo eminente i due ruoli del nome di YHWH.
Da una parte, Cristo rivela il mistero e il disegno di Dio. Dall’altra, Cristo
unifica in se stesso tutta la rivelazione precedente, la prende su di sé, dà il
compimento definitivo a tutte le profezie, è realmente la verità degli atti di
Dio nell’Antico Testamento.
17
Quando S. Pietro proclama: “Non vi è
altro nome dato agli altri uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che
possiamo essere salvati” (At 4, 12), mai è risultata più stretta
l’identificazione del nome con la persona che il nome rappresenta; inoltre in
nessun altro luogo biblico si evidenzia meglio il fatto che Cristo sostituisce
se stesso al nome di YHWH, unico luogo di salvezza per il giudeo.
Facendo appello al Nome di Gesù i
discepoli guariscono i malati 7, cacciano i demòni8,
compiono ogni sorta di miracoli9. Nel ridare la salute agli ammalati10,
ma anche e soprattutto nel donare la salvezza eterna a coloro che credono11,
Gesù manifesta il significato del proprio nome: Colui che salva12.
_______________
7 At 3, 6 “Ma Pietro
gli disse:non possiedo né oro né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome
di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina.
Cfr. At 9, 34.
8 Mc 16, 17 “E questi
saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome
scacceranno i demòni”.
Cfr. Mc 9, 38; Lc 10, 17;
At 16, 18.
9At 4, 30 “Stendi la
mano perché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome del tuo santo
servo Gesù”.
Cfr. Mt 7, 22.
10At 3, 16 “Proprio
per la fede riposta in Lui il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi
vedete e conoscete; la fede in Lui ha dato a quest’uomo la perfetta guarigione
alla presenza di tutti voi”.
11 At 5, 30-31 “Il Dio
dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla
croce. Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per
dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati”.
Cfr. At 4, 7-12; 13, 23.
12 Mt 1, 21 “Essa
partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: Egli infatti salverà il suo popolo
dai suoi peccati.
18
I primi cristiani vengono spesso
designati come “Quelli che invocano il nome del Signore Gesù Cristo” (1 Cor 1,
2).
I primi monaci che praticano la
Preghiera di Gesù si inseriranno in questa tradizione; ripetere mentalmente il
nome di Gesù significa camminare alla sua Presenza ed essere liberati da ogni
male. “Questa divina preghiera, cioè l’invocazione del nostro Salvatore: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi
pietà di me, è preghiera, desiderio, professione di fede che conferisce lo
Spirito Santo con i suoi doni, che purifica il cuore e scaccia i demòni. Ĕ la presenza di Gesù in noi, una fonte di riflessioni
spirituali e di divini pensieri. Ĕ
la remissione dei peccati, la guarigione dell’anima e del corpo, l’irradiamento
della divina illuminazione; è una fonte di misericordia divina che diffonde
sugli umili la rivelazione ed è iniziazione ai misteri di Dio. Ĕ la nostra sola salvezza, poiché contiene in sé il Nome
salvifico del nostro Dio, il solo nome al quale possiamo fare appello, il Nome
di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, perché “in nessun altro c’è salvezza; non vi
è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stato
stabilito che possiamo essere salvati” (At 4, 12).
Per questo ogni credente deve
costantemente confessare questo Nome, per proclamare la sua fede ed insieme per
testimoniare il suo amore per il Signore Gesù Cristo, dal quale nulla può
separarlo; ed anche a motivo della grazia che ci è data
19
per il suo Nome, a motivo della
remissione dei peccati, della guarigione, della santificazione,
dell’illuminazione, e al di sopra di tutto della salvezza che Egli diffonde. In
questo divino Nome, gli apostoli fecero e insegnarono meraviglie. L’evangelista
afferma “Questo è stato scritto perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio
di Dio” – Ecco la fede- e affinché credendo abbiate la vita nel suo nome – ecco
la salvezza e la vita”- (Gv 20,31)13.
____________
13 SIMEONE DI
TESSALONIA, Sulla santa e deificante
preghiera, in La Filocalia, ( a
cura di M.B. ARTIOLI e M.F. LOVATO), Gribaudi, Torino 1982-1987, Vol IV, p.
480-482.
Da ora in poi solo La Filocalia.
20
CAPITOLO II
LA PREGHIERA DI GESŬ NELLA TRADIZIONE
II. 1. I Padri del deserto: nascita dell’esicasmo
II. 2. Gli autori sinaiti: Giovanni Climaco ed
Esichio
II. 3. Simeone il Nuovo Teologo e gli autori
dell’XI / XIII secolo
II. 4. L’esicasmo athonita e la controversia
palamitica
II. 5. Dal XV secolo alla pubblicazione della
Filocalia
Nulla mi sembrava più grande di questo:
far tacere i propri sensi,
raccogliersi in se stesso,
parlare con se stesso e con Dio,
condurre una vita che trascende le cose visibili,
essere veramente uno specchio immacolato di Dio
e divenirlo sempre di più,
aver già lasciato la terra pur stando in terra,
trasportato in alto con lo spirito.
Se qualcuno di voi partecipa a questa brama ardente
può comprendere quello che dico.
(Gregorio Nazianzeno)
21
II. 1. I Padri del deserto:
nascita dell’esicasmo
L’esicasmo è una tradizione
spirituale che si è sviluppata cronologicamente dal V al XVIII secolo e ha
avuto tra i suoi esponenti monaci di tendenza contemplativa, desiderosi di
cercare e trovare la perfezione nell’unione con Dio, vivendo asceticamente, in
solitudine e in continua preghiera, secondo il comando dell’Apostolo (1 Ts 5,
17). A differenza del monachesimo basiliano e studita 1 che insiste maggiormente sulla vita
cenobitica e sulla preghiera comune, l’esicasmo privilegia la santificazione
individuale e isolata.
La parola esicasmo deriva dal termine
greco “hesychìa”, che letteralmente
significa riposo, pace spirituale, quiete. Il verbo “hesychàzo” si riferisce al monaco che vive in solitudine e in
silenzio, che conduce una vita appartata e centrata sulla preghiera, sulla
sobrietà e sull’attenzione interiore.
Gli esicasti, riprendendo alla
lettera le esortazioni di Paolo inviate ai primi cristiani
_______________
1Gli
studiti erano monaci greci che si erano stabiliti nel monastero di Alessandria
sulla riva asiatica del Bosforo alla fine del V secolo grazie al beneplacito
del console Studios, da cui il nome di “studiti”. Erano di stampo
neo-basiliano. Il loro monachesimo era rigorosamente cenobitico, attivo,
sociale, nell’orientamento come nell’organizzazione. Diverranno la più potente
organizzazione monastica di Costantinopoli. Al monastero di Studios sarà legata
l’ultima lotta contro l’iconoclastia, come pure la riforma della Chiesa
bizantina.
Cfr. L. BOUYER, Spiritualità bizantina e ortodossa, EDS,
Bologna 1968, p. 25-27
22
di “vivere in pace” (hesychazèin) ( 1 Ts 4, 11), di condurre
“vita pacifica” (hesychìon bìon diàghein)
(1 Tm 2, 2), di “lavorare con tranquillità” (metà hesychìas ergazomenoi) (2 Ts 3, 12), intendevano condurre una
vita che fosse caratterizzata dalla pace interiore, che non fosse turbata da
elementi distraenti sia esterni che interni.
Il loro ideale viene
programmaticamente delineato in questo motto di Abba Arsenio: “Fuge, tace,
quiesce!”2 cioè: separato dal mondo, coltiva il silenzio e la pace!
Per raggiungere lo stato di pace
interiore, ricercato dagli esicasti, occorre abbandonare le distrazioni del
mondo, fuggire nel deserto e ritirarsi in un posto solitario per immergersi
nella meditazione delle cose divine. Ma
non basta la fuga dal mondo, la ricerca della solitudine e del silenzio
per raggiungere l’ “hesychìa”; il
vero monaco esicasta, deve rinunciare sia interiormente che esteriormente al
mondo: esteriormente, quanto alle cose materiali e agli affari di questo mondo;
interiormente, quanto ai pensieri che vi si riferiscono, non ammettendo alcuna
preoccupazione mondana. Il vero monaco esicasta ricerca il silenzio interiore,
quello di una mente non affollata da pensieri mondani e passionali.
Evagrio Pontico ha affermato che il
solitario deve essere due volte monaco: “uomo-monaco” e “intelletto-monaco”,
cioè deve essere colui che evita il peccato sia nella
_____________
2
Cfr. ARSENIO, in Vita e detti dei padri
del deserto, ( a cura di L. MORTARI), Città Nuova, Roma 1971, vol. I, p.
97.
23
azione che nei pensieri3.
Questo significa che il vero solitario è colui che non soltanto ricerca il
silenzio esteriore, ma desidera creare nel proprio spirito un silenzio profondo
favorito dalla concentrazione sul ricordo di Dio.
Già Evagrio è stato maestro
nell’insegnare ai suoi monaci il modo di raggiungere la pace dell’anima (hesychìa). Nella sua dottrina ascetica
ha teorizzato la necessità di lottare contro i pensieri passionali che
provocano nello spirito una agitazione dannosa alla pace interiore.
Ĕ molto importante, secondo Evagrio e i Padri esicasti,
custodire il proprio cuore e vigilare con attenzione (nepsis) sulla mente, affinché i pensieri passionali non ostacolino
la contemplazione-orante e non offuschino la pace interiore dello spirito.4
La “nepsis” è un metodo spirituale di attenzione e vigilanza interiore
che aiuta
____________________
3”Uomo-monaco
–scrive Evagrio – è colui che evita il peccato in azione; intelletto-monaco è
quello di colui che evita il peccato dei pensieri e può contemplare
nell’orazione la luce della Santa Trinità”.
Cfr. I.
HAUSHERR, Solitudine e vita
contemplativa, Queriniana, Brescia 1978, p. 44.
4Il
termine “nepsis” ha una preistoria prima di incontrarlo presso gli asceti
orientali. Il verbo neutro “nèpsein” significa lo stato di sobrietà in
opposizione a “methyein” che indica lo stato di ebbrezza. Da questo primo senso
materiale, il vocabolo passa ad un senso più elevato, per esprimere lo stato di
un’intelligenza padrona di sé, equilibrata, saggia, opposto a uno stato di
esaltazione incontrollata, di squilibrio, di ebbrezza mentale: la “manìa”. La
mente sobria è aperta alla contemplazione. Anche le scritture consigliano di
mantenersi in uno stato di sobrietà mentale: “Siate dunque moderati e sobri per
dedicarvi alla preghiera” (1 Pt 4, 7).
24
l’uomo a ostacolare la penetrazione
nella mente dei pensieri passionali, i quali impediscono la preghiera. Non si
può pregare con purezza se si è immischiati in affari materiali e se si è
agitati da continue preoccupazioni, sostiene Evagrio nel suo trattato “ Sulla
Preghiera”. Evagrio insiste sulla vigilanza della mente perché lo stato di
“preghiera pura” fiorisce solo in un’atmosfera di pace interiore, che si
instaura nell’uomo, quando è riuscito ad espungere dal proprio animo i pensieri
passionali che lo ingombrano.5
Esiste uno stretto rapporto fra “hesychìa” e Preghiera del cuore; l’una
è il presupposto dell’altra, perché non si può pregare se non si ha l’anima
libera da turbamenti. D’altro canto la preghiera ripetuta incessantemente può
essere un valido mezzo di purificazione dell’anima e, quindi, uno strumento
utile a creare uno stato di quiete nello spirito.
Giovanni
Cassiano nelle sue conferenze ripete l’insegnamento dei monaci da lui
incontrati in Egitto su questo tipo di preghiera, che “ non soltanto proteggerà
dagli assalti dei demòni, ma purificherà anche da ogni vizio e da ogni macchia
terrestre; elevarà alla contemplazione delle cose celesti e invisibili;
condurrà ad un ardore ineffabile di preghiera, che pochi soltanto conoscono per
esperienza. Ĕ
un segreto che ci ès stato rivelato da quei pochi Padri appartenenti al buon
tempo antico, ma che vivono tuttora; noi lo riveliamo a nostra volta a
quel piccolo numero di anime che dimostrano una vera brama di conoscerlo”6.
_____________
5
Cfr. EVAGRIO MONACO, Sul discernimento
delle passioni e dei desideri, in La
Filocalia,vol. I
p. 107-124.
p. 107-124.
6 G. CASSIANO, Conlatio X, 10 passim, in CSEL 13, 297-302; tr. It. A cura di
O.LARI, EP, Alba 1965, vol. I, p.
430-436.
25
Troviamo lo stesso insegnamento in
Nilo d’Ancira (+ 430). “Contro i demòni bisogna impiegare il ricordo del nostro
Salvatore, la fervente invocazione del nome notte e giorno”7.
Nella Filocalia è contenuto un
racconto di un certo Abate Filemone che può essere fatto risalire al VI – VII
secolo.
Questi interrogato da un monaco su
che cosa fosse la meditazione nascosta, risponde: “Sii sobrio nel tuo cuore e
di’ sobriamente nella tua mente, con timore e temore: Signore Gesù Cristo,
pietà di me. Il beato Diodoro, infatti, tramanda così ai principianti: Abbi
sempre questo nel tuo cuore, sia che tu mangi, sia che tu beva, sia che ti
trovi in compagnia di qualcuno, sia fuori di cella, sia per strada; non ti
scordare di fare questa preghiera con mente sobria e intelletto stabile, di
salmeggiare e meditare preghiere e salmi...Così potrai comprendere le
profondità della divina Scrittura e della potenza che vi è nascosta e dare
all’intelletto una incessante generosità per adempiere il detto apostolico che
prescrive: pregate incessantemente”8.
_______________
7
Cfr. NILO D’ANCIRA, Epistolae, III,
278, PG 79, 521 b.
8
ABATE FILEMONE, Discorso utilissimo
sull’Abate Filemone, in La Filocalia,vol.
II, p. 361.
Nel testo viene
citato Diadoco, vescovo di Foticea che risale al V secolo.
Il passo in
questione si trova in La Filocalia ,vol.
I, p. 369- 370
26
Nel periodo compreso tra la metà del
VII e gli inizi dell’VIII secolo, in una serie di apoftegmi copti, intitolati
“Virtù di San Macario”, è interessante constatare come quasi in ogni pagina si
parla della ripetizione del Nome di Gesù, anche con graziose esemplificazioni
come questa: “Attacca la corda al picchetto in modo da mantenere la vela e, per
la grazia del nostro Signor Gesù Cristo, la barca oltrepasserà le tempeste
diaboliche..! La barca è il tuo cuore: sorveglialo! La corda è la tua mente:
attaccala al nostro Signore Gesù! Questo è il picchetto che comanda i flutti e le
tempeste diaboliche, lottando contro i santi. Non è facile, infatti, dire a
ogni respirazione: “Mio Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me, Ti benedico mio
Signore Gesù Cristo, soccorrimi...” Se noi siamo assidui a questo Nome
salvifico del nostro Signore Gesù, egli prenderà il diavolo per le narici,9
per quello che ci ha fatto e noi, che restiamo deboli, sapremo che il soccorso
viene dal nostro Signore Gesù Cristo”10.
Concludendo questa panoramica sul
monachesimo egiziano di lingua copta
ricordiamo che a questo stesso ambiente si riportano le iscrizioni
murali scoperte all’inizio di questo secolo a Baouit e le sottoscrizioni e i
colofoni di numerosi manoscritti nei quali figurano diverse formule per la
Preghiera di Gesù.11
__________________________________
9 Gb.
40, 25-26 “Puoi tu pescare il Leviatan con l’amo e tener ferma la sua lingua
con una corda, ficcargli un giunco nelle narici e forargli la mascella con un
uncino?”
10E.ALIMENAU, Histories des monastéres de la Basse Egypte, Annales
du Musée Guimet, N°25,
Paris 1894, p. 160-161.
Paris 1894, p. 160-161.
11Cfr. E. LANNE, La
Prière de Jesus dans la tradition égyptienne, Temoignages des psalies et des
inscriptions in IRĚNIKON 50 (1977) 200.
27
II. 2. Gli autori sinaiti:
Giovanni Climaco ed Esichio
L’insegnamento della preghiera di
Giovanni Climaco (+650) è senz’altro meno esplicito di quello dei monaci del
deserto egiziano. In alcuni passi troviamo “che sempre il pensiero della morte
si addormenti con te e si risvegli con te, così come la preghiera monologica di
Gesù. Non troverai, infatti, dei migliori ausiliari durante il sonno”12,
“la memoria di Gesù sia unita al tuo respiro: allora conoscerai l’utilità della
hesychìa”13.
In nessun altro luogo della “Scala
Paradisi”, ritornano concetti o termini simili. Nel gradino ventotto, dedicato
alla preghiera, Climaco ritorna sulla monologia. Ecco il passo centrale, che
delinea alcune caratteristiche della pratica d’orazione “Che il tessuto della
tua preghiera sia di un solo colore. Il pubblicano e il figliol prodigo furono
riconciliati con Dio grazie a una sola parola”14.
“L’inizio della preghiera consiste
nel respingere con la monologia i
pensieri nel momento stesso in cui si presentano” 15.
________________
12 G.
CLIMACO, Scala Paradisi, XV. PG 88, 889 d- 892 a.
13 G.
CLIMACO, Scala Paradisi, XXVII. PG
88, 945 c.
14 G.
CLIMACO, Scala Paradisi, XXVIII. PG 88, 1129 d.
15Idem, PG 88, 1132 d.
28
In Esichio (VIII –X secolo), invece,
la Preghiera di Gesù ha un ampio spazio, riconducendo l’ intero cammino
spirituale alla sobrietà (nepsis),
ribadisce a più riprese la stretta interdipendenza tra questa e la Preghiera di
Gesù.
“Sono naturalmente adatte a unirsi
tra loro la sobrietà e la Preghiera di Gesù. Infatti, l’attenzione somma è
propria della preghiera continua e la preghiera a sua volta è propria della
somma sobrietà e attenzione dell’intelletto”16.
La sobrietà e l’attenzione però non
bastano da sole: devono essere collegate con l’invocazione del Nome di Gesù
onde evitare di essere ingannati dal nemico, una invocazione che deve essere
continua e senza sosta.
“Veramente beato colui che è
congiunto nella mente alla Preghiera di Gesù e lo invoca senza interruzione nel
cuore, come l’aria è unita ai nostri corpi o come la fiamma alla cera. E il
sole passando sopra la terra farà giorno, ma il santo e adorabile Nome del
Signore Gesù, risplendendo di continuo nella mente genererà innumerevoli
pensieri fulgidi come il sole”17.
________________
16
ESICHIO PRESBITERO, A Teodulo. Discorso
per sommi capi, utile per la salvezza dell’anima, sulla sobrietà e la virtù, in La
Filocalia, vol. I, p. 248
17
Idem, p. 269
29
II. 3. Simeone il Nuovo Teologo e
gli autori dell’XI / XIII secolo.
Trattando della Preghiera di
Gesù di solito si pone attenzione alla
figura e all’opera di Simeone il Nuovo Teologo (946-1022), ma si commette un
errore di attribuzione in quanto il trattato “Le tre forme di preghiera” non
gli appartiene.
Se si esamina l’opera autentica di
Simeone si trovano pochi elementi utili alla nostra ricerca come la
testimonianza di un giovane monaco che Simeone riporta in una catechesi.
“Dimenticai il luogo dove mi trovavo,
chi ero e in quale posto, limitandomi a gridare: “Kyrie eleison, come riprendendo conoscenza, mi sorpresi a
ripetere. Ma chi era colui che parlava, padre, o che faceva muovere la mia
lingua, non lo so..., ma Dio lo sa”18.
Il discepolo di Simeone, Niceta
Stethatos, accenna in una delle sue Centurie alla ripetizione del Nome di Gesù
da usare di fronte agli attacchi dei demòni.
“L’anima, riempita di coraggio e di
valore dallo Spirito Santo, disprezza il loro attacco e il loro amaro furore e
dissolve, nel solo segno vivificante della Croce e nell’invocazione di Gesù le
loro fantasie e li mette in fuga”19.
Tra il finire del XII e gli inizi del
XIII secolo va collocata l’opera di direzione spirituale del monaco Isaia,
indirizzata a Teodora Angelina, figlia dell’Imperatore Isacco II Angelo. Egli
la invitava a sforzarsi di
ripetere interiormente la preghiera
___________________
18 B. KRIVOCHEINE –J. PARAMELLE, Syméon le nouveau teologien, Cerf, Paris
1964, vol.II
p. 244-247
p. 244-247
19
NICETA STETHATOS, Prima Centuria. Capitoli pratici, in La Filocalia vol III, p. 421-422
30
spirituale che le aveva insegnato,
cioè “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me...” di notte e di
giorno, in ogni ora e circostanza fino a quando non si fosse impresso nella
mente.
Alla seconda metà del XIII secolo
risale, con ogni probabilità, il noto trattato “ Le tre forme di preghiera”.
L’autore parlando della terza forma
di preghiera, “la preghiera vera e senza errore”, scrive che: “Quando la mente
trova il posto del cuore, vede subito quello in cui non avrebbe mai creduto:
vede infatti l’aria all’interno del cuore e se stessa tutta luminosa e piena di
discernimento. Appena spunta un pensiero, prima che si completi e prenda forma,
lo scaccia e lo annienta con l’invocazione di Gesù Cristo...”20.
“Gli spiriti delle passioni sono
soliti agitare terribilmente l’abisso del cuore. Essi sono dissolti e
annientati come cera mediante l’invocazione del Signore Gesù Cristo”21.
Niceforo Monaco (+1300) nel suo
discorso sulla sobrietà, dopo aver esposto le tecniche per scendere con la
mente nel cuore, raccomanda: “Appena il tuo intelletto ha raggiunto quel luogo,
da quel momento non devi tacere e stare inattivo, ma avere come opera e
invocazione incessante la preghiera: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, pietà
di me. E l’intelletto non avrà mai più riposo da ciò, perché quando questa
invocazione tiene l’intelletto
saldo, senza distrazione, lo mostra
inaccessibile e
intoccabile agli assalti del nemico e
lo innalza alla carità e al desiderio di Dio”22.
__________________
20 SIMEONE
IL NUOVO TEOLOGO, Le tre forme di
preghiera, in La Filocalia, vol
IV, p.513
21 Idem,
p. 514
22NICEFORO
MONACO, Discorso sulla sobrietà e la
custodia del cuore pieno di notevole utilità, in La Filocalia, vol. III, p. 526
31
Teolepto il Grande, vero luminare di
Filadelfia, dove ricevette la dignità della cattedra episcopale, fiorì intorno
all’anno 1325. Non parla di tecniche psicofisiche, ma insiste sulla memoria di
Dio attraverso la ripetizione del Nome che concilia ragione e anima.
“Il colloquio con Dio scaccia i
pensieri passionali; l’attenzione dell’intelletto a Lui mette in fuga le
considerazioni mondane; la compunzione dell’anima fa fuggire, con la paura,
l’amore della carne; e si vede la preghiera dalla ripetizione che non tace del
Nome divino, accordo e unione dell’intelletto della ragione e dell’anima”...
“Dirigi il pensiero a Dio null’altro gridando se non il Nome del Signore, nel
continuo profondo ricordo, come un bambino chiama suo padre. Ĕ detto infatti: Proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te”23.
II. 4. L’esicasmo athonita e la
controversia palamita
Il monte Athos si trova nella
penisola omonima a nord-est della Grecia, nel mare Egeo. Secondo la leggenda,
nel I secolo dopo Cristo, un discepolo di Gesù avrebbe invitato Maria, la Madre
di Dio, a visitarlo. Colta da una tempesta, la nave si sarebbe incagliata sulla
penisola athonita. Da allora rimase in quel luogo la presenza di Maria
______________
23TEOLEPTO
DI FILADELFIA, Discorso che espone
l’attività nascosta in Cristo e mostra in breve la fatica della professione
monastica, in La Filocalia, vol.
III, p. 506.510
32
che portò come conseguenza il declino
dei culti pagani. A nessuna donna è consentito l’accesso. A metà del secolo X
il monte Athos divenne una sorta di capitale del monachesimo orientale. Lontano
da Costantinopoli e dai problemi della civilizzazione urbana, poco coinvolto
negli affari dello Stato e della Chiesa, esso fu ben presto considerato il
luogo di rifugio degli amanti dell’ “hesychìa”.
I primi emeriti cominciarono a installarvisi tra il V e il IX secolo.
Quando vi arrivò Gregorio Sinaita,
attorno al 1310, trovò la vita monastica tutta incentrata sulle sole opere
ascetiche e sulle osservanze, praticamente dimentica di ciò che è più
importante e a cui occorre tendere: l’unione con Dio e la contemplazione,
rispetto alle quali l’osservanza di una ascesi rigorosa e la pratica delle virtù
sono solo via e mezzo.
Si adoperò ad insegnare ciò e nei
suoi diversi scritti si trovano numerosi riferimenti alla Preghiera di Gesù,
accompagnati da lunghi passi sulle tecniche respiratorie. Alla base mette la
necessità di “starsene seduto in preghiera e non alzarsene presto”, come
appunto è intitolata una sua opera: “Il tuo star seduto in preghiera deve
essere nella pazienza, perché vi è chi ha detto: Siate perseveranti nella
preghiera. E non devi alzarti troppo presto per noncuranza, a causa della penosa
sofferenza del grido spirituale dell’intelletto e della continua fissità.
Poiché ecco, dice il Profeta: Mi hanno preso i dolori come una partoriente (Is
21, 3). Chinati piuttosto in basso e raccogli l’intelletto nel cuore, se solo
esso si è aperto, e chiama in aiuto il Signore Gesù.
33
Se le spalle si affaticano sii
costante laboriosamente e amorosamente, cercando nel cuore il Signore. Poiché
il Regno di Dio è dei violenti e i violenti lo rapiscono”24.
Una delle figure più interessanti del
mondo spirituale di quegli anni è Massimo Kausokalyba (1280-1375), conoscente
di Gregorio. Ha insegnato molto sulla illuminazione della mente di chi si
dedica persistentemente alla preghiera e alla memoria di Gesù.
Uno degli avvenimenti di maggior
importanza nella storia del XIV secolo bizantino è la controversia palamitica
che esordì a causa degli attacchi di Barlaam alle pratiche di preghiera proprie
dei monaci esicasti. Barlaam, originario della Calabria, si stabilì a
Costantinopoli intorno al 1330. Giunto dall’Italia, dove cominciava ad
affermarsi lo spirito rinascimentale, egli aveva coltivato la propria
formazione intellettuale negli ambienti umanistici aperti alla scuola tomista.
La sua sensibilità umanistica e neoplatonica fu vivamente urtata dalle pratiche
degli esicasti. Cominciò a polemizzare
principalmente contro le tecniche psicofisiche insegnate dall’autore del
Metodo e da Niceforo e contro la ripetizione incessante della formula di
preghiera.
Gli si oppose allora Gregorio
Palamas. Nelle sue opere di quegli anni si possono ritrovare numerosi passi
dedicati alle tecniche psicofisiche. Nell’opuscolo “Sulla preghiera e sulla
purezza del cuore”, egli ricorda che l’operazione della mente si purifica in
quelli che si dedicano alla preghiera e soprattutto
_____________________
24
GREGORIO SINAITA, ome l’esicasta deve
starsene seduto in preghiera e non alzarsene presto, in La Filocalia, vol. III, p. 597
34
a quella monologica25.
Nelle Triadi di difesa dei santi esicasti, parla della forma della preghiera
del pubblicano, invita alla preghiera monologica e sottolinea l’importanza di
avere sempre la memoria di Dio26.
Dello stesso periodo è l’operetta del
patriarca costantinopolitano Filoteo Kokkinos
(+ 1377) nella quale la pratica della preghiera è inserita nel ciclo giornaliero dell’ufficio monastico. Il monaco dopo la conclusione delle lodi mattutine non deve passare alla lettura, ma alla preghiera monologica.
(+ 1377) nella quale la pratica della preghiera è inserita nel ciclo giornaliero dell’ufficio monastico. Il monaco dopo la conclusione delle lodi mattutine non deve passare alla lettura, ma alla preghiera monologica.
Nella seconda metà del XIV secolo
emergono due monaci, Callisto e Ignazio, del monastero di Xanthopoulos, che
evidenziano il rapporto preghiera- respiro. Nelle loro Centurie raccomandano di
recitare la formula “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”,
articolandola in due movimenti: slancio verso Gesù Cristo nella prima parte e
ritorno su se stessi quando si pronuncia “...abbi pietà di me”.
Il ritmo respiratorio deve essere
associato al duplice movimento di inspirazione ed espirazione che produce un
certo calore nel cuore. Le centurie raccomandano inoltre una serie di direttive
pratiche che concernano la lettura e la meditazione delle Scritture, le
prostrazioni (metanìe) per un numero
di 300 al giorno, il digiuno, la
____________________
25
Cfr. GREGORIO PALAMAS, Sulla preghiera e
la purezza del cuore, in La Filocalia, vol.IV,
p. 63-65.
p. 63-65.
26
Cfr. GREGORIO PALAMAS, In difesa dei
santi esicasti, in La Filocalia, vol.
IV, p. 50-62.
35
salmodia per coloro che non sanno
concentrarsi sulla “Preghiera di Gesù”27.
II. 5. Dal secolo XV alla
pubblicazione della Filocalia
Nel secolo successivo spiccano i nomi
di Simeone di Tessalonica e Marco Eugenio autore di una composizione sulla
Preghiera di Gesù, consistente nella ripresa letterale di scritti più antichi.
Ebbe molta importanza Nil Sorskij (1433-1508), uno spirituale russo, che nel
suo “Ustav” riprende gli insegnamenti degli autori bizantini, primo fra tutti
Gregorio Sinaita, e parla della Preghiera di Gesù.
In questo passo la pone come rimedio
per liberarsi dai pensieri malvagi: “grida: Signore Gesù Cristo, abbi pietà di
me...
Dopo queste parole, i Padri
aggiungono: peccatore. Ciò è gradito al Signore Dio e conviene particolarmente
a noi peccatori. Lancia questa invocazione assiduamente, che tu sia in piedi,
che tu sia seduto o sdraiato, rinchiudendo la tua mente nel cuore”28.
I secoli successivi passano quasi
sotto silenzio per mancanza di figure e scritti di particolare rilevanza; certi
aspetti più tecnici vengono dimenticati ma rimane l’abitudine di recitare
incessantemente una breve formula contenente il nome di Gesù.
_
___________________
27UN
MONACO DELLA CHIESA D’ORIENTE, La
Preghiera di Gesù, Brescia, Morcelliana
1964, p. 59-61.
28 N. SORSKIJ, La
vie, les ècrits, le skite d’un starets
de Trans-Volga,coll. Spiritualità Orientale, N° 32,
Bellefontaine 1980, p.51-52
36
Nel XVIII secolo assistiamo a una
rinascita spirituale che vede tra i primissimi artefici Paisij Velickovskij
(1722-1794) con i suoi “ Capitoli sulla
preghiera mentale” dove espone anche la tecnica psicofisica insieme agli
insegnamenti dei Padri più antichi e la “Lettera a Agatone, igumeno della skiti
di Poiana Voronei, contro il monaco Teopempo, dispregiatore della Preghiera di
Gesù”, che è una sorta di storia della Preghiera.
Un contributo notevole è dato da
Nicodimo Aghiorita (1749-1809) con tutta la sua opera, in particolare La Filocalia, con il quale si conclude
questa rassegna.
Pubblicata per la prima volta a
Venezia nel 1782 anche con l’aiuto del Vescovo Macario di Corinto (1731-1805) è
una raccolta di opere patristiche sulla preghiera continua che vanno dal IV al
XV secolo.
Come dice lo tesso Nicodimo nel
Proemio: “...eletto modello di condotta pratica, guida sicura alla
contemplazione, giardino dei Padri, catena d’oro delle virtù. Libro che è
ripetizione frequente del Nome di Gesù, tromba che richiama la grazia e, per
farla breve, proprio lo strumento stesso della deificazione, possesso mille
volte più desiderevole di qualsiasi altro, da molti anni pensato e cercato, ma
non trovato”29.
___________________________
29
NICODIMO AGHIORITA, Proemio, in La Filocalia, vol. I, p.51.
37
CAPITOLO III
TERMINOLOGIA, FORMULE E SIGNIFICATO
III. 1. Cuore e
preghiera
III. 2. Formule
III. 3. Significato
teologico della formula classica
Benedetto il Signore, Dio di Israele,
egli solo compie prodigi.
E benedetto il SUO NOME glorioso per sempre,
della sua gloria sia piena tutta la
terra.
Amen,
amen. (Sl 71, 18-19)
Rallegratevi, giusti, nel Signore,
rendete grazie al SUO SANTO NOME. (Sl 96, 12)
38
III. 1. CUORE E PREGHIERA
Il “cuore” è il luogo spirituale di
ogni persona, dove si concentrano e si sperimentano in modo vitale tutte le
dimensioni della persona stessa.
Il “cuore” è il luogo metafisico più
profondo di una persona; è l’intimo di ogni uomo, dove ciascuno vive il suo
essere persona, cioè il suo sussistere in sé, ma in relazione con l’Essere, da
cui ha origine e in cui trova il suo fine, con gli altri uomini e con la
creazione.
Il “cuore” si esprime in una
psicologia. Vi è una psicologia del cuore umano e una fisiologia, perché la
persona umana è anche corporea. Ma sia la psicologia dell’uomo, sia la
fisiologia trovano la spiegazione ultima dei loro contenuti nella metafisica
del cuore, luogo interiore in cui l’uomo avverte e vive in modo positivo o
negativo le dimensioni del suo essere persona.
Nel nostro linguaggio comune il
“cuore” designa in genere la fonte essenziale di una realtà. “Andare al cuore
di un problema” vuol dire andare alla fonte essenziale di esso, da cui dipende
la spiegazione di tutte le altre parti del problema. Il cuore di una persona
indica così il luogo spirituale, dove noi possiamo contemplare la persona nella
sua realtà più profonda e vera, senza veli e senza fermarci ai suoi lati
marginali.
Ĕ nel cuore che avviene il giudizio di ogni persona, su ciò
che porta dentro di sé e che è la fonte della sua bontà o della sua cattiveria.
39
Il cuore può essere pensato come
l’icona, l’immagine propria di una persona, il luogo, il volto, dove una
persona si manifesta, sia a se stessa, sia agli altri.
“Ti ho manifestato il mio cuore”. Con
queste parole intendiamo dire: “Ti ho manifestato me stesso”.
Persona e cuore coincidono come il
sole con i suoi raggi.
Di solito nell’espressione “cuore e
testa” quest’ultima sarebbe l’ambito del cerebrale, del mentale,
dell’intellettuale, del logico, del razionale... mentre il cuore si riduce
all’ambito affettivo e sentimentale; invece è il centro della persona umana, il
campo della profondità, nel quale sia l’anima che il corpo intrecciano le loro
radici.
Il cuore è la sorgente vitale
dell’essere. “Quanto al cuore, esso designa, nella tradizione orientale, il
centro dell’essere umano, la radice delle facoltà attive dell’intelletto e
della volontà, il punto da cui proviene e verso il quale converge tutta la vita
spirituale. Ĕ la sorgente, oscura e profonda, da
cui scaturisce tutta la vita psichica e spirituale dell’uomo, e attraverso la
quale questo è vicino e comunica con la Sorgente stessa della vita”1.
Teofanè ci ricorda che il “cuore è
l’intimo dell’uomo, lo spirito. In esso si trovano la consapevolezza, la
coscienza, l’idea di Dio e della nostra assoluta dipendenza da Lui, e tutti i
tesori eterni della vita spirituale...................... Fisicamente il
________________
1 E.
BEHR-SIGEL, La Priore de Jésus ou le
mystere de la spiritualità monastique orthodoxe, coll. Spiritualitè
Orientale, N° 14, Bellefontaine 1974, p. 106
40
cuore è un muscolo di carne, ma non è
la carne che avverte i sentimenti, bensì l’anima; il cuore di carne serve solo
come strumento a questi sentimenti, così come il cervello serve di strumento
alla mente. Resta nel tuo cuore con la certezza che anche Dio è là... La
preghiera è detta del “cuore” quando è recitata dalla mente unita al cuore, quando
la mente scende fino al cuore e innalza la preghiera dal profondo”2.
Ĕ nel “cuore profondo” che l’uomo incontra Dio faccia a
faccia, quindi quando l’uomo prega con la mente, continuerà ad agire unicamente
con le risorse dell’intelletto umano e a questo livello non arriverà mai ad un
incontro con Dio diretto e personale. Usando il cervello, al massimo, si potrà
conoscere qualcosa riguardo a Dio, ma non si conoscerà Dio. Non può esserci,
infatti, una conoscenza diretta di Dio senza un amore immenso, ed un simile
amore deve sgorgare non dal cervello soltanto, ma dall’uomo tutto intero, cioè
dal cuore.
“La testa è come un mercato pieno di
gente: non è possibile pregare Dio in un posto simile”3.
Ĕ quindi necessario che l’orante scenda dalla testa nel cuore.
Non gli viene richiesto di abbandonare le sue capacità intellettuali (anche la
ragione è un dono di Dio), ma è chiamato a concentrare la mente nel cuore.
Come si deve intendere questa
espressione?
“La
mente è il luogo in cui si trova l’attenzione.
______________
2 CARITONE DI VALAMO, L’arte della preghiera, Gribaudi, Torino
1980, p. 190.193.
3 Idem, p. 186
41
Concentrare la mente nel cuore
significa stabilire l’attenzione nel cuore e vedere mentalmente davanti a sé il
Dio invisibile e sempre presente; significa rivolgersi a Lui nella lode, nel
ringraziamento e nella supplica, stando però attenti che nulla di estraneo
penetri nel cuore”4.
Dapprima si discende nel cuore
naturale e da qui nel cuore profondo, in quel “luogo interiore” del cuore che
non è più di carne. Allora la preghiera diventerà veramente “del cuore”, non
più preghiera di una sola facoltà umana, ma di tutto l’uomo, anima, spirito e
corpo: non solo della nostra intelligenza, della nostra ragione naturale, ma
dello spirito; infatti nella profondità del cuore, l’orante scopre per prima
cosa lo “spirito ad immagine di Dio” che la Santa Trinità ha immesso nell’uomo
alla creazione, e, attraverso questo spirito, arriva a conoscere lo Spirito di
Dio, che dimora in ogni cristiano dal momento del Battesimo, anche se molti di
noi di noi non hanno coscienza della sua presenza.
“Lo Spirito, infatti, scruta ogni
cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo
spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai
potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora noi non abbiamo ricevuto lo
spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha
donato...l’uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere
giudicato da nessuno. Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo
da poterlo dirigere? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo” (1 Cor 2, 10-16).
___________________
4 Idem, p. 187.
42
III. 2. FORMULE
La preghiera è conosciuta anche con
il genitivo “di Gesù” o “a Gesù”, a seconda se si intende l’invocazione del
Nome o una petizione rivolta a Gesù.
Nella formula tradizionale
incontriamo l’invocazione del Nome di Gesù ed anche in formule più moderne e
generalmente più corte, al fine di realizzare la totale adesione a Dio
attraverso la ripetizione continua del Nome Supremo.
Alcuno autori consigliano un nome diverso,
come: Dio, Luce, Amore...; una parola che sappia concentrare in sé tutto il
desiderio di Dio, di pace e di felicità, da conservare nel cuore come un
tesoro, da usare solo in preghiera come se fosse un contrassegno segreto, come
una chiave personale che ha il potere di aprire la strada a un incontro
continuo con la inesprimibile realtà che il Nome rappresenta.
Un autore medioevale così si
esprimeva: “...prendi una formula corta, meglio se di una sola sillaba: più è
corta più si intona all’opera dello spirito. Una tale parola può essere Dio o ancora Amore. Scegli una di queste due o un’altra di tuo gradimento,
purchè sia di una sola sillaba. E questa parola legala stretta al tuo cuore,
così che non se ne stacchi più, qualunque cosa accada. Questa parola sarà il
tuo scudo e la tua lancia, sia in pace che in guerra. Con questa parola
picchierai sulla nube e sull’oscurità che ti sovrasta.
Con questa parola sopprimerai ogni
pensiero sotto la nube dell’oblio”5.
__________________
5
ANONIMO, La nube della conoscenza e gli
altri scritti, Ancora, Milano 1983,
p. 143-144.
43
Il pellegrino con semplicità dice che
“Basta calarsi in silenzio nelle profondità del proprio corpo e invocare sempre
più spesso il radioso Nome di Gesù Cristo. Allora tutto sarà chiaro in questa
luce...”6
Come per Francesco, il poverello di
Assisi: “Al sentire nominare l’Amore del Signore, subito si sentiva stimolato,
colpito, infiammato: quel Nome era per lui un plettro, che gli faceva
vibrare l’intimo del cuore”7.
Il guru indù Yogananda, invece, ha
trovato il nome supremo nella parola “Dio” e in questa bella poesia ne canta la
bellezza:
Quando dalle profondità del sonno
torno a risalire
la scala a chiocciola del risveglio,
io ripeto in un sussurro:
Dio, Dio, Dio.
Tu sei il mio cibo,
e quando interrompo il digiuno
della separazione notturna da Te,
allora ti assaporo e penso nel silenzio:
Dio, Dio, Dio.
________________________
6RACCONTI DI UN
PELEGRINO RUSSO, Rusconi, Milano 1973, p. 114.
7SAN BONAVENTURA, Legenda S. Farcisci, cap. 9, n°1; in opera
omnia, Quaracchi, Firenze 1898, vol.VIII, p. 530 a.
44
Dovunque vedo il foro della mia mente
è sempre centrato in Te,
e nella tumultuosa lotta dell’azione
il mio silenzioso grido di guerra è sempre:
Dio, Dio, Dio.
Quando ruggiscono violente le tempeste della prova
e le angustie mi lanciano il loro
urlo,
allora io copro il loro strepito
intonando ancora più forte:
Dio, Dio, Dio.
Mentre veglio, mangio, lavoro, dormo, sogno,
servo, medito, canto e divinamente amo,
la mia anima sussurra senza stancarsi
e senza che alcuno oda:
Dio, Dio, Dio 8.
La formula classica della preghiera è
: “SIGNORE GESŬ CRISTO, FIGLIO DI DIO, ABBI PIETĂ DI ME PECCATORE” ; in lingua paleoslava è la seguente:
Ґосподи,
Иисусе χρисте, Сыне Божкй,
помилуй меня, ґрешноґо.
che suona così:
____________________
8 M.
BALLESTRER, Per una preghiera continua, Paoline,
Roma 1984, p. 74 -75.
45
GOSPODI, IESUSIE CHRISTIE,
SYNE BOSCIH, POMILUI
MNIA GRIESCNOGO.
Alcuni autori la cambiano nel periodo
pasquale, evidenziando la Resurrezione, altri aggiungono l’intercessione di
Maria, altri ancora usano formule diverse. Per tutti sia valido l’insegnamento
di Gregorio Sinaita: “Le piante continuamente trapiantate non mettono radici”9.
Infatti, la formula adottata, preferibilmente quella classica, non si deve
cambiare, per fare in modo che metta radici profonde nel cuore.
Troviamo le fonti di questa formula
nel Vangelo di Luca. Ĕ il grido disperato e ripetuto del
cieco di Gerico: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me” (Lc 18, 38). Ĕ la preghiera umile e dimessa del pubblicano al tempio: “O
Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18, 13).
Ĕ il riconoscimento in extremis della Signoria di Gesù di uno
dei malfattori appeso alla Croce insieme al Cristo, il”teologo” come è chiamato
dalla tradizione orientale
“Gesù, ricordati di me, quando entrerai nel
tuo Regno” (Lc18, 42)
III. 3. SIGNIFICATO TEOLOGICO
DELLA FORMULA CLASSICA
Per penetrare in profondità il
mistero di questa preghiera, che ha edificato la vita spirituale di molti
fratelli ortodossi attraverso i secoli, esamineremo il contenuto
_____________________
_____________________
9 GREGORIO SINAITA, L’esichia e i due modi della preghiera in
quindici capitoli, in La Filocalia,
vol. III, p.585.
46
teologico delle dieci parole.
SIGNORE
L’invocazione liturgica della
professione di fede: kyrios Jesoùs =
Gesù (è) Signore, proviene dalla chiesa paolina ed è una delle confessioni più
antiche, se non la più antica della fede cristiana. Con questa invocazione la
chiesa neotestamentaria si sottomette al
suo Signore, professando così anche il suo dominio sul mondo10.
Dio ha fatto risorgere dai morti
Gesù, lo ha glorificato a Kyrios universale e gli “ha dato il nome che è al di
sopra di ogni altro nome” (Fil 2, 9 ss; cfr. Is 45, 23 s), cioè il nome proprio
di “Signore” e la posizione che corrisponde a questo Nome.
Il Kyrios Cristo glorificato è
Signore dei vivi e dei morti11; tutte le potenze e gli esseri del
cosmo devono inginocchiarsi davanti a Lui, onorando così Dio Padre12.
Cristo è dunque Signore di tutti i re della terra, Signore dei signori
__________________
10 Kosmokràtor;
Fil 2, 11 “e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio
Padre”.
Cfr. Rm 10, 9 a;
1 Cor 12, 3.
11
Rom 14, 9 “Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per
essere il Signore dei morti e dei vivi”.
12 Ef
1, 20-22 “Che egli manifestò in Cristo quando lo risuscitò dai morti e lo fece
sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di
ogni potenza e dominazione di ogni altro nome che si possa nominare non solo
nel secolo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai
suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della chiesa”.
47
e Re dei re13. In questo
modo Gesù Cristo assume gli stessi titoli di Dio14.
In 1 Cor 12, 3 Paolo insegna a
distinguere quale sia il cristiano che parla nello Spirito: può proclamare
“Gesù è Signore” solo chi è pieno di Spirito Santo. Chi appartiene alla nuova
alleanza confessa Gesù come Kyrios, fa parte della sfera dello Spirito, non
appartiene più all’antica alleanza e all’antica legge, ma gode della vera
libertà: “Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2 Cor 3, 17).
Il fedele che invoca il Signore nella
preghiera si dispone affinché egli possa regnare sui pensieri, sulle azioni,
sui sentimenti e addirittura sulle zone subcoscienti e incoscienti, affinché
tutto il suo essere sia pervaso dalla sua regalità e stare sotto la sua
Signoria.
GESŬ CRISTO
La formula “Gesù Cristo” è composta
da un nome, Gesù e da un titolo che ne esprime la dignità, Cristo: abbinati
essi formano un nome nuovo. Così è nata una formula, nella quale ha trovato
espressione la fede in Gesù di Nazaret, loro maestro e signore, re, salvatore,
liberatore da Dio promesso al suo popolo Israele.
___________________
13 Ap
1, 15 “Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe
dei re della terra”.
14 1
Tm 6, 15-16 “Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi
rivelato al beato e unico sovrano, il re dei regnanti e signore dei signori, il
solo che possiede l’immortalità, che abita la luce inaccessibile, che nessuno
fra gli uomini ha mai visto né può mai vedere. A lui onore e potenza per
sempre. Amen”.
48
Col passare del tempo ha acquistato
una importanza centrale e duratura per tutte le future generazioni cristiane e
per gli sforzi di dare al contenuto di fede una formulazione adeguata.
Jesoùs è la forma greca al nominativo
del veterotestamentario e giudaico nome Jeshua, nato dalla trascrizione e
dall’aggiunta di una s, che permette la declinazione del vocabolo. Secondo Mt
1, 21 e Lc 1, 31 il nome di Gesù è deciso in base a indicazioni celesti
impartite al padre Giuseppe (Matteo) o alla madre Maria (Luca). In questo
contesto Matteo contiene anche una spiegazione del nome di Gesù, ne indica il
compito futuro: “egli salverà il suo popolo dal peccato”. Questo significato si
aggancia al significato del nome di Jehoshua (composto dal nome di Dio e da
Shua), che continua anche nel greco (Jesoùs): “Jahvè è l’aiuto” oppure “Jahvè è
il Salvatore”.
Christus è la forma latina del greco
Christòs, che a sua volta nei LXX e nel NT è l’equivalente greco dell’aramaico
meshikha. Questo a sua volta corrisponde all’ebraico mashiakh e indica una
persona che è stata solennemente unta per missione. La forma grecizzata di
meshika è Messìas, che come Jesoùs è stata resa declinabile con l’aggiunta
della s.
Il nome di Gesù racchiude per i
cristiani le promesse che Dio ha fatto ai Padri. Tutta la salvezza che Dio ha
destinato e offerto al mondo è collegata a Gesù in quanto Egli è il Cristo. In
Gesù, come in colui che è il Cristo “abita tutta la pienezza della divinità in
forma visibile” (Col 2, 9), per la salvezza di tutti coloro che pongono in Lui
tutta
49
49
la loro fiducia e si lasciano
accreditare i frutti della sua morte e risurrezione15. La parola
“Cristo”, che di per sé è un titolo onorifico, è diventata parte del nome
personale di Gesù in quanto esprime il tratto costitutivo della sua presenza
nella storia e che vale come presupposto per tutta la sua opera di mediatore
della salvezza, opera che si riassume nella sua obbediente sottomissione alla
volontà di Dio, in stretto legame con il popolo di Dio, nella realtà storica
dell’autorivelazione divina. Il fedele che invoca il nome, invoca la persona di
Gesù, richiamando la sua potenza.
FIGLIO DI DIO
Questo è il titolo che può essere
immediatamente associato a Gesù Cristo, il Messia, perché nella tradizione
biblica il discendente davidico, re ideale,è colui che partecipa in modo
particolare allo statuto dell’alleanza: “io gli sarò padre ed egli mi sarà
figlio” (2 Sam 7, 14: cfr. Sl 2,7; 89, 27-28; 110, 3; At 13, 33). Questo titolo
esprime il contenuto essenziale del cherigma e della professione di fede
primitiva16.
Dai discepoli e da quelli che sono ad
essi assimilati, Gesù è riconosciuto come Figlio di Dio “gli si prostrarono
davanti, esclamando:”Tu sei veramente il Figlio di Dio!”
(Mt 14, 33).
(Mt 14, 33).
___________________
15 Rm
4,24-25 “ma anche per noi, ai quali sarà egualmente accreditato: a noi che
crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è
stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra
giustificazione”.
16 At
9, 20 “e subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio”.
Cfr. At 13, 33; 1 Ts 1, 10; Gal 2,
20.
50
L’orante che invoca Gesù,
riconoscendolo Figlio di Dio, si inserisce in quel permanere in Dio assicurato
a tutti coloro che ne fanno la professione “Chi confessa che Gesù è il Figlio
di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio” (1 Gv 4, 15).
ABBI PIETĂ DI ME PECCATORE
Con questa invocazione il fedele
riconosce e confessa la propria situazione di peccato, facendosi bisognoso
della grazia divina per poter superare gli ostacoli che si frappongono alla
comunione con l’Amore.
La consapevolezza di essere peccatore
abitua a strapparsi dalla personale sicurezza di sapersi salvare da se stessi,
a sradicare l’orgoglio di essere principio di bene, a liberarsi dalla
convinzione di essere in possesso di una morale orientatrice. Se i farisei furono
incapaci di aderire al Vangelo del Signore, fu proprio perché si ritenevano
giusti. Appunto contro di essi, “che presumevano di essere giusti e
disprezzavano gli altri”, Gesù racconta le sue parabole di riprovazione
(Mt 6,1; 23, 28; Lc 16, 15; 18, 19).
(Mt 6,1; 23, 28; Lc 16, 15; 18, 19).
Ĕ Cristo che salva per un dono gratuito del suo Spirito, è
Cristo l’unico reale salvatore, in quanto le forze umane sono insufficienti a
liberare dal male.
L’orante sperimentando il proprio
limite, invoca pietà associandosi al grido del salmista “Corri Signore in mio
aiuto, vieni presto a salvarmi” (Sl 40, 14).
L’invocazione aiuta
ad acquisire una consapevolezza mistica
del peccato, ad
51
averne coscienza secondo
l’insegnamento che interiormente fa percepire lo Spirito di Cristo. Quando
un’anima, anche innocente, vive in partecipazione al mistero pasquale del
Signore, allora essa partecipa ed esperimenta l’autentico senso del peccato.
Questo si rivela unicamente all’interno della misericordia di Dio in Cristo.
Ci aiuta a capire quanto detto, l’esempio
della esperienza mistica del peccato nella vita di S. Teresa di Lisieux. Pur
non avendo mai compiuto un peccato mortale, attesta: “Com’è necessaria questa
umiliazione! Mi sentivo, come il pubblicano, una grande peccatrice. Dio mi
appariva tanto misericordioso!... Com’è straordinario aver provato tutto
questo... Ma com’è davvero impossibile procurarsi da sé questi sentimenti! Ĕ lo Spirito Santo che li dà, soffia dove vuole”17.
La santa non esprime qui una pia
bugia per il fatto che si dichiara una grande peccatrice, ma è profondamente
cosciente che ogni persona umana, per quanto grande, è estremamente piccola,
situata in una imperfezione e, in quanto tale, a cadere nel peccato.
Da qui l’invocazione costante a Colui
che si è fatto peccato per noi: “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi
pietà di me peccatore”.
Esaminando il contenuto teologico
della formula, si evince chiaramente il carattere cristologico della Preghiera
del Cuore. Essa pone l’accento sulla vita terrena del
_____________________
17SANTA
TERESA DI GESŬ BAMBINO, Gli
scritti, Postulazione Generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1979, p.358-
359.
52
Signore incarnato “Gesù Cristo” e,
contemporaneamente, sulla sua divinità di “Figlio di Dio”. Quelli che fanno uso
di questa preghiera richiamano costantemente alla memoria il personaggio
storico, che si trova al centro della rivelazione cristiana, ed evitano così un
falso misticismo che richiederebbe di far dimenticare il valore
dell’Incarnazione. Tuttavia, benché cristologia, la Preghiera di Gesù non è una
forma di meditazione su episodi particolari della vita di Cristo. Anche qui,
come per altre forme di preghiera, è sconsigliato l’uso di immagini mentali e
di concetti intellettuali.
53
SALMODIA AL NOSTRO SIGNORE GESŬ CRISTO PER IL VENERDĬ
In verità ho progredito verso qualcosa di essenziale,
verso il nome salvatore di nostro Signor Gesù Cristo.
Nostro Signore Gesù Cristo ha dato un segno
ai suoi servi che lo temono:
perché fuggano in presenza dell’arco.
perché fuggano in presenza dell’arco.
Nostro Signore Gesù Cristo ha dato un segno
ai suoi servi che lo temono:
perché dominino i nemici.
ai suoi servi che lo temono:
perché dominino i nemici.
Ĕ
il nome salvatore di nostro Signore Gesù Cristo e
la sua Croce vivificante sulla quale è stato crocefisso.
la sua Croce vivificante sulla quale è stato crocefisso.
Beato l’uomo che rinuncerà a questa vita e alle sue
dolorose cure, che uccidono l’anima;
e porterà la sua Croce giorno dopo giorno,
ed unirà la sua mente e il suo cuore nel nome salvatore
di nostro Signore Gesù Cristo.
dolorose cure, che uccidono l’anima;
e porterà la sua Croce giorno dopo giorno,
ed unirà la sua mente e il suo cuore nel nome salvatore
di nostro Signore Gesù Cristo.
Lieto è il nostro cuore, si rallegra la nostra lingua,
quando meditiamo il nome salvatore
di nostro Signore Gesù Cristo18
di nostro Signore Gesù Cristo18
______________________
18Questa composizione
poetica era cantata dai monaci copti del deserto egiziano durante l’ufficio
quotidiano.
Cfr. La priore de Jésus dans la
tradition égyptienne, in IRÉNIKON, 50 (1977) 178, fasc. n°2.
54
CAPITOLO IV
IL METODO
IV. 1. I metodi dei vari maestri
IV. 2. Un esercizio di preghiera
IV. 3. L’Ave Maria
Questa è l’opera che continuamente fa
la
Santissima Trinità nelle sue creature:il Padre
aspira in esse, cioè desidera la loro salvezza;
il Figlio respira, riposandosi in esse e
rendendole gradite a Dio;
Santissima Trinità nelle sue creature:il Padre
aspira in esse, cioè desidera la loro salvezza;
il Figlio respira, riposandosi in esse e
rendendole gradite a Dio;
lo Spirito Santo ispira, ossia le va
illuminando
perché possano camminare di virtù in virtù.
perché possano camminare di virtù in virtù.
(S. Maria Maddalena de’ Pazzi)
La Chiesa è la società di uomini che
pregano.
Suo scopo primario è di insegnare a
pregare.
Essa è una scuola di preghiera.
(Paolo VI)
55
IV. 1. I metodi dei vari maestri
“I cristiani in generale, hanno
trascurato troppo i metodi di raccoglimento, in quanto ricerca, nella fede, di
questo Dio che abita in noi... Ritrovare questi metodi che numerosi maestri di
preghiera cristiani hanno insegnato nel corso dei secoli e perfezionarli è
assai augurabile e anche urgente”1. Così si esprimeva Henri Caffarel
anni or sono, parlando della preghiera, a Parigi.
Gli fa eco la “Lettera su alcuni
aspetti della meditazione cristiana”, dove si legge: “L’esperienza umana
dimostra che la posizione e l’atteggiamento del corpo non sono privi di
influenza sul raccoglimento e la disposizione dello spirito. Ĕ un dato al quale alcuni scrittori spirituali
dell’Oriente e dell’Occidente cristiano hanno prestato attenzione... Nella
preghiera è tutto l’uomo che deve entrare in relazione con Dio, e dunque anche
il suo corpo deve assumere la posizione più adatta per il raccoglimento2.
Tale posizione può esprimere in modo
simbolico la preghiera stessa, variando a seconda delle culture e della
sensibilità personale. In alcune aree, i cristiani, oggi, stanno acquisendo
maggior consapevolezza di quanto l’atteggiamento
________________________
1H.
CAFFAREL, La preghiera interiore,
Ancora, Milano 1988, p. 67.
2Cfr. SANT’IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi Spirituali, EP, Roma 1984, n°76, p. 95
56
del corpo possa favorire la
preghiera”3.
Questi metodi furono ben presto
elaborati dai monaci, per favorire i processi di introspezione; furono
trasmessi oralmente durante i primi secoli del monachesimo, poi sono stati
messi per iscritto a partire dal XII secolo.
I più
antichi teorizzatori della Preghiera di Gesù, come legata a metodi
psicosomatici, sono Niceforo Monaco (XIII se.), Simeone il Nuovo Teologo (XIII
sec.) e Gregorio il Sinaita (XIII –XIV sec.).
Niceforo Monaco nel suo “Discorso
sulla sobrietà e la custodia del cuore” definisce la funzione della
respirazione: “Tu, dunque, siediti, raccogli l’intelletto e introducilo, per la
via delle narici, per cui entra il respiro del cuore, e spingilo e costringilo
a scendere insieme con l’aria che viene inspirata nel cuore. Quando sarà giunto
là non seguirà più nulla che sia privo di gioia e di grazia”4.
Concentrato in se stesso, con animo
sereno, il monaco deve porre tutta la sua attenzione sulla formula della
preghiera “Da quel momento tu non devi tacere e stare inattivo, ma avere come
opera e invocazione incessante, la preghiera: Signore, Gesù Cristo, Figlio di
Dio, abbi pietà di me”5.
Nel trattato “Le tre forme di
preghiera” che la Filocalia attribuisce erroneamente a
____________________________
____________________________
3CONGREGAZIONE
PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera su
alcuni aspetti della meditazione cristiana, del 15-10-1989, in AAS
82 (1990) 376 ; EV, XI,
2709-2710.
4NICEFORO
MONACO, Discorso sulla sobrietà e la
custodia del cuore pieno di notevole utilità, in La Filocalia, vol. III,
p. 526.
5Ivi.
57
Simeone il Nuovo Teologo, la postura
del corpo è descritta dettagliatamente. L’autore suggerisce di sedersi in una
cella silenziosa e di distogliere il proprio spirito da ogni pensiero: “a
questo punto appoggia sul petto la mascella inferiore, cioè il mento, per
esercitare l’attenzione in questo modo all’interno di te stesso con il tuo
intelletto e i tuoi occhi sensibili. Trattieni un poco il tuo respiro così da
tenere lì il tuo intelletto, per trovare il luogo dove sta il tuo cuore, e là
stia interamente anche il tuo intelletto. Là, al principio, ti troverai dentro
una grande oscurità, insensibilità e durezza. Ma, quando avrai realizzato
questa opera dell’attenzione, incessantemente, notte e giorno, troverai – meraviglia! –una gioia incessante. Poiché l’intelletto
che per questa lotta raggiungerà il luogo del cuore e subito vedrà là dentro
quelle cose che mai aveva visto e conosciuto, poiché vedrà l’aria che si trova
là dentro nel cuore e vedrà tutto se stesso luminoso e pieno di ogni prudenza e
discernimento. Da quel momento in poi,
da qualunque parte si affacci e appaia qualche pensiero, prima ancora che entri
e sia oggetto di riflessione o di raffigurazione, subito l’intelletto lo caccia
di là e lo distrugge con il nome di Gesù, cioè col “Signore, Gesù Cristo, abbi
pietà di me”. Da allora l’intelletto dell’uomo comincia ormai ad avere rancore,
passione e guerra incessante contro i demòni e solleva contro di loro l’ira
naturale, dà loro la caccia, li colpisce e li distrugge.
Ciò che in seguito accade, lo
imparerai da solo con l’aiuto di Dio, per esperienza, mediante
l’attenzione dell’intelletto e tenendo
nel cuore Gesù, cioè la preghiera,
58
poiché dice un padre: “Siedi nella
tua cella ed essa ti insegnerà tutto”6.
In questo passo si distinguono tre
fasi: il rallentamento della respirazione, seguito dalla concentrazione,
l’esplorazione dell’interno di sé per trovarvi la sede del cuore e
l’invocazione del nome di Gesù, volta ad annientare ogni minimo pensiero.
I “Racconti di un pellegrino russo”
devono parte della loro popolarità alle precisazioni sul metodo. Il pellegrino
impara a pregare attraverso tre tappe. La prima è anzitutto quantitativa per
abituarsi a recitare la formula con la bocca: lo starets gli ordina di recitare
la preghiera, inizialmente, tremila volte al giorno, per poi passare a seimila
e ancora a dodicimila; dapprima riuscì a malapena a recitarle tutte, ma poi “La
recitai fedelmente dodicimila volta al giorno e all’abitudine si aggiunsero ben
presto la gioia e la soddisfazione”7.
La seconda tappa consiste nel far
passare la preghiera dalla bocca alla mente, ripetendola silenziosamente; la
terza e ultima tappa introduce la preghiera del cuore, mettendo in relazione la
scoperta della sede del cuore con la recitazione della formula
______________________
6
SIMEONE IL NUOVO TEOLOGO, Le tre forme di
preghiera, in La Filocalia, vol.
IV, p. 512-513.
Il padre citato
dall’autore è padre Mosè. Il paso si trova in VITA E DETTI DEI PADRI DEL
DESERTO, ( a cura di L. MORTARI), Città Nuova, Roma 1975, vol. II, p. 33.
7RACCONTI
DI UN PELLEGRINO RUSSO, Rusconi, Milano 1973, p. 40
59
“Cercai prima di tutto di trovare la
posizione del cuore. Chiusi gli occhi e contemplai con la mente il mio cuore,
tentando di rappresentarmelo quale esso è, nella parte sinistra del petto, e di
ascoltarne attentamente il battito. Ripetevo questo esercizio varie volte al
giorno, per mezz’ora, e dapprima non percepivo che buio. Presto però cominciò
ad apparirmi il cuore e colsi il suo movimento; poi riuscii a introdurre nel
cuore la Preghiera di Gesù e a farmela uscire, seguendo il ritmo del respiro:
guardando con la mente nel mio cuore, aspiravo lentamente l’aria, dicendo: Signore, Gesù Cristo, poi la espiravo,
dicendo: abbi pietà di me”8.
In principio è un fatto meccanico,
poi diventa spontaneo: “Dopo un certo tempo sentii, non so come, che la
preghiera passava da sola dalle labbra al cuore: il cuore, cioè, con il suo
battito regolare, si metteva in certo qual modo a scandire da se stesso le
parole della Preghiera; per esempio, uno: Signore, due: Gesù, tre:
Cristo e così via. Smisi allora di dire la Preghiera con le labbra e cominciai
ad ascoltare con attenzione ciò che diceva il mio cuore...”9.
Come leggiamo, nel metodo del
pellegrino si incontrano due elementi fisici: il battito del cuore e la
respirazione.
Da Niceforo ne vengono segnalati
altri come la posizione del corpo, la fissazione dell’attenzione a certe parti
del corpo (cuore, ombelico), il controllo della respirazione, l’ambiente
adatto. Elementi fisici che vengono messi in relazione diretta
_______________
8 Idem, p. 66.
9 Idem, p. 46.
60
con certi effetti psichici come
visioni luminose e prontezza nel discernimento.
Ciò nasce dalla convinzione che anche
la più alta esperienza spirituale ha nel corpo il suo veicolo, si direbbe il
suo sacramento, il suo segno visibile e operativo. Tale principio si basa sulla
pratica sacramentale e sulla considerazione che la salvezza in Cristo riguarda
l’uomo nella sua totalità di corpo, anima e spirito. L’individuo trova
espressione nel corpo e la dualità di corpo e anima, che tanto ha segnato il
pensiero occidentale, non è né biblica, né cristiana. Il Cristianesimo è la
religione dell’incarnazione, la vita in Cristo non può venire disincarnata. Che
il corpo possa partecipare alla preghiera costituisce una necessità, perché
l’uomo è tutto votato obbligatoriamente ad essere riunificato.
Ĕ inoltre un dato di fatto che, quando preghiamo, cominciamo
con il corpo (segno della Croce, genuflessione...), quindi questo non è da
considerare come un soprabito da appendere all’attaccapanni, per entrare tutto
spirito nella preghiera.
Il minimo da richiedere al corpo è
che non si opponga alla preghiera, con la stanchezza, la tensione,
l’irrequietezza; bisogna quindi riportarlo alla calma, alla distensione, a uno
stato di allerta gioiosa verso il Signore che viene. Andando più avanti si deve
ottenere una collaborazione positiva, accompagnando o suscitando la preghiera
con i propri atteggiamenti.
Così pure il respiro. I termini
“respirare e vivere” in molte lingue sono sinonimi.
61
Unire il nome di Gesù ad ogni respiro
significa avvertire come la realtà di Cristo penetra e dà vita a tutto ciò che
esiste. La regolarità del respiro coordinata con il pensiero è un esercizio
naturale per chi non desidera altro che gustare le parole della preghiera nel
ritmo della propria vita, del suo cammino sulla terra. La respirazione che
conserva il suo ritmo calmo, in mezzo a tutti gli incontri della vita, è un
simbolo della hesychìa vera, della pace con Dio in mezzo alle tribolazioni.
“Il respiro comporta tre fasi:
aspirare, ritenere, espirare. Chi aspira vive la sua dipendenza dalla vita del
mondo. Unire questa fase con la preghiera a Gesù significa sentire la
dipendenza da Lui, che è la vita del mondo nel senso spirituale. Espirare è un
sollievo di chi si sente in pieno possesso della medesima vita da poterla
donare”10.
Il fervore che emana dai racconti del
pellegrino o da alcuni testi della Filocalia e l’apparente facilità del metodo
non devono però trarre in inganno il lettore inesperto. Credere o pretendere
che la Preghiera di Gesù costituisca un rapido mezzo di realizzazione
spirituale è persino rischioso.
Ad accogliere lo sguardo interiore
del principiante non è un’alba radiosa, ma l’oscurità propria della sua
condizione di peccatore; appunto per questo,
diversi autori esperti sconsigliano l’uso di mezzi meccanici. “Pratichiamo la
Preghiera di Gesù senza desiderare stati spirituali elevati, ma con semplicità
e con giusta
_______________________
10
T.SPIDLIK, La preghiera esicasta, in La preghiera. Bibbia, teologia, esperienze
storiche, (a cura di E. ANCILLI), Città Nuova, Roma 1988, vol. I, p. 271.
62
intenzione, avendo per fine il pentimento, con fede in Dio e totale
abbandono alla sua volontà... Quando adottiamo procedimenti meccanici, sforziamoci
di agire con la maggior cautela possibile, senza lasciarci prendere da
un’inutile curiosità o da un irreprensibile entusiasmo, che agli inesperti
appare una virtù, ma che i santi Padri definiscono temerarietà ispirata dall’orgoglio, sconsiderato ardore...
Bisogna considerare tutti gli ausili
meccanici per quel che sono: supporti utili unicamente in ragione della nostra
debolezza. Non dobbiamo riporre la nostra speranza né in essi, né nell’aspetto
quantitativo della nostra ascesi, per timore di averla riposta di fatto in noi
stessi o in qualcosa di materiale”11.
Da ciò si evince che gli esercizi
respiratori non sono nient’altro che un accessorio, un aiuto per il
raccoglimento, utile per alcuni, ma non obbligatorio per tutti. Non sono
assolutamente una parte essenziale della Preghiera di Gesù, la quale può essere
esercitata nella sua pienezza senza queste pratiche.
Concludendo il nostro discorso sul
metodo, ricordiamo che “L’elemento indispensabile nella preghiera è
l’attenzione. Senza di essa infatti non c’è preghiera. La vera attenzione,
concessa dalla grazia, sopraggiunge quando facciamo morire il nostro cuore al
mondo. L’unione della mente con il cuore è l’unione dei pensieri
__________________
11 I. BRIANTCHANINOV, Approches de la prière de Jésus, coll. Spiritulité Orientale, N°
35, Bellefontaine 1983, p. 213.
63
spirituali della mente con i
sentimenti spirituali del cuore”12, tenendo presente anche che
“autentiche pratiche di meditazione provenienti dall’Oriente cristiano e dalle
grandi religioni non cristiane, che esercitano un’attrattiva sull’uomo di oggi,
diviso e disorientato, possono costituire un mezzo adatto per aiutare l’orante
a stare davanti a Dio interiormente disteso, anche in mezzo alle sollecitudini
esterne”13.
IV. 2. UN ESERCIZIO DI PREGHIERA
Assumete una posizione che sia
confortevole e riposante, possibilmente seduti, in modo che il corpo poggi
saldamente sul suo baricentro, tenendo la schiena eretta (non tesa!); gli occhi
siano aperti o semichiusi (o chiusi se non comporta assopimento), ma sfuocati
rispetto agli oggetti esteriori e rivolti alla contemplazione del mondo
interiore.
Il nostro esercizio di preghiera
implicherà cinque fasi.
La prima fase consiste nella semplice consapevolezza della quiete
interiore.
Non vi preoccupate della misura della
quiete interiore; non è particolarmente importante; con il tempo crescerà;
siate solo coscienti che c’è. Evitate ogni sforzo.
Scendete al di sotto delle attività
superficiali della mente.
____________________
12CARITONE
DI VALAMO, L’arte della preghiera, Gribaudi,
Torino 1980, p. 105
13
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera
su alcuni aspetti della meditazione cristiana, del 15-10-1989, in AAS 82
(1980) 376; EV, XI, 2712.
64
Restate per alcuni istanti tranquilli
nella consapevolezza del profondo del vostro essere interiore. Non fate
ragionamenti in proposito. Accettatelo semplicemente, nella consapevolezza
della sua esistenza. Entrate in questo modo nel profondo del vostro essere
interiore.
Se vi accorgete che state ragionando,
discutendo con voi stessi, sollevando dubbi ed obiezioni, mettete da parte
tutto ciò. Se la vostra mente ancora non può riposare, concentratevi nel
contare i vostri respiri da uno a dieci. Poi ricominciate.
Se siamo nuovi a questo tipo di
esercizio, può volerci un certo tempo, perché il profondo del nostro essere
interiore salga al livello della coscienza. Non forzatelo. Continuate a
contemplare tranquillamente. La coscienza del profondo del nostro essere
interiore l’avremo al momento opportuno, voluto da Dio, se noi lo consentiremo.
Stiamo almeno iniziando a
sperimentare qualcosa dell’essere interiore di cui S. Paolo ha detto: “ secondo
le ricchezze della sua gloria, possa il Padre concedervi, attraverso il suo
Spirito, di essere potentemente corroborati nell’uomo interiore” (Ef 3, 16).
Se vi accorgete di essere distratti,
concentratevi di nuovo sulla respirazione. Respirate leggermente,
tranquillamente, regolarmente. State seduti dritti, ma non tesi. Il dorso deve
essere ben eretto, la testa nel prolungamento della colonna vertebrale.
65
Passiamo ora alla seconda fase:
Rimanete consapevoli del profondo del
vostro essere interiore e cominciate a estendere gradualmente la vostra
consapevolezza all’ambiente che vi circonda. Solo nella vostra consapevolezza e
attraverso essa, l’immensità del creato è pienamente presente in voi e voi
pienamente in esso.
L’energia immensa di tutto l’universo
è presente anche in voi.
Contemplate il vostro essere
interiore, come parte di tutto il creato, e tutto il creato, come parte del
vostro essere interiore.
Senza concettualizzazioni, senza
ragionamenti, senza interrogativi diventate consapevoli della vostra unità con
tutte le cose, con tutte le persone.
Siate semplicemente consapevoli del
profondo del vostro essere interiore, come parte di un tutto più grande nel
quale abita lo Spirito Creatore di Dio, la sorgente dell’energia che opera
nell’universo.
Tutte le cose sono state create per
mezzo di Cristo e in vista di Lui; Egli è prima di tutte le cose e tutte
sussistono in Lui (Col 1, 16-17). Sperimentare qualcosa dell’unità del cosmo è
sperimentare qualcosa di Cristo.
Stiamo entrando nella terza fase:
L‘atteggiamento del vostro corpo, il
vostro respiro, la vostra quiete costituiscono essi stessi la vostra preghiera,
perché la vostra esperienza dell’unità di tutte le cose possa essere
trasformata dalla presenza di Cristo nel vostro cuore, attraverso il potere
66
66
creativo (l’energia) dello Spirito
Santo. Non c’è bisogno di parole; Dio conosce ciò per cui pregate. Rilassatevi.
Mentre ispirate, pronunciate il Nome
Santissimo di “Gesù”, oppure dite
“Signore Gesù”. Rilassatevi, mentre respirate. Respirate lentamente, ma
senza essere tesi.
Attraverso l’illuminazione che solo
Dio può dare, al momento che Egli sceglierà, diverrete consapevoli di voi
stessi e di tutte le cose, così come lo è Gesù.
Semplicemente, recitando la Preghiera
di Gesù, noi aspettiamo il giorno in cui questa illuminazione permeerà tutto il
nostro essere, tutta la nostra vita.
Bloccate ogni ragionamento, qualunque
discussione o concettualizzazione interiore. State seduti diritti, ma non tesi.
Lasciate che l’atteggiamento del vostro corpo sia esso stesso la vostra
preghiera. Continuate a ripetere la Preghiera di Gesù. Dopo un certo tempo,
forse preferirete restare nel silenzio interiore più assoluto, che è esso
stesso un atto di abbandono e di petizione che Cristo abita nel vostro cuore,
attraverso la fede.
Siamo ora pronti per la quarta fase:
Il Padre, fonte trascendente di tutte
le cose, conosce se stesso solo nella sua Parola e attraverso Essa. E noi
conosciamo Lui solo nella sua Parola fatta carne e attraverso Essa.
La consapevolezza di Gesù, Verbo
incarnato, era ed è concentrata completamente sulla sorgente del suo essere e
di ogni altro essere, Suo Padre e nostro Padre, il Dio
67
Creatore di ogni cosa, che tutto
trascende.
Più entriamo nel cuore religioso di
Gesù, più diventiamo consapevoli del Padre Suo e Padre nostro, che supera ogni
pensiero e ogni comprensione.
In questo modo arriviamo a “conoscere
l’Amore di Cristo, che è superiore a ogni conoscenza e siamo ripieni
dell’assoluta pienezza di Dio” (Ef 3,
19).
“Nessuno conosce il Figlio se non il
Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio
lo voglia rivelare” (Mt 11, 27).
Con Cristo, per Cristo e in Cristo io
divento consapevole del Dio che è al di là di ogni pensiero, di ogni
ragionamento, di ogni concetto.
Questa fase consiste nell’assoluta
quiete nel Padre insieme a Gesù, grazie all’illuminazione dello Spirito.
Ho raggiunto la fonte trascendente
del mio essere e di ogni altro essere, che è più presente a me di quanto io lo
sia a me stesso.
Rilassatevi nella consapevolezza del
vostro essere interiore e della sua origine, il Padre di Gesù Cristo, la sua
Parola fatta carne.
Non concettualizzate o ragionate in
voi stessi. Nella quiete lasciate che Dio, che è al di sopra di ogni umana
parola, parli a voi, in e attraverso la sua Parola. Il Padre non ha da dire più
della sua Parola. Lasciamo che la Parola di Dio attraverso l’illuminazione
dello Spirito Santo divenga anche la nostra Parola.
68
Continuate a far sì che la vostra
respirazione e il vostro atteggiamento siano essi stessi la vostra preghiera e,
nel completo silenzio dell’essere, siate consapevoli con Gesù del Padre
trascendente di tutti, la fonte del vostro essere interiore. O, se vi aiuta di
più, continuate a pronunciare il Santo Nome di “Gesù”, mentre respirate, ma ora
aggiungete “Padre” o “Abbà”, quando espirate.
Siamo assorbiti con Gesù nella
consapevolezza dell’uno che è al di sopra di ogni consapevolezza, ma non siamo
separati dal mondo.
Passiamo ora nella quinta fase:
Il Padre trascendente, sorgente del
nostro essere, è sempre rivolto verso il mondo con infinito Amore e infinita
compassione. Se vogliamo essere con Lui, tutto il nostro essere deve andare
nella stessa direzione.
Non concettualizzate e non ragionate.
Lasciate che l’atteggiamento del vostro corpo e il vostro respiro siano da soli
la vostra preghiera per questa trasformazione dell’Io. Continuate semplicemente
a recitare il Santo Nome di “Gesù”, mentre ispirate dolcemente e aggiungete
“Abbà” o “Padre”, quando delicatamente espirate. Continuate a fare così.
Il Padre, attraverso la sua Parola,
ha creato tutte le cose e tutte le persone dall’Amore.
Dall’Amore, il Padre riconcilia tutte
le cose e tutte le persone a sé e le unisce fra loro attraverso il suo Verbo
incarnato. Questo è il piano della creazione. Noi lo chiamiamo il suo Regno. I
membri della Chiesa sono il suo Regno o sacramento del mondo.
69
Non ragionate in mente vostra su
queste cose; con Gesù rimanete semplicemente consapevoli del vostro essere
interiore o della sua fonte trascendente in Suo Padre e vostro Padre, creatore
e Signore di tutto, dal quale tutte le cose vengono e al quale tutte le cose
tornano.
Lasciate che il vostro corpo, il
vostro respiro, il silenzio della vostra mente, tutto il vostro essere sia esso
stesso la vostra preghiera, perché voi siate trasformati dallo Spirito, in modo
da poter diventare strumenti del Progetto di Dio per il mondo.
A conclusione si può dedicare un
breve tempo a un’altra forma di preghiera basata sul metodo già usato. Ancora
una volta l’atteggiamento del nostro corpo, il nostro respiro, il nostro
silenzio saranno la nostra preghiera.
Contemplate il fianco trafitto del
Verbo incarnato. Fatelo in qualunque modo che vi venga spontaneo
all’immaginazione, ma senza sforzo, senza analizzare.
Gesù, trafitto da una lancia, appeso
senza vita sulla Croce, è uno con tutte le persone che soffrono nel mondo, i
rifiutati, gli oppressi, i falliti.
Contemplando il suo fianco trafitto,
state seduti eretti, ma non tesi, respirando tranquillamente e regolarmente.
Non continuate a concettualizzare e ragionare dentro di voi. Lasciate che
l’immagine stessa attragga la vostra attenzione e lasciate che la vostra
postura e tutto il vostro essere siano essi stessi la vostra preghiera,
chiedendo, senza parole, al di là delle parole, che lo Spirito di Dio, che ha
trasformato il corpo
70
morto e impotente di Gesù, nel Cristo
cosmico risorto, possa trasformare il vostro cuore nel Suo.
“Se lo Spirito di colui che ha
risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo Gesù
dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito,
che abita in voi” (Rm 8, 11).
Per finire la preghiera, consapevoli
degli ostacoli che frapponiamo allo Spirito di Gesù ,che può trasformarci,
recitiamo una preghiera con parole spontanee che salgono dal nostro cuore,
grati al Signore per il suo perdono e per la costante presenza in noi.
N. B. Non ci sono formule magiche. Le varie forme di preghiera hanno bisogno
di una guida e di una direzione spirituale. Il rilassamento e la quiete
interiore, che sono parte essenziale di questa preghiera, possono dapprima
apparire comode e piacevoli, un surrogato del riposo; ma se vi si persevera
adeguatamente, spesso mettono in moto un radicale processo di purificazione nel
profondo del nostro essere e con il tempo possono portare in superficie
conflitti psicologici che sono presenti, ma nascosti in noi.
IV. 3. L’AVE MARIA
Se consideriamo attentamente l’Ave
Maria, notiamo che ha uno sviluppo melodico. Esso si svolge attorno a due poli:
“Gesù” e “noi peccatori”. In questo senso il Rosario può essere considerato
come una variante occidentale della Preghiera di Gesù. Più una preghiera da
recitare, il Rosario è, nella sua espressione vocale, una melodia che
71
accompagna e favorisce l’immersione
della mente e del cuore nella meditazione dei misteri, che vengono, volta per
volta, proclamati. La mente si apre sul mistero e lo assimila e la voce si pone
al suo servizio, rispettando le leggi di una recita che favorisca al massimo la
concentrazione o, meglio, la consapevole presenza al mistero.
La nota iniziale dell’Ave Maria è un
grido di giubilo e di gioia. Ĕ
proclamazione del lieto
annunzio di due libertà, che si incontrano nella disponibilità dell’Amore:
quella di Dio e quella di Maria. Il loro frutto è Gesù Cristo, che nasce, vive,
soffre, muore e risorge per darci vita. La prima parte dell’Ave Maria si snoda
sull’onda di questo lieto annunzio, che apre il cuore all’incontro gioioso con
il Signore.
A questo lieto annunzio, l’uomo
risponde nella seconda parte, dall’abisso della sua povertà, non priva di luce
e di speranza. Gli occhi della contemplazione si fissano infatti su Maria,
Madre del Salvatore e orante potente che intercede per noi.
Ĕ importante cogliere e immergersi in questa linea melodica
dell’Ave Maria che ci conduce al Cristo sull’onda del lieto annunzio rivolto
alla Vergine e ci riporta a Lui sull’onda della preghiera fiduciosa a colei che
viene salutata come Madre di Dio e rifugio dei peccatori. Una volta che ce ne
siamo appropriati, tale linea melodica
ci accompagnerà naturalmente nella contemplazione dei misteri, accentuando e
arricchendo le nostre capacità ricettive.
A questo riguardo mi pare importante
riportare la testimonianza di un
sacerdote
72
missionario in Marocco, persona da
anni segnata dal desiderio della preghiera continua, per mezzo della Preghiera
di Gesù: “Sento che devo prendere l’Ave Maria, come preghiera monologica, per
pregare incessantemente...per la preghiera continua avverto che devo rimanere
fedele a una formula... sento forte il bisogno di unificare tutta la mia
preghiera; attualmente cerco di rimanere, nel tempo d’orazione, con il Rosario
e durante il resto della giornata con l’Ave
Maria... Credo di aver capito che Ave Maria e Preghiera
di Gesù sono la stessa cosa, lo
stesso procedimento, salvo che poniamo l’ultima preghiera fra le mani della
Vergine; forse è la grazia dell’Occidente, il suo carisma, il suo privilegio.
L’Oriente ha la Preghiera di Gesù e noi quella di Maria”14.
_______________
12 J.
LAFRANCE, Il Rosario. Un itinerario verso
la preghiera incessante, Ancora,
Milano 1989, p. 28-29.
73
CAPITOLO V
CONTESTO TEOLOGICO – SACRAMENTALE
V. 1. Vita sacramentale
V. 2. Battesimo
V. 3. Eucaristia
V. 4. Preghiera e Parola
Un cieco mi par d’essere, seduto,
sopra la sponda di un immenso fiume.
Scorrono sotto acque vorticose...
Perché a me par, vivendo questa
mia povera vita, un’altra rasentarne
come nel sonno, e che, quel sonno,
sia la mia vita presente.
(C. Sbarbaro)
Gesù è risorto, e chiunque invoca
il suo nome accoglie il Figlio di Dio
che lo ha amato e ha dato
se stesso per lui.
(Catechismo della Chiesa
Cattolica)
74
V. 1. Vita sacramentale
La Preghiera del Cuore per il suo
carattere intimo e personale può far pensare al rischio di isolare il credente
dal resto del mondo, di ripiegarlo e di chiuderlo in se stesso, di separarlo
dalla comunità, invece è tutto il contrario.
La pratica della Preghiera di Gesù
presuppone una appartenenza piena ed attiva alla Chiesa. Se la preghiera, a
volte viene descritta come un “metodo facile” o una “via veloce”, questo
linguaggio non deve essere frainteso: tranne alcuni casi veramente eccezionali,
la Preghiera di Gesù non ci dispensa dai normali obblighi di vita cristiana.
Gli autori danno per scontato che i loro lettori sono cristiani ortodossi
praticanti, accolti nella Chiesa attraverso il Battesimo, regolarmente presenti
alla liturgia e che si accostano frequentemente alla Confessione e alla
Comunione. La Preghiera di Gesù per il fatto che si presenta come qualcosa di
fresco, di eccitante e esotico, può sembrare un sostitutivo alle pratiche più
familiari della vita quotidiana della Chiesa. Se mai, la Preghiera può aiutarle
a vivere più intensamente come è accaduto al pellegrino: “Quando andavo in
Chiesa, la lunga funzione monastica mi sembrava breve e non mi stancava più
come in passato”1.
La vita sacramentale regolare è la
condizione sine qua non per chiunque
voglia praticare la Preghiera: “ il mezzo più sicuro per giungere all’unione
con il Signore,
_______________________
1RACCONTI
DI UN PELLEGRINO RUSSO, Rusconi, Milano 1973, p. 41.
75
dopo la Comunione al suo Corpo e al
suo Sangue, è la Preghiera interiore di Gesù”2.
Nicola Cabasilas, laico del XIV
secolo, nella sua opera “La vita in Cristo”, spiega con chiarezza come la
Preghiera di Gesù mantiene viva e consapevole nel nostro intimo la vita in
Cristo ricevuta nei Sacramenti; anzi Preghiera di Gesù e vita in Cristo
diventano sinonimi in quanto quest’ultima è il fondamento della preghiera
incessante e questa è la concreta espressione della Comunione in Cristo.
V. 2. Battesimo
La Preghiera di Gesù può svilupparsi
solo in un cuore battezzato: il Battesimo rigenera il cuore nel Nome del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo e, partendo dal Battesimo, il Nome di Gesù fa
pulsare e vivere in noi un cuore nuovo, non più un cuore di pietra, ma un cuore
di carne (Ez 36, 26) che desidera Gesù. Ĕ
proprio grazie al Battesimo che l’anima riceve l’illuminazione e la capacità di
vedere e contemplare Gesù, come ricorda lo stesso Cabasilas: “Il Battesimo è
illuminazione, perché, dandoci il vero essere, ci costituisce nati da Dio e,
guidandoci verso la luce divina, ci separa dall’oscurità del male...infatti ci
dona la possibilità di un puro commercio con la luce, distruggendo ogni macchia
che, come un muro di separazione, tiene lontano il raggio divino dalle anime
nostre”3.
___________________
2
CARITONE DI VALAMO, L’arte della
preghiera, Gribaudi, Torino 1980, p. 89.
3 N.
CABASILAS, La vita in Cristo, UTET,
Torino 1980, p. 115 – 116.
76
Lo stesso ci dice Giovanni
Crisostomo: “Non appena siamo battezzati, l’anima purificata dallo Spirito
risplende più del sole. E non solo
volgiamo lo sguardo alla gloria di Dio, ma riceviamo lo splendore che da
Lui procede. Come sarebbe di un argento puro esposto ai raggi del sole e che a
sua volta irradiasse raggi non nella sua natura soltanto, ma anche del fulgore
solare; così è per l’anima purificata e diventata più luminosa di qualunque
argento, essa riceve un raggio della gloria dello Spirito, per accogliere la
gloria, che è comunicata, nella misura che conviene, dallo Spirito del Signore”4.
Il cuore battezzato ha ricevuto la
grazia: il Nome di Gesù è stato impresso in esso e la Preghiera è lo sbocciare
della grazia battesimale. Il cuore battezzato dovrebbe anelare soltanto al
Signore e la Preghiera di Gesù soddisfa questa aspirazione: essa libera le
“energie” del cuore, che hanno la loro sorgente all’interno, dalla grazia del
Battesimo, e permette al cuore di sbocciare nel nome di Gesù, ripetuto
incessantemente con amore instancabile: “Il lavoro del cuore e la fatica del
corpo fanno l’opera vera: essi manifestano l’operazione che è stata donata,
come a ogni altro fedele, mediante il Battesimo, e che la negligenza dei
Comandamenti seppellisce sotto le passioni”5.
___________________
4 G.
CRISOSTOMO, In secundam ad Corinthios
Epistolam Homilia, VII, 5; PG 61, 448.
5PETITE PHILOCALIE DE LA PRIERE DU COEUR, (a cura
di J: GOUILLARD), Ed. des chaiers du sud, Paris 1953, p. 190.
77
V. 3. Eucaristia
L’Eucaristia è preghiera, il momento culminante della Chiesa in preghiera; è la presenza di Cristo,
memoriale del suo sacrificio, banchetto sacrificale, dove la Chiesa si realizza
pienamente, come Corpo di Cristo. Per il cristiano la vita di preghiera inizia
e termina nell’Eucaristia “mangiando il Pane Santissimo e bevendo al
Divinissimo Calice, comunichiamo alla stessa Carne e allo stesso Sangue che il
Salvatore ha assunto. In questo modo ci uniamo a Colui che per noi si è
incarnato, si è deificato, è morto ed è risorto”6.
Questa unione continua anche durante
il giorno e la notte, attraverso l’invocazione incessante del suo Nome, anzi è
proprio la partecipazione all’Eucaristia che ci rende capaci di pensare sempre
al Cristo. “A renderci capaci di compiere tutto ciò, basterà quel pane che
veramente fortifica il cuore dell’uomo: conferirà vigore allo sforzo e
sradicherà dall’anima l’indolenza sul nascere”7.
Inoltre il Sangue di Gesù purifica il
cuore, rendendolo degno tempio di Dio, da dove si eleva l’invocazione del Nome,
liturgia incessante: “Questo Sangue fa un tempio di Dio del cuore in cui si è
effuso, più di quanto non facesse il Sangue tipico delle mura erette da
Salomone e non permetta che vi stabilisca alcun
idolo cattivo,l’abominio delle
desolazione nel luogo santo (Mt 24, 15). Questo sangue, fortificando il
pensiero
_____________
_____________
6 N.
CABASILAS, La vita in Cristo, UTET,
Torino 1980, p. 110
7 Idem,
p. 341.
78
con lo Spirito sovrano, come pregava
David, gli assoggetta la prudenza della carne e l’uomo gode di una quiete
profonda...”8.
Nella Comunione Eucaristica il Cristo
prende possesso pieno del battezzato. Ma nell’intimo del battezzato, il Cristo
continua, in una specie di liturgia personale, la liturgia comunitaria, nella
quale Egli si è a Lui comunicato; questo concetto viene molto ben espresso da
D. Staniloae: “Dopo che noi abbiamo assimilato il Cristo nella liturgia della
comunità e mentre tale liturgia si continua interiormente in ciascuno di noi,
il Cristo stesso assimila il nostro spirito, compiendo la sua unione con noi...
Certo non basta che il fedele comunichi una sola volta nella sua vita terrena
con il Corpo e il Sangue Eucaristici del Signore, perché questa seconda parte o
parte interiore della liturgia si continui indefinitamente nel credente!... Ci
è necessario ripetere spesso questo contatto e questa recezione del Corpo del Cristo in noi, perché egli
possa operare in noi con una intensità sempre rinnovata o anche accresciuta,
nell’ambito di questa liturgia interiore”9.
Dello stesso parere è san Marco
l’asceta: “Come noi nella liturgia mangiamo il Corpo di Cristo, allo stesso
modo in questa liturgia interiore il Cristo “mangia” o, meglio fa sua, la
nostra intelligenza: come all’inizio della fede ricevuta mediante il Battesimo,
________________________
________________________
8 Idem, p. 342- 343.
9 D. STANILOAE, La
liturgie de la communauté et la liturgie intérieure dans la vision
philocalique, in AA.VV. , Gestes et
Paroles dans les diverses familles liturgiques, Centro Liturgico
Vincenziano, Roma 1978, p. 259-273.
79
il Corpo di Cristo si è fatto cibo del fedele, così, con la speranza
intellettuale e il rinnegamento dei pensieri, la mente, pura e salda nella
fede, diviene cibo di Gesù”10.
Ĕ la preghiera continua, che custodisce nello scorrere concreto
della vita, nel quotidiano, questa grazia, riversata in noi, della
continuazione del sacrificio di Cristo. Fa “emergere”, per così dire, questa
energia deificante e la fa divenire pian piano sempre più percettibile, non ai
sensi corporali, ma certamente alla sensibilità profonda dell’uomo nuovo, ai
sensi nuovi dati nel Battesimo.
Vivere in Cristo è diventare un uomo
eucaristico, entrare nella grande gioia dell’Eucaristia, che è anche una grande
gioia Pentecostale, poiché, ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, entriamo
nello spazio di una Pentecoste che non avrà mai fine, che anticipa la Parusia,
nella quale esploderà in tutta la sua forza. La Preghiera di Gesù aiuta a
rendere durevole, limpido e interiore l’accoglimento dello Spirito e l’invocazione
del Nome di Gesù diventa una “epiclesi” permanente.
V. 4. Preghiera e Parola
Alla presa di coscienza della grazia
sacramentale è legata, inseparabilmente, una lettura adorante, e quasi
sacramentale anch’essa, della Parola di Dio. Privata del contatto con la
Parola, la Preghiera di Gesù rischia facilmente di svuotarsi. Strettamente
unita alla Parola essa vive e pulsa nello Spirito, perché viene
ad essere
________________________
10 MARCO
L’ASCETA, De Baptismo, PG 65, 996.
80
un condensarsi semplice ed immediato
del contenuto ultimo della Parola stessa che in mille modi annuncia un unico
Nome: Gesù.
A
sua volta, la preghiera, mettendosi davanti al mistero di Cristo in modo
così immediato, rende più comprensibile la Parola, le dà il suo vero volto, quel
volto unico che in essa contempliamo dalla prima parola della Genesi all’ultima
dell’Apocalisse. Essa insegna a leggere Gesù in ogni riga. Perché se non
leggiamo Lui, leggiamo invano: la Scrittura resta chiusa, ermetica e il velo
non è tolto “perché è in Cristo che esso
viene eliminato” (2 Cor 3, 14).
Il pellegrino ci dice che “Il Vangelo
è anche la Preghiera di Gesù, poiché il divino Nome di Gesù Cristo racchiude in
sé le verità evangeliche. I santi Padri dicono che la Preghiera di Gesù è la
sintesi di tutto il Vangelo”11.
Attraverso l’invocazione del Nome di
Gesù, il cuore e la mente vengono purificati e ottengono l’illuminazione
necessaria per capire le Scritture. “Anche quando attendi alle più urgenti
necessità, non permettere che la tua mente rimanga oziosa, ma costringila ad
esercitarsi e a pregare in segreto. In questo modo potrai comprendere la verità
profonda delle divine Scritture, la loro forza nascosta”12.
Vediamo in modo tipico nel
pellegrino, l‘alternarsi armonioso della Preghiera di Gesù e della lettura
della Bibbia, unita alla lettura dei Padri della Filocalia per “imparare” dai
maestri. “Il cuore ardeva dal desiderio di unirsi a Dio per mezzo __________________________
11
RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO, Rusconi, Milano 1973, p. 54.
12 Idem,
p. 320.
81
dell’orazione, che cercavo di approfondire e di verificare con
la guida della Filocalia...dicono bene i santi Padri che la Filocalia è la
chiave che apre i misteri della S. Scrittura. Con quell’aiuto cominciai a capire, in parte, il significato segreto
della Parola di Dio. Cominciai a scoprire che cosa significavano espressioni
come: “Il Regno di Dio è dentro di voi” (Lc 17, 21), “lo Spirito intercede per
noi con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26) e quel grido profondo del cuore “Abbà,
Padre” (Rm 8, 15) e così molte altre
espressioni”13. Ecco perché l’Oriente Cristiano ha chiamato
“graphai”, scritture, indistintamente la Bibbia, i suoi libri liturgici e i
suoi commenti mistici.
________________
13 Idem,
p. 56-57.
82
I CAPITOLO VI
I FRUTTI DELLA PREGHIERA DEL CUORE
VI. 1. In genere
VI. 2. Luce/Calore
VI. 3. Pace/Salute
VI. 4. Amore/Gioia
L’invocazione del Santo Nome di Gesù
custodisce la Parola e produce frutto
con la perseveranza.
(Catechismo della
Chiesa Cattolica)
Amanti e Santi attirano a sé.
Felice l’incontro con loro.
Non occorre che essi agiscano
o parlino: basta l’esistere.
(H. Bergson)
83
VI. 1. In genere
L’ultima tappa del nostro percorso
sulla Preghiera di Gesù ci porta a fissare l’attenzione su alcuni segni o
frutti che appaiono nella vita del contemplativo.
“Non c’è albero buono che faccia
frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto” (Lc 6,
43-44). Così ci insegna il Signore e S. Paolo segue a ruota, elencando i frutti
dello Spirito, come verifica dell’uomo che si “lascia guidare dallo
Spirito...amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza,
dominio di sé” (Gal 5, 18.22).
I frutti, in quanto tali, non vanno
cercati o costruiti volontariamente, ma si scoprono a poco a poco, come
conseguenza e non causa; sono il segno sicuro che esiste, prima di essi, un
albero e una persona che coltiva e fa crescere. Sarebbe, perciò, un errore se
ci si impegnasse a volere direttamente e anzitempo i segni-frutto, perché non
avrebbero l’autenticità, che viene dal tronco e dalla radice. I frutti
considerati separatamente non sono qualcosa di infallibile. Ĕ la loro visione di insieme che diventa garanzia, per conoscere
fino a che punto una persona si avvicina ad essere un contemplativo. I frutti
comunque si devono ricercare con insistenza perché: “Se non percepiamo in noi
abbondanti frutti di amore, pace, gioia, dolcezza, umiltà, semplicità,
sincerità, fede e longanimità, allora abbiamo faticato, senza profitto e
invano... Chi avrà faticato in tal
modo, nel giorno del giudizio, si
dimostrerà simile alle cinque vergini stolte, che vengono chiamate così, perché
non avevano nel vaso del loro cuore l’olio spirituale,
84
cioè quelle virtù che abbiamo
ricordato prima; così esse furono chiuse fuori dalla festa nuziale, senza
ottenere alcun vantaggio dalla loro verginità”1.
Esaminiamo alcuni segni – frutto
tipici della Preghiera del Cuore, tenendo presente la sintesi, che ne fa il
pellegrino: “Gli effetti dell’orazione interiore si manifestano sotto tre
forme: nello spirito è la soavità dell’Amore di Dio, la quiete
interiore, la felicità spirituale, la limpidezza dei pensieri, il dolce ricordo
di Dio; nella parte sensibile il gradevole calore del cuore, la delizia
di tutte le membra, il gioioso fervore del cuore, leggerezza, coraggio, vigore
vitale, insensibilità ai dolori e alle malattie; nell’intelletto
l’illuminazione della mente, la comprensione della Sacra Scrittura, la conoscenza
del linguaggio della creazione, il distacco dalle cure vane, la consapevolezza
delle gioie della vita interiore e infine la certezza della vicinanza di Dio e
del suo Amore per noi”2.
VI. 2. Luce/Calore
Quando la Preghiera di Gesù prende
possesso del cuore e della persona; suo primo effetto è l’illuminazione. Non
dimentichiamo che nella sua formula originaria, essa è il grido supplichevole
del cieco per ottenere la vista (Lc 18, 38). Gesù risponde
_________________
1CARITONE
DI VALAMO, L’arte nella preghiera, Torino
1980, p. 134.
2RACCONTI
DI UN PELLEGRINO RUSSO, Rusconi, Milano 1973, p. 68
85
aprendo gli occhi dell’infermo e
donandogli la luce... e tutto si trasforma: “il Signore verrà per diffondere la
sua luce sulla tua comprensione, per purificare le tue emozioni, per guidare le
tue azioni. Sentirai in te stesso forze di cui, prima, ignoravi l’esistenza.
Questa luce arriverà: impercettibile ai sensi della vista, invisibile e
spirituale, ma efficace come null’altro. Il sintomo della sua venuta è la
nascita di un fuoco costante nel cuore: quando la mente dimora nel cuore,
questo fuoco perenne le infonde il ricordo di Dio e tu acquisti il potere di
dimorare all’interno di te stesso”3.
Anche il pellegrino beneficia di
questa esperienza che conferisce un volto nuovo al creato: “ Non solo sentivo
questa voce dentro la mia anima, ma anche il mondo esterno mi appariva
bellissimo e incantevole, e tutto mi stimolava all’Amore e alla gratitudine per
il Signore: la gente, gli alberi, la vegetazione, gli animali. Erano tutti miei
familiari e su ogni cosa vedevo impresso il miracolo del Nome di Gesù”4.
S. Agostino, rientrando in se stesso,
nel suo cuore, conosce questa luce e ce ne dà una bellissima descrizione:
“Stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tua guida, entrai nell’intimità
del mio cuore e lo potei fare, perché tu ti sei fatto mio aiuto (Sl 29, 11).
Entrai e vidi con l’occhio dell’anima mia, per quanto torbido fosse, una luce
inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e sopra la mia intelligenza.
Non era una luce terrena e visibile che splende dinanzi allo sguardo di ogni
uomo: Direi anzi ancora poco, se dicessi che era solo una luce più forte di
quella comune o anche tanto
____________________________
3 CARITONE DI VALAMO, L’arte nella preghiera, Gribaudi, Torino
1980, p. 159.
4RACCONTI DI UN
PELLEGRINO RUSSO, Rusconi, Milano 1973, p. 129.
86
intensa da penetrare ogni cosa. Era
un’altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato. Non stava al di
sopra della mia intelligenza, quasi come l’olio, che galleggia sull’acqua, né
come il cielo, che si stende sopra la terra, ma una luce superiore. Era la luce
che mi ha creato. E se mi trovavo sotto di essa, era perché ero stato creato da
essa. Chi conosce la verità, conosce questa luce”5.
L’illuminazione del cuore procede da
un’azione dello Spirito Santo, che è luce. Non bisogna tuttavia confonderla con
le ispirazioni, le visioni, i “lumi” spirituali o sensibili. I Padri, di fatto,
sono unanimi nel raccomandare di non ricercare tali cose; non bisogna
attaccarsi ad esse, né lasciarsene
distrarre, se si presentano, poiché occorre sempre conservare la
“sobrietà”. La vera Preghiera del Cuore è sempre la “preghiera pura”.
VI. 3. Pace/Salute
La pace interiore e la serenità del
contemplativo sono un altro segno descritto dai diversi maestri di preghiera,
quella pace, che poi si identifica con la classica “hesychìa”. Ĕ una pace che nasce da una progressiva liberazione: il
cercatore è passato attraverso un processo di purificazione che l’ha liberato,
poco a poco, dalle attrattive e dalle ripulse originate da una visione errata
della realtà. Quando comincia a guardare la realtà, in tutto il suo splendore,
comprende per esperienza la stupidità di
_________________
_________________
5
SANT’AGOSTINO, Le Confessioni, Città
Nuova, Roma 1982, p. 199-201.
87
accostarvisi egoisticamente, come
fosse essa stessa un centro e non piuttosto un cammino verso il centro o un suo
riflesso.
La serenità, la calma visibile nei
santi contemplativi, anche in situazioni dolorose, è una prova dell’esistenza
di questo segno. La famosa “indifferenza” di fronte alle creature, suggerita da
Sant’Ignazio di Loyola nel Principio e Fondamento dei suoi Esercizi 6,
assomiglia molto a questa profonda pace contemplativa, soprattutto se
considerata come frutto spontaneo e soave di un’attitudine fondamentale
dell’uomo: cercare anzitutto il Creatore.
L’intensità della pace dipenderà dal
cammino della persona, che prega in profondità. All’inizio, comunque, la
persona stessa si meraviglierà dell’acquisito dominio di sé nell’affrontare la
vita quotidiana: le occasioni, che prima la irritavano, vanno via via perdendo
importanza, lasciando posto alla pace e alla serenità.
“Non dimenticarti che la salute non
dipende solo dal cibo, ma anche e soprattutto dalla pace interiore. La vita in
Dio, al riparo dall’agitazione dell’uomo, porta pace al cuore e, di
conseguenza, mantiene anche il corpo in buona salute. Le nostre attività non
sono le cose più importanti nella vita, l’essenziale è avere il cuore rivolto
verso Dio e in sintonia con Lui”7.
Queste parole di Teofane il Recluso
mettono in evidenza come salute fisica e psichica
_____________
_____________
6
Cfr. SANT’IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi
Spirituali, EP, Roma 1984, n° 23, p. 54-60.
7 CARTONE
DI VALAMO, L’arte della preghiera, Gribaudi,
Torino 1980, p. 237.
88
sono in stretta connessione con la
Preghiera del Cuore; questa infatti mette perfettamente in armonia corpo e
spirito. Quanto più è profonda la preghiera, tanto più influirà positivamente
sul corpo.
La cosiddetta medicina psicosomatica,
così in voga attualmente, ne è una prova: “Ultimamente si nota un marcato
interesse per la meditazione, come terapia. La medicina occidentale è stata fin
qui troppo unilaterale, ignorando ampiamente l’apporto della mente nella cura
del corpo umano. Si ammette con certezza che l’80% delle malattie moderne hanno
origine psicosomatica. Solo ora, per l’aumentato influsso dell’Oriente, per i
casi dell’agopuntura, le idee circa le forze vitali... si è cominciato a tenere
in conto nuovamente l’aspetto spirituale e metafisico della cura. L’interesse
va crescendo e non è azzardato supporre che la meditazione divenga uno dei
mezzi principali di terapia del futuro”8.
Ciò trova conferma anche nella Sacra
Scrittura: “Figlio mio, fai attenzione alle mie parole,...custodiscile nel tuo
cuore, perché esse sono vita per chi le trova e salute per tutto il corpo (Pr
4, 20-22). E cosa è questa Preghiera, se non introdurre nel cuore l’unica grande Parola che il Padre pronuncia
eternamente: Gesù!
Così: “La Preghiera del Cuore viene a
guarire la memoria e la trasforma in un cuore palpitante al ritmo imprevedibile
della speranza. Una memoria che ama e che ricorderà solo i passaggi dell’Amore”9.
______________
8 W. JOHNSTON, Silent Music, Collins, London 1974, p. 107.
9 A.
GENTILI – A. SCHNOELLER, Dio nel
silenzio, Ancora, Milano 1986, p. 9
89
VI. 4. Amore/Gioia
Per ogni persona, che pratica la
Preghiera di Gesù, come per ogni cristiano, il frutto per eccellenza è l’Amore.
Il cuore, identificandosi sempre più con il cuore di Cristo, diventa capace di
Amore universale.
Colui che invoca il Nome dello Sposo
diviene “l’amico” e prega, perché tutti siano uniti allo Sposo; si diventa
persona in comunione, non più separata da alcunché, si comincia a provare
simpatia per l’umanità intera e per ciascuno in particolare e questa simpatia
si trasforma in Amore. Ĕ quell’Amore che solo Dio può donare,
un riflesso del suo “agape”, come racconta anche S. Teresa nella sua vita:
“Questa specie di orazione è come una scintilla di vero Amore di Dio che il Signore comincia ad accendere nell’anima...La
quiete, il raccoglimento, ossia quella piccola scintilla è un effetto dello
Spirito di Dio, e la gioia, che produce, non è del demònio, né dei nostri
sforzi. Chi ha un po’ di esperienza, lo comprende subito e vede che da noi non
possiamo procurarla...Ĕ Dio che accende la scintilla;
questa, anche se piccola, farà molto, sino a sviluppare, se non soffocata per
colpa nostra, quell’incendio avvampante di grandissimo Amor di Dio che si fa vedere da lontano e nel quale il Signore
consuma le anime perfette”10
_____________________
10SANTA
TERESA DI GESŬ, Opere, Postulazione
Generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1985, p. 150
90
S. Teresa abbina la scintilla
dell’Amore alla gioia che si produce nel cuore dell’orante.
Questa gioia, a seconda della
profondità della preghiera, a cui si è arrivati, può avere sfumature molteplici
per qualità e intensità, ma è sempre un fatto incontestabile, perché ci si sta
avvicinando alla fonte stessa della gioia. “Il vostro cuore si rallegrerà e
nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gv 16, 22) dice Gesù ai discepoli,
riferendosi alla trasformazione interiore, che opererà in loro la venuta dello
Spirito Santo.
Tutti i maestri di meditazione e di
orazione contemplativa, quale è la Preghiera di Gesù, sono concordi
nell’affermare che questa termina con la gioia.
Paramahansa Yogananda descrive così
il nascere della gioia contemplativa: “Dato che la tua anima è un riflesso
dello Spirito, eternamente felice, è sostanzialmente la stessa felicità. Se
tieni chiusi gli occhi della tua concentrazione, non potrai vedere il sole
della felicità che risplende sul tuo petto. Però, per quanto tu chiuda gli
occhi della tua attenzione, i raggi della felicità tendono continuamente a oltrepassare
la soglia chiusa della tua mente. Apri le finestre della calma e vedrai subito
irrompere nel tuo intimo il sole della gioia!”11
________________________________
11P.
YOGANANDA, Meditazioni metafisiche, Astrolabio,
Roma 1974, p. 65.
91
CONCLUSIONE
“Anche se rimanesse solo e anonimo
fino
al termine della sua vita, lo
spirituale,
con la sua semplice azione di presenza,
sarebbe una sorgente di benedizione
per la Chiesa, per l’Umanità, per l’Universo.
con la sua semplice azione di presenza,
sarebbe una sorgente di benedizione
per la Chiesa, per l’Umanità, per l’Universo.
Egli avvolge tutto nella sua
preghiera;
è il sole della terra, la luce del
mondo,
lui che,come l’Apostolo, è convinto
di essere
solo la spazzatura del mondo”.
solo la spazzatura del mondo”.
(J. Serr)
92
Ĕ proprio giungendo al termine di questo lavoro che si scopre
quanto esso sia limitato. Queste pagine sono soltanto dei semi di luce che
squarciano il buio, nel tentativo di dare un’idea, il più possibile completa,
pur nella sua brevità. Esse però desiderano essere uno stimolo per un ulteriore
approfondimento.
A volte, si incontrano persone, che
da anni praticano la preghiera discorsiva, ma che non trovano più in essa
alcuno stimolo, in quanto non si sentono più in comunione con Dio attraverso
essa: non sono più capaci di pregare. Alcuni abbandonano la preghiera,
sostenendo che è più importante servire il prossimo, fare della vita una
preghiera,lavorando attivamente, altri continuano a dibattersi in faticosi
tentativi di preghiera. Probabilmente è giunto il momento di cambiare. S.
Giovanni della Croce ci offre tre segni – chiave, per riconoscere il momento
del passaggio: quando bisogna dare via libera allo stato di preghiera
contemplativa, quale può essere la Preghiera di Gesù, abbandonando almeno in
parte la preghiera di tipo discorsivo: “Il primo segno è che ella si accorge di
non poter più meditare e discorrere con l’immaginazione, né provare gusto in
questo esercizio come in passato; anzi, ora ella trova aridità in ciò su cui
aveva l’abitudine di fissare il senso e da cui era solita ricavare gusto”1.
La persona comincia con il comprendere
vagamente che bisogna pregare in modo
_______________
_______________
1SAN
GIOVANNI DELLA CROCE, Opere, Postulazione
Generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1979, p. 116.
93
diverso. L’accensione di questa spia
coincide con uno stato di depressione
generale verso il mondo materiale che il Santo carmelitano identifica come
secondo segno “quando l’anima si accorge di non avere nessun desiderio di
applicare l’immaginazione o il senso a nessun altro oggetto particolare,
esteriore o interiore”2.
Ĕ bene ricordare, tuttavia, che si tratta di un segno: sarà
dunque un distacco dalle cose, stati non tanto cercati, quanto scoperti,
comparsi spontaneamente nell’orante.
Dopo aver preso consapevolezza di
questi stati, ci si può intestardire e continuare a battere lo stesso sentiero,
non progredendo nelle vie dello Spirito, oppure aprirsi alla scoperta del
Dio-Amore che attrae in maniera totale e assoluta, scoprirlo come l’unum necessarium,, andando “ più in là della legge” (Gal 5, 22). “Il
terzo e più certo (segno) è se l’anima trova soddisfazione a starsene sola con
attenzione amorosa in Dio, senza considerazione particolare, e in pace
interiore, quiete e riposo, senza atto, né esercizio delle sue potenze-
intelletto, memoria e volontà , per lo meno senza quello discorsivo, che consiste
nel passare da una cosa ad un’altra; gode invece di rimanere nell’attenzione e
conoscenza generale amorosa, facendo a meno di ogni conoscenza particolare e
rinunciando a comprendere l’oggetto”3.
Ciò trova conferma anche nel Nuovo
Catechismo “L’invocazione del Santo Nome di Gesù... è possibile « in ogni
tempo », giacchè non è un’occupazione accanto ad
________________
________________
2 Ivi.
3 Ivi
94
un’altra, ma l’unica occupazione,
quella di amare Dio, che anima e trasfigura ogni azione in Cristo Gesù”4.
La Preghiera del Cuore, rapportata
alla vita quotidiana, la permea d’Amore, la illumina e la autentica a partire
dalla esperienza di peccato e di indigenza che il cristiano esperimenta
concretamente in quanto: “la vita deve essere pregata, perché ha bisogno di
essere salvata”5.
Non si può chiudere l’argomento,
senza ricordare che ,a causa del suo sapore orientale e anche per le idee vaghe
e confuse sul tema in questione, la Preghiera di Gesù non riscuote ampi
consensi, anzi “Alcuni che si considerano e sono considerati dagli altri dotati
di discernimento spirituale temono questa preghiera, come una specie di
infezione e danno come spiegazione della loro paura il pericolo di «illusione» che si presume debba inevitabilmente
accompagnare la pratica della Preghiera di Gesù. Così essi stessi la evitano e
invitano gli altri a fare altrettanto... il vero sostenitore di questa teoria,
secondo me, è il diavolo, che odia il Nome del Signore Gesù Cristo, da quando
questi lo ha privato di ogni potere. Egli trema di fronte a questo Nome
Onnipotente ed è per questo che lo ha diffamato agli occhi di molti cristiani,
allo scopo di far abbandonare questa arma efficace, temibile dal nemico, una
propria salvezza per gli uomini”6
_________________________________
4CATECHISMO DELLA CHIESA
CATTOLICA, lb. Ed. Vat. , Roma 1992, p. 647
5 J.
CASTELLANO, Pedagogia della preghiera, Teresianum, Roma 1991, p. 21.
Dispense ad uso
degli studenti.
6
CARITONE DI VALAMO, L’arte della
preghiera, Gribaudi, Torino 1980, p. 42.
95
Per tutti si riporta la difesa che ne
fa il Vescovo Ignazio Brianchaninov: “...Esamina tutte le scritture: troverai
il Nome del Signore esaltato e glorificato continuamente e la sua potenza di
salvezza magnificata ovunque. Studia gli scritti dei Padri e vedrai che tutti,
senza eccezione, raccomandano e consigliano la pratica della Preghiera di Gesù,
considerandola l’arma più potente, che esista in cielo e in terra, un dono di
Dio, una verità inalienabile, uno dei lasciti più preziosi del Dio-uomo, una
consolazione dolcissima e piena d’Amore, un pegno sicuro”7.
Non bisogna fare confusione tra
Preghiera del Cuore e devozione al Sacro Cuore, anche se, in entrambi i casi,
il Cuore occupa uno spazio preponderante e “la preghiera della Chiesa venera e
onora il Cuore di Gesù, come invoca il Suo Santissimo Nome”8.
Ci si può chiedere se ambedue possono
essere legate nel nostro cuore da un filo luminoso, dato che si immerge nel
Cuore di Gesù con tutto quello che comporta, colui che si riempie del suo
Nome-presenza con amore e con fede.
Ciò costituirà la base del prossimo
studio a cui rimandiamo.
_______________
7
Idem, p. 270.
8 CATECHISMO
DELLA CHIESA CATTOLICA, Lib. Ed. Vat. , Roma 1992, p. 647.
96
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