1 Salmo. Di Davide. Quando fuggiva davanti al figlio Assalonne.
2 Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.
3 Molti dicono della mia vita:
«Per lui non c’è salvezza in Dio!».
4 Ma tu sei mio scudo, Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
5 A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.
6 Io mi corico, mi addormento e mi risveglio:
il Signore mi sostiene.
7 Non temo la folla numerosa
che intorno a me si è accampata.
8 Sorgi, Signore! Salvami, Dio mio!
Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici,
hai spezzato i denti dei malvagi.
9 La salvezza viene dal Signore:
sul tuo popolo la tua benedizione.
Questa breve
composizione, usata come preghiera del mattino nelle liturgie orientali,
oscilla tra il lamento e la fiducia. Il tutto ruota a tre personaggi: essi (i
nemici, “numerosi”); tu (Dio salvatore); io (l’orante).
1. I nemici. Il Salmista
entra in scena con una descrizione dal vivo della sua situazione drammatica in
cui imperversano gli avversari, chiamati “oppressori”. Il gran numero dei nemici
fa da contrasto stridente con la solitudine dell’orante che è immerso nella
palude dell’angoscia e perfino dell’abbandono apparente di Dio. Ma a questo
punto attorno al giusto, si avverte, come imminente, una svolta che sarà
segnata da un decisivo “ma…” .
2. Tu, Dio. Il centro del
Salmo è proprio qui, nel fondamentale “ma” del v. 4 che segna il passaggio
dall’oscurità alla luce, dal lamento alla fiducia, dall’incubo alla speranza.
Il “tu” di Dio domina ora la scena e crea un mutamento di atmosfera (v.
5). Al numeroso esercito degli avversari si oppone ora solo la “difesa” divina,
il Signore si avvicina e “solleva” il capo del suo fedele perché
dall’umiliazione passi alla gloria del trionfo. Il grido di invocazione del
fedele non cade nel nulla, ma viene raccolto dal Signore che è vicino ai giusti
con la sua presenza dal “suo monte santo”.
3. Io,
l’orante. La
notte, l’oscurità che fa da sfondo alla breve strofa dei vv. 6-7, è l’immagine del
dolore da cui si spera di essere salvati. Attorno al giusto è quasi schierato
un esercito come per un assedio. Ma il cuore del fedele è sereno perché egli ha
affidato la sua sopravvivenza all’Onnipotente per eccellenza.
Il carme si
avvia alla conclusione con un inno quasi marziale al quale si associa l’intera
assemblea liturgica. L’inno (vv. 8-9) si apre con una celebre implorazione: “Sorgi!”.
Si tratta di un’allusione pittoresca (antropomorfismo) alla “sveglia” di
Dio dopo il “sonno” del suo silenzio. Il Dio apparentemente sordo e
addormentato ora interviene sfoderando tutte le sue energie di giudizio e di salvezza.
Al risuonare del grido di guerra, lanciato dal fedele nella preghiera, i nemici
fuggono
atterriti
perchè su di loro sta per incombere il Giudice supremo, il Creatore.
L’azione di
questo grande giustiziere è espressa nel linguaggio veterotestamentario della
legge del
taglione: egli
si sfoga “sulla guancia dei nemici, spezzando i denti ai peccatori”, ai
quali strappa l’innocente.
Il versetto
finale estende la preghiera a tutta la comunità che desidera porsi sotto la
protezione divina. Il caso personale dell’ “io” del Salmo diventa
un’esperienza vissuta da tutti, dal “noi”dell’intera comunità radunata
nel nome del Signore e assediata da pericoli, da persecuzioni e da oscurità.
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