Il principale luogo di culto di Trastevere, e una delle più importanti e
ricche di opere d’arte tra le chiese romane, dovrà giocoforza essere descritta
qui sinteticamente.
Per la tradizione la chiesa fu fondata dal pontefice San Callisto sul luogo
dove nel 38 a.C sarebbe avvenuta una prodigiosa eruzione di olio dalla terra, che era probabilmente
petrolio, poi interpretata come annuncio della venuta del Messia.
Costruita in forma basilicale da Giulio I [337-352] e modificata nei secoli
XIII e IX, la forma attuale risale alla ricostruzione del 1138-48 avvenuta sotto Innocenzo
II.
Nel 1702 Clemente XI commissionò la rielaborazione del portico e la
modifica della facciata che venne progettata da Carlo Fontana, mentre sotto Pio IX l'architetto
Virginio Vespignani eseguì un restauro stilistico [1866-77].
L’interno è spartito in tre navate divise da ventidue colonne antiche di
granito che sostengono una trabeazione costituita da frammenti antichi che continua inoltre sulla
controfacciata. Il pavimento cosmatesco, del 1200, è stato invece quasi completamente
rifatto dal Vespignani. Il soffitto ligneo, a lacunari, fu disegnato dal Domenichino [1617] che
nell’ottagono centrale dipinse l’Assunta.
All’inizio della navata centrale, sulla destra, è collocato il tabernacolo
marmoreo firmato da Mino del Reame.
Accanto, nella prima cappella della navata destra, ‘S.Francesca Romana’ di
Giacomo Zoboli, nella seconda ‘Natività’ di Etienne Parrocel. In cima, nella testata del
transetto destro, cenotafio del cardinale Pietro Marcellino Corradini attribuibile ad Andrea del Sansovino
o a Michelangelo Senese [1524]. Subito dopo, nella Cappella del Coro progettata dal Domenichino,
‘Madonna di Strada Cupa’ attribuita a Perin del Vaga e ‘Fuga in Egitto’ di Carlo Maratta. Al
centro, di fronte l’abside, il ciborio, poggiante su quattro colonne di porfido, costruito dal Vespignani
alla fine del 1800.
Nell’abside gli importanti mosaici del periodo medievale [1140-43]
raffiguranti sull’arco ‘Profeti Isaia e Geremia e Isaia’, ‘Simboli degli Evangelisti’, ‘I Sette Candelabri
dell’Apocalisse’.
Nella semicalotta, al centro, il mosaico con ‘Cristo incorona la Vergine’,
a destra i ‘Ss.Pietro, Cornelio, Giulio, Calepodio’, a sinistra ‘Ss.Callisto, Lorenzo e papa
Innocenzo II’, sopra i quali è ‘Il padiglione dell’Empireo con la mano dell’Eterno che incorona il Figlio’.
Sotto è distribuita la fascia, con al centro l’agnello mistico, cui convergono dodici pecorelle,
gli apostoli, dalle città sante simboleggianti la chiesa.
All’altezza delle finestre i mosaici con Storie della Vergine di Pietro
Cavallini [1291] il massimo esponente della pittura medievale romana assieme a Jacopo Torriti.
A sinistra dell’abside è situata la Cappella Altemps, progettata da Martino
Longhi il Vecchio [1584-86] che ospita sull’altare la celebre Madonna della Clemenza risalente al
settimo secolo.
Nel transetto sinistro il monumento al cardinale Pietro Stefaneschi,
[m.1417] la statua del cardinale Filippo D’Alecon e una rara testimonianza romana di Palma il Giovane con
‘Il Martirio dei Ss.Filippo e Giacomo’.
La navata sinistra inizia con la Cappella Avila, decorata nella cupola da
Antonio Gherardi [1680].
Tra la quarta e la terza cappella la tomba di Innocenzo II eretta dal
Vespignani nel 1689, nella terza cappella soffitto, lunette e pala d’altare di Ferrau Tenzone.
Nella prima cappella, costituita dal battistero disegnato da Filippo
Raguzzini nel 1741, fu rinvenuto sotto il pavimento l’ambiente di una domus romana 2
Le Origini
Nel cuore di uno dei più caratteristici quartieri di Roma sorge la basilica
di Santa Maria in
Trastevere. Le antiche origini ci riportano alla "Taberna
meritoria" costruita per soldati romani a
riposo.
"....Ove è hora questa chiesa vi fu la Taberna meritoria Transiberina,
nella quale era dato dal Senato alli soldati Romani, che per vecchiezza no potuevano più militare,
il vitto per fino della loro vita....."
Qui, Callisto pontefice (217-222) riunì una "domus ecclesiae", in
cui la comunità cristiana iniziò a celebrare il culto religioso.
Papa Giulio I (337-352) trasformò la chiesa in una basilica dedicandola
alla Vergine Maria
La casa dei Canonici di S. Maria in Trastevere La casa dei Canonici di santa Maria in Trastevere fu fatta edificare da
Gregorio IV (827-844) nell'828 per i monaci che officiavano nella chiesa omonima.
Nella casa, come è stato dedotto da numerosi sarcofagi rinvenuti durante i
lavori di scavo, esisteva anche un cimitero. L'edificio, ristrutturato nelle forme attuali nel '600,
presenta tre ordini di finestre incorniciate che poggiano su cornici marcapiano. Al piano terra, decentrato
verso sinistra, apre un portale sormontato da un timpano centinato con decori retto da
mensole.
Il Portico
Il portico fu eretto da Carlo Fontana nel 1702 il quale modificò anche la
zona alta della facciata che conserva i mosaici del XIII secolo raffiguranti la Madonna in trono con il
bambino e due teorie di sante con una lampada in mano. Tra la facciata e la casa dei Canonici si
trova il campanile romanico della prima metà del XII secolo.
Taberna Meritoria
Secondo alcuni studiosi una conferma del valore conferito al sito
dall’antico racconto si trova in un passo della “Historia Augusta”, relativo alla biografia di Alessandro
Severo (222 –235) scritta da Elio Lampridio.
Questi alluderebbe proprio alla taverna meritoria trasteverina nel passo in
cui narra di come l’imperatore, in seguito ad una disputa, avesse consegnato ai cristiani un
edificio pubblico, da questi ultimi considerato sacro perché utilizzato per celebrare il culto, mentre
la stessa proprietà era rivendicata da alcuni tavernieri.
Di conseguenza, al posto della taverna sarebbe sorta una domus ecclesiae
(abitazione privata con uno o più ambienti adibiti alle celebrazioni religiose) sulla quale sarebbe
sorta più tardi la basilica.
Fons Olei
Roma beneficiò dell’intensa attività edilizia di Costantino a favore delle
comunità cristiane neofite. Con la conversione dell'imperatore, il
cristianesimo era, infatti, diventata religione ufficiale dello Stato. Come tramandano Dione Cassio (II-III sec. d.C.) e S. Gerolamo nella
sua Cronaca, in una
taverna meritoria, luogo di riposo per i milites emeriti (soldati in
congedo), nell’anno 38 a.C. dal pavimento scaturì improvvisa una sorgente d’olio che defluì senza
interruzione per un intero giorno.
Nell'anno 38 a.C. in una taberna meritoria, sorta di foresteria per i
soldati veterani, improvvisamente scaturì dal pavimento una sorgente di olio che defluì
ininterrottamente per un giorno intero.
Tale episodio fu interpretato come il presagio di un evento miracoloso così,
alcuni secoli dopo, si volle iniziare la costruzione della basilica proprio nel punto in cui
scaturì la polla d'olio.
Tralasciando le possibili e fondate spiegazioni scientifiche del fenomeno,
è interessante come lo straordinario evento abbia “consacrato” il luogo.
Gli ebrei lo interpretarono come una premonizione divina dell’avvento del
Messia ed i cristiani provenienti dall’ebraismo, rinsaldarono la tradizione: l’olio, segno della
misericordia del Signore, annunciava la futura venuta di Gesù Cristo (Cristo in greco significa
“unto”).
La scritta “fons olei” (fonte dell’olio), a destra della base del
presbiterio, indica il punto dal quale sgorgò la fonte miracolosa. Le stesse parole sono incise sullo stemma della
chiesa.
L’iscrizione è stata posta nell’ottocento sul pluteo di destra, mentre
originariamente si trovava sotto l’altare maggiore.
Apertura: 7.30-13 e 16-19
Dove: Piazza S. Maria in Trastevere
Come arrivare: tram 8 da Torre Argentina con fermata su Viale Trastevere
dopo Piazza Mastai. Da
qui si percorre Via di S. Francesco a Ripa che conduce a Piazza S.
Callisto, situata dietro alla basilica.
L’icona della Madonna della Clemenza e della Pace in Santa Maria in Trastevere
Non si sa con sicurezza quale chiesa di Roma sia stata per prima dedicata alla Santissima Madre di Dio, comunque avvenne prima della metà del secolo V: Santa Maria in Trastevere, Santa Maria Antiqua e Santa Maria Maggiore sono tra le candidate. Quello che si sa è che già dai primi momenti, i luoghi di culto cristiano si sostituirono spesso ai templi pagani; regola valida per il culto mariano, come mostra la costruzione di S. Maria Antiqua vicino al Tempio di Vesta nel secolo V e posteriormente di S. Maria in Ara Coeli sulle rovine del Tempio di Giunone e di S. Maria in Cosmedin su quello dedicato a Cerere, dea delle messi e dei cereali.
Anche se è probabile che un buon numero delle icone mariane che si venerano a Roma siano arrivate a motivo della persecuzione iconoclasta (726-842), Roma si vanta di possedere alcune delle icone più antiche del mondo, senz'altro anteriori a questa persecuzione.
Nelle catacombe di Priscilla sulla Via Salaria, si conserva quella che è ritenuta la più antica immagine della Madonna, rappresentata in pittura. L’affresco, riferibile alla prima metà del III secolo, raffigura la Vergine con il Bambino sulle ginocchia dinanzi ad un profeta (forse Balaam, forse Isaia) che indica una stella, per alludere al vaticinio messianico. Nelle catacombe sono rappresentati altri episodi con la Madonna, come l’adorazione dei Magi e le scene di presepe, ma si ritiene che, precedentemente al concilio di Efeso, tutte queste raffigurazioni abbiamo un significato cristologico e non mariologico.
La Vergine Salus Populi Romani in S. Maria Maggiore.
S. Maria Maggiore (sulla collina dell’Esquilino, nel cuore di Roma), forse sorge sul luogo di un più antico culto pagano, potrebbere esser stato di Cibele, la madre degli dèi. La basilica di oggi incastona una costruzione più antica: fu edificata da Sisto III (432-440), sopra una basilica costruita da papa Liberio (352-366), a sua volta sorta su di un antico edificio romano. Questa basilica è la più antica delle grandi basiliche maggiori in cui prega il pellegrino a Roma. La sua costruzione è legata al concilio di Efeso che, il 22 giugno 431, presieduto dal vescovo Cirillo di Alessandria, condannò le tesi di Nestorio, patriarca di Costantinopoli (che negava che Maria fosse “genitrice di Dio” e attribuiva a Gesù due persone distinte, una umana e una divina) e confermava la divina maternità di Maria, Madre di Dio (Theotokos). Sisto III volle che l’arco trionfale - detto appunto "Arco di Efeso" - fosse decorato dai mosaicisti romani in onore del mistero della natività.
Secondo la tradizione, papa Liberio sognò la Madonna che gli ordinava di erigere una chiesa nel primo luogo in cui avesse trovato la neve: cosa che accadde inspigabilmente la notte del 5 agosto del 352 sul colle Esquilino. La basilica rinnovata venne denominata semplicemente S. Maria: forse si tratta della prima basilica di Roma e dell’Occidente, che porta questo nome. Nel VII secolo, appare un altro vocabolo S. Maria al Presepio: dipende dall'aggiunta di un oratorio sotterraneo, che rappresenta il Presepio di Betlemme, con dei frammenti di legno e di pietra che sembra siano stati portati dalla Terra Santa; la tradizione dice che vi sarebbe stata trasportata la grotta vera e propria.
In Santa Maria Maggiore, sull'altare, è la Vergine Salus Populi Romani. Secondo la leggenda, l'icona fu iniziata da San Luca e terminata da un angelo. Non si hanno conclusioni certe sulla sua origine e l'autore. Potrebbe risalire al secolo VIII, anche se la più antica menzione storica di essa che si possa constatare con sicurezza è dal secolo XII. La Salus Populi Romani è considerata la principale patrona della città e deve il suo nome alla consuetudine di trasportarla in processione per le vie romane quando accadeva qualche disgrazia allo scopo di scongiurarla.
A Roma, in Laterano nel Sancta Sanctorum, si conserva l'immagine (acheropita) del Redentore: si diceva iniziata dall'evangelista Luca ma completata da Dio stesso; l'origine era fatta risalire al saccheggio di Tito in occasione della conquista di Gerusalemme (70 d.C.). Un'altra fonte dice della stessa immagine acheropìta che era stata dipinta dagli angeli e salvata a Costantinopoli dalla persecuzione iconoclasta. Si ricorda che nel medioevo, il giorno di Pasqua, si portava questa icona del Salvatore fino a S. Maria Maggiore: la prima visita di Gesù risorto doveva essere per la Madre; risale a questa usanza che la “stazione” della domenica di Pasqua sia rimasta in S. Maria Maggiore (seconda cattedrale di Roma). Un'altra versione dello stesso traporto si riferisce invece alla festa dell'Assunzione. Intorno al IX secolo si faceva una processione notturna: con l'immagine del Salvatore custodita Lateranense, si andava a S. Maria Maggiore per fare visita all'icona della della Madre di Dio nel giorno del suo trionfo. Questa processione si mantenne per diversi secoli, nei secoli XIV e XV vi partecipava tutta la città: il Papa e i Cardinali, il Senato, i magistrati dell'Urbe e le numerose corporazioni delle Arti.
A S. Francesca Romana (gia detta Santa Maria Nova per aver rimpiazzato il ruolo di S. Maria Antiqua) si venera una icona che potrebbe risalire al V secolo (comunque non oltre il VII secolo). Soltanto nel secolo IX, dopo che un terremoto distrusse S. Maria Antiqua, il dipinto arrivò a S. Maria Nova dove si venera tuttora. E' del tipo Odighitria (Maria tiene il Bambino sul braccio destro e lo indica col sinistro) e sembra di provenienza palestinese o costantinopolitana. L'icona era venerata come una vera reliquia perché creduta di mano dell'evangelista S. Luca. E' possibile che fosse questa l'icona portata solennemente in processione ai tempi di S. Gregorio Magno (590-604) per implorare a Dio la cessazione della peste che affliggeva la città. Sotto papa Sergio I (687-701) fu rivestita di argento (Liber Pontificalis). E' chiamata Madonna del Conforto per il suo volto fiducioso.
La Madonna del Pantheon potrebbe essere del sec. VII-VIII, molto accreditata l'opinione che sia contemporanea alla dedicazione del Pantheon alla Regina dei martiri voluta da Bonifacio IV nel 609.
La mano destra della Madonna che tocca il ginocchio del bambino, gesto nel quale si sottolinea la mediazione di Maria rispetto a Cristo, è dipinta in oro: è infatti la mano che elargisce salvezza. Allo stesso modo le due mani della tavola della Madonna di S. Sisto sono dorate, com'era dorata in Grecia a Tessalonica la mano di S. Demetrio o a volte le bocche che rispondevano. In precedenza lo stesso processo si trova nell'immagine di Esculapio.
Icona di S. Sisto, da S. Maria in Tempulo al chiostro di S. Maria del Rosario a Monte Mario.
L'immagine è detta icona acheropita, mentre una guida di Roma del XII secolo afferma che è di mano di Luca. Questa icona di tratti bizantini, risalente al VI secolo, è del tipo della "madonna avvocata" ed era molto celebre all'epoca; è l'originale cui si rifanno molte repliche presenti in altre chiese di Roma.
Questa icona è passata in diversi luoghi: inizialmente in S. Maria in Tempuli, dal 1221 a S. Sisto, nel 1575 trasferita nel centro città nella chiesa dei SS. Domenico e Sisto (in cui è restata una copia), dal 1931 si trova a presso le domenicane di Monte Mario dove è visibile solo la domenica.
La chiesa di S. Maria in Tempulo (vicino alle terme di Caracalla), sconsacrata è oggi di proprietà del Comune di Roma.
Nel 905 papa Sergio III emanò una bolla in cui confermava al Monasterium Tempuli delle proprietà sulla via Laurentina, a patto che le monache recitassero cento volte al giorno il Kyrie Eleison e il Kristi Eleison. In questa bolla è citata per la prima volta l'icona acheropita di S. Maria in Tempulo.
Una leggenda (dell'XI-XII secolo), racconta che l'icona fu donata al monastero da un certo Tempulus, esule costantinopolitano e residente nei pressi dell'oratorio; essa sarebbe stata poi trafugata da papa Sergio III per collocarla in Laterano, ma miracolosamente sarebbe tornata da sola nel monastero, con conseguente pentimento del papa.
In un manoscritto del 1100 circa redatto in S.Maria Maggiore, è scritto che l'icona per ordine di Cristo, era stata portata da Costantinopoli, da tre fratelli; nella chiesa di S. Gregorio Nazianzeno si trova un'affresco del 1100 circa che riproduce quest'ultima versione (foto sotto).
Di questa Madonna si dice impallidisse nei giorni della Passione.
Da sinistra: Icona di S. Gregorio Nazianzeno ora nella collezione Cini, di S.Maria in via Lata, di S. Maria Aracoeli.
Altre repliche si trovano in S. Alessio sull'Aventino, S. Silvestro in Capite conserva una replica ad affresco, un'altra era a S. Ambrogio in Massima.
Le Madonne di Campo Marzio
Le suore al Campo Marzio avevano due chiese nel loro convento: una è quella di S. Gregorio Nazianzeno, la replica che era in questa chiesa si trova oggi a Venezia nella Collezione Cini (dove compare la figura di Cristo, come attestazione celeste dell'icona autentica); l'altra replica è rimasta nella chiesa poi ricostruita di S. Maria in Minerva.
Secondo un'antica tradizione, gli abitanti di Roma videro arrivare verso il 750 una comunità di monache orientali, provenienti da Costantinopoli. Erano venute per sfuggire alla persecuzione e portavano il corpo di S. Gregorio Nazianzeno e l'immagine della Madre di Dio che si diceva opera di S. Luca. Comunque sia, il papa Zaccaria (741-752) permise alle suore di stabilirsi nel Campo Marzio presso una chiesetta consacrata alla Madonna (già esistente nel luogo dove anticamente si dava culto alla dea Minerva) che prese il nome di S. Maria in Minerva o de Minerva. Non si sa dell'icona originale di cui narra la tradizione, la Madonna di Campo Marzio custodita nella chiesa sembra di epoca posteriore e dovrebbe essere una copia di quella di S. Sisto.
La chiesa di S. Maria in Via Lata risale probabilmente al VI secolo; secondo la tradizione qui si venerava un'icona mariana diventata famosa in seguito ad un miracolo. L'immagine avrebbe operato la guarigione del figlio del governatore di Ravenna, l'esarca Teofilatto. Il bambino, nato paralitico, sarebbe stato condotto davanti all'altare della Madonna di Via Lata, ottenendo la piena salute. La Madonna Avvocata che si venera attualmente nella chiesa è anch'essa molto antica, ma non è quella del miracolo, è infatti una copia del XII secolo della Madonna di S.Sisto cui si è aggiunta la corona (testimonianza della reale applicazione di tale corona e orecchini alla tavola originale, come mostrano altre copie dell'epoca).
Oscure le origini di S. Maria in Aracoeli, la prima chiesa costruita in questo luogo al posto di un precedente tempio di Giove; esisteva già nella metà del secolo X, ma la fondazione della chiesa sembra molto più antica, è dedicata a S. Maria Madre di Dio sotto il titolo di S. Maria in Campidoglio. La denominazione di Ara Coeli (altare celeste) è posteriore e si fonda su una leggenda medioevale, secondo questa, l'imperatore Augusto avrebbe avuto in questo luogo una visione della Vergine con il Bambino Gesù che gli diceva: "Ecco l'altare del cielo, ecco l'altare del Figlio di Dio".
In questa chiesa subentrarono i francescani nel 1250, e qui trovarono copia dell'icona di S. Sisto. Pare che in seguito tra francescani e domenicani s'insinuò una diatriba riguardante il possesso dell'originale dell'icona di Luca, che entrambi gli ordini rivendicavano. L'icona venerata nella chiesa, la Madonna del Aracoeli è nota per il suo sguardo dolce-amaro, si narra che piangesse (forse un legame con una sua funzione oracolare, pianto come segno di disgrazie).
in alto, l'icona di Roma in S. Maria del Popolo in basso, l'icona di Siena nella Chiesa del Carmine
S. Maria del Popolo, qui nel corso del XIII secolo fa la sua comparsa l'icona di S. Luca. La versione ufficiale attribuisce la collocazione dell'icona a papa Gregorio IX che dopo una grave peste (1231) restaurò ed ampliò l'edificio e vi pose l'icona miracolosa dipinta da Luca che prima stava nel Sancta Santorum in Laterano.
L'origine potrebbe però essere in un'altra icona (di cui questa romana sembrerebbe una copia) conservata a Siena, nella Chiesa del Carmine: un'opera bizantina di alta qualità della metà del XIII secolo. Dell'autenticità del modello di questa icona senese, erano garanti i proprietari, cioè gli eremiti dell'ordine di S. Maria del Monte Carmelo, visto che originariamente essi vivevano sulla montagna del profeta Elia in Terra Santa.
Il papa Sisto IV Della Rovere ricostruì interamente la chiesa e, nel 1478 confermò che questa icona era immagine autentica di Luca. Questa immagine divenne di fatto più famosa del modello senese da cui derivava. Conta autorevoli copie: verso il 1470 quella di Melozzo da Forlì per incarico di Alessandro Sforza signore di Pesaro (chiostro di Montefalco), tra altre repliche si segnalano quelle del Pinturicchio.
Alla fine del XIII secolo, nell'abbazia greca di Grottaferrata (alle porte di Roma) sappiamo dell'esistenza di una grande icona di Maria (forse di origine orientale) cui furono aggiunti due portelli laterali; nel XV secolo il greco Cardinale Bessarione ne istituitì la venerazione come immagine di Luca.
S. Clemente
A Roma si conserva pure il sudario della Veronica che inizialmente pare fosse senza immagine, solo dal XIII secolo viene distinto come portatore del volto di Cristo. In tal modo questa "reliquia" soppiantò per importanza un'altra immagine su panno, conservata a S. Silvestro in Capite, arrivata in quel periodo dall'Oriente.