venerdì 11 ottobre 2013

L'altare: un cammino pericoloso

 

"Io posso", - ha detto Pasha, e si è calato la mitra sugli occhi. "A mio parere, va bene come copricapo" - sorrideva, guardando dall'alto in basso gli intorpiditi servitori d'altare e il diacono. Pasha li guardava davvero dall'alto in basso - era alto quasi due metri. Ed era anche devoto, a quanto pare: non è così facile metterti la mitra episcopale sulla testolina. Allora c'è bisogno di umiltà. In quantità. E, naturalmente, ce n'è stata, come ha mostrato in seguito il parroco, pallido per l'indignazione, ai servitori d'altare: "Ragazzi, non toccatelo. È il nipote di un VIP. È così buono. E si comporta sempre bene. Beh, quasi sempre. In breve, non toglietegli la mitra: può picchiarvi. O denunciarvi".
Anche senza fare la spia Pasha faceva arrabbiare i servitori d'altare - vecchi e giovani, con quella semplicità che non permette nemmeno un cenno di opposizione, con cui passeggiava per l'altare in mitra vescovile. "Ma così non si può!" - Tutti sospiravano. E Pasha sorrideva umilmente e continuava a fare giri nell'altare. E poi si è tolto la mitra: non l'ha nemmeno sollevata, se l'è strappata via quando ha sentito i passi e il rumore del bastone dello zio. E prima di tutti si è inchinato in una profonda riverenza, ed è accorso per primo a mani giunte a chiedere una benedizione.
Presto se ne è andato, sparito da qualche parte, lasciando un ricordo molto grato, e il soprannome di "Pasha Obnorskij" [dal nome di Pavel Obnorskij, benefattore ecclesiastico del XIII secolo, ndt] - a quanto pare datogli per la sua speciale devozione. Beh, se n'è ​​andato. Forse ora è da qualche parte. Con la mitra. È accaduto tanto tempo fa. E forse non è avvenuto - è stato tutto un incubo.
Pasha se n'è andato, ma i problemi rimangono. Indichiamoli più precisamente.
I parrocchiani esprimono spesso lamentele contro le vecchiette che stanno presso le famigerate "scatole" delle offerte in chiesa: dicono che possono essere maleducate, guardarti in modo scortese, inventarsi ogni tipo ogni eresia e così via. Ma si manifesta un problema dall'altra parte, quella orientale della chiesa - l'altare. Più precisamente, i chierichetti. Ancor più precisamente, il loro comportamento. Va tutto così bene, è tutto a posto? Ecco qualcosa su questo problema, di cui parliamo con l'arciprete Aleksij Sorokin, rettore della chiesa di san Lazzaro a Vologda.

Arciprete Aleksij Sorokin

Padre Aleksij, che ci sia bisogno di chierichetti, nessuno lo contesta. È chiaro che sono essenziali. Un'altra cosa sono i pericoli a cui sono sottoposti i chierichetti, essendo nella parte più importante del tempio...
In realtà, a questo pericolo - la dipendenza dal santuario - siamo tutti esposti: i sacerdoti, i chierichetti, i coristi, quelli che fanno le pulizie ... A mio parere, tutti coloro che lavorano nella chiesa rischiano di perdere il senso della sacralità, delle cose sante - rischiano di cominciare a vedere il tempio come posto di servizio, e come posto di lavoro, o di ritrovo amichevole, o di pettegolezzo - e chissà cos'altro! E tra l'altro, a proposito della parte più importante del tempio, non è forse vero che ogni centimetro del tempio è importante? Ricordate, il pubblicano pentito non era nel Santo dei Santi, e neppure nel portico...
Ora, parliamo dei chierichetti. Sì, sono necessari. Ne abbiamo bisogno prima di tutto per aiutare i sacerdoti, "perché non conviene che tralasciamo la parola di Dio per servire alle mense" (At 6,2). Anche se queste parole della Scrittura riguardano per la maggior parte i diaconi, la sostanza è la stessa: l'attività principale del sacerdote è la preghiera. È chiaro che la preghiera non sarà rafforzata se il sacerdote dovrà fare a meno dell'aiuto dei servitori d'altare: è necessario ravvivare il turibolo, riscaldare l'acqua per tempo, e perché tutto si mantenga costantemente in ordine. Quindi, a mio parere, il compito principale dei chierichetti dovrebbe essere considerato il loro contributo alle preghiere del sacerdote, e, di conseguenza, quelle dei parrocchiani, di tutta la comunità. Naturalmente, questa attività implica un sacrificio. E attenzione: dopo tutto, aiutando all'altare, per così dire, fisicamente, in modo corporeo, i chierichetti non dovrebbero dimenticare il lato spirituale. Cioè, dovrebbero pregare nel modo migliore possibile - altrimenti non ci sarà grande utilità nella loro permanenza nel santuario. Piuttosto ne verrà un danno - in primo luogo alla loro anima.
Se ne parla molto bene nell'introduzione al meraviglioso libro "Нам оставлено покаяние" (il pentimento a noi concesso) dell'igumeno Nikon (Vorob'ev). Ricordiamone le parole: "Batjushka amava molto servire e serviva in modo raccolto, concentrato, con tutto il cuore, e tutti lo percepivano. Compiva le funzioni in modo semplice, sobrio, naturale. Non aveva alcuna pretenziosità artistica nel compiere il culto, la lettura, il canto e non faceva commenti "artistici"...
Egli proibiva a chiunque di entrare nel santuario, tanto meno di sostarvi, senza un particolare bisogno. Il padre non diceva mai nulla quando era all'altare , se non il minimo necessario, e gli altri non erano autorizzati a farlo. Non confessava mai durante la Liturgia: ascoltava le confessioni o fino all'inizio della liturgia, o alla Veglia la sera prima (durante la Quaresima). Diceva che la gente dovrebbe pregare durante la Liturgia, e non aspettare in fila per confessarsi. "
Mi sembra che un tale atteggiamento rigoroso e reverenziale dell'igumeno Nikon nel servizio della chiesa - e nelle preghiere all'altare in particolare - merita molta attenzione e dovrebbe essere seguito da parte nostra. In effetti, le conversazioni, l'inattività, la pigrizia nel santuario, e in tutta la Chiesa, non possono essere tollerate - sono una profanazione del cristianesimo.
Ma negli altari delle nostre chiese ci sono abbastanza giovani, e anche bambini. Non pensa che sia passato da molto il tempo in cui qualsiasi persona di sesso maschile che entrava nel tempio era vista automaticamente come un potenziale sacerdote o ecclesiastico, ed era quindi facilmente introdotto nel santo dei santi?
Credo di sì. Pertanto, invitiamo i giovani servitori d'altare a imparare la pietà. A causa della loro età, anche l'istruzione non si compie senza difficoltà: a volte ci sono anche conflitti abbastanza inutili, stupidi, ahimè, e violazioni del silenzio riverente. Così a volte bisogna essere severi. Ma, oltre alla severità è necessaria - vorrei richiamare l'attenzione su questo - anche l'istruzione. Quindi, l'educazione può e deve coinvolgere l'intera comunità, non solo il prete. Se il servizio si svolge nel tempio in riverente silenzio, anche i giovani all'altare devono aderire a rigide regole. Se se durante le funzioni si bisbiglia, si discute del più e del meno, ci si danno spintoni o si litiga, se il banco delle candele si trasforma in un luogo di ritrovo per una coda pignola (questo di solito si verifica prima dell'uscita del calice, durante le preghiere per la comunione - in un momento cruciale del culto!), questo, purtroppo, provoca i giovani a comportamenti scorretti. Poi c'è questa ipocrisia disgustosa: uscire con un'aria di importanza dell'altare, superando i parrocchiani, camminare attraverso il tempio per tornare all'altare, chiudere la porta e considerare l'altare come "la propria stanza", continuando a fare scherzi o cose del genere.
Inoltre, è importante dare assistenza anche ai servitori d'altare più anziani. Una persona matura, veramente credente che serve nel santuario, ne sono sempre convinto, è un segno di grande responsabilità e riverenza. Per il sacerdote infatti è più facile pregare quando è aiutato da queste persone. Così i giovane dovrebbero imparare dagli anziani.
Ma, i sacerdoti, penso, dovrebbero essere più vicini a quei ragazzi e giovani che si offrono di aiutare all'altare. Non vale la pena, a mio parere, di far entrare nel sancta sanctorum ogni ragazzo che abbia messo gli occhi in chiesa. È pericoloso - sia per l'ordine del servizio, e soprattutto per il ragazzo in futuro.
Ma ci sono esempi di ministranti, dei quali è contento?
Certo, ce ne sono. Francamente, sono rimasto più colpito non tanto dagli uomini, quanto dalle donne che servono all'altare: le donne anziane, che una volta aiutavano nella Cattedrale di Vologda. Dalla riverenza con cui trattavano il loro servizio, sono sicuro, potrebbero imparare in molti - e pure molti sacerdoti. Questo è davvero un esempio di servizio a Cristo con il cuore!
Che consiglio darebbe ai giovani che assistono all'altare?
Non io, ma l'apostolo Paolo dà il consiglio: "Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi..." (Ef 5, 15).

Intervista di Petr Davydov all'arciprete Alexei Sorokin
pravoslavie.ru, 7 agosto 2013
originariamente postato in lingua italiana dal sito della parrocchia ortodossa san Massimo di Torino

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