Nulla di certo si conosce sulla figura di san Vito, eccetto
che il suo culto è molto antico e che soffrì la passione probabilmente
al tempo di Diocleziano. La tradizione lo vuole nativo della Sicilia. Vi
è una certa confusione anche circa il luogo del suo martirio, che la
maggior parte delle fonti indica tuttavia in Lucania. Nel VII secolo una
passio leggendaria gli affianca due compagni di martirio, Modesto e
Crescenzia, presentati come il pedagogo e la nutrice del santo,
il culto dei quali fu inserito nel Calendario romano solo nel sec. XI.
Infatti, tutte le fonti più antiche riferiscono di un culto al solo
Vito, così in diversi Sinassari, nel Martirologio Geronimiano, nel
martirologio di Beda, nell’antico martirologio Inglese; in particolare
il Sacramentario Gelasiano e un antico Evangeliario del Sud Italia
assegnano alla sua festa (15 giugno) una pericope di guarigione dalla
possessione demoniaca e dalla malattia. Nel medioevo in Inghilterra la
maggior parte delle abbazie celebrava solamente la memoria di Vito e
Modesto senza Crescenzia, eccetto cinque abbazie che seguivano il rito
di Sarum che aggiunsero il nome della santa.
Al tempo
di papa Gelasio (492-496) un’antica chiesa venne dedicata al culto di
san Vito a Roma sul colle Esquilino.
Le
reliquie del santo sono sparse in diversi luoghi. Particolarmente
venerate in Sicilia: a Mazara del Vallo, città che ne rivendica i
natali, ove si custodisce il cuore del santo; sue reliquie insigni si
trovano anche a Ciminna e a Regalbuto. Nel medioevo alcune reliquie
vennero trasferite a Saint-Denis a Parigi ed a Praga ove il santo
principe Wenceslaus gli dedicò la cattedrale. Una grande devozione per
san Vito si sviluppò anche in Germania, quando sue reliquie furono
traslate all’Abbazia di Corvey in Sassonia nell’836. A Roma, presso la
diaconia di san Vito, si custodisce un busto reliquiario che viene
recato in processione il giorno della festa del santo. Una piccola
reliquia è venerata presso la parrocchia ortodossa russa di
sant’Ambrogio in san Vito al Pasquirolo a Milano.
La
celebrazione del Giorno di San Vito (Vidovdan) è una delle feste
religiose e nazionali più importanti della Serbia. Ogni anno si svolge
una celebrazione a Gracanica e nel sito adiacente di Gazimestan in cui
ebbe luogo la storica battaglia del Kosovo nel 1389, quando un gruppo di
soldati cristiani guidati dal santo principe serbo Lazar affrontò
l’esercito invasore ottomano del sultano Murat, combattendo fino al
martirio.
La
memoria del santo martire Vito è unanimemente celebrata dai cristiani il
15 giugno, dies natalis del santo, in alcuni sinassari slavi è anche
celebrata il 16 maggio[1].
Acta
sanctorum Viti, Modesti et Crescentiae Martyrum
I. Al tempo
che infieriva la persecuzione di Diocleziano, giunse avviso al preside
Valeriano che il fanciullo Vito, figlio del patrizio Ila, er’adoratore
di Cristo. A sé chiamato il padre gli disse: Ch’è mai questo che mi
vien riferito, tuo figlio prestare culto a Dio de’ Cristiani?
Lo che
avendo udito, e tornato a casa, Ila chiamò Vito e gli disse: Accetta
carissimo, un mio consiglio salutare; rinunzia alla superstizione, di
cui ti se’ fatto una pratica laboriosa in onore di non so qual
trapassato, se non vuoi che contro te infierisca la collera del
Principe, a rovina tua ed angoscia mia.
Vito:
Piacesse a Dio, padre mio, che tu ponessi studio a risapere chi e quale
fu quello che sprezzantemente appelli non so qual trapassato! al
culto che gli professo assentiresti, perocch’egli è Cristo Figlio di
Dio, che cancella i peccati del mondo.
Ila:
Emmi noto Cristo, che dici Dio, essere stato, a provocazione degli
Ebrei, per consenso di Pilato, flagellato, e crocifisso in Palestina.
Vito:
Ciò accadde come dici: ma in ciò si
comprende un grande, sacro, prodigioso mistero[2].
Ila: Per
quanto spetta al fatto, dillo piuttosto supplizio che mistero.
Vito: M’odi
paziente, e dà luogo alla verità. La passione e morte di nostro Signor
Gesù Cristo, ci è redenzione, e tieni per certo che niuna considerazione
o paura al mondo potrebbe indurmi a rinnegare la gratitudin dovuta a
tanto beneficio.
II. Miracoli di ciechi illuminati, d’infermi sanati operava Vito; i
demoni ne diffusero il grido, e Valeriano chiamò nuovamente Ila: So
di certo, dicendogli, che tuo figlio si è fatto sempre più
apertamente cultore di Cristo, e spregiatore degli Dei; eppertanto
reputo prezzo dell’opera restituirlo io stesso sulla buona via.
Venne Vito, e lo interrogò il preside: Perché non sagrifichi ai numi?
Ignori che Cesare decretò, sieno puniti gli adoratori del Galileo?
Vito pieno dello
Spirito Santo, di nulla temendo, benché temere sia proprio della
fanciullezza, crocesegnatosi il fronte, rispose: Non rend’onore a
demonii né spreco venerazione ad opere di scoltura; perché tengomi il
Figlio del Do vivente qual Dio esso stesso, ed a Lui fedelmente serve la
mia anima.
Ila presente scoppiò in lamenti: Abbiate compassione di me, che sto
per perdere il figlio.
Vito al padre:
Nol perdi se lo accoglie la congregazione dei giusti.
Valeriano: La
nobiltà de’ tuoi natali, o fanciullo, e l’amicizia che porto al tuo
genitore mi hanno finor trattenuto dal procedere contro di te qual
sacrilego, in conformità ai decreti imperiali: adesso che di palese
singolare pervicacia dai segno, vo’ provarmi a guarirtene per via d’un
qualche gastigo – e lo fece frustare; indi soggiunse: Ora ti
arrendi e sagrifica.
Vito: Già te l’ho detto che son adoratore di Cristo.
Valeriano ordinò colpi più gagliardi; ma gli sgherri al primo alzare le
braccia se le sentirono paralizzate, e la mano del preside fu colpita
d’insensibilità: chiamò Ila e: mi avvedo, gli disse, che tuo
figlio è mago.
Vito: Non mago, ma servo di Cristo, che risuscita i morti: nel nome
suo posso guarirti: alzò gli occhi al cielo, e la mano tornò sana al
preside che consegnò il fanciullo al padre raccomandandogli di farlo
rinsavire.
Ila ricorse a blandimenti: circondò Vito di suoni, canti, danze cercando
ritrarlo dalla osservanza di Dio; le camere in cui giacea confinato
erano adobbate di tappeti e marmi preziosi. Il fanciullo supplicò il
Signore: Soccorrimi che il
demonio no mi vinca, e le genti non abbian a dire: dov’è il Dio di
costui?[3]
La camera s’illuminò di mirabile splendore, e olezzò d’incomparabile
fragranza. Ila, e i servi, che origliavano, e spiavano per la porta
socchiusa, stupirono; ed Ila mirò dodici angili alati stupendamente
belli: lo accecò quella luce, imparando egli a proprie spese gli arcani
celesti non rendersi impunemente accessibili che a cuori puri. Vito
intanto, ignaro dell’accaduto, continuava a pregare Dio pel padre, che
gli aprisse lo intelletto. Gl’improvvisi lamenti d’Ila: Ohimè son
cieco! – posero in scompiglio la casa. Riseppelo Valeriano e
accorse: trovò Ila trangosciato, e lo trasse al tempio di Giove, a cui
votossi dicendo: Se mi restituisci la vista, ti sagrificherò infinite
vittime. Crebbegli lo spasimo.
Vito allora supplicò a questo modo: Signore che illuminasti Tobia,
abbi compassione di mio padre se vien a credere in Te – e voltosi ad
Ila gli disse: Vuoi risanare?
Ila: Lo
voglio!
Vito: Dei rinunciare agli idoli.
Ila: Come vi
si rinunzia?
Vito:
Reputandoli, quai sono, dèmoni non dei; e nei simulacri, sinora da te
venerati, non accogliersi potenza alcuna.
Ila: Eccomi
pronto.
Vito: Vedo che
ti domina paura, non convinzione: nientedimeno, acciò costoro credano in
Gesù Cristo, e glorifichino il suo nome, lo implorerò: ed ecco Ila
riacquistare la vista…
Milano, san Vito al Pasquirolo, catino absidale: l’angelo
conduce san Vito al fiume Silaro
|
III. L’Angelo del Signore comparve a Modesto, pio vegliardo, ajo di
Vito; e gli disse: Prendi teco il fanciullo, e scendi al mare: vi
troverai in pronto una barchetta che ti trasferirà dove io son per
adurti.
Il beato Vito
contava dodici anni. L’Ajo lo addusse alla riva; trovaronvi la barca e
l’Angelo.
L’Angelo a Vito: Dove ti drizzi?
Vito: Dove piace al Signore.
L’Angelo: Chi
ti è piloto?
Vito: Cristo a cui serviamo.
Salparono tragittando alla foce del fiume
Silaro: ivi l’Angelo sparì; ed essi posero stanza appié d’un albero,
nudriti da un aquila apportatrice del cibo quotidiano. Stupirono gli
abitanti del dintorno de’ meravigliosi sopraggiunti: Vito ne istruì e
battezzò molti. I dèmoni urlarono:
Che cosa ci abbiamo noi di comune con te, o
Vito: perché venissi ad osteggiarci?[4]
Chiesa parrocchiale dei Santi Vito e Modesto a Bellosguardo,
san Vito libera il figlio di Diocleziano (1391)
|
IV. Il
figlio dell’imperatore Diocleziano era invaso da uno spirito immondo, il
quale per sua bocca dichiarò, che non sarebbe uscito di là se non fosse
stato Vito a cacciarlo. Richiesto dove trovarlo, rispose: Alla foce
del Silaro. Là fu trovato, e menato a Roma con Modesto.
Le forme
della persona e del viso aveva elette; ed occhi spiranti la grazia di
Gesù Cristo. Richiestolo Diocleziano: Sei tu Vito? Vito non
fiatò: Diocleziano sdegnato: perché, gridò, manchi tu alla
riverenza che mi devi con codesto tuo tacere ostinato?
In quel
punto il demonio per bocca dell’ossesso figlio dell’imperatore urlò:
Vito perché mi tormenti? Né Vito fiatò.
Diocleziano
lo interpellò nuovamente: Puoi sanarmi il figlio?
Non io
lo posso, rispose, sibbene
Cristo Figlio di Dio, del quale sono servo. Pregato di farlo, pose
la mano sul capo dell’indemoniato, e tosto il malo spirito se ne partì,
uccidendo molti astanti che si erano fatti beffe del santo Fanciullo.
Diocleziano
a Vito: Sagrifica, e ti farò maggiorente nell’impero per dovizia ed
autorità.
Vito:
Non abbisogno delle tue larghezze. Io mi serberò fido al mio Dio: mi
vestirà Egli di abbigliamento cui niuna tenebra saprà oscurare.
Diocleziano: Sagrifica se ti è caro di vivere.
Vito: Di
ciò che minacci son cupido; perché conseguirò la palma che il Signore si
è degnato promettere a’ suoi cari.
Diocleziano
fe’ chiudere Vito e Modesto in una buja prigione, la quale si rischairò
di vivissima luce, e il Santo Fanciullo fu udito dire:
Come liberasti i tre dalla fornace[5],
e Susanna dalle false testimonianze[6],
così, o Signore, togli noi da questo carcere.
Un
terremoto squassò la prigione, e apparì Cristo dicente:
Vito fa cuore, io sarò sempre teco![7]
I ceppi de’
prigionieri si erano franti e fessi; udire il canto degli angioli:
Sia benedetto il Dio d’Israello
per avere visitato e redento il popol suo![8]
Corsero gli
esterrefatti carcerieri al palazzo imperiale, vociferando come se Roma
perisse: Diocleziano sgridolli degl’impazzati clamori.
Vito,
risposergli, che ci desti
a custodire, sta conversando con un visitatore del quale niun mortale
può sostenere l’aspetto: hanno intorno una moltitudine di bianco-vestiti
che non rifiniscono di cantare.
Diocleziano
fece apprestare l’anfiteatro: Ora vedremo (bestemmiando) se
Cristo saprà cavare costoro dalle ugne delle belve.
Lorchè Vito
e Modesto si trovaron intromessi nell’arena, il Fanciullo disse al
Vecchio: Coraggio, padre! Siamo presso a cogliere la corona.
Assistevano
allo spettacolo migliaia di cittadini.
Diocleziano
a Vito: Dove ti vedi?
Vito non
rispose.
Diocleziano: Dove pensi tu d’essere?
Vito:
Orsù fa presto il diabolico tuo còmpito.
Diocleziano: Provvedi a’ casi tuoi.
Vito:
Maledizione sovra di te, o tentatore! Stupisco della impudenza de’ tuoi
consigli: io mi sto con Cristo, a cui ho fatta oblazione della mia vita.
Diocleziano
fe’ venir fuori un leone che infondeva spavento col solo ruggito, e
disse: Contro questo non prevarranno malie.
Vito:
Stolto! Non comprendesti peranco che sta meco il mio Signore?
Sbucò dal
carcere la tremenda belva, e corse a mansuetamente lambire i piedi al
Fanciullo; il qual apostrofò l’imperatore stupefatto: Vedi, empio,
come gli stessi bruti rendon onore al vero Dio? E tu lo disconosci
mentr’Egli, te lo garantisco io, ti accoglierebbe, solo che volessi
credere in Lui!
Diocleziano: Credi tu, credano i pari tuoi, non io!
Vito:
Ben dicesti. Noi aspiriamo ad
acquistare la celeste corona divenendo figli di Dio per via della Fede[9];
e la Fede, dono celeste, è dinegata ai pari tuoi.
Diocleziano: Molti, a mirare questi tuoi malefizii crederanno nella
Podestà che ti fa domare le fiere.
Vito: Le
creature obbediscono al loro Creatore; questi sono i miei malefizii.
Vergognati! I bruti fanno ciò a cui ti rifiuti tu dotato di ragione, e
per questo da meno dei bruti.
Diocleziano
ordinò che Vito, Modesto, e Crescenzia, in quel punto convertitasi a
Cristo, e che ne avea fatta pubblica dichiarazione, salissero un
divampante rogo.
Vito:
Bel valore di romano imperante tormentare una femmina! - E diessi a
recitare il salmo: Salvaci o Dio
nel tuo nome, e liberaci colla tua potenza![10]
In
quell’istante tremoti e folgori abbatterono un vicino tempio degli idoli
con eccidio di molti, e scosser in ogni parte la cerchia anfiteatrale.
Diocleziano atterrito fuggì battendosi la fronte e gridando:
Maledizione su di me che fui vinto da un fanciullo!
L’Angelo
trasferì Vito e Modesto sulle rive del Silaro appié dell’albero a cui
poco prima erano stati rapiti. Là il Fanciullo pregò in questa forma:
Degnati, o Signore, di esaudire coloro che sarebbonsi gloriati di
renderti testimonianze morendo, liberandoli dai pericoli del secolo,
guidandoli a’ gaudii della eternità felice!
Orato
ch’ebbe così, scese dall’alto una voce: Dio vi esaudisce.
Allora Vito
disse agli astanti: Seppellite i nostri corpi; e ciò che a pro delle
anime vostre chiederete al Signore lo conseguirete per nostra
intercessione.
Ciò detto
le anime beate ascesero al Cielo.
Da: Conte
TULLIO DANDOLO, Roma Cristiana nei primi secoli, vol. II -
Martiri, Assisi 1866, 179-185.
Roma, diaconia dei santi Vito
e Modesto all’Esquilino
|
Immagini:
http://www.oca.org/FSlives.asp
http://www.santamariadellavittoria.it/public/info_18_l-iconografia-di-san-vito_18.asp
http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:San_Vito_in_Pasquirolo_(Milan)_-_Inside
http://www.chiesadisanvito.it
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Chiesa_dei_Santi_Vito_e_Modesto_(back).JPG
http://www.oca.org/FSlives.asp
http://www.santamariadellavittoria.it/public/info_18_l-iconografia-di-san-vito_18.asp
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http://www.chiesadisanvito.it
http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Chiesa_dei_Santi_Vito_e_Modesto_(back).JPG
[1]
29 maggio col nuovo calendario. In occidente il 29 maggio è
celebrata la memoria di un omonimo martire romano.
[2]
Cfr. Filippesi 2, 5-11; Colossesi 1, 26.
[3]
Psalmo 41, 3.
[4]
Cfr. Marco 5, 7.
[5]
Daniele 3.
[6]
Daniele 13.
[7]
Cfr. Matteo 28, 20.
[8]
Luca 1, 68.
[9]
Cfr. Filippesi 3, 14.
[10]
Psalmo 52.
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