La tradizione vuole che sia stato papa Gregorio IX a consegnare a San Nilo e a San Bartolomeo questa meravigliosa icona, con la preghiera di fondare un monastero nei territori di Grottaferrata vicino Roma. Anche se anticamente si voleva far risalire l'icona allo stesso San Luca, una possibile datazione di questo capolavoro può essere data fra il X e l' XI secolo, periodo in cui (1004) fu fondato il monastero di Grottaferrata, menzionato all'epoca come "Monastero di Santa Maria Vergine situato nel luogo di Grottaferrata". Nel 1024 la chiesa fu consacrata da papa Giovanni XIX e dedicata fin dall'inizio alla Theotokos, quindi con ogni probabilità l'icona doveva già essere presente nell'edificio sacro.
San Bartolomeo compose nella prima metà del secolo XI i suoi inni sacri per l'ufficio divino, dove si fa menzione per ben quattordici volte della sacra icona esposta alla venerazione dei fedeli e, già da allora, copiosa sorgente di miracoli. Nulla di certo si può dire sull' origine dell'icona. Unico indizio la provenienza calabra dei monaci che ecclesiasticamente dipendevano dal patriarcato di Bisanzio. A rafforzare l'ipotesi bizantina, intervengono i numerosissimi riscontri storici degli scambi di oggetti sacri che avevano luogo fra la capitale dell'impero d'Oriente e questi luoghi. Anche l'analisi stilistica dell'icona contribuisce ad avvalorare l'ipotesi dell'origine orientale; la tecnica pittorica è la medesima utilizzata per le antiche icone bizantine e le caratteristiche fisionomiche dei volti sono in tutto analoghe a quelle delle Odighìtrie di Bisanzio.
A causa dei continui eventi bellici che interessarono il monastero, sia a seguito dell'invasione normanna del Lazio, sia dell'invasione del Barbarossa su Roma e sui territori del monastero, che delle razzie da parte dei conti di Tuscolo, l'icona deve essere stata spostata altrove, forse a Subiaco, ove nel 1163 i monaci si trasferirono per ben 30 anni. Sarà nel 1230 che riappariranno di nuovo tracce storiche dell'icona. Papa Gregorio XIX, durante un suo soggiorno presso il monastero di Grottaferrata, a seguito di una visione avuta in sogno, ordinò di traslare l'icona nella sua sede originaria: la chiesa dell'abbazia.
Una cronaca del tempo ci riferisce:
...con grandissima solennità e con affluenza di popolo, dalla città tuscolana fu trasportata in questa chiesa l'immagine della purissima Vergine Maria, dipinta da S. Luca.
Dell'icona si interessò nel 1462 il cardinale Bessarione, facendo compilare un inventario dettagliato dei beni del monastero, dal quale si evince una esatta descrizione dell'icona, assieme ai 90 preziosi oggetti posti attorno ad essa come ex-voto, segno dei numerosissimi miracoli ottenuti per intercessione della Vergine.
Nel 1577, per volontà del cardinale Alessandro Farnese, la chiesa dell'abbazia subisce un sostanziale restauro; alla originaria struttura architettonica bizantina, venne sostituito un altare latino centrale, con dietro una macchinetta in legno dorato in cui fu intronata l'Icona della Theotokos. L'altare rimase al suo posto fino al 1664, epoca in cui il cardinale Francesco Barberini lo fece demolire per far erigere al suo posto una grandiosa macchina marmorea, opera dello scultore Antonio Giorgetti, uno dei più valenti discepoli della scuola del Bernini. Fra due splendidi angeli oranti, al centro della nuova macchina, fu collocata l'icona della Theotokos.
L'icona fu incoronata con una solennissima cerimonia nel 1687. Papa Leone XIII nel 1881 ordinò il ripristino nella Basilica del rito greco, con la conseguente ristrutturazione architettonica del bèma, che riebbe l'altare quadrangolare e un'iconostasi, ottenuta aprendo una "Porta santa" nella macchina berniniana.
Numerosissime sono state le visite dei pontefici alla sacra immagine, da Innocenzo X ad Alessandro VII, a Pio VII, al Beato Pio IX, al Beato Giovanni XXIII e a Paolo VI.
Notevoli furono le grazie che la Vergine concesse ai suoi devoti grottaferratesi anche durante l'ultima guerra. Dal gennaio al giugno del 1944 gran parte della popolazione del paese trovò rifugio e protezione tra le antiche mura del monastero. Nel 2 febbraio del 1944 tutto il popolo, grato alla Vergine, fece voto di tornare ogni anno il 22 agosto in pellegrinaggio al santuario.
La Theotòkos che troneggia al centro della Basilica di Grottaferrata è un'icona bizantina dipinta a tempera su tavola. E' raffigurata a mezzo busto, leggermente piegata verso il Bambino, avvolta da un mantello (mafòrion) di porpora scura, color "ciliegia matura" con lievi lumeggiature color amaranto.
Sul capo e sulle spalle tre stelline d'oro che simboleggiano la verginità di Maria, prima, durante e dopo il parto. Della tunica verde cupo si vede solo la manica del braccio sinistro con due galloni dorati. Indica con la mano il Figlio. Questo gesto esprime il senso del titolo: è colei che "guida" gli uomini verso la Via, la Verità e la Vita: Gesù Cristo.
Il fondo è tutto d'oro, caratteristica comune a molte icone e mosaici bizantini: valore assoluto senza cromatismi, simbolo dell'eternità perché incorruttibile.
Il Bambino veste una tunica verde scuro e un mantello rosso porpora, che indica la natura divina, ambedue intessuti di tratteggi a fili d'oro. Questo splendore di porpora e oro, sbalzante dal colore scuro della veste di Maria, richiama l'attenzione al Bambino: centro dell'icona. Sul suo volto, secondo i canoni iconografici bizantini, vi sono fusi elementi fisiologici infantili e virili, per dimostrare la sua completezza di uomo perfetto. Gesù indossa la tunica e il mantello dei grandi personaggi, tiene in mano il rotolo della legge, distintivo dei giudici e dei maestri. Egli, infatti, è il maestro divino, il giudice giusto, il tutto santo, come indica l'aureola intorno al capo e la mano benedicente.
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