venerdì 27 settembre 2013

Un testimone scomodo

Una sorte drammatica e paradossale ha avvolto l'esistenza di padre Pavel A. Florenkij e il destino della sua opera dopo la morte. A differenza di gran parte dei pensatori russi dell'inizio del XX sec., sceglie di permanere in Russia dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, nel disperato tentativo di smascherare le diverse forme di mistificazione ideologica e di sostenere la comunità già duramente provata da soprusi e violenze.

Un testimone scomodo

La riscoperta di Pavel A. Florenskij 

di Natalino Valentini

Una sorte drammatica e paradossale ha avvolto l'esistenza di padre Pavel A. Florenkij e il destino della sua opera dopo la morte. A differenza di gran parte dei pensatori russi dell'inizio del XX sec., sceglie di permanere in Russia dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, nel disperato tentativo di smascherare le diverse forme di mistificazione ideologica e di sostenere la comunità già duramente provata da soprusi e violenze.
Non appena il regime dei Soviet si accorge della genialità del personaggio, non esita prima a spremerne la sua competenza e potenzialità in ambito tecnico e scientifico, poi a incarcerarlo e fucilarlo non appena la sua presenza (di sacerdote ortodosso che mai depose l'abito talare) inizia a essere troppo ingombrante e persino intollerabile.
La riscoperta del sacerdote scienziato
Da quel dicembre del 1937 alla metà degli anni '80, il nome di Florenskij era stato completamente cancellato dalla coscienza pubblica del Paese, sebbene sempre gelosamente custodito nella memoria viva di pochi discepoli, amici e familiari. Cosi, dopo oltre cinquant'anni di assoluto oblio, oggi finalmente Florenskij torna ad essere riscoperto in gran parte d'Europa come uno dei maggiori pensatori del sec. XX. Pubblicazioni, convegni, seminari, corsi universitari si sono moltiplicati in varie parti del mondo, dando avvio a una prodigiosa rinascita dagli sviluppi ancora imprevedibili.
Florenskij è stato anzitutto un filosofo della scienza, fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, epistemologo, ma anche filosofo e teologo, teorico dell'arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica, simbologia e semiotica. Poco a poco sono tornate alla luce parti considerevoli della sua vastissima produzione scientifica, filosofica e teologica, lasciando emergere la statura di vero e proprio "gigante" del pensiero. Sull'impressionante eredità culturale e spirituale sono fiorite negli ultimi quindici anni numerose e diversificate prospettive di ricerca.
Ancora oggi l'opera di questo genio del pensiero, definito già dai suoi contemporanei il "Leonardo da Vinci della Russia", sfugge a ogni ingenuo tentativo di definizione o di inquadramento disciplinare, a motivo della sua fatale e indomita attrazione per la linea di confine, per l'interazione tra i diversi saperi, per l'insopprimibile tensione teoretica e spirituale verso il margine, la soglia, il possibile oltrepassamento dei rigidi steccati dello scibile.
Un testimone scomodo della verità cristiana
Ciò che più sconcerta e interpella di Florenskij è, prima ancora della vastità delle sue conoscenze, la sua "opera" testimoniale, la sua fedeltà insopprimibile alla verità pagata con il sangue. Florenskij venne arrestato nel maggio del 1933 e dopo alcuni mesi di carcere condannato a dieci anni di lavori forzati, prima nel campo siberiano di Skovorodino, poi nel terribile gulag delle isole Solovki. Verso la fine del 1937 egli venne improvvisamente trasferito a Leningrado per essere fucilato l1'8 dicembre, all'età di 55 anni.
Nel pensiero di padre Florenskij, sacerdote scienziato, ma anche sposo e padre di cinque figli, poi martire della Chiesa ortodossa, che ha saputo pensare, affermare e testimoniare la verità nel cuore della tragedia del Novecento, vita e pensiero, fede e ragione, cristianesimo e cultura, invenzione scientifica e creazione artistica costituiscono un'unica indissolubile realtà, un'unica totalità organica animata da un ininterrotto palpitare di nessi.
L'orizzonte di "metafisica concreta" pazientemente elaborato da Florenskij si regge sulla coesistenza di due inscindibili istanze, solo in apparenza contraddittorie: da un lato il riconoscimento della natura dialettica del pensiero, della discontinuità, dell'antinomia che lacera ogni realtà vivente e attraverso queste fenditure lascia percepire l'opera della verità, che "comprende” in se il dramma della sua consegna, della sua croce; dall'altro lato, l'insopprimibile tensione verso l'unità dell'insieme, una visione unitaria e integrale della conoscenza e dell'esistenza come meta.
Tuttavia non si tratta di una contraddizione interna del pensiero, in balia tra queste due opposte tendenze, ma della consapevolezza teoretica e pratica che all'unità, come alla verità, si giunge lungo un faticoso cammino ascetico, passando attraverso i contrari, fino a congiungerli insieme, nella distinzione e senza confusione.
La scelta della Chiesa
In contrasto con l'atteggiamento dominante nell'intelligencija russa degli inizi del Novecento, fortemente antiecclesiale e antireligioso, egli matura un crescente interesse per la cultura religiosa che si concretizza poi nella scelta definitiva dell'esperienza ecclesiale, grazie anche all'incontro di due grandi guide spirituali, il vescovo starec Antonij Florensov e lo starec Isidor Gruzinskij, ieromonaco presso la Lavra della Trinità. Dopo i tormentati travagli interiori della giovinezza, l'incontro con l'esperienza viva della comunione ecclesiale gli dischiuse all'improvviso «il nucleo santo della vita».
Nonostante l'offerta di una brillante carriera, egli si iscrive nel 1904 all'Accademia teologica di Mosca per dedicarsi alla ricerca delle radici spirituali della cultura cristiana, approfondendo le lingue antiche, le scienze bibliche, dogmatiche, liturgiche, patristiche e ascetiche, portando poi a termine con successo gli studi teologici. Tra i frutti più significativi di questi studi giovanili merita soprattutto di essere ricordato l'originale trattato ecclesiologico II concetto di Chiesa nella Sacra Scrittura (San Paolo, 2008).
La Summa del pensiero ortodosso
Negli stessi anni prende avvio la stesura dell'opera considerata generalmente il suo capolavoro: La colonna e fondamento della verità, pubblicato nel 1914. L'opera suscitò grande ammirazione e stupore, ma anche alcune reazioni critiche soprattutto da parte di alcuni esponenti della teologia ortodossa, piuttosto restii a cogliere la portata innovativa del metodo epistolare, messo in atto da questo singolare "trattato" teologico-filosofico, ma anche la radicalità spirituale dei contenuti ivi proposti.
Nonostante la sua assoluta rilevanza nella storia della cultura europea, tanto da essere considerata da parte di autorevoli studiosi «una delle opere fondamentali del pensiero cristiano del secolo XX», per una sorta di drammatica ironia essa resta ancora in gran parte un capolavoro sconosciuto della filosofia russa al culmine della sua fioritura.
Esaminando l'impianto del testo, ancora risuonano emblematiche le parole pronunciate dal filosofo Evgenij Trubeckoj dopo la lettura: «Forse, in tutta la letteratura mondiale, se si fa eccezione per Le Confessioni di sant'Agostino, non c'e analisi più illuminante e tormentata dell'animo umano, lacerato dal peccato e dal dubbio, e nessun'opera ha saputo manifestare con tanta chiarezza la necessità di un aiuto dall'alto per soccorrere il dubbio, come quella di Pavel Florenskij».
I dodici capitoli dei quali si compone, concepiti come Lettere ad un amico, ancor oggi stupiscono non solo per la vastità e complessità di conoscenza, per il coraggioso tentativo di far interagire tra loro i diversi saperi e le molteplici forme e possibilità della ragione, ma soprattutto per la profondità dello sguardo rivolto verso gli abissi dell'umano nell'agonica ricerca di una Luce di salvezza, di un'autentica sapienza d'amore, che ha la sua fonte generatrice nel dialogo d'amore tra le tre persone della santissima Trinità.
La nuova edizione
La prima traduzione dell'opera fuori dalla Russia avvenne proprio in Italia nel 1974, grazie all'interessamento e alla curatela di Elemire Zolla (e la traduzione di Pietro Modesto) al quale va riconosciuto merito di aver introdotto il pensatore russo in Italia.
Tuttavia, nonostante alcune lucide intuizioni e qualche informazione generale allora reperibili con difficoltà sull'autore, i criteri interpretativi proposti da Zolla, rispetto a La colonna (ma anche a Ikonostas -Le porte regali), risultano oggi in gran parte inadeguati e talora persino fuorvianti, soprattutto per il tentativo di ricondurre il pensiero florenskijano nell'alveo di un sincretismo magico sacrale o di una "metafisica rifondata" del mundus imaginalis conforme al sufismo iranico o ai platonici di Cambridge, prospettive che francamente non hanno nulla a che fare con la "metafisica concreta" proposta da Florenskij, incentrata interamente sul significato incarnato, sul realismo della tradizione cristiana, sulla simbolica trinitaria e l'unisostanzialità trinitaria.
La presente edizione (Edizioni San Paolo g, 2010, € 64,00) che pure si avvale della pregevole traduzione di Pietro Modesto, è stata attentamente riveduta e corretta tenendo conto della più recente edizione critica russa, completandone alcuni passaggi, integrandone episodiche lacune e precisandone termini e concetti linguistici.
Ma il mutamento più rilevante rispetto all'edizione precedente attiene a una diversa contestualizzazione dell'opera e del suo quadro interpretativo, oltre all'aggiornamento dell'apparato critico e al vasto repertorio delle note, dei titoli in lingua russa citati dall'autore interamente tradotti, anche per consentire al lettore italiano la comprensione più approfondita di tutte le fonti e gli strumenti bibliografici utilizzati da Florenskij.

(da Vita Pastorale, n. 7, 2010)

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