giovedì 19 settembre 2013

LA PREGHIERA DI GESŬ NELLA TRADIZIONE (seconda parte)

Gli autori sinaiti: Giovanni Climaco ed Esichio

L’insegnamento della preghiera di Giovanni Climaco (+650) è senz’altro meno esplicito di quello dei monaci del deserto egiziano. In alcuni passi troviamo “che sempre il pensiero della morte si addormenti con te e si risvegli con te, così come la preghiera monologica di Gesù. Non troverai, infatti, dei migliori ausiliari durante il sonno”12, “la memoria di Gesù sia unita al tuo respiro: allora conoscerai l’utilità della hesychìa13.
In nessun altro luogo della “Scala Paradisi”, ritornano concetti o termini simili. Nel gradino ventotto, dedicato alla preghiera, Climaco ritorna sulla monologia. Ecco il passo centrale, che delinea alcune caratteristiche della pratica d’orazione “Che il tessuto della tua preghiera sia di un solo colore. Il pubblicano e il figliol prodigo furono riconciliati con Dio grazie a una sola parola”14.
“L’inizio della preghiera consiste nel respingere  con la monologia i pensieri nel momento stesso in cui si presentano” 15.
In Esichio (VIII –X secolo), invece, la Preghiera di Gesù ha un ampio spazio, riconducendo l’ intero cammino spirituale alla sobrietà (nepsis), ribadisce a più riprese la stretta interdipendenza tra questa e la Preghiera di Gesù.
“Sono naturalmente adatte a unirsi tra loro la sobrietà e la Preghiera di Gesù. Infatti, l’attenzione somma è propria della preghiera continua e la preghiera a sua volta è propria della somma sobrietà e attenzione dell’intelletto”16.
La sobrietà e l’attenzione però non bastano da sole: devono essere collegate con l’invocazione del Nome di Gesù onde evitare di essere ingannati dal nemico, una invocazione che deve essere continua e senza sosta.
“Veramente beato colui che è congiunto nella mente alla Preghiera di Gesù e lo invoca senza interruzione nel cuore, come l’aria è unita ai nostri corpi o come la fiamma alla cera. E il sole passando sopra la terra farà giorno, ma il santo e adorabile Nome del Signore Gesù, risplendendo di continuo nella mente genererà innumerevoli pensieri fulgidi come il sole”17.

12 G. CLIMACO, Scala Paradisi, XV. PG 88, 889 d- 892 a.
13 G. CLIMACO, Scala Paradisi, XXVII. PG 88, 945 c.
14 G. CLIMACO, Scala Paradisi, XXVIII. PG 88, 1129 d.
15Idem, PG 88, 1132 d.
16 ESICHIO PRESBITERO, A Teodulo. Discorso per sommi capi, utile per la salvezza dell’anima, sulla sobrietà e la virtù,  in La Filocalia, vol. I, p. 248
17 Idem, p. 269

Simeone il Nuovo Teologo e gli autori dell’XI / XIII secolo.

Trattando della Preghiera di Gesù  di solito si pone attenzione alla figura e all’opera di Simeone il Nuovo Teologo (946-1022), ma si commette un errore di attribuzione in quanto il trattato “Le tre forme di preghiera” non gli appartiene.
Se si esamina l’opera autentica di Simeone si trovano pochi elementi utili alla nostra ricerca come la testimonianza di un giovane monaco che Simeone riporta in una catechesi.
“Dimenticai il luogo dove mi trovavo, chi ero e in quale posto, limitandomi a gridare: “Kyrie eleison, come riprendendo conoscenza, mi sorpresi a ripetere. Ma chi era colui che parlava, padre, o che faceva muovere la mia lingua, non lo so..., ma Dio lo sa”18.
Il discepolo di Simeone, Niceta Stethatos, accenna in una delle sue Centurie alla ripetizione del Nome di Gesù da usare di fronte agli attacchi dei demòni.
“L’anima, riempita di coraggio e di valore dallo Spirito Santo, disprezza il loro attacco e il loro amaro furore e dissolve, nel solo segno vivificante della Croce e nell’invocazione di Gesù le loro fantasie e li mette in fuga”19.
Tra il finire del XII e gli inizi del XIII secolo va collocata l’opera di direzione spirituale del monaco Isaia, indirizzata a Teodora Angelina, figlia dell’Imperatore Isacco II Angelo. Egli la invitava a sforzarsi di    ripetere   interiormente la   preghiera spirituale che le aveva insegnato, cioè “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me...” di notte e di giorno, in ogni ora e circostanza fino a quando non si fosse impresso nella mente.
Alla seconda metà del XIII secolo risale, con ogni probabilità, il noto trattato “ Le tre forme di preghiera”.
L’autore parlando della terza forma di preghiera, “la preghiera vera e senza errore”, scrive che: “Quando la mente trova il posto del cuore, vede subito quello in cui non avrebbe mai creduto: vede infatti l’aria all’interno del cuore e se stessa tutta luminosa e piena di discernimento. Appena spunta un pensiero, prima che si completi e prenda forma, lo scaccia e lo annienta con l’invocazione di Gesù Cristo...”20.
“Gli spiriti delle passioni sono soliti agitare terribilmente l’abisso del cuore. Essi sono dissolti e annientati come cera mediante l’invocazione del Signore Gesù Cristo”21.
Niceforo Monaco (+1300) nel suo discorso sulla sobrietà, dopo aver esposto le tecniche per scendere con la mente nel cuore, raccomanda: “Appena il tuo intelletto ha raggiunto quel luogo, da quel momento non devi tacere e stare inattivo, ma avere come opera e invocazione incessante la preghiera: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, pietà di me. E l’intelletto non avrà mai più riposo da ciò, perché quando questa invocazione   tiene  l’intelletto   saldo,  senza  distrazione, lo  mostra   inaccessibile  e
intoccabile agli assalti del nemico e lo innalza alla carità e al desiderio di Dio”22.
Teolepto il Grande, vero luminare di Filadelfia, dove ricevette la dignità della cattedra episcopale, fiorì intorno all’anno 1325. Non parla di tecniche psicofisiche, ma insiste sulla memoria di Dio attraverso la ripetizione del Nome che concilia ragione e anima.
“Il colloquio con Dio scaccia i pensieri passionali; l’attenzione dell’intelletto a Lui mette in fuga le considerazioni mondane; la compunzione dell’anima fa fuggire, con la paura, l’amore della carne; e si vede la preghiera dalla ripetizione che non tace del Nome divino, accordo e unione dell’intelletto della ragione e dell’anima”... “Dirigi il pensiero a Dio null’altro gridando se non il Nome del Signore, nel continuo profondo ricordo, come un bambino chiama suo padre. Ĕ detto infatti: Proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te”23.
L’esicasmo athonita e la controversia palamita

Il monte Athos si trova nella penisola omonima a nord-est della Grecia, nel mare Egeo. Secondo la leggenda, nel I secolo dopo Cristo, un discepolo di Gesù avrebbe invitato Maria, la Madre di Dio, a visitarlo. Colta da una tempesta, la nave si sarebbe incagliata sulla penisola athonita. Da allora rimase in quel luogo la presenza di Maria che portò come conseguenza il declino dei culti pagani. A nessuna donna è consentito l’accesso. A metà del secolo X il monte Athos divenne una sorta di capitale del monachesimo orientale. Lontano da Costantinopoli e dai problemi della civilizzazione urbana, poco coinvolto negli affari dello Stato e della Chiesa, esso fu ben presto considerato il luogo di rifugio degli amanti dell’ “hesychìa”. I primi emeriti cominciarono a installarvisi tra il V e il IX secolo.
Quando vi arrivò Gregorio Sinaita, attorno al 1310, trovò la vita monastica tutta incentrata sulle sole opere ascetiche e sulle osservanze, praticamente dimentica di ciò che è più importante e a cui occorre tendere: l’unione con Dio e la contemplazione, rispetto alle quali l’osservanza di una ascesi rigorosa e la pratica delle virtù sono solo via e mezzo.
Si adoperò ad insegnare ciò e nei suoi diversi scritti si trovano numerosi riferimenti alla Preghiera di Gesù, accompagnati da lunghi passi sulle tecniche respiratorie. Alla base mette la necessità di “starsene seduto in preghiera e non alzarsene presto”, come appunto è intitolata una sua opera: “Il tuo star seduto in preghiera deve essere nella pazienza, perché vi è chi ha detto: Siate perseveranti nella preghiera. E non devi alzarti troppo presto per noncuranza, a causa della penosa sofferenza del grido spirituale dell’intelletto e della continua fissità. Poiché ecco, dice il Profeta: Mi hanno preso i dolori come una partoriente (Is 21, 3). Chinati piuttosto in basso e raccogli l’intelletto nel cuore, se solo esso si è aperto, e chiama in aiuto il Signore Gesù. Se le spalle si affaticano sii costante laboriosamente e amorosamente, cercando nel cuore il Signore. Poiché il Regno di Dio è dei violenti e i violenti lo rapiscono”24.
Una delle figure più interessanti del mondo spirituale di quegli anni è Massimo Kausokalyba (1280-1375), conoscente di Gregorio. Ha insegnato molto sulla illuminazione della mente di chi si dedica persistentemente alla preghiera e alla memoria di Gesù.
Uno degli avvenimenti di maggior importanza nella storia del XIV secolo bizantino è la controversia palamitica che esordì a causa degli attacchi di Barlaam alle pratiche di preghiera proprie dei monaci esicasti. Barlaam, originario della Calabria, si stabilì a Costantinopoli intorno al 1330. Giunto dall’Italia, dove cominciava ad affermarsi lo spirito rinascimentale, egli aveva coltivato la propria formazione intellettuale negli ambienti umanistici aperti alla scuola tomista. La sua sensibilità umanistica e neoplatonica fu vivamente urtata dalle pratiche degli esicasti. Cominciò a polemizzare   principalmente contro le tecniche psicofisiche insegnate dall’autore del Metodo e da Niceforo e contro la ripetizione incessante della formula di preghiera.
Gli si oppose allora Gregorio Palamas. Nelle sue opere di quegli anni si possono ritrovare numerosi passi dedicati alle tecniche psicofisiche. Nell’opuscolo “Sulla preghiera e sulla purezza del cuore”, egli ricorda che l’operazione della mente si purifica in quelli che si dedicano alla preghiera e soprattutto a quella monologica25. Nelle Triadi di difesa dei santi esicasti, parla della forma della preghiera del pubblicano, invita alla preghiera monologica e sottolinea l’importanza di avere sempre la memoria di Dio26.
Dello stesso periodo è l’operetta del patriarca costantinopolitano Filoteo Kokkinos
(+ 1377) nella quale la pratica della preghiera è inserita nel ciclo giornaliero dell’ufficio monastico. Il monaco dopo la conclusione delle lodi mattutine non deve passare alla lettura, ma alla preghiera monologica.
Nella seconda metà del XIV secolo emergono due monaci, Callisto e Ignazio, del monastero di Xanthopoulos, che evidenziano il rapporto preghiera- respiro. Nelle loro Centurie raccomandano di recitare la formula “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”, articolandola in due movimenti: slancio verso Gesù Cristo nella prima parte e ritorno su se stessi quando si pronuncia “...abbi pietà di me”.
Il ritmo respiratorio deve essere associato al duplice movimento di inspirazione ed espirazione che produce un certo calore nel cuore. Le centurie raccomandano inoltre una serie di direttive pratiche che concernano la lettura e la meditazione delle Scritture, le prostrazioni (metanìe) per un numero di 300 al giorno, il digiuno, la salmodia per coloro che non sanno concentrarsi sulla “Preghiera di Gesù”27.


CONTINUA








18 B. KRIVOCHEINE –J. PARAMELLE,  Syméon le nouveau teologien, Cerf, Paris 1964, vol.II
p. 244-247
19 NICETA STETHATOS,  Prima Centuria. Capitoli pratici, in La Filocalia vol III, p. 421-422
20 SIMEONE IL NUOVO TEOLOGO, Le tre forme di preghiera, in La Filocalia, vol IV, p.513
21 Idem, p. 514
22NICEFORO MONACO, Discorso sulla sobrietà e la custodia del cuore pieno di notevole utilità, in La Filocalia, vol. III, p. 526
23TEOLEPTO DI FILADELFIA, Discorso che espone l’attività nascosta in Cristo e mostra in breve la fatica della professione monastica, in La Filocalia, vol. III, p. 506.510
24 GREGORIO SINAITA, ome l’esicasta deve starsene seduto in preghiera e non alzarsene presto, in La Filocalia, vol. III, p. 597
25 Cfr. GREGORIO PALAMAS, Sulla preghiera e la purezza del cuore,  in La Filocalia, vol.IV,
p. 63-65.
26 Cfr. GREGORIO PALAMAS, In difesa dei santi esicasti, in La Filocalia, vol. IV, p. 50-62.


Tesi di licenza in teologia con specializzazione in spiritualità Studente:
GALLIANO Giuseppe m.s.c. 



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