domenica 17 novembre 2013

Concilio di Costantinopoli o II Ecumenico


Il secondo concilio ecumenico, convocato a Costantinopoli nel 381 da Teodosio; questi voleva buttare fuori dalla chiesa le eresie apparse nell’epoca ariana, regolare alcune liti apparse attorno al legittimo possedimento dei troni arcivescovili e far trionfare l’ortodossia. Questo sinodo condannò gli ariani Sabelliani, Pneutomachi   e Apollinari . L’opinione diffusa che questo concilio ha solo aggiunto al simbolo della fede di Nicea l’articolo sullo Spirito santo non è corretta. Molti ricercatori affermano che questo concilio, dovendo fare fronte alle nuove eresie, cambiò il simbolo delle fede di Nicea. Ma questa opinione non è corretta. Prima di tutto il sinodo di Costantinopoli non poteva cambiare il simbolo della fede di Nicea dato che esso all’inizio non era un sinodo ecumenico. In effetti Teodosio convoco’ questo sinodo solo come un sinodo dell’impero orientale, perché ancora non era l’unico imperatore Romano. Un anno dopo venne chiamato ecumenico dai padri che avevano partecipato ad esso, ma solo perché rappresentava l’intero stato orientale. Anche i sinodi d’Africa nella stessa maniera venivano chiamati ecumenici (universales). Il terzo concilio ecumenico (431) cita solo il sinodo di Nicea, mentre il falso sinodo del 449 cita solo il primo e il terzo (431), mentre il terzo (431) lo chiama secondo. Il secondo concilio ecumenico viene riconosciuto ecumenico dal sinodo di Calcedonia (451), in questo senso viene riconosciuto questo concilio come secondo anche dall’occidente.

Ritornando ora al simbolo della fede, il secondo concilio non poteva quindi cambiare il simbolo della fede di Nicea, non solo perché - come abbiamo visto - non era ancora un concilio ecumenico, ma anche perché  il primo canone del secondo concilio ecumenico diceva che le decisioni di Nicea dovevano restare immutate “la professione di fede dei 318 santi Padri, raccolti a Nicea di Bitinia non deve essere abrogata, ma deve rimanere salda”. Se il sinodo di Costantinopoli avesse cambiato il simbolo di Nicea, non avrebbe certo scritto questo canone. Per questo è molto più probabile che il secondo concilio ecumenico, dato che doveva fare fronte a nuove eresie, fu costretto, per non abolire il simbolo di Nicea, ad articolare un nuovo simbolo della fede. E’ evidente che il simbolo della fede di Costantinopoli venne considerato meno importante di quello di Nicea. Per questo, alcuni li riunivano tutti e due e li chiamavano simbolo di Nicea (Antiocheni), altri si limitavano solo al simbolo di Nicea (Alessandrini). Il quarto concilio di Calcedonia (451) mise subito dopo il simbolo di Nicea anche il simbolo di Costantinopoli ed aggiunse queste parole “basta questo saggio e portatore di salvezza della grazia divina simbolo per arrivare alla completa pietà e conoscenza” , riferendosi a tutti e due i simboli. Come dunque il sinodo di Calcedonia riconobbe il secondo concilio di Costantinopoli quale concilio ecumenico, allo stesso modo anche il simbolo di Costantinopoli, che d’ora in avanti rimarrà per giungere fino a noi. Il simbolo del secondo concilio ecumenico prese forma da precedenti antichi simboli e dalle decisioni del concilio di Antiochia (379). Tale  concilio, che condannò gli Pneumatomachi, ebbe come presidente Meletio, vescovo di Antiochia, che fu presidente anche del secondo concilio ecumenico. Dopo la sua morte, avvenuta durante il concilio, la presidenza fu di Gregorio il Teologo.

Il secondo concilio ecumenico confermo’ l’elezione di Gregorio al trono arcivescovile della Nuova Roma. Ma Gregorio dovette affrontare un problema assai difficile. Gregorio era infatti amico di Melezio che, come abbiamo visto, era vescovo di Antiochia e presidente del secondo concilio ecumenico. Questo vescovo era anche un omoioousiano, eletto dagli ariani in sostituzione del vescovo ortodosso deposto Eustachio, per questo non riconosciuto dagli ortodossi (Eustachiani). Quegli ariani  (omoiousiani)   erano più vicini agli ortodossi. Credevano giustamente nella distinzione fra Padre e Figlio (due persone distinte), ma non riconoscevano il termine “consustanziale” del primo concilio ecumenico.  Erano però  pronti ad accettare il  termine “simile sostanza” (omoia ousia), cioè che la sostanza del Padre del Figlio e dello Spirito sono simili (omoia). Per essere onesti, gli omoiousiani  ancora credevano che la parola “sostanza” e la parola “ipostasi” fossero la stessa cosa. Per questo non potevano riconoscere che il Padre e il Figlio avessero la stessa sostanza, parlavano allora di tre ipostasi nella Trinità, per non fare confusione fra Padre e Figlio, come fece Sabellio.  Dopo la chiarificazione di Atanasio e ancor piu’ dopo la chiarificazione teologica di Basilio e di Gregorio, la maggioranza di loro diventano ortodossi riconoscendo il consustanziale di Nicea. Meletio dunque, essendo omoiousiano, era molto vicino all’ortodossia. Per questo gli ariani di Antiochia elessero un altro vescovo. Molti cristiani pero’ rimangono fedeli a Meletio. Il sinodo di Alessandria del 362 mise le basi dell’unione dogmatica ed ecclesiastica fra omoioousiani ed ortodossi, fra Meletiani e Eustachiani. L’unione però ecclesiastica non si è potuta avverare perché in Anthiochia arrivo’  il vescovo Lucifer, esiliato da Karalis (Cagliari). Lui  consacro’  Paulino, vescovo ortodosso. Alessandria, Roma  e i vescovi Illirici  riconoscono Paulino, mentre gli altri confermano Meletio (scisma Meletiano). Basilio e Gregorio erano amici di Meletio. Il vescovo di Alessandria Petro voleva che diventasse arcivescovo di Costantinopoli il cinico Massimo, non certo Gregorio. Per questo lo consacrò vescovo, quindi si recò a Salonicco per incontrare Teodosio. L’imperatore però non accetto’ Massimo, confermando vescovo Gregorio. Melezio, nel secondo concilio ecumenico, impedì quindi ai vescovo di Alessandria ed Illiria di prendervi parte, accusandoli di non riconoscerlo come  arcivescovo di Antiochia (Scisma Meleziano). Quando durante il secondo concilio ecumenico muore Melezio, Gregorio, diventa, come abbiamo visto, presidente del concilio e  sacrifica la sua amicizia personale.  Per portare pace alla chiesa propone ai  vescovi che erano presenti di non fare un altro vescovo di Antiochia,  ma di accettare Paulino, per unificare gli omoioousiani con gli ortodossi, anche ecclesiasticamente. Ma essi, volendo rimanere fedeli alla memoria di Melezio, rifiutano la proposta. Allora Teodosio invito’ i vescovi di Alessandria sicuro del loro appoggio alla posizione di Gregorio. Essi invece non gli diedero fiducia, a causa della sua amicizia con Melezio.  Gregorio non riuscì a far prevalere la sua tesi, si ammalo’ e divenne estraneo ai giochi politico-religiosi. Al suo ritorno venne contestato anch’egli, basandosi sul XV canone del primo concilio ecumenico, in base al quale non era lecito ad un vescovo trasferirsi da una sede all’altra. Lui infatti era anche vescovo di Spasima: situazione molto difficile.  Gregorio non era una persona che poteva reggere a simili battaglie. Non aveva amore per la gloria, né il desiderio di lottare per il trionfo delle proprie convinzioni. Così quando vide la confusione che si creava nel sinodo a causa sua, diede le sue dimissioni con ogni umiltà. Rivolgendosi al sinodo disse:
“Uomini pastori e compastori del popolo di Dio. Non è degno di voi quanto agli altri insegnate la pace, che voi fra di voi fate la guerra; come convincere gli altri di andare d’accordo se voi non siete uno fra di voi? E se io sono la causa di questo dissenso, non sono meno composto del profeta Giona; buttatemi in mare per cessare il mar mosso che ha me come causa. Anche se sono innocente sono deciso di subire tutto per farvi diventare uno. Mandatemi via dalla Città, mandatemi fuori dal trono arcivescovile. Amate solo la verità e la pace come il profeta Zaccaria. Dovete essere coraggiosi e non  devono influenzare le vostre decisioni  i miei dolori”

Dopo la dimissione di Gregorio, patriarca di Costantinopoli e presidente del secondo concilio ecumenio diviene Nectarios

CANONI

I. Che le decisioni di Nicea restino immutate; della scomunica degli eretici.
La professione di fede dei trecentodiciotto santi Padri, raccolti a Nicea di Bitinia non deve essere abrogata, ma deve rimanere salda; si deve anatematizzare ogni eresia, specialmente quella degli Eunomiani o Anomei, degli Ariani o Eudossiani, dei Serniariani e Pneumatomachi, dei Sabelliani, dei Marcelliani, dei Fotiniani e degli Apollinaristi.

II. Del buon ordinamento delle diocesi, e dei privilegi dovuti alle grandi città dell'Egitto, di Antiochia, di Costantinopoli; e del non dover un vescovo metter piede nella chiesa di un altro.
I vescovi preposti ad una diocesi non si occupino delle chiese che sono fuori dei confini loro assegnati né le gettino nel disordine; ma, conforme ai canoni, il vescovo di Alessandria amministri solo ciò che riguarda l'Egitto, i vescovi dell'Oriente, solo l'oriente, salvi i privilegi della chiesa di Antiochia, contenuti nei canoni di Nicea; i vescovi della diocesi dell'Asia, amministrino solo l'Asia, quelli del Ponto, solo il Ponto, e quelli della Tracia, la Tracia.
A meno che vengano chiamati, i vescovi non si rechino oltre i confini della propria diocesi, per qualche ordinazione e per qualche altro atto del loro ministero. Secondo le norme relative all'amministrazione delle diocesi, è chiaro che questioni riguardanti una provincia dovrà regolarle il sinodo della stessa provincia, secondo le direttive di Nicea. Quanto poi alle chiese di Dio fondate nelle regioni dei barbari, sarà bene che vengano governate secondo le consuetudini introdotte ai tempi dei nostri padri.

III. Che dopo il vescovo di Roma, sia secondo quello di Costantinopoli.
Il vescovo di Costantinopoli avrà il primato d'onore dopo il vescovo di Roma, perché tale città è la nuova Roma.

IV. Della illecita ordinazione di Massimo.
Quanto a Massimo il Cinico e ai disordini avvenuti a Costantinopoli per causa sua intorno a lui, questo grande sinodo giudica che Massimo non è mai stato né è vescovo, e non lo sono quelli che egli ha ordinato in qualsiasi grado del clero: tutto quello, infatti, che è stato compiuto a suo riguardo o da lui è da considerarsi nullo.

V. Il tomo degli Occidentali è bene accetto.
Per quanto riguarda il tomo (=documento) degli Occidentali, anche noi riconosciamo quelli di Antiochia che professano la medesima divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

VI. Chi può essere ammesso ad accusare un vescovo o un chierico.
Poiché molti volendo turbare e sconvolgere l'ordine ecclesiastico, da veri nemici e sicofanti, inventano accuse contro i vescovi ortodossi incaricati del governo della Chiesa, nient'altro cercando che di contaminare la buona fama dei sacerdoti e di eccitare tumulti tra i popoli che vivono in pace, è sembrato bene al santo concilio dei vescovi radunati a Costantinopoli di non ammettere gli accusatori senza previo esame, né di permettere a chiunque di poter formulare accuse contro gli amministratori delle diocesi, né, d'altra parte, di respingere tutti. Se, quindi, uno ha dei motivi privati, personali, contro il vescovo, perché sia stato defraudato, o perché abbia dovuto sopportare da parte sua qualche altra ingiustizia, in questo genere di accuse non si guardi né alla persona dell'accusatore, né alla sua religione. E’ necessario, infatti, assolutamente, che la coscienza del vescovo si conservi libera dalla colpa e che quegli che afferma di essere trattato ingiustamente, quali che possano essere i suoi sentimenti religiosi, ottenga giustizia. Se, però, l'accusa che si fa al vescovo ha attinenza con la religione in sé e per sé, allora bisogna tener conto della persona degli accusatori. In questo caso, primo, non si permetta agli eretici di formulare accuse contro i vescovi ortodossi in cose riguardanti la chiesa (per eretici intendiamo sia quelli che già da tempo sono stati pubblicamente banditi dalla Chiesa, sia quelli che poi noi stessi abbiamo condannato; sia quelli che mostrano di professare una fede autentica, ma in realtà sono separati e si riuniscono contro i vescovi legittimi). Inoltre, quelli che sono stati condannati, scacciati o scomunicati per vari motivi dalla Chiesa, sia chierici che laici, non possono accusare un vescovo, prima di essersi lavati della loro colpa. Analogamente non possono accusare un vescovo o altri chierici, coloro che siano sotto una precedente accusa, se prima non abbiano dimostrato di essere innocenti delle colpe loro imputate. Se, però, vi è chi senza essere eretico, né scomunicato, né condannato o accusato di alcun delitto, ha delle accuse in cose di chiesa contro il vescovo, questo santo sinodo comanda che questi presenti la sua accusa ai vescovi della provincia e dimostri davanti a loro la fondatezza delle accuse. Se poi i vescovi della provincia non sono in grado di correggere le mancanze di cui viene accusato il vescovo, allora gli accusatori possono adire anche il più vasto sinodo dei vescovi di quella diocesi (cioè il sinodo patriarcale), che saranno convocati proprio per questo. Non può però, essere ammesso a provare l'accusa, chi non abbia prima accettato per iscritto di subire una pena uguale a quella che toccherebbe al vescovo se nell'esame della causa si constatasse che le accuse contro il vescovo erano calunnie. Se qualcuno, disprezzando ciò che è stato decretato, osasse importunare l'imperatore, o disturbare i tribunali civili, o il concilio ecumenico, con disprezzo di tutti i vescovi della diocesi, la sua accusa non deve essere ammessa, perché egli ha disprezzato i canoni, ed ha tentato di sconvolgere l'ordine ecclesiastico.

VII. Come bisogna accogliere coloro che si avvicinano all'ortodossia.
Coloro che dall'eresia passano alla retta fede nel novero dei salvati, devono essere ammessi come segue: gli Ariani, i Macedoniani, i Sabaziani, i Novaziani, quelli che si definiscono i Puri (Catari), i Sinistri, i Quattuordecimani o Tetraditi e gli Apollinaristi, con l'abiura scritta di ogni eresia, che non s'accorda con la santa chiesa di Dio, cattolica e apostolica. Essi siano segnati, ossia unti, col sacro crisma, sulla fronte, sugli occhi, sulle narici, sulla bocca, sulle orecchie e segnandoli, diciamo: Segno del dono dello Spirito Santo. Gli Eunomiani, battezzati con una sola immersione, i Montanisti, qui detti Frigi, i Sabelliani, che insegnano l'identità del Padre col Figlio e fanno altre cose gravi, e tutti gli altri eretici (qui ve ne sono molti, specie quelli che vengono dalle parti dei Galati); tutti quelli, dunque, che dall'eresia vogliono passare alla ortodossia, li riceviamo come dei gentili. E il primo giorno li facciamo cristiani, il secondo, catecumeni; poi il terzo, li esorcizziamo, soffiando per tre volte ad essi sul volto e nelle orecchie. E così li istruiamo, e facciamo che passino il loro tempo nella chiesa, e che ascoltino le Scritture; e allora li battezziamo.









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