di Jean Leclercq O.S.B. - Ed. San Paolo
Capitolo III
MARIA ALLA LETTURA DI CRISTO
Come Gesù è Parola uscita direttamente dal silenzio creatore del Padre, Parola che contiene ogni significato e ogni potere, così Maria è parola sussurrata come un'eco di quel Logossupremo: parola che si origina nella Parola.
John Main, The Other Centeredness of Mary
Con il suo esempio e il suo comportamento Maria ci insegna il modo in cui leggere. Gesù, libro e lettore, ci mostra Dio alla lettura di Dio.
( Ancorchè nella tradizione ortodossa non siamo soliti indicare la Santissima Madre di Dio con il nome proprio di Maria per correttezza nelle fonti da cui è tratta questa riflessione lo lasciamo. Resta inteso che se a scrivere fosse un Cristiano Ortodosso userebbe il: "la santissima Madre di Dio". )
Maria in lettura
L'iconografia religiosa ama rappresentare Maria in lettura. Alcune antiche immagini e quadri di ogni epoca ce la mostrano occupata nella lettura al momento dell'Annunciazione. Già nell'antichità Maria è raffigurata seduta, con un libro aperto sulle ginocchia, mentre nella parte superiore dell'immagine Gabriele viene a consegnare il messaggio al quale ella si è preparata con la lettura. Oppure Gabriele tiene in mano un rotolo aperto dove si possono leggere le parole che le rivolge da parte di Dio, secondo Lc 1,28. Più tardi, nel Medioevo, soprattutto in Occidente, Maria è spesso inginocchiata, a leggere e a pregare, nel momento in cui l'angelo entra da lei. Nell'istante stesso dell'evento, ella legge: come se il messaggio dell'arcangelo le fosse trasmesso dal libro.
Secondo questa tradizione, Maria leggeva fin dall'infanzia. Un quadro del Rinascimento ce la mostra, ancora bambina, tra Gioacchino e Anna: Maria legge. I cristiani hanno amato rappresentarla in lettura non solo dopo l'incarnazione, ma anche durante tutta la sua vita. Si sono scolpite delle statue di Maria, seduta con un libro aperto sulle ginocchia. A destra Gesù bambino è in piedi. Con la mano destra la madre tiene un fiore. L'attenzione di Maria si rivolge successivamente al.Libro che è Gesù, al libro della Scrittura e al libro della natura.
Nella pinacoteca dell'abbazia di Saint John, a Collegeville, un quadro dipinto da padre Bonaventura Osterkamp rappresenta Gesù bambino che sta spiegando il Libro a Maria. Con una mano le mostra la pagina, con l'altra e con lo sguardo levato verso di lei le spiega il testo: Maria ascolta. Sono scene della vita di Gesù. Anche dopo la risurrezione Maria continua a leggere. Alcune scene della Pentecoste ce la rappresentano in primo piano, inginocchiata davanti a un libro aperto. Alla sua destra sta seduto un apostolo.
Quali conclusioni trarre da questa ricca tradizione iconografica?
- Maria legge, nel senso pieno del termine: ella ascolta, medita, memorizza, scruta, comprende, prega, acconsente, contempla e così si prepara ad accogliere ogni messaggio che le viene dalla Parola che legge e nel tempo che legge.
- In Maria, profezia e compimento si sovrappongono e coincidono: annunciazione e realtà si congiungono. L'angelo cita le profezie che ella legge e proprio in quel momento le profezie si realizzano in lei. E ciò continua ad accadere per tutta la sua vita, poiché ella serbava nel suo cuore profezie scritte e avvenimenti del loro compimento.
Tutto questo illustra la somiglianza e la differenza che vi è tra Maria e Gesù. Originariamente e fondamentalmente Gesù è il Libro. Solo in un secondo tempo e per conseguenza è lettore. L’intera verità e rivelazione di Dio su Dio si trova in Gesù. Egli legge questa rivelazione sia in se stesso sia nei libri che la annunciavano e la preparavano.
Per Maria il ruolo fondamentale non è quello di essere libro, ma lettura. Lettura delle profezie, che sono annunci di Gesù, prima di tutto. Poi lettura di Gesù, compimento delle profezie. Abbiamo cosi il tema tradizionale di Maria in lettura. Tema importante, tanto nella letteratura patristica quanto in quella medievale. Per non citare che due esempi, Alberto Magno vede Maria in lettura (lector) di tutte le profezie: ella le legge letteralmente in se stessa, nel loro significato letterale. Bernardino da Siena afferma che ella ha portato a compimento le profezie in se stessa. Maria era lettrice (lectrix) spiritualmente perché comprendeva le profezie.
Maria, libro aperto
Così Maria è lettura - la lettura - a causa di Gesù. Di conseguenza, ella è anche libro aperto nel quale la Chiesa, a cominciare dagli stessi apostoli, dovrà leggere. Perciò abbiamo quel tema estremamente ricco di «Maria, libro aperto» di cui troviamo numerosi esempi nella tradizione sia patristica sia monastica. Esploriamo innanzi tutto le ricchezze di queste tradizioni prima di trarne il significato attuale.
In certe litanie della Vergine che la qualificano e le applicano tutte le immagini, simboli e attributi biblici, ella è venerata anche come libro aperto. Teodoro Studita, monaco teologo, scrive un'omelia nella quale immagina gli elogi attribuiti a Maria dagli apostoli, con parole proprie o con citazioni delle profezie. Ave, santa Maria! Essi dicono. Seguono dodici titoli, probabilmente secondo il numero degli apostoli. Il decimo della serie dice: «Santa Maria, libro sacro dei divini precetti, nel quale ci è comunicato ciò che è gradito a Dio, come Geremia ha visto nei tempi antichi».
Poi, disseminati tra numerosi autori, si raccolgono almeno novanta titoli attribuiti in una sorta di litania a lode di Maria, libro aperto: Maria, libro offerto alla lettura del genere umano. Libro il cui autore è il Verbo fatto carne in lei, lo Spirito in lei, il dito di Dio. Animata da Cristo, è segnata dal sigillo dello Spirito. Maria, libro impenetrabile, che solo Giuseppe ha compreso per grazia divina insieme a tutti coloro che, dopo di lui, riceveranno dallo Spirito il dono di comprenderla. Questo libro è nuovo, vero, spirituale. Maria è il libro dei beati che la contemplano nel cielo. Il libro dei contemplativi, il libro che insegna castità, povertà, umiltà attraverso l'elevata lettura che esso procura. Maria è il libro offerto ai vittoriosi del cielo. Come il Figlio è il libro del Padre, così Maria è il libro del Figlio; notiamo, con un semplice accenno, che la gerarchia dei valori, l'ordine esatto delle realtà della salvezza sono rispettati. Questa lode di Maria prosegue pagina dopo pagina, e più volte le immagini rievocate si rifanno a Lc 2,51, che commenteremo in seguito.
Una delle caratteristiche del libro è di consegnare le parole e i fatti del passato. Così Maria è un libro perché, come un libro, conserva nel suo cuore gli esempi dei patriarchi, le parole dei profeti, i fatti e i gesti dei pastori, dei magi, di Simeone, di Anna e infine le parole e le opere di suo Figlio.
Maria è un libro perché raccoglie nel suo cuore le parole e le azioni di Cristo. Un'intera teologia di Maria e del suo rapporto con Cristo e con noi si potrebbe costruire alla luce di tutte queste citazioni poetiche. Una tra le più articolate e certamente la più ricca di immaginazione è costituita dal lungo sermone di un abate benedettino del XII secolo, Pietro di Celle 7. Costellato di tesori di bellezza, d'invenzione e di poesia, il tema principale del sermone deriva da Is 8,1: «Il Signore mi disse: “Prenditi una grande tavoletta e scrivici con caratteri ordinari... " ». Le parole principali sono «tavoletta» e «grande». Questo sermone sull'annunciazione descrive nei particolari tutto il processo di fabbricazione dei libri, nominando attrezzi, tappe e procedimenti utilizzati (penna, rasoio, inchiostro, iniziali miniate, rilegatura ecc.). Egli li interpreta in maniera simbolica e li applica a Maria e al mistero dell'incarnazione. Così, oltre ai simboli stessi, troviamo qui probabilmente la descrizione più esatta dell'industria del libro nel Medioevo. E’ vivace, realistico e anche divertente; inoltre ci dà un'impressione vera dell'umorismo e anche della bizzarria che caratterizzano alcuni di questi abati, monaci e autori spirituali medievali. Possiamo facilmente immaginare il sorriso delle monache e dei monaci che ascoltarono questo sermone o che l'hanno letto. E ancor più di quelli che lavoravano materialmente nello sciptorium, cioè nel laboratorio dove si copiavano i manoscritti, li si rilegava ecc. Vale la pena soffermarsi su questo testo.
L'idea su cui si fonda tutto questo insieme di immagini è senz'altro quella secondo la quale Dio voleva rendersi leggibile a noi, al genere umano, nella nostra scrittura, nel nostro alfabeto, nelle nostre parole, insomma nella nostra carne: Maria, per noi, è il libro che contiene tutto ciò. E la conclusione pratica è questa:
Purificatevi, cristiani,
(come la pergamena deve essere ripulita e purificata)
in modo che Gesù possa essere scritto in voi,
come in un libro,
e il vostro nome possa essere impresso
nel libro di Dio.
(come la pergamena deve essere ripulita e purificata)
in modo che Gesù possa essere scritto in voi,
come in un libro,
e il vostro nome possa essere impresso
nel libro di Dio.
Senso e implicazioni pratiche di questi temi
Pur gustando questo modo di contemplare Maria e divertendoci con questa forma di rappresentazione di Maria davanti a Dio, tuttavia ci interroghiamo anche su ciò che queste espressioni immaginose possono dare alla nostra lettura prima di tutto, poi al motivo della nostra lettura, al profitto di ciò che leggiamo, al modo in cui dobbiamo leggere. La tradizione ci insegna a leggere come leggeva Maria. Ella fu lettura prima che essere libro. Noi dobbiamo leggere nel cuore di Maria, e questa è più che una devota espressione. Essa ci viene dal vangelo. Limitiamoci a due versetti di Luca. «Maria serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19) e «Sua madre tuttavia serbava tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2, 51).
Le parole principali sono costituite dai termini «serbava», «meditava», e anche «nel suo cuore». Un'espressione che include la memoria, ma dice ancora di più. Due parole greche significano rispettivamente: «serbare» e «mettere insieme», «raccogliere» e «ricordarsi». Così, secondo i due contesti, il senso è che Maria, alla lettura delle Scritture, che preannunciavano ciò di cui ella era allora testimone, si ricordava di tutte quelle parole: più che di cose, di realtà. Ha letto le profezie. Ne ha viste realizzarsi alcune sotto i suoi occhi. E ora, nel profondo della sua coscienza, paragona. Conosceva il modo di leggere? San Gerolamo ha la risposta pronta: «Quae audierat quaequae legerat» (Ciò che aveva ascoltato, ella l'aveva letto). Maria aveva letto e udito. Non vi è più allora alcuna difficoltà.
Potremmo citare qui tutta una serie di testi in questa linea della tradizione, in particolare alcuni testi monastici che fanno allusione a questo confronto che fece Maria. Così Gerolamo: «Ella paragonava ciò che aveva vissuto, udito o letto, con ciò che aveva visto. Perché si dice che paragonava anziché, semplicemente, che rifletteva od osservava? Ma in quanto santa e in quanto aveva letto le Scritture e conosceva i profeti, si ricordava ciò che l'angelo le aveva detto e che le parole pronunciate dall'angelo venivano dai profeti». Beda il Venerabile fa un parallelo coerente tra ciò che Maria vedeva e ciò che aveva letto: videbat-legerat. Dunque ella «si ricordava» e «confrontava». Nel IX secolo, Aimone sottolinea che la fede di Maria era una fede in crescita: più vedeva ciò che già aveva letto, più ella credeva. Nel XII secolo, l'abate Guarnerio (1116) scriveva a proposito della Natività:
Legerat in Isaia:... (ella aveva letto in Isaia)
videbat in praesepio:... (vedeva nella mangiatoia)
comparabat ergo verba prophetarum. factis:... (comparava tra di loro fatti e detti dei profeti).
Tutti costoro, così come Smaragdo e Aelredo di Rievau1x, parlando di questo paragone che faceva Maria, usano il termine «ruminazione». Questa immagine biblica sottolinea la somiglianza tra questo modo di leggere e l'animale ruminante, che mastica e rmastica. Ecco le principali citazioni. Ma quali ne sono il significato e le implicazioni? Anzitutto riguardano il modo di meditare nella lettura, la necessità del silenzio, la crescita della fede, l'impatto di questa esperienza su ogni forma di apostolato.
La dinamica della lettura meditativa può risultare dal pieno significato dei termini usati da san Luca quando li si confronta con i loro paralleli nella Bibbia greca: sunterein-conservabat: mantenere, serbare; diaterein: osservare con cura una parola nel proprio cuore, perseverarvi, esservi impegnato.
E’ un ricordo vivissimo, un richiamo allo spirito delle parole udite e del modo in cui esse hanno preso forma nella realtà. E’ una contemplazione del passato al fine di comprenderlo nel presente. Una ricerca, un'indagine e una scoperta. Questa specie di memoria è frequente nella Regula di san Benedetto: «Si ricordi... Si ricorderanno» (RB passim, 4, 7, 19, 31, 57).
Ed è importante in quanto riguarda Cristo. Si tratta qui, in realtà, dell'anamnesis, nel senso in cui diceva Gesù: «[Egli] vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14, 26). E ancora: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19). «Ricordarsi» in questo modo significa restare, rimanere nella parola di Dio o con la parola di Dio: rimanere (manere), così frequente in Giovanni, vuol dire per lui un'anamnesisprolungata, continua, una memoria dell'alleanza di Dio al fine di attualizzarla, di vedere e sperimentare l'alleanza che si manifesta.
Quale può essere allora l'esito di questo atteggiamento e di questa dinamica in Maria? Nel momento in cui scriveva Luca, la fede pasquale di Maria cominciava a comprendere come tutta l'infanzia del suo Figlio avesse in realtà condotto alla sua morte e alla sua risurrezione. Ora ella rileggeva la Scrittura da questo punto di vista. Maria - o qualsiasi altro ebreo - poteva aver composto il Magnificat a partire dall'Antico Testamento. Ma il carattere peculiare di Maria era la sua rilettura dei testi, la sua reinterpretazione degli stessi testi alla luce di suo Figlio. In questa interpretazione ella dava l'esegesi delle profezie e degli eventi della vita di Gesù. Maria diventava l'esegeta dell'incarnazione di Dio nel suo Figlio. Ne dava la perfetta interpretazione dopo la sua risurrezione, ma la sua evoluzione iniziò all'epoca in cui lei e Giuseppe, come dice san Luca, «non compresero ciò che Gesù diceva loro» (Lc 2, 50). Quale prima testimone di questi avvenimenti, ella è stata capace di comprenderli gradualmente e di darne così l'esegesi. Questo tuttavia non era possibile se non grazie allo Spirito Santo che era in lei dal momento della concezione di Gesù, e già anche prima: presenza che continuò a crescere dopo la risurrezione. Questa «memoria» è fondamentalmente un atteggiamento biblico, nella linea sapienziale della tradizione d'Israele, il popolo del ricordo, il popolo del «memoriale». Lo stesso Spirito che un tempo ispirava i profeti, operava ora in Maria, producendo un approfondimento progressivo della sua comprensione di Gesù.
La ragione della crescita di questo atteggiamento in Maria stava nel fatto che all'inizio lei e Giuseppe non avevano capito ciò che accadeva a Gesù. Questa «memoria» nello Spirito Santo, questo «memoriale» attivo è tanto più necessario quando le vie del Signore sono misteriose e ancora sconosciute, quando sussiste ogni specie di oscurità. La fede deve essere perseverante e crescere nonostante la difficoltà. Nel caso di Maria, non si tratta tanto della sua psicologia quanto della sua fede e, pertanto, della nostra. Proprio come Maria, anche noi dobbiamo scoprire il vero significato di ogni evento della vita di Cristo, di ciascuno dei suoi misteri, di ogni aspetto del suo insegnamento, e tutto questo attraverso le parole dei nostri padri nella fede - gli autori dell'Antico e del Nuovo Testamento - le parole della tradizione e quelle della Chiesa. E’ detto di Maria: videbat (vedeva), con gli occhi della fede; ella ritornava, rifletteva su tutte le meraviglie che Dio aveva compiuto, su tutte le prove, tutte le tentazioni, gli esili, le immolazioni così come le liberazioni che egli aveva voluto: il sacrificio di Abramo, e tutto il seguito. Maria rifletteva perché era in ricerca: ricerca, perché rimaneva un elemento oscuro, di non comprensione e, per molti, di incomprensione, di mistero. I testi sacri rivelano nella stessa misura in cui nascondono. Ogni volta rivelano un po' di più il loro contenuto. Questo è per noi un infinito elemento di scoperta, di sorpresa perché tutto non è ancora compiuto né svelato come lo sarà alla fine, quando Cristo libro sarà interamente interpretato e compreso nei cieli, nella visione che allora si presenterà a noi. Ma fin d'ora i libri che ci parlano di Cristo sono tanti passi con i quali avanziamo verso la visione. Non finiamo mai di meravigliarcene, di rimanerne stupiti e sorpresi.
E quando sopraggiungono periodi di più profonda oscurità, anche noi, come Maria, viviamo di fede. La tradizione vuole che Maria sia stata la sola a conservare la fede in quei tre giorni che separarono la morte dalla risurrezione di Gesù. Ci fu un istante in cui tutta la fede della Chiesa rimase in Maria sola. Gesù restò un enigma per Maria, come lo resta anche per noi. La luce è sufficiente per nutrire la nostra fede, e l'oscurità abbastanza densa per stimolare la nostra ricerca. San Luca (2, 33) dice che Maria e Giuseppe si stupivano, «si meravigliavano delle cose che si dicevano di Gesù». Ma a poco a poco compresero, proprio come fecero gli apostoli e i discepoli dopo la Pasqua. La loro esperienza pasquale continua in noi. Quali sono le condizioni e le esigenze di questa crescita nella fede?
Sono di due specie. La prima è che rinunciamo a quei desideri istintivi e naturali e a quelle speranze che non fanno che impedirci di accogliere il mistero di Dio così come Cristo ce lo ha rivelato, e che perciò ci impediscono di ammettere la necessità di passare attraverso la croce per raggiungere la vita nuova, la vita dello Spirito. La nostra lettura meditata di Cristo libro, tale quale è realmente inscritta nella sua vita, ci fa riconoscere la funzione della purificazione all'interno delle nostra vita.
La seconda esigenza è il silenzio che rende possibile questa esperienza nella fede. E’ così che noi percepiamo lo spirito di contemplazione e di silenzio di Maria, e anche dei «suoi silenzi». Questo tema è sviluppato da alcuni Padri e anche da autori monastici medievali. Maria pronunciò dunque poche parole. Il suo silenzio non è prima di tutto un esempio di ascesi, ma molto di più il simbolo della posizione, tutta rivolta verso Dio, della fede, della speranza e della carità. Ancora una volta è questo il modo in cui comprendiamo il silenzio monastico di cui parla la Regula di san Benedetto al capitolo 7,5:
Tacite conscientia patientiam amplectatur.
Tacite: silenziosamente, pacificamente, «quietamente»;
conscientia: silenzio, non delle labbra o della bocca solamente, ma del cuore;
patientiam: pazienza nella sofferenza, perseveranza nell'attesa, fiducia nell'aspettativa: tutto il contesto di questo quarto grado dell'umiltà esprime tale atteggiamento;
amplectatur: abbracciare con ardore, generosità, amore.
Tacite: silenziosamente, pacificamente, «quietamente»;
conscientia: silenzio, non delle labbra o della bocca solamente, ma del cuore;
patientiam: pazienza nella sofferenza, perseveranza nell'attesa, fiducia nell'aspettativa: tutto il contesto di questo quarto grado dell'umiltà esprime tale atteggiamento;
amplectatur: abbracciare con ardore, generosità, amore.
Ecco il vero significato della taciturnitas monastica, la quale è molto di più che una semplice limitazione della parola. L'abate Randolfo, nell'XI secolo, prende l'esempio di Maria per mostrare che anche noi dobbiamo serbare tutti questi misteri, queste realtà nel nostro cuore come in un armadio Chiuso.
Infine è solo attraverso il silenzio che noi abbiamo il diritto e la possibilità di aiutare gli altri a crescere nella loro fede. Lì sta il progetto e la giustificazione di ogni condivisione della nostra fede, di ogni forma di apostolato. A forza di ricordarsi e di contemplare in silenzio i misteri che ella «aveva letto e di cui era stata testimone», Maria è diventata l'«apostolo degli apostoli» nella Chiesa nascente.
Non voglio entrare in una questione controversa, cioè se i ricordi personali di Maria furono o no la fonte d'informazione dei racconti dell'infanzia di Matteo e di Luca. Laurentin, in un'opera assai erudita, ha recentemente sostenuto questa tesi. Una solida tradizione sostiene che Maria trasmise realmente agli apostoli ciò che aveva sperimentato e compreso. Beda il Venerabile, per esempio, afferma che a coloro che la interpellavano per predicare o per scrivere, Maria affidava i suoi ricordi. La stessa cosa è detta da Aimone, nel IX secolo, da Bruno di Segni e da Randolfo, nell'XI secolo, da Aelredo di Rievaulx nel XII secolo, e da altri ancora. Secondo questa tradizione, Maria interpreta, spiega, dà l'esegesi a quelli che hanno il compito di predicare o di scrivere: il suo silenzio era la fonte del suo insegnamento. Un certo Pseudo Gerolamo, monaco dell'XI secolo, spiega che, dopo la risurrezione di Gesù, «ella rimase con gli apostoli fino alla sua assunzione, il tempo sufficiente per istruirli sul Verbo incarnato, poiché ella stessa aveva ricevuto ogni spiegazione dallo Spirito Santo».
Nella biblioteca di Alcuino dell'abbazia di Saint John, una statua scolpita da padre Hugh Wiltzman rappresenta Maria con le mani tese. Stretta a sé, invece del bambino Gesù così come si vede abitualmente, tiene una pergamena che riporta i simboli dei quattro evangelisti, come per affermare che i vangeli sono contenuti in Maria, nella «Madonna dei vangeli». La veste è aperta e avvolge il Libro dei vangeli che sembra uscire da lei. Non a caso questa statua si trova nella biblioteca. Infatti nei monasteri medievali la biblioteca, o l'armadio contenente i manoscritti, era spesso posta sotto la protezione della Vergine benedetta, o addirittura collocata nella navata della cappella della Vergine.
La Vergine al telaio, 1504, Pittore anonimo, Chiesa di San Primo (Kamnik)
Conclusione
Maria è il nostro modello, possiamo dire, nella condivisione del messaggio di Cristo, come lo è nell'ascolto e nello studio della verità divina. Come Maria, noi siamo in ricerca e tentiamo di approfondire la Verità incarnata, di meditare la parola di Gesù. Il mistero dell'incarnazione le fu rivelato gradualmente: ella ha dovuto sperimentare i rinvii e le dilazioni di Dio. La pazienza che ella ebbe e di cui tutti abbiamo bisogno, quella crescita verso una luce più grande attraverso l'oscurità, è caratteristica del nostro modo di comprendere e della nostra libertà che sono, in sostanza, la nostra dignità. La comprensione della Verità rivelata non è immediata né automatica, ma richiede tempo e sforzo da parte dei credenti, specialmente nel mondo monastico. Possiamo concludere con un passo del concilio Vaticano II, nel quale la crescita della fede e della comprensione sono rinviati all'esperienza vissuta da Maria: « ... Cresce infatti la comprensione tanto delle cose quanto delle parole trasmesse... con la riflessione dei credenti che (come è detto di Maria) "le meditano in cuor loro" (Lc 2, 19.51)».
Papa Paolo VI ne fece un'applicazione particolare alle religiose contemplative, in un discorso pronunciato il 2 febbraio 1966: «Maria [è] modello e maestra di interiorità spirituale...Tutti dobbiamo imitare la Madonna nel ripensare Gesù, le sue parole e i suoi esempi».
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.