sabato 7 settembre 2013

L'icona di Maria SS dell'Elemosina


Nel 1482, a seguito della vittoria dei turchi musulmani sulla terra d'Albania, una colonia di profughi, proveniente dalla città di Scutari e guidata da Cesare De Masi, sbarcò in Sicilia, portando con sè il loro tesoro più prezioso: l'icona bizantina della Madre di Dio, una reliquia del soldato martire d'Arabia, Zenone, e una croce in legno di stile orientale.
La destinazione finale del piccolo gruppo di esuli era Palermo, ove contavano di congiungersi agli altri loro conterranei nell'attuale Piana degli Albanesi. Durante il loro viaggio gli esuli sostarono a 30 km circa da Catania, in un campo denominato "Callicari", proprietà dei Conti Moncada di Adernò. Dopo aver piantato l'accampamento appesero la sacra icona ad un albero di fico ove agevolmente poter svolgere le funzioni di culto. Però, dopo una notte, al mattino, al momento di riprendere il viaggio, gli esuli trovarono la loro icona interamente aggrovigliata fra i rami del fico, cresciuti nottetempo, al punto che non fu loro possibile districarla senza fare danni. L'evento prodigioso fu interpretato come la chiara volontà della Madre di Dio, di rimanere in quel luogo, ove il piccolo gruppo potesse trovare una nuova patria. Lo stesso Conte Gian Tommaso Moncada, signore del luogo, rimase profondamente colpito da quegli accadimenti, concedendo così il massimo dell'ospitalità al piccolo gruppo di albanesi. 
Da allora, le grazie si sono susseguite copiose. Una tradizione popolare basata su numerose testimonianze e prove, vuole che ogni volta che la terra di Biancavilla fosse afflitta da una particolare siccità o da tempeste talmente violente tali da minacciare i raccolti, puntuale fu l'intervento della Santissima Vergine. Nella siccità del 1876, contro le previsioni di molti,  la sacra immagine fu portata in processione con tempo sereno; non appena si giunse alla chiesa di S. Orsola, si riversò una tale ondata di pioggia, da dover tutti riparare nella chiesa per parecchie ore. Un fatto simile accadde di nuovo nel maggio dell’anno 1948, nel secondo giorno di un triduo in onore della Santissima Vergine, secondo la testimonianza diretta del prevosto Gaetano Messina.
Nel 1576 la peste fece grandi stragi in Sicilia, e la vicina cittadina di Paternò ebbe 70 vittime, mentre il popolo di Biancavilla, grazie alle suppliche dei fedeli ne fu del tutto esente.
Nelle continue eruzioni dell’Etna, alle cui falde sorge il paese, nulla si ebbe mai a soffrire; così nel 1536 e nel 1603; ed ancora in quella più spaventosa del 1669, quando tredici paesi etnei furono distrutti. 
L’eruzione del 1879 era addirittura diretta verso Biancavilla! I biancavillesi, però, fidenti saldamente nella loro Madre, le rivolsero suppliche angosciose, finché la lava non ebbe deviato il suo corso "contro tutte le leggi della natura e le previsioni della scienza" al dire dell’illustre vulcanologo dell’Università di Catania, il prof. Silvestri. 
Fenomeno analogo accadde a Vena. 
Biancavilla è rimasta incolume anche da frequenti terremoti: una scossa violenta si ebbe nel 1693, provocando molte vittime in tutta la Sicilia orientale (16.000 vittime a Catania, 4.000 a Siracusa, etc.) e specialmente nei paesi vicini a Biancavilla, che rimase illesa.
Dal 2 Marzo 1883, per parecchi mesi si ebbero serie di terremoti giornalieri senza interruzione, sì da costringere gli abitanti a rifugiarsi fuori dell’abitato, in capanne improvvisate. Le preghiere ferventi dei fedeli ottennero da Maria SS. che nessuna casa crollasse e che non vi fosse nessuna vittima.
Un ulteriore evento miracoloso si replicò il 30 Giugno 1942, quando un terribile terremoto ed un'eruzione lavica minacciarono di nuovo la città; la lava scendeva diretta su Biancavilla; il popolo, animato da viva fede, portò subito in processione l’Immagine sul fronte lavico, e con meraviglia, questo si arrestò alle ore 21 del 2 Luglio, giorno dedicato alla Madonna delle Grazie.
La Santa Madre fu particolarmente vicina ai suoi fedeli anche in occasione delle angosciose giornate trascorse durante lo sbarco degli Anglo-Americani in Sicilia, nel luglio 1943. Biancavilla, in mezzo alla distruzione di case, palazzi, chiese, monumenti, avvenuta altrove, sembrava immancabilmente destinata alla stessa sorte, poiché le truppe tedesche, collegate con reparti motorizzati dell’esercito italiano, dopo la ritirata da Enna e dalla Piana di Catania, vi avevano posto il comando. Il sito di Biancavilla fu giudicato molto favorevole alla difesa perché naturalmente fortificato dall’alta rupe lavica, tagliata a picco ed estesa, come fascia insormontabile, a mezzogiorno dall’abitato,
fino al limitare di Adrano. Il sito di Biancavilla, sfavorevole agli alleati, li spinse a posizionare le loro artiglierie sulle giogaie antistanti Regalbuto e Centuripe, in modo da sloggiare i tedeschi, evitando i possibili rischi di imboscate di un confronto diretto sul campo.
I Tedeschi dal loro canto avevano posizionato la loro artiglieria nei dintorni e sulla piazza principale nell'attesa dell'urto. Gli abitanti, mesti e silenziosi, trascinando pochi viveri e qualche indumento, s’inerpicarono sulle pendici dell’Etna con poca fiducia in cuore di ritrovare quanto avevano lasciato in paese. L’unica fiducia era in Maria SS., rimasta sola a custodire il luogo di sua benedizione; molti facevano promesse esprimendo a fior di labbra la tenue speranza di ritrovare in Essa l’incolumità desiderata. 
Inaspettatamente, i Tedeschi si ritirarono, risolvendo di organizzare la difesa sopra Bronte, anche per dare agio all’esercito in rotta di attraversare lo stretto di Messina. In tal modo Biancavilla, non solo rimase miracolosamente illesa, ma non vi fu alcun saccheggio nelle case dei suoi abitanti. Solo quattro o cinque case furono distrutte. Occupata Biancavilla il 7 agosto 1943, i militari vi trovarono ben 52 bombe inesplose attorno e dentro la cittadina. I paesi vicini, Adrano, S. Maria di Licodia e Paternò, ebbero danni incalcolabili.

L'icona misura 67x85 cm. ed è dipinta con colori a tempera d'uovo su legno di cedro, tecnica che permette di poter datare l'icona agli inizi del XV secolo. L'immagine è di chiaro stile greco-bizantino, e risente moltissimo per la parte mediana inferiore dell'influenza della notissima icona di Maria Santissima del Perpetuo Soccorso, alla quale, fatta eccezione di qualche differenza cromatica, è assolutamente identica. Anche se poco visibili l'icona porta le tre stelle tipiche dell'iconografia e simbolo di divinità. 
Il titolo "Mater Elemosinae", inoltre, traduce il greco "Eleùsa" (misericordiosa, pietosa, che ha compassione), ed esprime un particolare attributo di Maria: Madre di Misericordia. Tale appellativo venne per primo attribuito da S. Oddone (+ 942) per celebrare la Vergine che ha generato il Figlio di Dio, che è la Misericordia visibile dell'invisibile Dio misericordioso: perciò la santissima Madre di Dio, è anche Madre della Misericordia, che offre attraverso le sue braccia per la salvezza di tutti gli uomini ed intercede potentemente come divina amministratrice delle Grazie. Questa fiducia nella potente intercessione della Tutta Santa si esprime nella celebrazione della sua bellezza; come Lei stessa rispose quando interrogata: "Sono così bella perchè amo così tanto." In Maria il vero e il bene si offrono alla contemplazione e dalla loro simbiosi scaturisce il bello.  Maria, infatti, per i siciliani, prima ancora che "Santa" è "Bella", perciò si continua ad invocarla tra la gente comune col titolo di "Bedda Matri" in particolare a Biancavilla "Bedda Matri 'a Limosina" (la Bella Madre dell'Elemosina). 
La particolare raffigurazione degli organi di senso (occhi senza luccichìo, orecchie di forme strane, naso sottile e lungo, narici piccole, bocca sempre chiusa), esprimono la sordità alle manifestazioni del mondo, un distacco da ogni eccitazione. Il volto appare trasfigurato, eterno, esso appartiene al mondo spirituale; la bellezza è la purezza spirituale. Le vesti seguono il corpo in perfetta logica, ma non mostrano la materia reale e concreta; il ritmo delle pieghe, il colore e la distribuzione delle luci e delle ombre sono sottoposti alle leggi dell’armonia e dell’equilibrio, e nell’economia dell’icona esprimono “l’abito dell’incorruttibilità”. 


Madre d’Amore, Madre del Signore, 
che guardi mite e il Figlio tuo ci mostri,
se fosti guida un dì dei padri nostri
luce e conforto ancor chiediamo a te.

Oh Regina, Madre nostra divina, a sollevarci il cuore ci resti solo Tu. 
Madre dell’Elemosina, ridonaci l’amore, Madre dell’Elemosina, ridonaci Gesù!

Triste è la vita e tenebra infinita
Senza la luce che ci vien dal cielo:
tutta la terra è un tenebroso velo
senza la luce santa della fe’.

Oh Regina...

Madre d’Amore, Madre del Signore
che hai ridato all’uomo la speranza, 
se amaro è il mondo e il pianto sopravanza, 
volgi chi piange a riguardar lassù!

Oh Regina...

Nella preghiera l’anima che spera,
pur nell’esilio, trova il suo sorriso; 
facci sognare, Madre, il Paradiso,
mostra a chi piange il Figlio tuo Gesù.

Oh Regina...

Madre d’Amore, Madre del Signore,
divina fiamma d’infiammato ardore,
vedilo quanto è freddo il nostro cuore,
che solo, è folle per la vanità.

Oh Regina...

Tu che l’Amore te lo stringi al cuore, 
donalo a noi il tuo Figliolo santo:
sarà la vita allor d’amore un canto, 
sarà preludio dell’eternità.

Oh Regina...

Madre d’Amore, Madre del Signore, 
ascolta il nostro grido di preghiera:
se freme l’odio e l’aere s’annera,
guarda i tuoi figli e ci proteggi Tu!
Oh Regina...

Tu Madre nostra, Tu fiducia nostra,
Stella d’amore all’anima smarrita,
vita, dolcezza, speranza infinita...
chi t’ama in terra, t’amerà lassù.

Oh Regina...

Inno alla Madonna dell’Elemosina composto nel 1954 da Mons. Antonino Distefano (1898-1987), musicato da Mons. Giosuè Chisari.



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