Estratto dal libro “Wellbeing - A Cultural History of Healthy Living" (Benessere - Una storia culturale del vivere sano)
di Klaus Bergdolt – Ed. Polity Press - (libera traduzione dall’inglese
La fondazione del primo monastero occidentale di Montecassino da parte di Benedetto da Norcia (529) rappresenta uno sviluppo decisivo per la medicina occidentale, così come per la storia della cura e dell’assistenza sanitaria. Comunità monastiche sono attestate dal IV secolo, per esempio, a Roma, nella Gallia e in Germania, ma i benedettini hanno sviluppato strutture organizzative superiori e hanno esercitato un'influenza culturale considerevole. Agostino aveva incoraggiato movimenti "cenobitici" nel Nord Africa fin dal IV secolo, e le prime "regole", che sono state poi attribuite a lui, sono state prese a modello dalle prime comunità cristiane (At 4, 32-5). Nella sua vincolante Regula per i nuovi ordini, Benedetto consultò in particolare il De institutis coenobiorum di Giovanni Cassiano (nato nel 360 circa), che è stato probabilmente ispirato dal Padre della Chiesa orientale Pacomio.
La “regola di San Benedetto” costituiva una completa “ars vivendi”. E 'stata caratterizzata meno da esigenze ascetiche che da un quotidiano programma di igiene con forti sfumature psicologiche, che ha tenuto conto generosamnete dei bisogni e delle debolezze umane e ha dato agli abitanti del monastero indicazioni su come mantenere la propria salute. Egli offriva ai monaci una via di mezzo tra una vita eremitica e la propria realizzazione all'interno di una comunità, finalizzata ad offrire una medicina preventiva completa, anche se particolare attenzione è naturalmente posta sul rapporto con Dio. Sebbene il motto “Ora et labora” è certamente diventato famoso in questa forma solo nel Medioevo, è comunque un motto adatto al pragmatismo benedettino.
L'abate deve condurre i monaci “come un medico sapiente (sapiens medicus n.d.t.)”; il confronto con una forma di “terapia” è scelto deliberatamente qui (capitolo 28).
Benedetto si occupa di coloro che hanno trasgredito, “quelli che sono in salute non hanno bisogno del medico, ma i malati” (capitolo 27). Nel caso di coloro che non si correggono, l'abate dovrebbe applicare:
“dopo aver usato i linimenti e gli unguenti delle esortazioni, i medicamenti delle Scritture divine e, infine, la cauterizzazione della scomunica e le piaghe delle verghe, vedendo che la sua opera non serve a nulla, si affidi al rimedio più efficace e cioè alla preghiera sua e di tutta la comunità per ottenere dal Signore che tutto può la salvezza del fratello. Se, però, nemmeno questo tentativo servirà a guarirlo, l'abate, metta mano al ferro del chirurgo, secondo quanto dice l'apostolo: "Togliete di mezzo a voi quel malvagio" e ancora: "Se l'infedele vuole andarsene, vada pure", perché una pecora infetta non debba contagiare tutto il gregge”. (Capitolo 28).
Tuttavia, deve anche fare attenzione che il pentimento e il miglioramento non causino nel paziente “troppa tristezza”; ecco che i doni psicologici di Benedetto diventano evidenti.
La salute dell'anima è l'obiettivo terapeutico primario dei Benedettini, come lo era stata per i Padri della Chiesa, e dipende dalla comprensione del singolo monaco, così come dal suo ambiente e dai suoi fratelli e dai superiori. La dottrina pedagogica di Benedetto non protegge le debolezze, ma deve proteggere le persone deboli: gli anziani, i bambini, i poveri e gli ammalati.
Apprezzamento e amichevolezza sono riconosciuti come fattori che favoriscono la buona salute, le sensibilità e le preoccupazioni dell'individuo sono rispettate: “L'Abate sia pienamente cosciente di essersi assunto il compito di curare anime inferme e non di dover esercitare il dominio sulle sane“(capitolo 27). Il monaco sano non dovrebbe esercitare un potere retorico o terapeutico sul suo confratello, ma dovrebbe mostrare compassione: “Soprattutto sia umile e se non può concedere quanto gli è stato richiesto, dia almeno una risposta caritatevole” (capitolo 31). Se tutti gli uomini devono essere trattati allo stesso modo, sostiene Benedetto, poi la dovuta considerazione deve essere somministrata alle ineguaglianze tra di loro. Benedetto mette in guardia gli abati dal costruire muri di regole e regolamenti, che potrebbero essere la rovina del monaco individuale, e invita ad adeguare se stessi alle esigenze di ciascuno: “incoraggiando uno, rimproverando un altro e correggendo un terzo” (capitolo 2). Il “Padre dei monaci” tentò di raggiungere quella completa armonia della vita di cui anche i medici pagani avevano scritto. Termini come giustizia, considerazione, moderazione, media, modestia, saggezza e verità, ma anche pietà e digiuno, sostituiscono gli esercizi ginnici suggeriti da Galeno. La dignità della persona è acutamente protetta contro le idee collettive o di pressione morale della comunità.
Oltre alla profilassi e al trattamento premuroso di un altro, la cura per i fratelli in difficoltà è stata classificata “prima e sopra tutte le cose" (capitolo 36); l'immagine del “Christus patiens” (Matteo 25, 40) immanente in ogni paziente è diventata un precetto centrale. “Le opere di carità” sono raccomandati nella Regula come “strumenti dell’arte spirituale” (capitolo 4). Una foresteria per i visitatori e le regole per la cura dei malati sono pertanto diventate standard per i monasteri occidentali (e anche orientali). I fratelli in difficoltà sono stati autorizzati a fare bagni frequenti e a consumare piatti a base di carne (che in genere erano solo autorizzati ai monaci in circostanze eccezionali) e sono stati istruiti a essere pazienti e “non opprimano con eccessive pretese i fratelli che li assistono" (capitolo 36). Gli anziani e i bambini ricevono un trattamento preferenziale (capitolo 37). Il sonno, la pausa pomeridiana (per il riposo o la lettura), la natura e il numero dei pasti, la meditazione e, naturalmente, il rituale della preghiera oraria e di culto sono state stabilite con precisione. La regolarità ciclica della routine quotidiana e annuale benedettina ha contribuito all'armonia interna della comunità monastica, così come quella degli abitanti della zona circostante e le congregazioni dei servizi di chiesa, che si riversavano nel monastero dall'esterno. Nell’818 è stato prodotto nell'Abbazia di San Pietro di Salisburgo il più antico Monatsbilder ('rappresentazione dei lavori del mese') europeo superstite; questo offre un’ esemplare rappresentazione del ciclo annuale delle attività all'interno delle limitrofe comunità di contadini.
A partire dall'Editto di Milano (319) ci sono state anche istituzioni cristiane per la cura dei bisognosi nell’Occidente latino. I ricoveri (Xenodocheia) che sono stati previsti per ciascuna sede vescovile dal Concilio di Nicea (325), divennero “semenzai di assistenza sanitaria cristiana istituzionale”. La fondazione di queste istituzioni ha certamente impedito l'impoverimento fisico e spirituale di molti poveri, malati e di individui isolati, nonché di orfani e pellegrini (e quindi pone fine ad un capitolo oscuro dell’antica storia della cultura pagana, che è in gran parte avvolta nell’ignoranza), anche se la cura per i malati è stata solo una delle funzioni di questi asili. I medici non avevano alcuna influenza in queste istituzioni; come era avvenuto nel mondo antico, praticavano negli ambulatori, che sono stati progressivamente sostituiti da istituzioni monastiche dopo la fondazione dei monasteri benedettini. Nell'ambito bizantino, invece, dove non c'era evidentemente il desiderio di preservare la conoscenza medica pagana e antica, un sistema organizzato di istituzioni è stato sviluppato in una fase iniziale. Queste istituzioni assomigliavano più tardi a ospedali ed erano sede di una notevole sintesi della medicina greca, delle forme organizzative romane e con una visione cristiana.
Ci furono monaci, che, in Oriente e l'Occidente, raccolsero gli scritti di antichi autori medici, al fine di approfondire la conoscenza medica empirica e le tradizioni mediche popolari. Essi hanno inoltre curato i malati e i bisognosi, come prescritto dal precetto della carità. Nel trentunesimo capitolo delle sue Institutiones [Istituzioni del Sapere Divino e Secolare], Cassiodoro (n. 480), che era inizialmente un alto dignitario alla corte di Teodorico e più tardi fondatore del monastero modello di Vivarium nel sud Italia, elencava quei libri di medicina che riteneva indispensabili per una biblioteca del monastero, oltre a descrivere il concetto cristiano di un processo di guarigione benefico: “Non riponete la vostra speranza nelle erbe, né basate la cura su consigli di uomini. L'arte della guarigione è donata da Dio; senza dubbio, lui, che dà agli uomini la vita, dà loro anche la salute ...” Tuttavia, l'ex senatore non esita a raccomandare ai monaci “l'Erbarium di Dioscoride, che ha descritto e raffigurato il campo delle erbe con ammirevole precisione”, così come ilTherapeutica di Galeno, il trattata De medicina da Celio Aureliano e una raccolta di erbe medicinali attribuita ad Ippocrate. Le Institutiones pertanto colmano il vuoto tra i principi cristiani e gli scritti dei medici pagani.
Nell'ambito dei monasteri si svilupparono presto ragguardevoli scuole di ricerca teorica, basata sulle sette 'artes liberales' e insegnavano ai padri monastici una varietà di dietetiche per una vasta cerchia di allievi del clero e della nobiltà. In breve tempo i pazienti furono assistiti da un medico professionista come lo erano stati nel paganesimo antico, né sono stati curati alle porte del monastero da parte di un medico 'accademicamente' esperto in qualità di rappresentante di Cristo, come nel Medioevo. Peraltro la reputazione dei medici monastici si diffuse spesso in lungo e in largo . Già nel X secolo, Notker, un monaco di San Gallo, è stato descritto nelTotenbuch (Registro dei morti) come benignissimus doctor et medicus; fu consultato da vescovi, abati e duchi e, infine, è stato convocato alla corte dell'imperatore Ottoniano a praticare come medico esperto “pro remediis in Aula Regia (per la cura della Corte)”. Credeva, forse non a caso per un monaco, che alcune malattie possono essere curate solo con gli interventi dei santi. Il rapido sviluppo dell’interesse nella medicina rese necessaria una maggiore organizzazione per l'assistenza sanitaria. Dopo il Concilio di Aquisgrana nel 817, che consegnò medicina e infermieristica a monaci e monache, il progetto del monastero di San Gallo, dopo l’820 include alloggio per i poveri, alloggio per gli ospiti, infermeria, ala dei medici, sala per donazione del sangue, bagni e giardino di erbe medicinali. Nell’ 842, l'abate Valafrido Strabone elogiava le piante medicinali di questo giardino in esametri latini.
Ma oltre ai prodotti di erboristeria, la dietetica, o l'arte di una vita sana, è diventata sempre più importante nei monasteri, con l'ideale ascetico che assumeva un'importanza primaria. Cassiodoro ingiunse ai fratelli la rinuncia e la contemplazione, in modo da evitare i “peccati della carne”. Giovanni Cassiano ha evidenziato le vitae degli anacoreti orientali, che erano famosi per la loro umiltà e moderazione. Da rigoroso asceta, Cassiano ci consiglia anche di “diventare pazzi in questo mondo, in modo da diventare saggi”. L’abbigliamento del monaco dovrebbe proteggere contro lo sporco e il freddo ed “essere libero da eccessive elaborazioni”; il cappuccio dovrebbe richiamare alla mente l'innocenza dei bambini. Cassiano oppone deliberatamente la routine quotidiana del monaco a quella del laico; egli pensa che quest'ultimo rappresenti un pericolo di base per la salute.
Una prima conseguenza di questa propensione alla spiritualità e all’ascetismo è stata che Agostino si sentì obbligato a montare una difesa enfatica delle attività manuali e fisiche nel suo trattato “Il lavoro dei monaci”. Allo stesso modo, Cassiano condannò il concetto tradizionale di accidia, lo stato peccaminoso di sognare ad occhi aperti e della noia distruttiva, verso cui i monaci erano particolarmente inclini . Evagrio Pontico (m. 399), comprendeva questo vizio di mettere in pericolo la salute, che potrebbe portare alla depressione o ad una “avversione per la vita” (taedium sive anxietas cordis - Cassiano), tra gli otto pensieri peccaminosi (logismoí), basati sui sette peccati capitali, come enumerati da Gregorio Magno. Evagrio considerava l'ozio malinconico come una passione che mette in pericolo la salute, e che deve essere combattuta piuttosto che soppressa: “Colui che è sempre triste e finge apatheia [libertà dalle passioni] è come l’invalido che si finge in salute. L'asceta ritiene un fatto incontestabile che la salute può essere raggiunta solo per mezzo di attività religiose: “Chi ama il Signore sarà libero dal dolore, per l'amore perfetto che scaccia il dolore".
Conseguentemente non ci sorprende che il cistercense Cesario di Heisterbach (n. 1180) racconta nelle sue visioni che conseguenza della “tristezza” è il mettere in pericolo la salute (da Dialogus Miraculorum, cap 27 “Accidia est ex confusione mentis nata tristitia, sive taedium, et amaritudo animi immoderata, qua iocunditas spiritalis exstinguitur, et quodam desperationis praecipitio mens in semetipsa subvertitur” n.d.t.).
Tuttavia, l'ascesi ha rappresentato soltanto una variante della vita monastica. L'influenza della regola benedettina, con la sua enfasi sulle conquiste culturali e accademiche , nonché sulla cura del corpo e dell'anima, come un dovere divinamente ordinato, è cresciuta costantemente in tutto il mondo occidentale.
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