lunedì 21 ottobre 2013

La coliva - il suo significato e la sua preparazione



La coliva (talvolta scritto "Koliva", e alternativamente pronunciato "cóliva" oppure "colíva", a seconda delle derivazioni linguistiche e geografiche) è un dolce a base di grano bollito e di miele, usato nella tradizione cristiana ortodossa come pasto simbolico nelle commemorazioni dei defunti.

Il nome ha una quantità di varianti a seconda delle lingue (in greco κόλλυβα, kólliva; in serbo кољиво, koljivo; in romeno colivă; in bulgaro коливо, kolivo; in ucraino коливо, kolyvo)
Anche le ricette hanno un gran numero di varianti. L'ingrediente primario sono chicchi di grano bolliti fino al punto da renderli soffici, e quindi addolciti (tradizionamente con miele, ma oggi anche con zucchero). Mescolati al grano, secondo le varie ricette, possono esserci: semi di sesamo, mandorle e noci tritate, cannella, semi di melograno, uva passa, anice, prezzemolo e menta. Per decorazione, si usa ricoprire la coliva con polvere di zucchero o polvere di cacao (spesso con motivi ornamentali di croci), pezzi di cioccolata, mandorle glassate o caramelle di varie forme e colori.


Così come le ricette, anche le presentazioni della coliva da offrire in chiesa hanno diverse varianti. La coliva si offre in ciotole, oppure in vassoi dove è sistemata con un rialzo centrale, in modo da somigliare a una tomba (in questo caso il colore scuro del grano sottolinea la somiglianza con la terra della sepoltura). Spesso nel centro della coliva, o della croce della decorazione in superficie, si pianta una candela, che si accende durante la funzione funebre.
Tutti gli ingredienti sono scelti per il loro valore simbolico collegato alla morte e alla risurrezione: il grano ricorda la vita che per risorgere deve essere sepolta nella terra (il riferimento evangelico è Giovanni 12:24, "se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto"); il miele ricorda la terra promessa e la dolcezza della vita eterna, che è espressa anche da tutta la ricchezza di semi e frutti mescolati al grano.

L'usanza di preparare la coliva con riso o con orzo al posto del grano nasce da una risposta pratica nei tempi di carestia in Unione Sovietica, in cui i fedeli non avevano grano a disposizione (la pratica è poi continuata in alcune comunità fino a oggi), oppure da paesi orientali (come il Giappone e l'Indonesia) in cui il grano è raro da trovare.
La coliva si usa in diverse occasioni di commemorazione dei defunti: le funzioni memoriali private per una persona o per una famiglia, oppure le funzioni officiate nei giorni di commemorazione generale, tra cui il Sabato di san Teodoro (vedi sotto). Nella tradizione serba si offre anche alla Slava, la festa patronale di una famiglia o di un'associazione di persone.

La Slava serba contiene una preghiera di benedizione della coliva, recitata dal sacerdote:
O Signore, tu hai creato tutto con la tua parola, e hai ordinato alla terra di produrre vari frutti per la nostra gioia e il nostro nutrimento; tu hai disposto affinché i tre fanciulli e Daniele, nutriti di semi in Babilonia avessero volti più radiosi di coloro che erano cresciuti in mezzo al lusso; tu stesso, Re abbondante di misericordie, benedici questo frumento, a cui sono stati aggiunti vari frutti e santifica i fedeli che ne gusteranno, e che i tuoi servitori ti hanno offerto, per la tua gloria e in onore di ... (nome del santo o dei santi commemorati), e in memoria di quanti si sono dipartiti da questa vita nella vera fede. Ascolta, o Signore misericordioso, tutte le preghiere per la salvezza di quanti lo hanno preparato e che mantengono questa tradizione, e concedi loro di godere dei tuoi beni eterni, attraverso l'intercessione della nostra tuttasanta, purissima, più che benedetta e gloriosa Sovrana, Madre di Dio e semprevergine Maria, e di ... (nome del santo o dei santi commemorati), di cui stiamo onorando ora la memoria, e di tutti i tuoi santi. Poiché tu sei colui che benedice e santifica ogni cosa, e a te innalziamo la gloria, Dio eterno, assieme al tuo unigenito Figlio e al santissimo e vivifico tuo spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli.


In generale, dopo le consuete commemorazioni funebri, non si usa leggere preghiere particolari di benedizione per la coliva, ma talvolta la si asperge con acqua benedetta (oppure, in alcune tradizioni locali, vi si versa un poco di vino). La coliva è solitamente portata alla mensa dopo le funzioni, ma non è vietato consumarla anche in chiesa (o attorno alla tomba dei defunti commemorati). I partecipanti condividono la coliva ricordando i defunti e dicendo "Che Dio li perdoni".



Il Sabato di san Teodoro


La tradizione di benedire e mangiare la coliva alla fine della prima settimana della Grande Quaresima è commessa a un evento del regno di Giuliano l'Apostata. La tradizione dice che l'imperatore sapeva che i cristiani sarebbero stati affamati dopo la prima settimana di stretto digiuno, e al sabato sarebbero andati ai mercati di Costantinopoli a comprare cibo. Così ordinò che fosse asperso sangue da sacrifici pagani su tutti i cibi venduti nei mercati. Questo rese i cibi inadatti per la Quaresima (in cui i cristiani non mangiavano carne) e in generale come cibo per i cristiani, che non mangiavano cibi offerti agli dei pagani. Tuttavia, il grande martire san Teodoro Tirone (morto circa sessant'anni prima) apparve in sogno all'arcivescovo Eudossio gli suggerì di non dare in quel giorno al popolo cibo dai mercati, ma solo grano bollito misto a miele. Come risultato, il primo sabato della Grande Quaresima è divenuto noto come Sabato di san Teodoro.

Come preparare la coliva


coliva greca con una decorazione molto elaborata sulla superficie

La principale preoccupazione nella preparazione della coliva deve essere quella di far ammorbidire il grano tanto da renderlo facile da mangiare, possibilmente senza portarlo al punto da far scoppiare i chicchi. A seconda dei tipi di grano, è sufficiente una bollitura di un'ora o poco più in acqua (il grano richiede una quantità d'acqua superiore a quella del riso); il grano mondato cuoce più in fretta. E' meglio cuocere il grano il giorno prima della funzione, e scolarlo dopo la cottura (eventualmente passandolo sotto l'acqua fredda, per fermare la cottura se i chicchi rischiano di scoppiare).
Una notte di riposo garantisce che il grano sia sufficientemente asciutto per poterlo mescolare con il miele e i vari ingredienti aggiuntivi. Alcuni di questi ingredienti (per esempio l'uva passa) possono richiedere un periodo di ammollo. Nonostante il processo di drenaggio del grano, l'umidità può essere ancora sufficiente a rovinare le decorazioni superficiali fatte con zucchero a velo o polvere di cacao. In tal caso, si può frapporre uno strato intermedio, fatto per esempio di fette biscottate tritate.
L'unico vero problema per la salute collegato alla coliva può essere dato da una fermentazione improvvisa del grano dopo la bollitura. Se il grano viene lasciato riposare a lungo (per esempio una notte) basta non tenerlo a una temperatura ambiente troppo elevata: se necessario, può stare in frigorifero. Dopo la funzione, è opportuno consumare la coliva in giornata, e comunque non lasciarla al caldo.

Dolce di Santa Lucia – la Cuccìa
una tradizione della città di Palermo e della sua provincia

E' evidente che questa tradizione non è legata alla narrazione tramandata in tempi recenti ma va recuperata nella tradizione ortodossa della terra di Sicilia

La leggenda vuole che i palermitani (esiste la stessa storia ambientata a Siracusa nel 1646 ), nel corso di una tremenda carestia che li stava decimando, nel giorno di Santa Lucia, 13 dicembre di un lontano e non precisato anno, videro arrivare in porto un vascello pieno di grano, che fu immediatamente distribuito alla popolazione. Era tanta la fame che tormentava la città che il popolo non perdette tempo a macinare il grano per confezionare pane e pasta ma bolli il cereale e lo mangiò così come usciva dalla pentola. Negli anni successivi i palermitani festeggiarono questo insperato salvataggio consumando il 13 dicembre un piatto di grano cotto. Ma poiché le passate urgenze non  pressavano più, addolcirono il piatto mescolando il grano cotto alla crema di ricotta, e chiamarono il tutto Cuccìa (forse il nome deriva da “si cuccìa” dal verbo “cucciari” derivato da “còcciu” cosa piccola, chicco). Questa tradizione 
grano
resiste ancora fermamente: quel giorno tutte le pasticcerie preparano abbondanti razioni di questo dolce – veramente gradevole – ma in moltissime famiglie si preferisce prepararlo in casa. La difficoltà di questa preparazione risiede tutta nel procedimento necessario per ottenere che ogni granello sia cotto perfettamente, si presenti morbido al dente ma compiutamente intero e compatto, in modo che sia agevole mescolarlo alla crema senza distruggerlo.
Tenete presente che il rapporto tra il grano e la crema varia secondo i gusti personali.
Le proporzioni giuste per 20 porzioni secondo noi sono :

  • 1 kg di grano secco
  • 1,5 kg di ricotta
  • 750 grammi di zucchero
Il procedimento.
Fase 1: mettere il grano in acqua e tenetelo dalla mattine del 10 alla sera del 12 dicembre, cambiando l’acqua ogni sera e ogni mattina. La sera del 12 aggiungete un cucchiaio di sale e cuocere per un’ora e mezza, se necessario anche due ore. A cottura avvenuta tappezzare con vecchi indumenti di lana una bagnarola, collocarvi la pentola ben tappata con tutto il suo contenuto (grano cotto e acqua residua) e rivestirla completamente di pezze di lana. La mattina del 13 si tira fuori dalla pentola il suo contenuto, che si presenta come un tutt’uno appiccicato. Sciacquarlo ben bene con ripetuti lavaggi, farlo sgocciolare e sistemarlo su strofinacci puliti e asciutti. Si può mescolare alla crema quando è perfettamente asciutto.
Fase 2: la crema di ricotta viene preparata nel modo seguente. 
La ricotta, assolutamente di pecora, viene mescolata la sera del 12 con metà del suo peso di zucchero e lasciata riposare per tutta la notte. La mattina del 13 va passata al setaccio fine, per ottenere un composto omogeneo e vellutavo al palato, per tradizione vanno uniti al composto piccoli cubetti di zuccata (il candito di zucca bianca in uso a Palermo) e gocce di cioccolato fondente. Si ottiene così il legame della Cuccìa , nel quale va versato e mescolato il grano cotto. Man mano che si preparano le varie porzioni nelle ciotole, una spolverata di cannella in superficie ed una ciliegia rossa per decorazione esalta e conclude sia al palato che la vista la preparazione della nostra leccornia.
P.S.:il rapporto tra il grano e la crema varia secondo i gusti personali. Tenete presente che la crema deve restare protagonista.

cuccia



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