2 Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia!
Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.
3 Fino a quando, voi uomini, calpesterete il mio onore,
amerete cose vane e cercherete la menzogna?
4 Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta quando lo invoco.
5 Tremate e più non peccate,
nel silenzio, sul vostro letto, esaminate il vostro cuore.
6 Offrite sacrifici legittimi
e confidate nel Signore.
7 Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».
8 Hai messo più gioia nel mio cuore
di quanta ne diano a loro grano e vino in abbondanza.
9 In pace mi corico e subito mi addormento,
perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.
Un’atmosfera di
pace e di serenità avvolge questo carme notturno dominato dalla fiducia in Dio:
“In pace mi corico e subito mi addormento” (v. 9). L’orante è un
testimone privilegiato dell’amore di Dio e il suo messaggio di fiducia passa
intatto anche attraverso il freddo e l’oscurità della notte. Infatti nel Salmo
c’è una venatura di angoscia, rappresentata dal segno della notte, ma essa ha
lo scopo di far risaltare più nitidamente la gioia della fiducia. Il carme si
sviluppa in tre movimenti.
1. L’avvio del
Salmo (v. 2) ha la tonalità di una lamentazione. Due sono gli interlocutori: l’io
del salmista e Dio “mia giustizia”, espressione che nel linguaggio
biblico significa salvezza, offerta di liberazione e di speranza. Le angosce da
cui l’orante si sente liberato, sono paragonate a un carcere entro cui l’uomo
si sente rinchiuso. Dio spalanca davanti al perseguitato un orizzonte luminoso
di felicità, eco della gioiosa libertà nomade delle origini di Israele.
2. Il messaggio
centrale del Salmo (vv. 3-7) è un vigoroso appello a optare per Dio, abbandonandosi
al suo progetto e al suo amore, vincendo ogni tentazione di sfiducia.
L’appello
dell’orante ai suoi interlocutori è segnato da sette imperativi: “Sappiate… tremate…”
(vv. 4-6). Essi vengono ammoniti a distaccarsi dalle “cose vane” e
dalla “menzogna”. Il salmista invita i suoi interlocutori a “non
peccare” (vv, 5-7) e a riflettere compiendo un esame di coscienza nel
segreto della notte quando si è sul “letto”. Nella calma della notte l’uomo
scopre con terrore il suo peccato, ma attraverso il pentimento arriva alla conversione
e ritrova la serenità dello spirito.
3. A questo
punto l’orante chiude il suo carme con un finale maestoso: “Hai messo più
gioia nel mio cuore…” (vv. 8-9) nel quale ci offre quasi un profilo
autobiografico: una vita serena e felice, deposta nelle mani del Signore. La
notte scende ma il cuore è colmo di gioia e di speranza e attende lo schiudersi
di una nuova giornata. La gioia e la pace sono i due sentimenti che reggono
questa strofa. Essi sono misurati su simboli di tipo agricolo: vino e frumento,
che sono i segni del benessere e della pace. Nella Bibbia insieme all’ulivo,
sono quasi, i frutti nazionali. Il Salmo si chiude su un notturno molto
delicato, dominato dall’immagine del sonno, segno del riposo ma anche, nella
simbologia biblica, della rivelazione divina (il sogno).
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