La Madonna di
Montevergine è
l'appellativo con cui si venera, nell'omonimo
santuario a Mercogliano, la grande icona raffigurante la vergine
Maria seduta su un trono con un braccio il Figlio Gesù, risalente al XIII - XIV secolo: oltre al nome consueto è anche conosciuta come Madonna Nera o ancora, maggiormente,
come Mamma Schiavona.
Contrariamente a quanto può pensarsi, il culto della Madonna di Montevergine
non è legato ad alcuna apparizione, ma solamente dalla volontà di un monaco
eremita, Guglielmo da
Vercelli, di dedicare la propria vita
alla preghiera tramite il culto di Maria, formando in poco tempo un vero e
proprio ordine monastico.
La storia
dell'icona della Madonna di Montevergine è incerta: secondo la leggenda, il quadro
sarebbe stato direttamente dipinto da San Luca a Gerusalemme, per poi essere trasportato prima ad Antiochia e poi a Costantinopoli: nell'VIII secolo però con la salita al trono di Michele Paleologo e l'inizio dell'iconoclastia, il fuggitivo re Baldovino II recise il
capo della Madonna dal quadro per metterla in salvo. Giunta a Caterina II di
Valois per eredità, questa fece
terminare l'opera da Montano d'Arezzo, per poi donarla ai monaci di Montevergine nel 1310, esponendola nella
cappella gentilizia dei D'Angiò. La prima vera valutazione storica dell'icona si ebbe
soltanto durante il Concilio Vaticano II, negli anni sessanta, quando su ordine delle autorità ecclesiastiche un
team di storici e critici analizzarono il quadro: ben presto la leggenda
risultò totalmente infondata in quanto la data di donazione al santuario non
poteva essere esatta perché Caterina II avrebbe avuto solamente dieci anni ed
inoltre da uno scritto conservato nel monastero irpino, il
quadro era già presente dalle fine del XIII secolo. Nel 1964 Giovanni Mongelli,
padre della Congregazione di Montevergine, ipotizzò che l'opera potesse essere
stata realizzata da Pietro Cavallini, o comunque dalla sua scuola, visti i numerosi
elementi artistici tipico del pittore romano, come lo stile bizantino ed il modo di panneggiare, ma quest'ipotesi fu
dettata anche dal fatto che Cavallini era stato spesso commissionato a
realizzare opere dai D'Angiò, famiglia sicuramente a cui l'opera appartiene
vista la presenza dei gigli angioini; nel 1997 padre Placido Maria
Tropeano, ha però dichiarato che l'opera potrebbe essere anche attribuita a
Montano d'Arezzo, ma che a seguito dei continui rimaneggiamenti abbia perso la
sua fisionomia iniziale. Altra leggenda, anch'essa esclusa dagli storici, vuole
che il quadro sia giunto a Montevergine perché il mulo che lo trasportava
non avrebbe eseguito gli ordini del padrone e si sarebbe incamminato per la
montagna giungendo fino al santuario.
L'immagine della
Madonna di Montevergine è stata realizzata su due tavole di pino tenute insieme da
alcune sbarre nel retro ed
ha una altezza di 4 metri e 30 per una larghezza di 2 metri e 10.
La raffigurazione rappresenta la Madre di Dio, seduta su un trono, con in braccio il Figlio Gesù, posto sulla sua gamba sinistra ed il fanciullo tiene, nella sua
mano destra, il manto della madre:
sia il capo del bambino che quello della Vergine sono aureolati, ma
mentre nel primo caso è ancora presente una corona d'oro donata nel 1712 dal Capitolo di San Pietro in Vaticano, mentre
nel secondo è assente a causa di un furto avvenuto nel 1799. Il volto della Vergine è
di forma ovoidale e
gli occhi sono in nero con la caratteristica di osservare nello stesso momento
sia il cielo che il bambino che reca in braccio. Nella parte superiore del quadro
sono presenti due angeli che volano sul bordo del trono, mentre altri sei
si trovano ai piedi in segno di venerazione e preghiera;
ai due lati del trono sono disposti due medaglioni che conservavano rispettivamente il latte
materno della Vergine e un pezzo del suo mantello. Durante il corso degli anni il dipinto ha subito
numerosi rifacimenti, che ne hanno alterato l'originaria struttura, così come
risulta da alcuni restauri che hanno accertato la presenza di pittura negli
strati sottostanti: nel 1621 vengono poste altre due corone sui capi della
Madonna e del bambino, che arrivarono ad esserne tre nel 1712; nel 1778 furono poste ai lati
del trono due lamine d'oro. Nella notte del 17 e 18 maggio 1799 il quadro fu rubato e
dopo il suo ritrovamento venne impreziosito con collane di ottone e pettiglie, rimosse a seguito del restauro del 1960 e conservate nel museo del santuario; un ulteriore restauro è avvenuto nel 2012.
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