Gli autori sinaiti: Giovanni Climaco ed Esichio
L’insegnamento della preghiera di
Giovanni Climaco (+650) è senz’altro meno esplicito di quello dei monaci del
deserto egiziano. In alcuni passi troviamo “che sempre il pensiero della morte
si addormenti con te e si risvegli con te, così come la preghiera monologica di
Gesù. Non troverai, infatti, dei migliori ausiliari durante il sonno”12,
“la memoria di Gesù sia unita al tuo respiro: allora conoscerai l’utilità della
hesychìa”13.
In nessun altro luogo della “Scala
Paradisi”, ritornano concetti o termini simili. Nel gradino ventotto, dedicato
alla preghiera, Climaco ritorna sulla monologia. Ecco il passo centrale, che
delinea alcune caratteristiche della pratica d’orazione “Che il tessuto della
tua preghiera sia di un solo colore. Il pubblicano e il figliol prodigo furono
riconciliati con Dio grazie a una sola parola”14.
“L’inizio della preghiera consiste
nel respingere con la monologia i
pensieri nel momento stesso in cui si presentano” 15.
In Esichio (VIII –X secolo), invece,
la Preghiera di Gesù ha un ampio spazio, riconducendo l’ intero cammino
spirituale alla sobrietà (nepsis),
ribadisce a più riprese la stretta interdipendenza tra questa e la Preghiera di
Gesù.
“Sono naturalmente adatte a unirsi
tra loro la sobrietà e la Preghiera di Gesù. Infatti, l’attenzione somma è
propria della preghiera continua e la preghiera a sua volta è propria della
somma sobrietà e attenzione dell’intelletto”16.
La sobrietà e l’attenzione però non
bastano da sole: devono essere collegate con l’invocazione del Nome di Gesù
onde evitare di essere ingannati dal nemico, una invocazione che deve essere
continua e senza sosta.
“Veramente beato colui che è
congiunto nella mente alla Preghiera di Gesù e lo invoca senza interruzione nel
cuore, come l’aria è unita ai nostri corpi o come la fiamma alla cera. E il
sole passando sopra la terra farà giorno, ma il santo e adorabile Nome del
Signore Gesù, risplendendo di continuo nella mente genererà innumerevoli
pensieri fulgidi come il sole”17.
12 G.
CLIMACO, Scala Paradisi, XV. PG 88, 889 d- 892 a.
13 G.
CLIMACO, Scala Paradisi, XXVII. PG
88, 945 c.
14 G.
CLIMACO, Scala Paradisi, XXVIII. PG 88, 1129 d.
15Idem, PG 88, 1132 d.
16
ESICHIO PRESBITERO, A Teodulo. Discorso
per sommi capi, utile per la salvezza dell’anima, sulla sobrietà e la virtù, in La
Filocalia, vol. I, p. 248
17
Idem, p. 269
Simeone il Nuovo Teologo e gli autori dell’XI / XIII secolo.
Trattando della Preghiera di
Gesù di solito si pone attenzione alla
figura e all’opera di Simeone il Nuovo Teologo (946-1022), ma si commette un
errore di attribuzione in quanto il trattato “Le tre forme di preghiera” non
gli appartiene.
Se si esamina l’opera autentica di
Simeone si trovano pochi elementi utili alla nostra ricerca come la
testimonianza di un giovane monaco che Simeone riporta in una catechesi.
“Dimenticai il luogo dove mi trovavo,
chi ero e in quale posto, limitandomi a gridare: “Kyrie eleison, come riprendendo conoscenza, mi sorpresi a
ripetere. Ma chi era colui che parlava, padre, o che faceva muovere la mia
lingua, non lo so..., ma Dio lo sa”18.
Il discepolo di Simeone, Niceta
Stethatos, accenna in una delle sue Centurie alla ripetizione del Nome di Gesù
da usare di fronte agli attacchi dei demòni.
“L’anima, riempita di coraggio e di
valore dallo Spirito Santo, disprezza il loro attacco e il loro amaro furore e
dissolve, nel solo segno vivificante della Croce e nell’invocazione di Gesù le
loro fantasie e li mette in fuga”19.
Tra il finire del XII e gli inizi del
XIII secolo va collocata l’opera di direzione spirituale del monaco Isaia,
indirizzata a Teodora Angelina, figlia dell’Imperatore Isacco II Angelo. Egli
la invitava a sforzarsi di
ripetere interiormente la preghiera spirituale che le aveva insegnato,
cioè “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me...” di notte e di
giorno, in ogni ora e circostanza fino a quando non si fosse impresso nella
mente.
Alla seconda metà del XIII secolo
risale, con ogni probabilità, il noto trattato “ Le tre forme di preghiera”.
L’autore parlando della terza forma
di preghiera, “la preghiera vera e senza errore”, scrive che: “Quando la mente
trova il posto del cuore, vede subito quello in cui non avrebbe mai creduto:
vede infatti l’aria all’interno del cuore e se stessa tutta luminosa e piena di
discernimento. Appena spunta un pensiero, prima che si completi e prenda forma,
lo scaccia e lo annienta con l’invocazione di Gesù Cristo...”20.
“Gli spiriti delle passioni sono
soliti agitare terribilmente l’abisso del cuore. Essi sono dissolti e
annientati come cera mediante l’invocazione del Signore Gesù Cristo”21.
Niceforo Monaco (+1300) nel suo
discorso sulla sobrietà, dopo aver esposto le tecniche per scendere con la
mente nel cuore, raccomanda: “Appena il tuo intelletto ha raggiunto quel luogo,
da quel momento non devi tacere e stare inattivo, ma avere come opera e
invocazione incessante la preghiera: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, pietà
di me. E l’intelletto non avrà mai più riposo da ciò, perché quando questa
invocazione tiene l’intelletto
saldo, senza distrazione, lo mostra
inaccessibile e
intoccabile agli assalti del nemico e
lo innalza alla carità e al desiderio di Dio”22.
Teolepto il Grande, vero luminare di
Filadelfia, dove ricevette la dignità della cattedra episcopale, fiorì intorno
all’anno 1325. Non parla di tecniche psicofisiche, ma insiste sulla memoria di
Dio attraverso la ripetizione del Nome che concilia ragione e anima.
“Il colloquio con Dio scaccia i
pensieri passionali; l’attenzione dell’intelletto a Lui mette in fuga le
considerazioni mondane; la compunzione dell’anima fa fuggire, con la paura,
l’amore della carne; e si vede la preghiera dalla ripetizione che non tace del
Nome divino, accordo e unione dell’intelletto della ragione e dell’anima”...
“Dirigi il pensiero a Dio null’altro gridando se non il Nome del Signore, nel
continuo profondo ricordo, come un bambino chiama suo padre. Ĕ detto infatti: Proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te”23.
L’esicasmo athonita e la controversia palamita
Il monte Athos si trova nella
penisola omonima a nord-est della Grecia, nel mare Egeo. Secondo la leggenda,
nel I secolo dopo Cristo, un discepolo di Gesù avrebbe invitato Maria, la Madre
di Dio, a visitarlo. Colta da una tempesta, la nave si sarebbe incagliata sulla
penisola athonita. Da allora rimase in quel luogo la presenza di Maria che portò come conseguenza il declino
dei culti pagani. A nessuna donna è consentito l’accesso. A metà del secolo X
il monte Athos divenne una sorta di capitale del monachesimo orientale. Lontano
da Costantinopoli e dai problemi della civilizzazione urbana, poco coinvolto
negli affari dello Stato e della Chiesa, esso fu ben presto considerato il
luogo di rifugio degli amanti dell’ “hesychìa”.
I primi emeriti cominciarono a installarvisi tra il V e il IX secolo.
Quando vi arrivò Gregorio Sinaita,
attorno al 1310, trovò la vita monastica tutta incentrata sulle sole opere
ascetiche e sulle osservanze, praticamente dimentica di ciò che è più
importante e a cui occorre tendere: l’unione con Dio e la contemplazione,
rispetto alle quali l’osservanza di una ascesi rigorosa e la pratica delle virtù
sono solo via e mezzo.
Si adoperò ad insegnare ciò e nei
suoi diversi scritti si trovano numerosi riferimenti alla Preghiera di Gesù,
accompagnati da lunghi passi sulle tecniche respiratorie. Alla base mette la
necessità di “starsene seduto in preghiera e non alzarsene presto”, come
appunto è intitolata una sua opera: “Il tuo star seduto in preghiera deve
essere nella pazienza, perché vi è chi ha detto: Siate perseveranti nella
preghiera. E non devi alzarti troppo presto per noncuranza, a causa della penosa
sofferenza del grido spirituale dell’intelletto e della continua fissità.
Poiché ecco, dice il Profeta: Mi hanno preso i dolori come una partoriente (Is
21, 3). Chinati piuttosto in basso e raccogli l’intelletto nel cuore, se solo
esso si è aperto, e chiama in aiuto il Signore Gesù. Se le spalle si affaticano sii
costante laboriosamente e amorosamente, cercando nel cuore il Signore. Poiché
il Regno di Dio è dei violenti e i violenti lo rapiscono”24.
Una delle figure più interessanti del
mondo spirituale di quegli anni è Massimo Kausokalyba (1280-1375), conoscente
di Gregorio. Ha insegnato molto sulla illuminazione della mente di chi si
dedica persistentemente alla preghiera e alla memoria di Gesù.
Uno degli avvenimenti di maggior
importanza nella storia del XIV secolo bizantino è la controversia palamitica
che esordì a causa degli attacchi di Barlaam alle pratiche di preghiera proprie
dei monaci esicasti. Barlaam, originario della Calabria, si stabilì a
Costantinopoli intorno al 1330. Giunto dall’Italia, dove cominciava ad
affermarsi lo spirito rinascimentale, egli aveva coltivato la propria
formazione intellettuale negli ambienti umanistici aperti alla scuola tomista.
La sua sensibilità umanistica e neoplatonica fu vivamente urtata dalle pratiche
degli esicasti. Cominciò a polemizzare
principalmente contro le tecniche psicofisiche insegnate dall’autore del
Metodo e da Niceforo e contro la ripetizione incessante della formula di
preghiera.
Gli si oppose allora Gregorio
Palamas. Nelle sue opere di quegli anni si possono ritrovare numerosi passi
dedicati alle tecniche psicofisiche. Nell’opuscolo “Sulla preghiera e sulla
purezza del cuore”, egli ricorda che l’operazione della mente si purifica in
quelli che si dedicano alla preghiera e soprattutto a quella monologica25.
Nelle Triadi di difesa dei santi esicasti, parla della forma della preghiera
del pubblicano, invita alla preghiera monologica e sottolinea l’importanza di
avere sempre la memoria di Dio26.
Dello stesso periodo è l’operetta del
patriarca costantinopolitano Filoteo Kokkinos
(+ 1377) nella quale la pratica della preghiera è inserita nel ciclo giornaliero dell’ufficio monastico. Il monaco dopo la conclusione delle lodi mattutine non deve passare alla lettura, ma alla preghiera monologica.
(+ 1377) nella quale la pratica della preghiera è inserita nel ciclo giornaliero dell’ufficio monastico. Il monaco dopo la conclusione delle lodi mattutine non deve passare alla lettura, ma alla preghiera monologica.
Nella seconda metà del XIV secolo
emergono due monaci, Callisto e Ignazio, del monastero di Xanthopoulos, che
evidenziano il rapporto preghiera- respiro. Nelle loro Centurie raccomandano di
recitare la formula “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”,
articolandola in due movimenti: slancio verso Gesù Cristo nella prima parte e
ritorno su se stessi quando si pronuncia “...abbi pietà di me”.
Il ritmo respiratorio deve essere
associato al duplice movimento di inspirazione ed espirazione che produce un
certo calore nel cuore. Le centurie raccomandano inoltre una serie di direttive
pratiche che concernano la lettura e la meditazione delle Scritture, le
prostrazioni (metanìe) per un numero
di 300 al giorno, il digiuno, la salmodia per coloro che non sanno
concentrarsi sulla “Preghiera di Gesù”27.
CONTINUA
18 B. KRIVOCHEINE –J. PARAMELLE, Syméon le nouveau teologien, Cerf, Paris
1964, vol.II
p. 244-247
p. 244-247
19
NICETA STETHATOS, Prima Centuria. Capitoli pratici, in La Filocalia vol III, p. 421-422
20 SIMEONE
IL NUOVO TEOLOGO, Le tre forme di
preghiera, in La Filocalia, vol
IV, p.513
21 Idem,
p. 514
22NICEFORO
MONACO, Discorso sulla sobrietà e la
custodia del cuore pieno di notevole utilità, in La Filocalia, vol. III, p. 526
23TEOLEPTO
DI FILADELFIA, Discorso che espone
l’attività nascosta in Cristo e mostra in breve la fatica della professione
monastica, in La Filocalia, vol.
III, p. 506.510
24
GREGORIO SINAITA, ome l’esicasta deve
starsene seduto in preghiera e non alzarsene presto, in La Filocalia, vol. III, p. 597
25
Cfr. GREGORIO PALAMAS, Sulla preghiera e
la purezza del cuore, in La Filocalia, vol.IV,
p. 63-65.
p. 63-65.
26
Cfr. GREGORIO PALAMAS, In difesa dei
santi esicasti, in La Filocalia, vol.
IV, p. 50-62.
Tesi di licenza in teologia con specializzazione in spiritualità Studente:
GALLIANO Giuseppe m.s.c.
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