domenica 17 novembre 2013

Salmo 3 “Signore quanti sono i miei oppressori!”


1 Salmo. Di Davide. Quando fuggiva davanti al figlio Assalonne.
2 Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.
3 Molti dicono della mia vita:
«Per lui non c’è salvezza in Dio!».
4 Ma tu sei mio scudo, Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
5 A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.
6 Io mi corico, mi addormento e mi risveglio:
il Signore mi sostiene.
7 Non temo la folla numerosa
che intorno a me si è accampata.
8 Sorgi, Signore! Salvami, Dio mio!
Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici,
hai spezzato i denti dei malvagi.
9 La salvezza viene dal Signore:
sul tuo popolo la tua benedizione.


Questa breve composizione, usata come preghiera del mattino nelle liturgie orientali, oscilla tra il lamento e la fiducia. Il tutto ruota a tre personaggi: essi (i nemici, “numerosi”); tu (Dio salvatore); io (l’orante).
1. I nemici. Il Salmista entra in scena con una descrizione dal vivo della sua situazione drammatica in cui imperversano gli avversari, chiamati “oppressori”. Il gran numero dei nemici fa da contrasto stridente con la solitudine dell’orante che è immerso nella palude dell’angoscia e perfino dell’abbandono apparente di Dio. Ma a questo punto attorno al giusto, si avverte, come imminente, una svolta che sarà segnata da un decisivo “ma…” .
2. Tu, Dio. Il centro del Salmo è proprio qui, nel fondamentale “ma” del v. 4 che segna il passaggio dall’oscurità alla luce, dal lamento alla fiducia, dall’incubo alla speranza. Il “tu” di Dio domina ora la scena e crea un mutamento di atmosfera (v. 5). Al numeroso esercito degli avversari si oppone ora solo la “difesa” divina, il Signore si avvicina e “solleva” il capo del suo fedele perché dall’umiliazione passi alla gloria del trionfo. Il grido di invocazione del fedele non cade nel nulla, ma viene raccolto dal Signore che è vicino ai giusti con la sua presenza dal “suo monte santo”.
3. Io, l’orante. La notte, l’oscurità che fa da sfondo alla breve strofa dei vv. 6-7, è l’immagine del dolore da cui si spera di essere salvati. Attorno al giusto è quasi schierato un esercito come per un assedio. Ma il cuore del fedele è sereno perché egli ha affidato la sua sopravvivenza all’Onnipotente per eccellenza.
Il carme si avvia alla conclusione con un inno quasi marziale al quale si associa l’intera assemblea liturgica. L’inno (vv. 8-9) si apre con una celebre implorazione: “Sorgi!”. Si tratta di un’allusione pittoresca (antropomorfismo) alla “sveglia” di Dio dopo il “sonno” del suo silenzio. Il Dio apparentemente sordo e addormentato ora interviene sfoderando tutte le sue energie di giudizio e di salvezza. Al risuonare del grido di guerra, lanciato dal fedele nella preghiera, i nemici fuggono
atterriti perchè su di loro sta per incombere il Giudice supremo, il Creatore.
L’azione di questo grande giustiziere è espressa nel linguaggio veterotestamentario della legge del
taglione: egli si sfoga “sulla guancia dei nemici, spezzando i denti ai peccatori”, ai quali strappa l’innocente.
Il versetto finale estende la preghiera a tutta la comunità che desidera porsi sotto la protezione divina. Il caso personale dell’ “io” del Salmo diventa un’esperienza vissuta da tutti, dal “noi”dell’intera comunità radunata nel nome del Signore e assediata da pericoli, da persecuzioni e da oscurità.



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