martedì 1 ottobre 2013

LA PREGHIERA DI GESŬ NELLA TRADIZIONE (quinta parte)

SALMODIA AL NOSTRO SIGNORE GESŬ CRISTO PER IL VENERDĬ
In verità ho progredito verso qualcosa di essenziale,
verso il nome salvatore di nostro Signor Gesù Cristo.
Nostro Signore Gesù Cristo ha dato un segno
ai suoi servi che lo temono:
perché fuggano in presenza dell’arco.
Nostro Signore Gesù Cristo ha dato un segno
ai suoi servi che lo temono:
perché dominino i nemici.
Ĕ il nome salvatore di nostro Signore Gesù Cristo e
la sua Croce vivificante sulla quale è stato crocefisso.
Beato l’uomo che rinuncerà a questa vita e alle sue
dolorose cure, che uccidono l’anima;
e porterà la sua Croce giorno dopo giorno,
ed unirà la sua mente e il suo cuore nel nome salvatore
di nostro Signore Gesù Cristo.
Lieto è il nostro cuore, si rallegra la nostra lingua,
quando meditiamo il nome salvatore
di nostro Signore Gesù Cristo18
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18Questa composizione poetica era cantata dai monaci copti del deserto egiziano durante l’ufficio quotidiano.
Cfr. La priore de Jésus dans la tradition égyptienne, in IRÉNIKON, 50 (1977) 178, fasc. n°2.

IL METODO

IV. 1.   I metodi dei vari maestri
IV. 2.   Un esercizio di preghiera
IV. 3.   L’Ave Maria

Questa è l’opera che continuamente fa la 
Santissima Trinità nelle sue creature:il Padre
aspira in esse, cioè desidera la loro salvezza;
il Figlio respira, riposandosi in esse e 
rendendole gradite a Dio;
lo Spirito Santo ispira, ossia le va illuminando
perché possano camminare di virtù in virtù.
              (S. Maria Maddalena de’ Pazzi)

La Chiesa è la società di uomini che pregano.
Suo scopo primario è di insegnare a pregare.
Essa è una scuola di preghiera.
                                                 (Paolo VI)





IV. 1.   I metodi dei vari maestri

“I cristiani in generale, hanno trascurato troppo i metodi di raccoglimento, in quanto ricerca, nella fede, di questo Dio che abita in noi... Ritrovare questi metodi che numerosi maestri di preghiera cristiani hanno insegnato nel corso dei secoli e perfezionarli è assai augurabile e anche urgente”1. Così si esprimeva Henri Caffarel anni or sono, parlando della preghiera, a Parigi.
Gli fa eco la “Lettera su alcuni aspetti della meditazione cristiana”, dove si legge: “L’esperienza umana dimostra che la posizione e l’atteggiamento del corpo non sono privi di influenza sul raccoglimento e la disposizione dello spirito. Ĕ un dato al quale alcuni scrittori spirituali dell’Oriente e dell’Occidente cristiano hanno prestato attenzione... Nella preghiera è tutto l’uomo che deve entrare in relazione con Dio, e dunque anche il suo corpo deve assumere la posizione più adatta per il raccoglimento2.
Tale posizione può esprimere in modo simbolico la preghiera stessa, variando a seconda delle culture e della sensibilità personale. In alcune aree, i cristiani, oggi, stanno acquisendo maggior consapevolezza di quanto l’atteggiamento




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1H. CAFFAREL, La preghiera interiore, Ancora, Milano 1988, p. 67.
2Cfr.  SANT’IGNAZIO DI LOYOLA, Esercizi Spirituali, EP, Roma 1984, n°76, p. 95


del corpo possa favorire la preghiera”3.
Questi metodi furono ben presto elaborati dai monaci, per favorire i processi di introspezione; furono trasmessi oralmente durante i primi secoli del monachesimo, poi sono stati messi per iscritto a partire dal XII secolo.
I più  antichi teorizzatori della Preghiera di Gesù, come legata a metodi psicosomatici, sono Niceforo Monaco (XIII se.), Simeone il Nuovo Teologo (XIII sec.) e Gregorio il Sinaita (XIII –XIV sec.).
Niceforo Monaco nel suo “Discorso sulla sobrietà e la custodia del cuore” definisce la funzione della respirazione: “Tu, dunque, siediti, raccogli l’intelletto e introducilo, per la via delle narici, per cui entra il respiro del cuore, e spingilo e costringilo a scendere insieme con l’aria che viene inspirata nel cuore. Quando sarà giunto là non seguirà più nulla che sia privo di gioia e di grazia”4.
Concentrato in se stesso, con animo sereno, il monaco deve porre tutta la sua attenzione sulla formula della preghiera “Da quel momento tu non devi tacere e stare inattivo, ma avere come opera e invocazione incessante, la preghiera: Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”5.
Nel trattato “Le tre forme di preghiera” che la Filocalia attribuisce erroneamente a
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3CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera su alcuni aspetti della meditazione cristiana, del 15-10-1989, in  AAS  82  (1990) 376 ; EV, XI, 2709-2710.
4NICEFORO MONACO, Discorso sulla sobrietà e la custodia del cuore pieno di notevole utilità, in La Filocalia, vol. III, p. 526.
5Ivi.

Simeone il Nuovo Teologo, la postura del corpo è descritta dettagliatamente. L’autore suggerisce di sedersi in una cella silenziosa e di distogliere il proprio spirito da ogni pensiero: “a questo punto appoggia sul petto la mascella inferiore, cioè il mento, per esercitare l’attenzione in questo modo all’interno di te stesso con il tuo intelletto e i tuoi occhi sensibili. Trattieni un poco il tuo respiro così da tenere lì il tuo intelletto, per trovare il luogo dove sta il tuo cuore, e là stia interamente anche il tuo intelletto. Là, al principio, ti troverai dentro una grande oscurità, insensibilità e durezza. Ma, quando avrai realizzato questa opera dell’attenzione, incessantemente, notte e giorno, troverai –  meraviglia! –una gioia incessante. Poiché l’intelletto che per questa lotta raggiungerà il luogo del cuore e subito vedrà là dentro quelle cose che mai aveva visto e conosciuto, poiché vedrà l’aria che si trova là dentro nel cuore e vedrà tutto se stesso luminoso e pieno di ogni prudenza e discernimento. Da  quel momento in poi, da qualunque parte si affacci e appaia qualche pensiero, prima ancora che entri e sia oggetto di riflessione o di raffigurazione, subito l’intelletto lo caccia di là e lo distrugge con il nome di Gesù, cioè col “Signore, Gesù Cristo, abbi pietà di me”. Da allora l’intelletto dell’uomo comincia ormai ad avere rancore, passione e guerra incessante contro i demòni e solleva contro di loro l’ira naturale, dà loro la caccia, li colpisce e li distrugge.
Ciò che in seguito accade, lo imparerai da solo con l’aiuto di Dio, per esperienza, mediante l’attenzione  dell’intelletto e tenendo nel cuore Gesù, cioè la preghiera,



poiché dice un padre: “Siedi nella tua cella ed essa ti insegnerà tutto”6.
In questo passo si distinguono tre fasi: il rallentamento della respirazione, seguito dalla concentrazione, l’esplorazione dell’interno di sé per trovarvi la sede del cuore e l’invocazione del nome di Gesù, volta ad annientare ogni minimo pensiero.
I “Racconti di un pellegrino russo” devono parte della loro popolarità alle precisazioni sul metodo. Il pellegrino impara a pregare attraverso tre tappe. La prima è anzitutto quantitativa per abituarsi a recitare la formula con la bocca: lo starets gli ordina di recitare la preghiera, inizialmente, tremila volte al giorno, per poi passare a seimila e ancora a dodicimila; dapprima riuscì a malapena a recitarle tutte, ma poi “La recitai fedelmente dodicimila volta al giorno e all’abitudine si aggiunsero ben presto la gioia e la soddisfazione”7.
La seconda tappa consiste nel far passare la preghiera dalla bocca alla mente, ripetendola silenziosamente; la terza e ultima tappa introduce la preghiera del cuore, mettendo in relazione la scoperta della sede del cuore con la recitazione della formula



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6 SIMEONE IL NUOVO TEOLOGO, Le tre forme di preghiera, in La Filocalia, vol. IV, p. 512-513.
Il padre citato dall’autore è padre Mosè. Il paso si trova in VITA E DETTI DEI PADRI DEL DESERTO, ( a cura di L. MORTARI), Città Nuova, Roma 1975, vol. II, p. 33.
7RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO, Rusconi, Milano 1973, p. 40



“Cercai prima di tutto di trovare la posizione del cuore. Chiusi gli occhi e contemplai con la mente il mio cuore, tentando di rappresentarmelo quale esso è, nella parte sinistra del petto, e di ascoltarne attentamente il battito. Ripetevo questo esercizio varie volte al giorno, per mezz’ora, e dapprima non percepivo che buio. Presto però cominciò ad apparirmi il cuore e colsi il suo movimento; poi riuscii a introdurre nel cuore la Preghiera di Gesù e a farmela uscire, seguendo il ritmo del respiro: guardando con la mente nel mio cuore, aspiravo lentamente l’aria, dicendo: Signore, Gesù Cristo, poi la espiravo, dicendo: abbi pietà di me”8.
In principio è un fatto meccanico, poi diventa spontaneo: “Dopo un certo tempo sentii, non so come, che la preghiera passava da sola dalle labbra al cuore: il cuore, cioè, con il suo battito regolare, si metteva in certo qual modo a scandire da se stesso le parole della Preghiera; per esempio, uno: Signore, due: Gesù, tre: Cristo e così via. Smisi allora di dire la Preghiera con le labbra e cominciai ad ascoltare con attenzione ciò che diceva il mio cuore...”9.
Come leggiamo, nel metodo del pellegrino si incontrano due elementi fisici: il battito del cuore e la respirazione.
Da Niceforo ne vengono segnalati altri come la posizione del corpo, la fissazione dell’attenzione a certe parti del corpo (cuore, ombelico), il controllo della respirazione, l’ambiente adatto. Elementi fisici che vengono messi in relazione diretta
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8 Idem, p. 66.
Idem, p. 46.

con certi effetti psichici come visioni luminose e prontezza nel discernimento.
Ciò nasce dalla convinzione che anche la più alta esperienza spirituale ha nel corpo il suo veicolo, si direbbe il suo sacramento, il suo segno visibile e operativo. Tale principio si basa sulla pratica sacramentale e sulla considerazione che la salvezza in Cristo riguarda l’uomo nella sua totalità di corpo, anima e spirito. L’individuo trova espressione nel corpo e la dualità di corpo e anima, che tanto ha segnato il pensiero occidentale, non è né biblica, né cristiana. Il Cristianesimo è la religione dell’incarnazione, la vita in Cristo non può venire disincarnata. Che il corpo possa partecipare alla preghiera costituisce una necessità, perché l’uomo è tutto votato obbligatoriamente ad essere riunificato.
Ĕ inoltre un dato di fatto che, quando preghiamo, cominciamo con il corpo (segno della Croce, genuflessione...), quindi questo non è da considerare come un soprabito da appendere all’attaccapanni, per entrare tutto spirito nella preghiera.
Il minimo da richiedere al corpo è che non si opponga alla preghiera, con la stanchezza, la tensione, l’irrequietezza; bisogna quindi riportarlo alla calma, alla distensione, a uno stato di allerta gioiosa verso il Signore che viene. Andando più avanti si deve ottenere una collaborazione positiva, accompagnando o suscitando la preghiera con i propri atteggiamenti.
Così pure il respiro. I termini “respirare e vivere” in molte lingue sono sinonimi.



Unire il nome di Gesù ad ogni respiro significa avvertire come la realtà di Cristo penetra e dà vita a tutto ciò che esiste. La regolarità del respiro coordinata con il pensiero è un esercizio naturale per chi non desidera altro che gustare le parole della preghiera nel ritmo della propria vita, del suo cammino sulla terra. La respirazione che conserva il suo ritmo calmo, in mezzo a tutti gli incontri della vita, è un simbolo della hesychìa vera, della pace con Dio in mezzo alle tribolazioni.
“Il respiro comporta tre fasi: aspirare, ritenere, espirare. Chi aspira vive la sua dipendenza dalla vita del mondo. Unire questa fase con la preghiera a Gesù significa sentire la dipendenza da Lui, che è la vita del mondo nel senso spirituale. Espirare è un sollievo di chi si sente in pieno possesso della medesima vita da poterla donare”10.
Il fervore che emana dai racconti del pellegrino o da alcuni testi della Filocalia e l’apparente facilità del metodo non devono però trarre in inganno il lettore inesperto. Credere o pretendere che la Preghiera di Gesù costituisca un rapido mezzo di realizzazione spirituale è persino rischioso.
Ad accogliere lo sguardo interiore del principiante non è un’alba radiosa, ma l’oscurità propria della sua condizione di peccatore;  appunto per questo, diversi autori esperti sconsigliano l’uso di mezzi meccanici. “Pratichiamo la Preghiera di Gesù senza desiderare stati spirituali elevati, ma con semplicità e con giusta 
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10 T.SPIDLIK, La preghiera esicasta, in La preghiera. Bibbia, teologia, esperienze storiche, (a cura di E. ANCILLI), Città Nuova, Roma 1988, vol. I, p. 271.



intenzione, avendo per fine  il pentimento, con fede in Dio e totale abbandono alla sua volontà... Quando adottiamo procedimenti meccanici, sforziamoci di agire con la maggior cautela possibile, senza lasciarci prendere da un’inutile curiosità o da un irreprensibile entusiasmo, che agli inesperti appare una virtù, ma che i santi Padri definiscono temerarietà ispirata dall’orgoglio, sconsiderato ardore...
Bisogna considerare tutti gli ausili meccanici per quel che sono: supporti utili unicamente in ragione della nostra debolezza. Non dobbiamo riporre la nostra speranza né in essi, né nell’aspetto quantitativo della nostra ascesi, per timore di averla riposta di fatto in noi stessi o in qualcosa di materiale”11.
Da ciò si evince che gli esercizi respiratori non sono nient’altro che un accessorio, un aiuto per il raccoglimento, utile per alcuni, ma non obbligatorio per tutti. Non sono assolutamente una parte essenziale della Preghiera di Gesù, la quale può essere esercitata nella sua pienezza senza queste pratiche.
Concludendo il nostro discorso sul metodo, ricordiamo che “L’elemento indispensabile nella preghiera è l’attenzione. Senza di essa infatti non c’è preghiera. La vera attenzione, concessa dalla grazia, sopraggiunge quando facciamo morire il nostro cuore al mondo. L’unione della mente con il cuore è l’unione dei pensieri




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11 I. BRIANTCHANINOV, Approches de la prière de Jésus, coll. Spiritulité Orientale, N° 35, Bellefontaine 1983, p. 213.


spirituali della mente con i sentimenti spirituali del cuore”12, tenendo presente anche che “autentiche pratiche di meditazione provenienti dall’Oriente cristiano e dalle grandi religioni non cristiane, che esercitano un’attrattiva sull’uomo di oggi, diviso e disorientato, possono costituire un mezzo adatto per aiutare l’orante a stare davanti a Dio interiormente disteso, anche in mezzo alle sollecitudini esterne”13.

IV. 2.   UN ESERCIZIO DI PREGHIERA
Assumete una posizione che sia confortevole e riposante, possibilmente seduti, in modo che il corpo poggi saldamente sul suo baricentro, tenendo la schiena eretta (non tesa!); gli occhi siano aperti o semichiusi (o chiusi se non comporta assopimento), ma sfuocati rispetto agli oggetti esteriori e rivolti alla contemplazione del mondo interiore.
Il nostro esercizio di preghiera implicherà cinque fasi.
La prima fase consiste nella semplice consapevolezza della quiete interiore.
Non vi preoccupate della misura della quiete interiore; non è particolarmente importante; con il tempo crescerà; siate solo coscienti che c’è. Evitate ogni sforzo.
Scendete al di sotto delle attività superficiali della mente.

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12CARITONE DI VALAMO, L’arte della preghiera, Gribaudi, Torino 1980, p. 105
13 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera su alcuni aspetti della meditazione cristiana, del 15-10-1989, in  AAS  82 (1980) 376; EV, XI, 2712.


Restate per alcuni istanti tranquilli nella consapevolezza del profondo del vostro essere interiore. Non fate ragionamenti in proposito. Accettatelo semplicemente, nella consapevolezza della sua esistenza. Entrate in questo modo nel profondo del vostro essere interiore.
 Se vi accorgete che state ragionando, discutendo con voi stessi, sollevando dubbi ed obiezioni, mettete da parte tutto ciò. Se la vostra mente ancora non può riposare, concentratevi nel contare i vostri respiri da uno a dieci. Poi ricominciate.
Se siamo nuovi a questo tipo di esercizio, può volerci un certo tempo, perché il profondo del nostro essere interiore salga al livello della coscienza. Non forzatelo. Continuate a contemplare tranquillamente. La coscienza del profondo del nostro essere interiore l’avremo al momento opportuno, voluto da Dio, se noi lo consentiremo.
Stiamo almeno iniziando a sperimentare qualcosa dell’essere interiore di cui S. Paolo ha detto: “ secondo le ricchezze della sua gloria, possa il Padre concedervi, attraverso il suo Spirito, di essere potentemente corroborati nell’uomo interiore” (Ef 3, 16).
Se vi accorgete di essere distratti, concentratevi di nuovo sulla respirazione. Respirate leggermente, tranquillamente, regolarmente. State seduti dritti, ma non tesi. Il dorso deve essere ben eretto, la testa nel prolungamento della colonna vertebrale.




Passiamo ora alla seconda fase:
Rimanete consapevoli del profondo del vostro essere interiore e cominciate a estendere gradualmente la vostra consapevolezza all’ambiente che vi circonda. Solo nella vostra consapevolezza e attraverso essa, l’immensità del creato è pienamente presente in voi e voi pienamente in esso.
L’energia immensa di tutto l’universo è presente anche in voi.
Contemplate il vostro essere interiore, come parte di tutto il creato, e tutto il creato, come parte del vostro essere interiore.
Senza concettualizzazioni, senza ragionamenti, senza interrogativi diventate consapevoli della vostra unità con tutte le cose, con tutte le persone.
Siate semplicemente consapevoli del profondo del vostro essere interiore, come parte di un tutto più grande nel quale abita lo Spirito Creatore di Dio, la sorgente dell’energia che opera nell’universo.
Tutte le cose sono state create per mezzo di Cristo e in vista di Lui; Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui (Col 1, 16-17). Sperimentare qualcosa dell’unità del cosmo è sperimentare qualcosa di Cristo.

Stiamo entrando nella terza fase:
L‘atteggiamento del vostro corpo, il vostro respiro, la vostra quiete costituiscono essi stessi la vostra preghiera, perché la vostra esperienza dell’unità di tutte le cose possa essere trasformata dalla presenza di Cristo nel vostro cuore, attraverso il potere
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creativo (l’energia) dello Spirito Santo. Non c’è bisogno di parole; Dio conosce ciò per cui pregate. Rilassatevi.
Mentre ispirate, pronunciate il Nome Santissimo di “Gesù”, oppure dite  “Signore Gesù”. Rilassatevi, mentre respirate. Respirate lentamente, ma senza essere tesi.
Attraverso l’illuminazione che solo Dio può dare, al momento che Egli sceglierà, diverrete consapevoli di voi stessi e di tutte le cose, così come lo è Gesù.
Semplicemente, recitando la Preghiera di Gesù, noi aspettiamo il giorno in cui questa illuminazione permeerà tutto il nostro essere, tutta la nostra vita.
Bloccate ogni ragionamento, qualunque discussione o concettualizzazione interiore. State seduti diritti, ma non tesi. Lasciate che l’atteggiamento del vostro corpo sia esso stesso la vostra preghiera. Continuate a ripetere la Preghiera di Gesù. Dopo un certo tempo, forse preferirete restare nel silenzio interiore più assoluto, che è esso stesso un atto di abbandono e di petizione che Cristo abita nel vostro cuore, attraverso la fede.

Siamo ora pronti per la quarta fase:
Il Padre, fonte trascendente di tutte le cose, conosce se stesso solo nella sua Parola e attraverso Essa. E noi conosciamo Lui solo nella sua Parola fatta carne e attraverso Essa.
La consapevolezza di Gesù, Verbo incarnato, era ed è concentrata completamente sulla sorgente del suo essere e di ogni altro essere, Suo Padre e nostro Padre, il Dio



Creatore di ogni cosa, che tutto trascende.
Più entriamo nel cuore religioso di Gesù, più diventiamo consapevoli del Padre Suo e Padre nostro, che supera ogni pensiero e ogni comprensione.
In questo modo arriviamo a “conoscere l’Amore di Cristo, che è superiore a ogni conoscenza e siamo ripieni dell’assoluta pienezza di  Dio” (Ef 3, 19).
“Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27).
Con Cristo, per Cristo e in Cristo io divento consapevole del Dio che è al di là di ogni pensiero, di ogni ragionamento, di ogni concetto.
Questa fase consiste nell’assoluta quiete nel Padre insieme a Gesù, grazie all’illuminazione dello Spirito.
Ho raggiunto la fonte trascendente del mio essere e di ogni altro essere, che è più presente a me di quanto io lo sia a me stesso.
Rilassatevi nella consapevolezza del vostro essere interiore e della sua origine, il Padre di Gesù Cristo, la sua Parola fatta carne.
Non concettualizzate o ragionate in voi stessi. Nella quiete lasciate che Dio, che è al di sopra di ogni umana parola, parli a voi, in e attraverso la sua Parola. Il Padre non ha da dire più della sua Parola. Lasciamo che la Parola di Dio attraverso l’illuminazione dello Spirito Santo divenga anche la nostra Parola.



Continuate a far sì che la vostra respirazione e il vostro atteggiamento siano essi stessi la vostra preghiera e, nel completo silenzio dell’essere, siate consapevoli con Gesù del Padre trascendente di tutti, la fonte del vostro essere interiore. O, se vi aiuta di più, continuate a pronunciare il Santo Nome di “Gesù”, mentre respirate, ma ora aggiungete “Padre” o “Abbà”, quando espirate.
Siamo assorbiti con Gesù nella consapevolezza dell’uno che è al di sopra di ogni consapevolezza, ma non siamo separati dal mondo.

Passiamo ora nella quinta fase:
Il Padre trascendente, sorgente del nostro essere, è sempre rivolto verso il mondo con infinito Amore e infinita compassione. Se vogliamo essere con Lui, tutto il nostro essere deve andare nella stessa direzione.
Non concettualizzate e non ragionate. Lasciate che l’atteggiamento del vostro corpo e il vostro respiro siano da soli la vostra preghiera per questa trasformazione dell’Io. Continuate semplicemente a recitare il Santo Nome di “Gesù”, mentre ispirate dolcemente e aggiungete “Abbà” o “Padre”, quando delicatamente espirate. Continuate a fare così.
Il Padre, attraverso la sua Parola, ha creato tutte le cose e tutte le persone dall’Amore.
Dall’Amore, il Padre riconcilia tutte le cose e tutte le persone a sé e le unisce fra loro attraverso il suo Verbo incarnato. Questo è il piano della creazione. Noi lo chiamiamo il suo Regno. I membri della Chiesa sono il suo Regno o sacramento del mondo.

Non ragionate in mente vostra su queste cose; con Gesù rimanete semplicemente consapevoli del vostro essere interiore o della sua fonte trascendente in Suo Padre e vostro Padre, creatore e Signore di tutto, dal quale tutte le cose vengono e al quale tutte le cose tornano.
Lasciate che il vostro corpo, il vostro respiro, il silenzio della vostra mente, tutto il vostro essere sia esso stesso la vostra preghiera, perché voi siate trasformati dallo Spirito, in modo da poter diventare strumenti del Progetto di Dio per il mondo.
A conclusione si può dedicare un breve tempo a un’altra forma di preghiera basata sul metodo già usato. Ancora una volta l’atteggiamento del nostro corpo, il nostro respiro, il nostro silenzio saranno la nostra preghiera.
Contemplate il fianco trafitto del Verbo incarnato. Fatelo in qualunque modo che vi venga spontaneo all’immaginazione, ma senza sforzo, senza analizzare.
Gesù, trafitto da una lancia, appeso senza vita sulla Croce, è uno con tutte le persone che soffrono nel mondo, i rifiutati, gli oppressi, i falliti.
Contemplando il suo fianco trafitto, state seduti eretti, ma non tesi, respirando tranquillamente e regolarmente. Non continuate a concettualizzare e ragionare dentro di voi. Lasciate che l’immagine stessa attragga la vostra attenzione e lasciate che la vostra postura e tutto il vostro essere siano essi stessi la vostra preghiera, chiedendo, senza parole, al di là delle parole, che lo Spirito di Dio, che ha trasformato il corpo



morto e impotente di Gesù, nel Cristo cosmico risorto, possa trasformare il vostro cuore nel Suo.
“Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito, che abita in voi” (Rm 8, 11).
Per finire la preghiera, consapevoli degli ostacoli che frapponiamo allo Spirito di Gesù ,che può trasformarci, recitiamo una preghiera con parole spontanee che salgono dal nostro cuore, grati al Signore per il suo perdono e per la costante presenza in noi.
N. B. Non ci sono formule magiche. Le varie forme di preghiera hanno bisogno di una guida e di una direzione spirituale. Il rilassamento e la quiete interiore, che sono parte essenziale di questa preghiera, possono dapprima apparire comode e piacevoli, un surrogato del riposo; ma se vi si persevera adeguatamente, spesso mettono in moto un radicale processo di purificazione nel profondo del nostro essere e con il tempo possono portare in superficie conflitti psicologici che sono presenti, ma nascosti in noi.

IV. 3.   L’AVE MARIA
Se consideriamo attentamente l’Ave Maria, notiamo che ha uno sviluppo melodico. Esso si svolge attorno a due poli: “Gesù” e “noi peccatori”. In questo senso il Rosario può essere considerato come una variante occidentale della Preghiera di Gesù. Più una preghiera da recitare, il Rosario è, nella sua espressione vocale, una melodia che

accompagna e favorisce l’immersione della mente e del cuore nella meditazione dei misteri, che vengono, volta per volta, proclamati. La mente si apre sul mistero e lo assimila e la voce si pone al suo servizio, rispettando le leggi di una recita che favorisca al massimo la concentrazione o, meglio, la consapevole presenza al mistero.
La nota iniziale dell’Ave Maria è un grido di giubilo e di gioia. Ĕ proclamazione del lieto annunzio di due libertà, che si incontrano nella disponibilità dell’Amore: quella di Dio e quella di Maria. Il loro frutto è Gesù Cristo, che nasce, vive, soffre, muore e risorge per darci vita. La prima parte dell’Ave Maria si snoda sull’onda di questo lieto annunzio, che apre il cuore all’incontro gioioso con il Signore.
A questo lieto annunzio, l’uomo risponde nella seconda parte, dall’abisso della sua povertà, non priva di luce e di speranza. Gli occhi della contemplazione si fissano infatti su Maria, Madre del Salvatore e orante potente che intercede per noi.
Ĕ importante cogliere e immergersi in questa linea melodica dell’Ave Maria che ci conduce al Cristo sull’onda del lieto annunzio rivolto alla Vergine e ci riporta a Lui sull’onda della preghiera fiduciosa a colei che viene salutata come Madre di Dio e rifugio dei peccatori. Una volta che ce ne siamo  appropriati, tale linea melodica ci accompagnerà naturalmente nella contemplazione dei misteri, accentuando e arricchendo le nostre capacità ricettive.
A questo riguardo mi pare importante riportare la   testimonianza di un sacerdote




missionario in Marocco, persona da anni segnata dal desiderio della preghiera continua, per mezzo della Preghiera di Gesù: “Sento che devo prendere l’Ave Maria, come preghiera monologica, per pregare incessantemente...per la preghiera continua avverto che devo rimanere fedele a una formula... sento forte il bisogno di unificare tutta la mia preghiera; attualmente cerco di rimanere, nel tempo d’orazione, con il Rosario e durante il resto della giornata con l’Ave Maria... Credo di aver capito che  Ave Maria  e Preghiera di Gesù  sono la stessa cosa, lo stesso procedimento, salvo che poniamo l’ultima preghiera fra le mani della Vergine; forse è la grazia dell’Occidente, il suo carisma, il suo privilegio. L’Oriente ha la Preghiera di Gesù e noi quella di Maria”14.










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12 J. LAFRANCE, Il Rosario. Un itinerario verso la  preghiera incessante, Ancora, Milano 1989,  p. 28-29.






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